Sviluppatore: Kan Gao
Casa di sviluppo: Freebird Games
Genere: Interactive Fiction, RPG
Genere Narrativo: Slipstream / Science Fiction / Slice of Life
Motore: RPG Maker XP
Piattaforme: Windows, Mac OS X, Linux
Anno: 2011
In un futuro non distante dal nostro, l’uomo ha inventato una macchina per entrare nei ricordi degli individui e alterarli, creando nuove memorie. La dottoressa Eva Rosalene e il dottor Neil Watts sono due agenti della Sigmund Corp., una società specializzata nel realizzare gli ultimi desideri di uomini in punto di morte. Il loro compito? Visitare i pazienti quando sono agli sgoccioli, farsi comunicare il loro desiderio, ed entrare nella loro mente per manipolare i loro ricordi e ricreare la loro vita sul presupposto che quel desiderio si sia realizzato. E strappare loro, così, un ultimo sorriso.
Ma questo caso è il più difficile della loro carriera. L’ultimo desiderio di Johnny Wyles, misterioso vecchio che abita in una villetta su una scogliera a ridosso di un faro, è di andare sulla Luna. Solo che non sa il perché. Eva e Neil dovranno viaggiare a ritroso nei ricordi di Johnny per scoprire come sia nato il suo desiderio e “piantare” nell’animo del suo io infantile l’impulso di diventare astronauta e andare sulla Luna. Ma è una lotta contro il tempo, perché il cuore di Johnny sta per cedere. Riusciranno i nostri eroi a realizzare il suo ultimo desiderio?
Quando leggi un romanzo di Heinlein ti senti così macho, ma così macho, che poi hai bisogno di disintossicarti. Per liberare il mio organismo da questo eccesso di testosterone, sento l’impellente bisogno di buttarmi su storie intimiste e romantiche. E visto che il Consiglio del Lunedì era dedicato alla storia di una società di uomini costretta a vivere sulla Luna e a non potersene più andare, perché non parlare, ora, della storia di un uomo che non è mai stato sulla Luna ma vorrebbe disperatamente andarci?
Come già The Stanley Parable, di cui abbiamo parlato questo inverno, anche To the Moon è un esempio di “walking simulator”, o “interactive fiction”: un gioco in cui si gioca poco, ma che fondamentalmente è un veicolo per raccontare una storia. Al comando dei due agenti Eva e Neil (che il giocatore impersona alternativamente), procederemo dall’inizio alla fine della storia con una limitata possibilità di interazione con l’ambiente e una ancor più limitata influenza sullo sviluppo della trama: più che giocatori siamo spettatori, con la differenza che dovremo muovere fisicamente il nostro avatar e risolvere alcuni enigmi e mini-giochi per andare avanti nella storia.
Ora: si può discutere all’infinito se esperienze come queste – o, ancora di più, come Stanley Parable o Gone Home – siano o meno categorizzabili come “videogiochi”; tuttavia, posto che venga dichiarato a chiare lettere e fin da subito all’acquirente di che tipo di gioco si tratta, è un genere assolutamente legittimo. Io, che macino abitualmente romanzi e film, sono del tutto in grado di godermi un gioco che ha valore esclusivamente dal punto di vista narrativo. Purché la storia sia bella e ben raccontata.
Trailer di To the Moon
Per farsi un’idea di cosa sia To the Moon, il paragone più immediato è col film Eternal Sunshine of the Spotless Mind, il capolavoro di Michel Gondry (regista) e Charlie Kaufman (sceneggiatore) sbarcato in Italia col pietoso titolo “Se mi lasci ti cancello”. Anche qui, l’elemento fantascientifico – la macchina che fa entrare nei ricordi delle persone – ha il solo scopo di esplorare tematiche soft, ossia i rapporti tra le persone, l’inconscio, l’amore, la ricerca della felicità. Non si tarda a scoprire che al centro di To the Moon c’è una storia d’amore: proprio indagando la relazione tra Johnny e la sua amata, andando a ritroso dalla vecchiaia alla sua infanzia, i due protagonisti dovranno scoprire il mistero che aleggia sulla vita di Johnny e trovare così il modo di instillargli nell’inconscio il desiderio di andare sulla Luna.
Questo spiega anche perché, pur avendo sentito parlare di questo gioco da più di un anno, ho aspettato così a lungo prima di decidermi a provarlo. Non sono tipo da storia romantica, i film sentimentali mi fanno sbadigliare. Molte cose di questo gioco inoltre – dal tema della storia al tono del trailer (i cavalli ommioddio i cavalli!) – sembravano gridare “melodramma cheesy“. Se infine mi sono deciso a provarlo, è per una ragione completamente diversa: il fatto che fosse stato realizzato con RPG Maker.
