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Bonus Track: Lest Darkness Fall

Lest Darkness FallAutore: L. Sprague DeCamp
Titolo italiano: L’abisso del passato
Genere: Ucronia / Fantasy / Storico
Tipo: Romanzo

Anno: 1941
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 250 ca.

Difficoltà in inglese: **

He was in the twilight of western classical civilization. The Age of Faith, better known as the Dark Ages, was closing down. Europe would be in darkness for nearly a thousand year. […] Could one man change the course of history to the extent of preventing this interregnum? Maybe.

Martin Padway, archeologo americano, sta tranquillamente passeggiando nel Pantheon di Roma e riflettendo sulla vita, quando un fulmine si abbatte sul tempio. Un momento dopo, non si trova più negli anni ’30 del Novecento, e uomini in toga che parlano una lingua arcaica lo circondano. Padway ha viaggiato nel tempo, e ora si trova nella Roma altomedievale, tra le rovine dell’Impero Romano d’Occidente. Per l’esattezza è il 535 d.C.; l’Italia è dominata dagli Ostrogoti; sul trono di Ravenna siede il debole Teodato, nipote di Teodorico il Grande; e a est, l’imperatore Giustiniano sta raccogliendo l’esercito con cui ha intenzione di invadere l’Italia per ricomporre l’Impero.
La guerra Greco-Gotica, quei vent’anni di devastazione che avrebbero dato il colpo di grazia alla penisola e aperto le porte ai Longobardi invasori, sta per cominciare. Con in tasca pochi spiccioli di nichel e argento e la sua conoscenza accademica del latino tardoantico, Padway dovrà trovare il suo posto al sole in una Roma in rovina prima che la situazione precipiti. Ma ha almeno un vantaggio dalla sua: la conoscenza del futuro, e delle meraviglie tecnologiche dell’età moderna. Padway sa di essere l’unico a poter fermare la guerra e impedire l’avvento del Medioevo – impedire che sui resti dell’Impero possano scendere le tenebre dei secoli barbari. Finisce la storia di Martin Padway, comincia quella di Martinus Paduei…

Uno dei periodi storici che mi mandano più in fissa in assoluto è il primissimo centennio dopo il crollo dell’Impero Romano. In quel periodo si è deciso (quasi) tutto: il destino dell’Italia, i confini dei Regni barbarici, la forma dell’Europa in cui oggi viviamo. Ricordo a questo proposito una discussione con Zwei – altro grande cultore di questa fase storica – in cui io sostenevo che non tanto i Longobardi né poi gli arabi, ma la guerra greco-gotica scatenata da Giustiniano avesse condannato l’Italia. Questi vent’anni di devastazione, infatti, non solo seminarono carestie, malattie, e decimarono una popolazione già in diminuzione; ma sostituirono un governo così così con un altro debole e odioso, e soprattutto tolsero ai superstiti la voglia e l’energia per resistere a ulteriori invasioni. Se i bizantini non si fossero intromessi nel giovane regno dei Goti, forse la nostra storia sarebbe stata diversa.
Con Lest Darkness Fall, L. Sprague DeCamp si pone la stessa domanda. Scrittore oggi ben avviato sul viale dell’oblio, soprattutto in Italia, DeCamp durante la Golden Age fu uno degli autori di fantascienza e alternative histories più influenti e ammirati. Lest Darkness Fall, la sua opera prima, si colloca sulla stessa scia di A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court di Twain – con la differenza che DeCamp non vuole fare della satira fiabesca, ma della sincera speculazione storica (con giusto un pizzico di fantasy nelle premesse iniziali). Può un uomo catapultato dal ventesimo secolo sopravvivere nell’alba dell’Alto Medioevo? E può, con le sue sole forze, cambiare il corso della storia?

Europa nel VI secolo

L’Europa pochi anni prima della guerra greco-gotica

Uno sguardo approfondito
Non sono la persona migliore per giudicare e sicuramente Zwei o uno storico, se leggessero il romanzo, potrebbe dare un parere più competente; ma l’impressione è che DeCamp di storia tardoantica ci capisca. Già solo il fatto di aver scelto come momento storico il regno del misconosciuto Teodato la dice lunga. La sua fonte principale sembra essere il De Bello Gothico di Procopio di Cesarea.
Per le strade mezze sterrate della Roma altomedievale, a Romani in toga e rigorosamente disarmati si mescolano Goti chiassosi e armati di tutto punto. Nelle tavernacce si possono incontrare vagabondi Vandali reduci delle campagne di riconquista bizantine in Africa; e se ti ammali, puoi star certo che alla tua porta si affolleranno stuoli di medici, maghi e preti, ognuno con un rimedio infallibile diverso dal precedente. E una volta tanto, il passato sembra essere realistico anche negli aspetti più sgradevoli (o almeno in alcuni di questi). Ad un certo punto, la serva siciliana di Padway si infilerà nel suo letto; ma invece che gratificarlo, come vorrebbe il canovaccio standard, si rivelerà un’esperienza disgustosa: la donna è sudicia, e ricoperta di zecche e pidocchi 1.
Non manca comunque qualche nota stonata. Su tutte, l’adagiarsi di DeCamp sul vecchio pregiudizio del Medioevo come millennio di barbarie, come età uniformemente buia e retrograda – un pregiudizio che già alla fine degli altri ’30 era datato, e letto oggi suona proprio male. Ma anche alcune scene tanto dense di retardness da parere uscite da un romanzo della Troisi; tipo il fatto – e succede più di una volta – che Padway, pur non avendo mai usato una spada in vita sua, sia in grado non solamente di difendersi in duello contro un veterano, ma anche di avere la meglio. E in modo del tutto accidentale! Srsly u guys?

