Come tutte quelle tecniche che alterano il semplice flusso lineare della narrazione, i flashback sono una brutta bestia. Nel suo manuale Plot, Ansel Dibell mette giustamente in guardia contro il loro utilizzo:
All this structural hanky-panky isn’t something to engage in just for the fun of it. Any departure from linear, sequential storytelling is going to make the story harder to read and call attention to the container rather than the content, the technique rather than the story those techniques should be serving.
There’s a principle called “elegance” which means that a theory or an object has no excess parts. It may be very complex, but it’s as simple as it can be and still work. This applies to fiction, too.
Tuttavia, ci sono storie che beneficiano realmente, in termini di chiarezza o di coinvolgimento, da un utilizzo intelligente dei flashback. E ci sono storie che semplicemente non funzionerebbero senza flashback.
Pensiamo a Lost: è una storia che non potrebbe mai funzionare se fosse raccontata in ordine cronologico. Dei personaggi non ci interessa nulla finché non sono sull’isola (la vita della maggior parte di loro è piuttosto ordinaria); e viceversa, la serie sarebbe solamente un mystery fantascientifico se non avessimo la possibilità di scoprire, poco a poco, chi erano i sopravvissuti prima di arrivare sull’isola. Si potrebbe raccontare la storia in modo lineare, partendo dallo schianto del volo Oceanic e proseguendo fino alla risoluzione finale ignorando le backstory dei personaggi – ma l’elemento più affascinante della serie (o almeno, delle prime stagioni, che poi sono quelle che funzionano meglio), la sua ragion d’essere, sta proprio nella giustapposizione e nel contrasto tra il prima e l’adesso dei sopravvissuti.
Ho nominato Lost perché è un esempio celebre, ma in realtà tutte le trame del tipo “crogiolo” (in cui una serie di personaggi senza precedenti relazioni tra loro si trovano forzati in uno spazio chiuso di pericolo) si prestano bene a una struttura narrativa che salta avanti e indietro nel tempo. La timeline che segue il presente concentra tutta l’azione, la tensione della vicenda, ed è il perno della storia; le timeline che indagano il passato dei protagonisti concedono dei momenti di respiro tra un momento adrenalinico e l’altro (così da evitare l’assuefazione), sono un piacevole cambio di scenario, accrescono la familiarità e l’affezione verso i personaggi, e permettono di esplorarne meglio le motivazioni e i comportamenti. Battle Royale e Le Iene sono altri due esempi di storia che funziona proprio grazie a questa struttura.
I crogioli sono forse l’esempio migliore, ma non l’unico, di trama che funziona bene quando non è lineare. Pensiamo a Pulp Fiction. Data la natura episodica del film (che racconta, in pratica, tre o quattro storie autoconclusive), non è difficile da seguire anche se è raccontato in modo non lineare. E in compenso, la storia ne beneficia tantissimo: la scena finale di Vic e Jules alla tavola calda, dove i due killer discutono della vita e del loro futuro, non avrebbe minimamente lo stesso impatto sullo spettatore se non sapessimo già come andrà a finire. E viceversa, l’ultimo episodio in ordine temporale è quello del boxeur in fuga interpretato da Bruce Willis: terminare il film con la sua storia sarebbe stato debole. L’episodio di Bruce Willis è divertente e pieno d’azione, ma non dà un senso di chiusura alla pellicola.
Questo pippone per dirvi cosa? Che anche se la chiarezza espositiva e la fluidità della trama sono il primo obiettivo da ricercare quando si crea una storia, bisogna accettare che ci sono trame che, semplicemente, sono più interessanti quando sono raccontate in modo non lineare. A volte, per il bene della chiarezza, si finisce per annacquare una storia e renderla più noiosa. E indovinate dove, a mio avviso, è successo proprio questo? In Attack on Titan.
Uno degli scogli più grossi alla visione di questo anime sono i primi quattro episodi. Sono – per capirci – le puntate in cui viene mostrato l’attacco dei titani alla cerchia di mura esterne (con conseguente distruzione della città natale di Eren), l’esodo dei protagonisti nella seconda cerchia e i tre anni di addestramento all’accademia militare. Capite da subito il problema: si tratta di mostrare in uno spazio di tempo compresso tre anni abbondanti di vita del protagonista. Peggio: si tratta di mostrare un avvenimento di importanza centrale all’inizio, tre anni in cui succede poco e niente, e un nuovo avvenimento di importanza centrale alla fine (la ricomparsa del Titano Colossale, che mette in moto poi tutti gli eventi successivi della serie).