Una digressione su RPG Maker
RPG Maker è un programma estremamente user-friendly per realizzare giochi di ruolo1 con la grafica bidimensionale di un Final Fantasy o di uno Zelda dell’epoca SNES. Per saper usare RPG Maker non bisogna essere dei programmatori, anzi – il punto di forza del programma è sempre stato il fatto di essere orientato proprio ad adolescenti incapaci, pieni di sogni dopo anni passati davanti ai titoli Square ma senza voglia di imparare sul serio l’arte della programmazione. L’iterazione di maggior successo – con cui anche questo To the Moon è stato realizzato – è RPG Maker XP, che non solo ha una grafica nettamente superiore a quella dei classici per SNES (è pure più bello di Chrono Trigger, che già è una gioia per gli occhi nel panorama dei giochi di ruolo in 2D), ma ha implementato un editor, l’RGSS (Ruby Game Scripting System), del linguaggio di programmazione Ruby. Questo significava che un utente un attimo più scafato, pur senza essere un grande programmatore, può utilizzare l’RGSS per customizzare il proprio gioco ben oltre le possibilità del programma base, e realizzare feature molto complesse.
Io stesso mi ero baloccato parecchio con questo programma intorno ai 15-16 anni, quando pensavo che un videogioco di ruolo fosse un veicolo più adatto della scrittura per dare forma alle mie fantasie. Quegli anni della mia vita sono un monumento al FAIL, una raccolta di progetti ambiziosissimi lasciati a metà, saghe da 300-400 ore di gioco che – a guardarle con il giusto distacco – erano morte ancora prima di cominciare. E in effetti, questo è sempre stato il destino della maggior parte dei giochi di chi si cimentava nell’impresa. Le sezioni delle release sui siti e i forum dedicati a RPG Maker sono degli enormi cimiteri di elefanti, pieni di demo, promesse stupende, e autori scomparsi nel nulla.

Riproduzione attendibile di una normale comunità di utilizzatori di RPG Maker.
Incappare in un gioco finito in quelle community è sempre stato un piacere raro. Quasi invariabilmente si trattava di titoli brevi, tra le 3 e le 10 ore totali, sviluppati da persone più realiste e pratiche di noialtri. Questo To the Moon non fa eccezione: con le sue 5 orette circa, si può completare in un pomeriggio o un paio di sere. Ancora più raro, tuttavia, è sempre stato incappare in un gioco non solo completo, ma anche ben fatto. Come per altre comunità di sviluppatori indie, anche i progetti di RPG Maker erano di norma portati avanti da una persona sola, che quindi doveva riunire in sé le capacità dell’autore di narrativa (ideare una buona storia, sceneggiarla, costruire l’ambientazione…) e del programmatore (benché di basso livello, si trattava di un lavoro che richiedeva tempo e anche una certa dose di creatività per fare cose più complesse). Anche in questo, To the Moon non fa eccezione, essendo creazione del solo Kan Gao – l’unico aiuto esterno che ha avuto è stato nella composizione di alcuni pezzi della colonna sonora.
Tutto ciò ha fatto sì che volessi scoprire come potesse essere venuto un gioco realizzato su RPG Maker che aveva ottenuto tutto quel successo e risonanza nella comunità indie. Ero persino disposto a sorbirmi una storia d’amore.
Uno sguardo approfondito
Immagino che il primo problema che si sia posto Kan Gao, mentre si metteva a scrivere la sceneggiatura, fosse: “ok, ho tra le mani un melodrammone, pieno di gente sul letto di morte, lacrime, baci e abbracci. Come faccio a rappresentarla senza nauseare a morte chiunque la vedrà?” E ha implementato un paio di rimedi efficaci.
Il primo, la scelta di utilizzare come protagonisti due scienziati che fanno il proprio lavoro. La storia di To the Moon è la storia di Johnny Wyles, ma noi la viviamo attraverso il punto di vista di Eva e Neil. In questo modo, benché la vicenda sia drammatica e coinvolgente, non veniamo avviluppati nella melassa o nell’autocommiserazione che sarebbero inevitabili adottando il pov di Wyles. I due scienziati naturalmente non rimarranno gelidi di fronte alle peripezie del loro paziente, ma il loro sguardo più distaccato e professionale è senza dubbio un antidoto al cheesy.

Panchina, altalena, ruscello, scogliera di notte col suono del mare, faro. Di cliché romantico ne abbiamo dimenticato nessuno?
A ciò si aggiunge che i due protagonisti sono personaggi piacevoli. Neil è il tipo brillante e un po’ cinico che tende sempre a sdrammatizzare e buttarla in caciara, mentre Eva fa la tipa algida e rassegnata, costretta a sopportare con imbarazzo il suo collega pagliaccio; insieme fanno una bella coppia e si prestano a una serie di siparietti. Certo, a volte questi sketch tendono a scadere un po’ nel ripetitivo e nel gratuito (specialmente alcune uscite di Neil), ma nel complesso sono ben gestite, fanno sorridere e danno un po’ più di ritmo a una trama che altrimenti sarebbe troppo drammatica e monocroma.