Se nel complesso la Roma di Lest Darkness Fall pare credibile, bisogna anche ammettere che rimane piuttosto anonima. DeCamp non è un granché come scrittore: il suo stile è un uniforme raccontato con spiragli di mostrato quando c’è una scena importante. Tutta la storia è filtrata attraverso il pov del protagonista, ma la telecamera rimane sempre piuttosto distante da Padway, sicché non ci sentiamo molto partecipi delle sue avventure; anche i suoi pensieri e i suoi stati d’animo, le sue preoccupazioni, ci vengono piattamente raccontate. La cosa si fa particolarmente sentire nelle battaglie, che si riducono quasi sempre ad anonimi riassunti di manovre e azioni di masse d’uomini: il pathos è ai minimi termini, l’immersione non pervenuta.
Altre volte, spunti interessanti vengono ridotte a macchiette comiche. Prendiamo la questione dell’intolleranza religiosa: nella Roma del VI secolo coesistevano molte religioni, dalle varie correnti del cristianesimo (i Romani cattolici, i Goti ariani, i Siriani nestoriani, e così via) alle sopravvivenze pagane. Tutte queste religioni erano ammesse, ma la convivenza non era sempre facile. Be’, DeCamp mette in scena la questione con una rissa da fumetto in un’osteria, tra esponenti di credi diversi che si tirano cazzotti e boccali. Argomento chiuso.

Nestorianesimo

Eretici!

Stesso discorso si può fare per i comprimari. Thomasus, il banchiere siriano dal braccino corto, è un tipo simpatico: sempre pronto a lamentarsi, a contrattare sul nulla, a cercare di truffare l’interlocutore, a invocare Dio ogni volta che qualcosa non gli va a genio (“Do You hear that, God? He comes in here, a barbarian who hardly knows Latin, and admits that he has no security and no guarantors, and still he expects me to lend him money! Did You ever hear the like?”). E’ un personaggio che rimane impresso, e DeCamp riesce a costruire un sacco di dialoghi divertenti tra lui e Padway; ma Thomasus rimane sempre una macchietta, uno stereotipo, non sembrerà mai una persona vera. Stesso discorso per Fritharik, il nobile Vandalo decaduto che passa il tempo a lamentare le sue glorie passate e a fare la vittima, o Teodato, il re squilibrato e immerso in un mondo tutto suo, in cui lui è il più grande erudito che sia mai esistito. Tutti questi personaggi regalano dei momenti piacevoli, ma sempre a un livello da cabaret.
Le cose peggiorano ulteriormente se diamo un’occhiata al protagonista. Padway è un manichino senza personalità, un veicolo dell’esperimento ucronico dell’autore; non sembra avere delle vere motivazioni. La situazione in cui precipita sin dalle prime pagine è atroce: catapultato millecinquecento anni nel passato, in un mondo ostile, sporco, retrogrado, senza un amico né un parente, e con ben presto la certezza di non poter mai più tornare alla propria epoca. Ma Padway non si strappa i capelli, non nega la realtà, non tenta nemmeno di trovare una soluzione; la sua reazione emotiva è quasi inesistente. Superato lo spaesamento iniziale, Padway si darà da fare per raggranellare soldi e farsi una posizione. Il conflitto interiore è azzerato ancora prima di nascere.

Dove il romanzo dà il meglio di sé è nell’elemento ucronico. E’ interessante vedere come, gradualmente, l’Italia del VI secolo si trasformi, e prenda un corso diverso da quello da noi conosciuto, mano a mano che le innovazioni tecniche di Padway prendono piede. E’ un piacere assistere alla prematura nascita del brandy, piuttosto che della partita doppia. L’approccio di DeCamp, inoltre, è molto realistico: Padway potrà anche conoscere la moderna tecnologia e, in parte, come riprodurla, ma da qui a introdurla in pieno Alto Medioevo è tutto un altro paio di maniche! Bisogna “inventare” prima l’elettricità per poter usare il telegrafo; e già la polvere da sparo darà parecchi grattacapi al nostro protagonista.
All’ucronia tecnologica si combina quella politica, nel momento in cui Padway comincia a chiedersi quali eventi storici dovranno cambiare, e a chi dovrà andare il governo dell’Italia, per impedire il declino dell’Occidente. E non dico più niente perché se no Dunfrey mi cazzia – andate a leggervelo.