Alla fine, benché il focus narrativo non sia su di loro, Eva e Neil emergono come personaggi sufficientemente complessi, non delle semplici marionette per far progredire la storia di Johnny. Ognuno ha le proprie motivazioni per aver scelto questo mestiere, e una propria visione del proprio lavoro. E, verso la fine del gioco, saranno anche in grado di sorprendere con le loro scelte.
La narrazione oscilla tra il mystery – nella parte di investigazione, in cui i due scienziati cercano di dipanare i misteri attorno alla vita del paziente e si imbattono in una serie di particolari inquietanti – e il dramma d’amore – mano a mano che i dettagli della sua vita vengono alla luce. La storia della vita di Johnny mi ha sorpreso piacevolmente. Il personaggio di Rivers, l’amata di Johnny, è una figura sgradevole e difficile da prendere in simpatia, ma è costruita per essere così – suppongo che la capacità di affezionarsi o meno a lei dipenda in primo luogo da che tipo di persona siamo noi (per esempio: potrebbe piacere ai fan di Rei Ayanami, if you know what I mean).
La loro relazione non è una cosa banale alla Twilight; è sufficientemente complessa, e realistica, nel suo alternare momenti di intimità e momenti di scazzo. Dietro gli atteggiamenti dei due amanti ci sono motivazioni credibili e personalità consistenti. Certo, non mancano momenti veramente cheesy, né trovate cliché2. C’è anche quello che sembra essere un buco di trama abbastanza importante3. Ma tutto sommato mi aspettavo peggio.

Alcuni episodi della vita di Johnny sono piuttosto inquietanti.
Il problema principale, nell’immedesimazione nei personaggi e nei loro drammi, è il fatto di non poterli guardare in faccia. Come in tutti i videogiochi in 2D con presa dall’alto, tutti i personaggi sono dei piccoli sprite con la stessa personalità di Super Mario in Super Mario World. Da decenni, gli sviluppatori hanno risolto il problema in uno di due modi: inserendo dei quadrati con i close-up dei volti dei personaggi nelle finestre di dialogo, o disegnando i personaggi a mezzobusto sopra le medesime finestre. Così facendo si può avere a buon mercato un’immagine ravvicinata per ogni personaggio, e un set di espressioni da usare nelle diverse situazioni. Uno stratagemma così semplice può avvicinare molto l’audience ai personaggi del gioco.
Kan Gao non fa niente di tutto ciò; le finestre di dialogo di To the Moon sono vuote come nei vecchi Final Fantasy. La ragione non mi è ben chiara. Certo, disegnare i vari personaggi e un ventaglio di espressioni per ciascuno di essi non è semplice; e, nel caso in cui Gao non sapesse disegnare, avrebbe dovuto reclutare una terza persona. Tuttavia, non sarebbe stato un lavoro così logorante, considerando l’esiguo numero di personaggi della storia. E poi, i vantaggi sono così di gran lunga superiori agli svantaggi – soprattutto per una storia così centrata sulle emozioni come questa – che ne sarebbe comunque valsa la pena.
Altrettanto discutibili sono gli sporadici elementi di gioco presenti in To the Moon. Forse per giustificare l’appellativo di “videogioco”, Kan Gao lo ha tappezzato di mini-giochi. Ogni volta che si entra in una scena della vita di Johnny, per passare a quella successiva bisogna rintracciare una serie di ricordi, che facciano da ponte tra una memoria all’altra. Questo concetto, che narrativamente ha anche un suo senso, si traduce in una “caccia al tesoro” in giro per la mappa, a recuperare oggetti (foto, ombrelli, peluche, e così via) che fungono da ricordo. Una volta raggiunto il numero necessario, per aprire il portale verso la nuova memoria parte il secondo minigioco: un puzzle-game in cui bisogna ricomporre una figura a partire dai suoi tasselli.
Spero che a descriverli per iscritto suonino altrettanto idioti che a giocarli, perché è proprio questa la sensazione che danno. Il primo, in particolare, può diventare snervante: ricordo, ad esempio, una volta in cui non riuscivo a trovare l’ultimo ricordo e alla fine, per disperazione, mi sono messo a cliccare tutti i cazzo di oggetti che trovavo nella mappa. Quando un mini-gioco, invece che essere un momento di divertimento, diventa un peso, qualcosa che ostacola la fruizione della storia invece di un elemento che la rafforza, you’re doing it wrong ed è il caso di toglierlo. Più in generale, il problema in To the Moon è che le fasi di gioco sono completamente scollate da quelle narrative – una fonte di distrazione, l’ostacolo tra un pezzo di trama e quello successivo. Voglio godermi la storia e invece devo ricomporre uno stupido puzzle col disegno di un vaso di fiori.

What the fuck is this shit.
Io avrei fatto così!
Ci sarebbero due soluzioni a questo problema. Quella più semplice e onesta, semplicemente, sarebbe di eliminare tutti i mini-giochi, e lasciare solo la trama. Come per The Stanley Parable e Gone Home, abbandonare anche le ultime velleità di videogioco tradizionale, e limitarsi a raccontare una storia in cui il giocatore deve muovere il personaggio dall’evento X all’evento Y. Esiste un pubblico per giochi del genere, quindi non vedo il problema.
La mia soluzione preferita, ovviamente, è quella più complicata. E prevede, in sostanza, un completo ripensamento del gioco. Pensateci un attimo: partendo dalle sue premesse narrative, cos’è in fondo To the Moon? Una storia d’investigazione. Una lotta contro il tempo per scoprire il segreto nella vita di un vecchio e riuscire a realizzare il suo ultimo desiderio prima che muoia. Ergo: avrei realizzato un vero e proprio gioco investigativo con un tempo limite e finale multiplo.
Al giocatore spetterebbe il compito di mettere insieme gli indizi trovati nei ricordi di Johnny e risolvere il mistero. Se non riuscisse a farlo in tempo, si otterrebbe il bad ending della morte del vecchio senza che il suo desiderio venga realizzato. O si potrebbe scoprire il suo segreto, ma non riuscire a farlo andare sulla Luna. E ancora, cosa anche più interessante, ci potrebbero essere più modi per realizzare il suo desiderio. In questo modo, si avrebbe finalmente un sistema di gioco completamente integrato nella trama, e che incentiva a giocare e sperimentare. La brevità del gioco, inoltre, aumenterebbe la replay value e spingerebbe anche il giocatore che si è beccato il bad ending a riprovare.
Una volta sbloccata una nuova memoria, il giocatore dovrebbe poter tornare ogni volta che vuole a quella e a tutte le precedenti – così da recuperare indizi eventualmente persi o rivivere certe scene per reinterpretarle alla luce di nuove informazioni. L’orologio interno che stabilisce quanto tempo manchi alla morte di Johnny non dovrebbe essere un vero e proprio timer – non vogliamo che il giocatore sia costretto a muoversi di fretta e non riesca più a godersi la storia – ma potrebbe dipendere, per esempio, dagli spostamenti tra i ricordi. Ogni spostamento, muove l’orologio di un’unità verso la morte. In questo modo il giocatore dovrebbe imparare a gestire con oculatezza i propri spostamenti, ma una volta arrivato in un ricordo potrebbe con calma esaminare la scena e riflettere sul da farsi.
Se sentissimo, in questo modo, che la vita di Johnny non è semplicemente un elemento della trama ma dipende veramente dalle nostre azioni, ed è veramente appesa a un filo, forse ci sentiremmo più responsabili. E sentiremmo la sua tragedia più vicina a noi.
In conclusione
Le storie d’amore cariche di pathos, lo ribadisco, non fanno per me; e posso confermare, come sospettavo, che questo To the Moon non è indirizzato alle persone come me. E’ quindi interessante che, nonostante tutto ciò, io abbia divorato il gioco. A parte i primi quaranta minuti, mi sono passato tutto il gioco in una sola seduta – perché volevo sapere come andava a finire. To the Moon ha ritmo. Nonostante i mini-giochi stupidi, e nonostante alcune scene discutibili, non si avverte mai un momento di stanca. E la scena finale, devo ammetterlo, è stupenda; la dimostrazione della saggezza di quel vecchio adagio dei manuali di narrativa, “arrive late and leave early”.
Non è un gioco che consiglierei a tutti. Gli amanti della fantascienza rimarrebbero delusi, come anche chi si aspettasse un secondo Eternal Sunshine (quel film è parecchie spanne sopra l’opera di Kan Gao). Ma per gli amanti dei drammi psicologici, dello slice of life, e naturalmente delle storie d’amore, be’, To the Moon è un bel prodottino. Provatelo. Se siete indecisi, aspettate i prossimi saldi di Steam. L’ultima cosa che posso dirvi per convincerci è che: no, il “voglio andare sulla Luna” non è una forbita metafora. Parla proprio della Luna. E di andarci. Con uno shuttle. Della NASA.
Kan Gao ha annunciato da tempo di essere al lavoro su un secondo episodio, che vedrà i dottori Eve e Neil alle prese con un nuovo caso (spoiler: nessuno dei due muore). Prima di allora, però, dovrebbe uscire un episodio più breve – chiamato Bird Story – che fungerebbe un prequel al secondo capitolo vero e proprio di To the Moon. Questo capitolo intermedio ruoterà attorno a “un bambino e un uccellino con un’ala spezzata”, e se possibile sembra ancora meno nelle mie corde del precedente. Bird Story non ha ancora una data di uscita ufficiale; se la storia dei programmatori di RPG Maker mi ha insegnato qualcosa, è facile che prima di allora Kan Gao sia scappato in Kirghizistan e abbia aperto un allevamento di cavalli (sembrano piacergli così tanto).