Goths

Goti. Invadiamo l’Italia dal 493.

Lest Darkness Fall è ben lontano dall’essere un capolavoro. E’ scritto male, i personaggi sono bidimensionali, la tensione rimane bassa, l’immersione scarsa; siamo a un livello molto più basso rispetto al capostipite di Mark Twain. Di certo non è all’altezza di diventare un Consiglio. Il romanzo di DeCamp è affascinante solo come speculazione fantastorica un po’ romanzata; lo consiglierei solamente agli amanti di quel periodo storico e dei what if.
E, perché no, a chi si voglia fare una cultura sui “classici” della narrativa fantastica. Molti racconti e novellas sono stati scritti su ispirazione di Lest Darkness Fall – alcuni recuperando solo l’idea del viaggio nel tempo che catapulta un uomo moderno in un mondo medievale e gli dà la possibilità di cambiare il corso della storia con l’ausilio della tecnica, altri espandendo proprio la storia di Martin Padway e del mondo che ha creato. E non è escluso che di questi racconti parli in futuro.

Dove si trova?
Non sono riuscito a trovare Lest Darkness Fall su Library Genesis né su Bookfinder, ma grazie agli avvisi di Dunseny e Wolframius sono riuscito a beccarlo sul Mulo. In lingua originale ho trovato tre referenze (rtf, pdf, lit); altre tre in italiano, cercando però “Abisso del passato” senza l’articolo.
Nel caso vogliate pagarlo, su Amazon si trovano due edizioni kindle: quella della collana Gateway della Gollancz, a 6,49 Euro, o l’edizione Phoenix, a 7,21 Euro. Quest’ultima oltre al romanzo di DeCamp contiene in appendice tre racconti ispirati a Lest Darkness Fall; ma tutti e tre i racconti sono rintracciabili aggratis online, quindi non c’è davvero bisogno di prendere questa edizione (di questa info ringrazio il buon Uriele).

Qualche estratto
Il primo estratto mostra i primi tentativi di Padway di razionalizzare ciò che gli sta accadendo dopo essere apparentemente precipitato nel VI secolo

1.
He couldn’t stand there indefinitely. He’d have to ask questions and get himself oriented. The idea gave him gooseflesh. He had a phobia about accosting strangers. Twice he opened his mouth, but his glottis closed up tight with stage fright.
Come on, Padway, get a grip on yourself. “I beg your pardon, but could you tell me the date?”
The man addressed, a mild-looking person with a loaf of bread under his arm, stopped and looked blank. “Qui e’? What is it?”
“I said, could you tell me the date?”
The man frowned. Was he going to be nasty? But all he said was, “Non compr’ endo.” Padway tried again, speaking very slowly. The man repeated that he did not understand.
Padway fumbled for his date-book and pencil. He wrote his request on a page of the date-book, and held the thing up.
The man peered at it, moving his lips. His face cleared. “Oh, you want to know the date?” said he.
Sic, the date.”
The man rattled a long sentence at him. It might as well have been in Trabresh. Padway waved his hands despairingly, crying, “Lento!”
The man backed up and started over. “I said I understood you, and I thought it was October 9th, but I wasn’t sure because I couldn’t remember whether my mother’s wedding anniversary came three days ago or four.”
“What year?”
“What
year?”
“Sic, what year?”
“Twelve eighty-eight
Anno Urbis Conditae”
It was Padway’s turn to be puzzled. “Please, what is that in the Christian era?”
“You mean, how many years since the birth of Christ?”
“Hoc ille-that’s right.”
“Well, now-I don’t know; five hundred and something. Better ask a priest, stranger.”
“I will,” said Padway. “Thank you.”
“It’s nothing,” said the man, and went about his business. Padway’s knees were weak, though the man hadn’t bitten him, and had answered his question in a civil enough manner. But it sounded as though Padway, who was a peaceable man, had not picked a very peaceable period.

Srsly

La reazione amorfa di Padway fa inarcare qualche sopracciglio.