Quanto a me, la carrellata di articoli dedicati alla Luna e all’esplorazione spaziale non è ancora terminata. Ne riparleremo lunedì prossimo.
(1) Dico “giochi di ruolo” per semplificare. In realtà, benché RPG Maker sia impostato principalmente per realizzare gdr, un utente un po’ scafato può piegare il programma per realizzare (con fatica) altri tipi di gioco, dallo sparatutto al platform.Torna su
(2) Su tutte, il trauma infantile che sconvolge la vita di Johnny. L’incidente stradale che ti ammazza il fratellino è una delle trovate più abusate nella storia della narrativa drammatica. E il fatto che si passi un’ora di gioco buona a cercare di scoprire di cosa si tratti rende la delusione solo più cocente, quando finalmente il mistero è risolto.Torna su
(3) Il fulcro della relazione tra Johnny e Rivers è che lui si è dimenticato del loro primo incontro quand’erano piccoli, e lei non gliel’ha mai perdonato. Questa sua dimenticanza, a sua volta, è causata dal fatto che per dimenticare il trauma della perdita del fratello è stato imbottito di psicofarmaci.
Ora, per far nascere in Johnny il desiderio di andare sulla Luna, Eva rimuove dai suoi ricordi il secondo incontro con Rivers, al liceo; in questo modo, lui continuerà inconsciamente a “inseguirla” sulla Luna. Tuttavia Eva fa anche una seconda cosa, ossia cancella la morte del fratello. Ma questo fa crollare tutto il castello di carte.
Se suo fratello non muore, Johnny non comincerà mai a prendere psicofarmaci. Non perderà mai la memoria, ergo tornerà nel ‘posto magico’ con Rivers l’anno dopo. Il secondo incontro al liceo non avverrà mai, semplicemente perché i due non smetteranno di vedersi. Ma allora Johnny, non avendo smarrito Rivers, non proverà mai la tentazione di andare sulla Luna. Se risparmi il fratello, altre cose potranno cambiare, ma non è chiaro che direzioni prenderà il rapporto tra i due; Johnny potrebbe ritrovarsi di nuovo infelice alla fine della sua vita.
Datemi del cinico, ma io avrei preferito semplicemente che Eva rimuovesse Rivers dalla vita di Johnny (cambiando solo l’episodio del liceo). Lui sarebbe stato molto più felice. Forse sarebbe andato sulla Luna. Forse no. Ma non avrebbe vissuto una vita inutile accanto a una donna come Rivers.Torna su
Mi delurko momentaneamente.
Ho finito questo gioco il mese scorso – in una sola sessione – dopo averlo avuto per mesi installato e che mi guardava con disprezzo dalla libreria di Steam.
Onestamente, come te, quando l’ho approcciato anche io ero più curioso di come mai un gioco fatto con RPGMaker, che ho usato per circa 4 anni, da quando ne avevo undici fino ai quindici (ora ne ho 17), e soprattutto dato al fatto che sono stato per tutto questo periodo parte (neanche tanto importante, a dir la verità) della community italiana, che a differenza di quanto potrebbe sembrare, è in realtà molto all’avanguardia nel campo!
In ogni caso, l’unica cosa che ho da dire su TTM è che quando l’ho finito ho avuto la classica sensazione del “Il libr- videogioco è finito. E ora che cazzo faccio?”, e per me solo quello gli fa ottenere la promozione a pieni voti.
Hai mai giocato a The Walking Dead (Stagione 1 e 2) della Telltale? E’ un gioco che fa parte dello stesso genere e devo ammettere che è fatto molto bene. Ho sentito dire, anni fa, quando uscì, che un sacco di gente s’era messa a piangere al finale della Season 1 (la season 2 è invece molto più recente), ma io onestamente non saprei dire, ho solamente giocato il primo capitolo della prima stagione con una crack, e dato che il videogioco mi piaceva un botto, l’ho disinstallata per poi aspettare di comprarlo legalmente (cosa che ancora non ho fatto, doh).
Ecco come l’avrei fatto io:
Tutto uguale solo che per andare sulla Luna ce lo devi mandare con kerbal space program.
😀
Si vabbé ma col Vanilla o con sopra Ferram Aerospace, Deadly Reentry, TAC Life Support, etc., etc., etc.? La distinzione e’ importante xD
Sara’ che sono fatto di pastafrolla, ma To The Moon, Gone Home e The Walking Dead Season One mi hanno tutti commosso (altro che FF7 e quella inutile Aeris). Non sono sicuro di aver compreso al cento per cento il buco nella trama da te presentato, ho giocato TTM troppo tempo fa, pero’ ricordo anch’io che alcuni dettagli mi avevano lasciato un po’ incerto – soprattutto la condizione di Rivers e la relazione esistente tra di lei e Johnny. Ma alla fine avevo deciso che poco importava, rimane comunque una buona avventura. Chissa’ se ne verrebbe bene un adattamento cinematografico? Come scrissi nella mia recensione su Steam:
TWD pure io mi sono commosso, infatti aspetto i saldi sulla season 2 da un po.
@Gluttony: Innanzitutto buon delurkaggio! Mi auguro che sia una cosa duratura^^
Infatti non lo sembra…
Anch’io ne ho sentito parlare bene, ma non avendo mai guardato la serie TV né letto i fumetti originali – in breve, non sapendo un’acca dell’universo di The Walking Dead – non mi è mai venuto in mente di giocarci.
@Nicholas:
Sì vabbé, fa tempo a morire di vecchiaia allora ^_^
@Giovanni:
Sei una persona orribile.
Spoiler alert.
Rivers soffre di una forma di autismo (non ho capito, o non ricordo, se sia la Asperger o altro) che le impedisce di manifestare emozioni nei confronti degli altri. Non è che non le abbia, è che non è in grado di esprimerle. Questo si riflette anche sulla sua incapacità di confessare a chiare lettere a Johnny del loro primo incontro da piccoli, e di essersi risentita perché lui se ne è dimenticato. Invece, manifesta la sua infelicità disseminando indizi cretini (come gli origami a forma di coniglio) che dovrebbero fargli venire in mente il loro primo incontro. E dato che lui non riesce a capire i suddetti indizi, Rivers muore senza che si siano chiariti.
Suona un po’ cretina, scritta nero su bianco?
Sì, secondo me suona un po’ cretina. Perdonatemi la mia scarsa empatia.
Considerata la durata ridotta e il tema abbordabile, si potrebbe farne un ottimo film e potrebbe pure fare buoni incassi.
Quelli di Telltale hanno realizzato un’avventura completamente originale che non richiede nessuna conoscenza dei personaggi e degli avvenimenti del fumetto o della seria tv. L’unica cosa in comune e’ lo scenario – gli Stati Uniti dopo l’apocalisse zombie (la cui causa non viene mai affrontata, c’e’ e basta, e gli zombie sono tutti standard, niente mostri speciali tipo Left 4 Dead o Resident Evil). TWD e’ un’avventura interattiva con finali a scelta multipla dai toni assai macabri, e non solo perché e’ gore.
Come si fanno gli spoiler in bianco?
Ecco, quella era la parte che mi aveva fatto storcere il naso. Conosco persone con quella condizione e non funziona come descritto in To The Moon, e anche io avevo trovato bizzarro che un uomo potesse decidere di spendere il resto della sua vita con una donna del genere (praticamente ha sposato un sasso che respira). Nonostante cio’ ho deciso di ignorare questa mancanza di realismo e di mantenere la mia sospensione di incredulità per non rovinare l’atmosfera che il gioco era comunque riuscito a creare, probabilmente grazie anche alle figurine che come accennato nel tuo post lasciano molto spazio all’immaginazione. Se si dovesse fare un adattamento cinematografico serio pero’ penso che farei più fatica a mandarla giu’.
@Giovanni:
Oook; se dici che non mi perdo niente a non conoscere l’universo narrativo (non dico in termini di trama, ma di significatività dell’esperienza), butterò un occhio ai prossimi saldi di Steam.
Il tag è font color=’white’ per aprirlo e /font per chiuderlo; ovviamente con le indentature.
Non saprei. Immagino esista una casistica piuttosto variegata (anche come livello di intensità) di quel disturbo. Cercando recensioni del gioco dopo averlo finito, mi ero imbattuto in un paio di commenti scritti da persone che asserivano di essere proprio come Rivers e di essere felici perché si sentivano finalmente capite e ben rappresentate. O mentivano, o Kan Gao ci ha preso.
Kan Gao prova a dare una motivazione nel corso del gioco. Sembra – e dico “sembra” perché non è mai espresso troppo a chiare lettere – che Johnny lo faccia per un misto di autopunizione (per la morte del fratello, anche se non ne è responsabile) e del bisogno di trovare qualcuno “strano” come lui (anche se Rivers è molto più strana di lui xD).
(Come si fanno i quote?)
“Se sentissimo, in questo modo, che la vita di Johnny non è semplicemente un elemento della trama ma dipende veramente dalle nostre azioni, ed è veramente appesa a un filo, forse ci sentiremmo più responsabili. E sentiremmo la sua tragedia più vicina a noi.”