2.
“Let’s drink to—” Thomasus started to say “success” for the thirtieth time, but changed his mind. “Say, Martinus, we’d better buy some of this lousy wine, or he’ll have us thrown out. How does this stuff mix with wine?” At Padway’s expression, he said: “Don’t worry, Martinus, old friend, this is on me. Haven’t made a night of it in years. You know, family man.” He winked and snapped his fingers for the waiter. When he had finally gotten through his little ceremony, he said: “Just a minute, Martinus, old friend, I see a man who owes me money. I’ll be right back.” He waddled unsteadily across the room.
“A man at the next table asked Padway suddenly: What’s that stuff you and old one-eye have been drinking, friend?”
“Oh, just a foreign drink called brandy,” said Padway uneasily.
“That’s right, you’re a foreigner, aren’t you? I can tell by your accent.” He screwed up his face, and then said: “I know; you’re a Persian. I know a Persian accent.”
“Not exactly,” said Padway. “Farther away than that.”
“That so? How do you like Rome?” The man had very large and very black eyebrows.
“Fine, so far,” said Padway.
“Well, you haven’t seen anything,” said the man. “It hasn’t been the same since the Goths came.” He lowered his voice conspiratorially: “Mark my words, it won’t be like this always, either!”
“You don’t like the Goths?”
“No! Not with the persecution we have to put up with!”
“Persecution?” Padway raised his eyebrows.
“Religious persecution. We won’t stand for it forever.”
“I thought the Goths let everybody worship as they pleased.”
“That’s just it! We Orthodox are forced to stand around and watch Arians and Monophysites and Nestorians and Jews going about their business unmolested, as if they owned the country. If that isn’t persecution, I’d like to know what is!”
“You mean that you’re persecuted because the heretics and such are not?”
“Certainly, isn’t that obvious? We won’t stand- What’s your religion, by the way?”
“Well,” said Padway, “I’m what in my country is called a Congregationalist. That’s the nearest thing to Orthodoxy that we have.”
“Hm-m-m. We’ll make a good Catholic out of you, perhaps. So long as you’re not one of these Maronites or Nestorians—”
“What’s that about Nestorians?” said Thomasus, who had returned unobserved. “We who have the only logical view of the nature of the Son-that He was a man in whom the Father indwelt—”
“Nonsense!” snapped Eyebrows. “That’s what you expect of half-baked amateur theologians. Our view- that of the dual nature of the Son-has been irrefutably shown—”
“Hear that, God? As if one person could have more than one nature—”
“You’re all crazy!” rumbled a tall, sad-looking man with thin yellow hair, watery blue eyes, and a heavy accent. “We Arians abhor theological controversy, being sensible men. But if you want a sensible view of the nature of the Son-” “You’re a Goth?” barked Eyebrows tensely.
“No, I’m a Vandal, exiled from Africa. But as I was saying” -he began counting on his fingers—“either the Son was a man, or He was a god, or He was something in between. Well, now, we admit He wasn’t a man. And there’s only one God, so He wasn’t a god. So He must have been—”
About that time things began to happen too fast for Padway to follow them all at once. Eyebrows jumped up and began yelling like one possessed. Padway couldn’t follow him, except to note that the term “infamous heretics” occurred about once per sentence. Yellow Hair roared back at him, and other men began shouting from various parts of the room: “Eat him up, barbarian!” “This is an Orthodox country, and those who don’t like it can go back where they—” “Damned nonsense about dual natures! We Monophysites-” “I’m a Jacobite, and I can lick any man in the place!” “Let’s throw all the heretics out!” “I’m a Eunomian, and I can lick any
two men in the place!”
Padway saw something coming and ducked, the mug missed his head by an inch and a half. When he looked up the room was a blur of action. Eyebrows was holding the self-styled Jacobite by the hair and punching his face; Yellow Hair was swinging four feet of bench around his head and howling a Vandal battle song. Padway hit one champion of Orthodoxy in the middle; his place was immediately taken by another who hit Padway in the middle. Then they were overborne by a rush of men.

Tabella riassuntiva

Un uomo moderno nella Roma altomedievale! Il protagonista è un manichino, gli altri personaggi sono macchiette.
Ricostruzione credibile di un periodo storico interessante e poco sfruttato. Descrizioni approssimative e scenario sottosfruttato.
Elementi ucronici introdotti in modo realistico. Stile raccontato e ritmo piatto che immergono poco.
Qualche scena di combattimento clueless.

(1) Soprattutto, mi è piaciuta la visione disillusa dell’amore tra un uomo moderno e una donna del mondo antico [seguono spoiler in bianco].
Nel corso del romanzo, Padway incontra più di una bella donna; ma non riuscirà a concludere con nessuna di loro. La regina Amalaswentha, che all’inizio aveva affascinato il protagonista, si rivelerà talmente sanguinaria e vendicativa da farlo scappare. Le cose sembrano andare meglio con la dolce Dorotea, figlia di un colto e posato senatore romano; ma non dureranno: quando le riforme promosse da Padway porteranno alla liberazione degli schiavi, la famiglia di Dorothea finirà sul lastrico e la ragazza non lo perdonerà mai più.Torna su