E questo riassume bene o male i motivi per cui imho questo genere di giochi sono non-giochi al 99% e quando li vedo portati in palmo di mano come il futuro (ludico o narrativo) dell’industria mi viene voglia di spararmi… Anche se TTM lo farei rientrare nel genere delle “più-o-meno-circa-visual-novels” più che in quello degli rpg; al massimo un “circa-più-o-meno-avventura grafica”..
(Sì, compaio solo quando parli di vg, e sì, leggo anche tutti gli altri articoli, è che oltre un “bellissimo consiglio, me lo segno” o “l’ho letto, in effetti è molto fiquo” non avrei granché da dire e mi sembra di appestare i commenti con parole inutili.)
Tornando a TTM, quel buco di trama che citi lo ricordo diverso… Io ricordo che
SPOILER
dal momento che Eve cancella l’incontro a scuola con River, a Johnny resta il desiderio di re-incontrarla, e quindi di “andare sulla Luna”, che l’abbia rivista alla fiera oppure no. Alla fine, l’ha compunque “persa” di nuovo.
/SPOILER
Ma l’ho giocato parecchio tempo fa, quindi magari ricordo male.
Piuttosto, prima di quel coso dell’uccello, che m’ispira pochissimo, Kan Gao ha fatto uscire un micro-episodio, questo: http://freebirdgames.com/2013/12/31/to-the-moon-holiday-special-releas/
E’ free, dura pochissimo e non aggiunge chissà cosa; è stato fatto per i fan di Eve e Neil più che altro, mostra come siano “benvisti” dalla gente ^-^.
TWD imho, oltre a essere fin troppo sopravvalutato, delude molto proprio sotto il punto di vista delle scelte, la maggior parte delle quali sono costruite in modo da non importare chissà quanto. Alla fine, sacrificare X o Y poco cambia, specie se non hai avuto il tempo di affezionarti ai pg o li reputi degli stronzi incapaci come reputavo io quasi tutto il cast della prima stagione (parlo del gioco, non della serie TV); e in più si basa su una tematica che oramai trovo alquanto superficiale, presa da sola (l’eterno: “una volta crollata la società, è leggittimo comportarci da stronzi o è il caso di cercare di mantenere la nostra umanità?” Quesito che imho proprio manca il punto di cosa sia l’umanità e crea pare mentali che mi fa venir voglia di sparare tutti i pg).
È vero, TWD è molto guidato (anzi praticamente è un railroaded), io l’ho apprezzato appunto come racconto, ben sapendo che non è che puoi cambiare chissà cosa.
Però a me è piaciuta molto la tipologia di scelte morali cui ti pone davanti, scelte che difficilmente puoi inserire in un fps o anche solo in un gdr.
SPOILER
Ok, qualcuno di voi ha veramente salvato il ciccione al posto della figa?
Eff scrivere i tag font white non fa diventare il font white!
Probabilmente le stesse persone che hanno salvato Kaidan invece di Ashley.
A proposito Tapiro, hai mai giocato la saga di Mass Effect?
@Gwenelan:
Chi sarebbe a dire che sono il futuro dell’industria videoludica?
Sono semplicemente una delle tante direzioni che può prendere il videogioco, con tra l’altro un’onorata tradizione alle spalle (come le visual novel giapponesi). Né, a guardare le uscite degli ultimi anni sia da parte delle major, sia nel mondo indie, sembra che il numero di videogiochi di altro genere sembra essere diminuito rispetto a quello dell’interactive fiction (vedi ad esempio lo spopolare di roguelike o di sandbox vintage).
Sì, è corretto. E se Eva si limitasse a rimuovere quell’incontro, la storia filerebbe.
Il problema è che, oltre a cambiare quello, Eva fa una modifica anche più in là nel passato, ossia rimuove la morte del fratello di Johnny. Ma se il fratello di Johnny non muore, tutta la vita di Johnny successiva a quell’episodio sarà diversa! Soprattutto, quel famoso incontro con Rivers al liceo non potrebbe mai avvenire: Johnny non perderebbe mai contatto con Rivers perché non perderebbe più la memoria del loro primo incontro (perdita di memoria che è conseguenza dei farmaci antidepressivi).
Questo è il buco di trama di cui parlavo.
Tag blockquote per aprire il quote, e /blockquote per chiuderlo. Ricordati di indentarli (per chi non lo sapesse, si indenta mettendo < all’inizio del tag e > alla fine del tag.
Tranquilla, fai benissimo ^_^
Anzi, grazie per il link al mini-episodio sulla Sigmund, non lo conoscevo.
@Nicholas:
Sicuro di averli inseriti correttamente?
Ho modificato il tuo commento inserendoli così come li ho scritti, e funziona. Forse ti sei dimenticato di indentare i tag.
@Giovanni:
No, e dubito che lo farò. Ecco i motivi:
1. Dato il poco tempo che ho a disposizione, così come preferisco romanzi autoconclusivi, preferisco di norma anche giochi brevi. Mass Effect è una trilogia di giochi ciascuno dei quali è già di per sé enorme.
2. So che c’è sostanziale unanimità nel dichiarare che il finale della trilogia fa cagare; ergo trovo poco sensato investire tempo, denaro e affezione nell’ennesima serie che va a remengo perché non riesce a gestire la propria trama.
Il finale e’ effettivamente mediocre, anche con l’aggiunta del DLC Extended Cut. Se ti interessa la space opera e sei interessato a giochi attenti alla narrazione ti consiglierei comunque di provarlo. Non e’ nemmeno particolarmente difficile se giocato in modalità’ normale (il primo in particolare: le uniche armi che ti servono davvero sono i fucili d’assalto con i proiettili infiammabili per gli umanoidi o elettrici per i robot, tutto il resto lo si può vendere ai mercanti).
@nicholas: Io, perché la figa non era capace di cambiare due pile a una radio ^-^. Ho pensato che fosse troppo cogliona per essere utile.
In generale per le scelte (provo ad andare in spoiler):
Diciamo che moltissime delle scelte morali di TWD per me non avevano molto impatto: o mi mettevano davanti una scelta inutile (ciccione o figa? che ne so, li conosco da due secondi, che me ne frega?) oppure una facile (tizio che mi ha aiutato, mostrandosi gentile, o bambino rompicazzo? I wonder…). In più, quando ho capito che bene o male le mie scelte non servivano a niente (episodio 2), quasi nessuna mi ha più fatto né caldo né freddo. Tanto, anche se salvo Tizio invece di Caio, Tizio morirà, e morirà perché programmare le conseguenze della mia scelta costava troppa fatica/tempo ai programmatori.
Imho la scelta del primo ME fra Ashley e Kaidan è fatta molto meglio; anche se mi stavano sulle balle tutti e due (Ashley insopportabile e razzista, Kaidan un moscio senza palle che nel 3 speravo crepasse in quel cacchio d’ospedale, tanto si stava lagnando di tutto), comunque non erano due sconosciuti, erano due soldati al mio servizio che stavano facendo (al meglio) il loro lavoro. Dover decidere a freddo di sacrificarne uno mi ha colpito di più che dover decidere in due secondi chi tra due sconosciuti aiutare.
@Tapiro:
Grazie dei tag :)!
Tanta gente. Il succo di una miriade di commenti che ho letto in giro è circa: “Ecco un nuovo modo di intendere il videogioco che, grazie al fatto che l’aspetto narrativo è slegato dal gameplay, è capace di infondere molte più emozioni! Questo nuovo genere avrà un futuro fulgente! Oh, e hanno anche le storie migliori et più profonde da vari anni a questa parte!”
Che non è affatto quel che penso io, per chiarire ^-^.
Per TTM: sì, non ricordavo affatto questa parte, you’re right. Prego per il mini-episodio ^-^.
(Ora preghiamo di aver inserito correttamente i tag…)
@Gwen:
Perfettamente!
Ovviamente è vero il contrario: più gameplay e narrativa sono integrati, più l’esperienza è immersiva, e più quindi ci immedesimeremo nei protagonisti della storia e saremo emotivamente coinvolti. Dimostrazione è il fatto che gli ‘enigmi’ di To the Moon, essendo slegati dalla narrazione, interrompevano il flusso della storia e risultavano sgradevoli.
Questo già lo sai (so che non è la tua opinione), ma ci tenevo a ribadirlo.
Peraltro, molti dei giochi indie con le migliori storie che abbia mai visto non erano Interactive Fiction – per esempio Papers, Please o The Swapper, di cui spero di riuscire a parlare in futuro.
In verità avevo inserito anche il “font white” nel pezzo di TWD, ma… è svanito O_o.
Capisco la voglia di ribadire certi concetti.
Papers, Please ^-^! L’ho adorato, è uno dei pochi VG che mi ha fatta commuovere usando anche solo un misero oggettino del background. Non ho ancora provato The Swapper, invece, non mi ispira molto l’ambientazione; però se dici che merita gli do un’occhiata :)!
Vado a leggermi la Bonus Track adesso ^-^!
@Gwenelan:
L’ambientazione a mio avviso è proprio la cosa migliore del gioco; è come un Dead Space senza la componente horror/gore, sostituita da un’atmosfera da mystery metafisico. Con in più una riflessione abbastanza ben riuscita su cosa significhi essere “me stesso”.
A livello di gameplay, invece, è sostanzialmente un puzzle game – carino ma niente di trascendentale. Se quindi non ti piace l’ambientazione spaziale, forse dovresti evitare.
Buona lettura!
A parte i minigiochi credo potrebbe piacermi