Il risultato è pessimo. Più che raccontare una storia, questi primi episodi sono una sequenza di scene distinte e rabberciate alla bell’è meglio finalizzate a costruire protagonisti e ambientazione. Ci fanno familiarizzare con i personaggi bambini, per poi rimpiazzarceli dopo qualche episodio con le loro versioni cresciute. La sensazione è che le prime due ore circa di Attack on Titan siano una specie di gigantesco prologo all’anime vero e proprio, e che la storia cominci solo a partire dal quinto episodio con la battaglia di Trost. L’impressione è rafforzata dal fatto che, a fronte dei continui salti temporali delle prime puntate, dalla quinta in poi l’evoluzione della trama diventa lentissima. Risultato: ho dovuto fare appello alla mia forza di volontà per non smettere prematuramente la visione dell’anime, e forse l’avrei fatto, se non li avessi già scaricati tutti e messi comodamente nel mio hard disk.
Né sono l’unico ad aver avuto questa impressione. Bazzicando in giro su qualche forum, mi è capitato più volte di imbattermi in conversazioni tra utenti delusi dai primi episodi e incerti se continuare la visione, e fan dell’anime che dicevano cose del tipo: “Tieni duro almeno fino all’episodio 5, poi diventa bellissimo!”. Ora – quando persino gli appassionati riconoscono che un’opera diventa bella solo superato un certo punto, e che quello che c’era prima serviva solo a preparare il terreno, c’è qualcosa che non va. Il tempo dello spettatore è denaro. L’opera deve essere avvincente e reggersi sulle sue gambe fin da subito, non può vivere della vaga promessa che “il bello deve ancora arrivare, sii paziente”.
Mi rendo conto che Isayama si trovava di fronte a un bel problema. Questo problema consisteva nel fatto che il cuore della storia si svolgeva in un determinato momento temporale, ma che questa storia aveva senso solo alla luce di alcuni avvenimenti cruciali che avvenivano alcuni anni prima. I primi episodi avrebbero dunque una serie di obiettivi espositivi:
1. Mostrare l’apertura della breccia nel Muro Maria e l’invasione dei Titani nel regno, dato che questo è l’avvenimento che determinerà il nuovo assetto della società di Attack on Titan.
2. Mostrare il trauma nell’infanzia del protagonista e la serie di avvenimenti che lo porterà a intraprendere la carriera militare.
3. Mostrare come funziona la vita militare nel mondo di Attack on Titan, e introdurre una serie di comprimari che saranno importanti negli episodi successivi (es. i compagni di Eren).
A questi si aggiunge un obiettivo narrativo:
4. Aprire l’opera col botto, cioè con un’apparizione dei Titani (il nodo della storia) e una battaglia sanguinosa.
Non tutti questi punti sono altrettanto importanti. Il punto 3, ad esempio. Il funzionamento dell’esercito – e l’addestramento dei cadetti di cui Eren fa parte – poteva anche essere mostrato direttamente in battaglia, e così i suoi compagni. L’inefficienza di un “avanti veloce” sugli anni di boot camp è dimostrata dal fatto che, comunque sia, poco vediamo – nei primi episodi degli anime – tanto dell’addestramento, quanto di questi comprimari; e infatti facciamo fatica a ricordarceli. Mi sono sorpreso, arrivato all’episodio 16 o 17, di sbattere gli occhi e pensare: “Aspetta – chi minchia è ‘sta Krista Lenz?”. Viceversa, il personaggio di Levi è introdotto relativamente tardi, ma ha un carattere così distintivo, e lo vediamo fare talmente tante cose, che lo memorizziamo subito.
I personaggi si memorizzano e ci diventano familiari in base alle cose che fanno, a come si comportano in momenti cruciali – come ad esempio uno scontro con mostri mangiauomini alti otto metri. Una carrellata veloce e infodumposa, come quella regalataci nel terzo e quarto episodio, aiuta poco (salvo forse a dire: “Ah sì, quella è la tipa delle battute sulle patate…”. Sigh).
Ma concedo che i primi due punti e l’ultimo sono cruciali, e andavano risolti in qualche modo. Il regista, con Isayama, sceglie di privilegiare la chiarezza, raccontando la storia in modo strettamente cronologico e costringendo lo spettatore a tenere duro per i primi episodi – diciamo dal secondo al quarto compreso, che sono quasi esclusivamente espositivi e nei quali non succede granché – per godere poi di quelli successivi.
E se invece avesse fatto diversamente? Se avesse scelto di raccontare la storia di Attack on Titan in modo non lineare, così da evitare il pantano dei primi episodi? Come salvare i punti più importanti, senza fare impazzire il lettore da un lato, né dall’altro annoiarlo?
Ho provato a immaginare come mi sarei comportato nei panni del regista. Ovviamente, avessi carta bianca, terrei solo l’ambientazione ed eliminerei senza rimpianti i protagonisti e tutta la loro storia. Come già detto nello scorso articolo – ma so di avere il consenso della maggior parte di voi su questo punto – ci sono storie molto più interessanti che si potrebbero raccontare con le premesse di Attack on Titan. Ma poniamo di dover mantenere tutti gli elementi principali della storia, e di poter cambiare solo i dettagli e il modo di presentarli. Mi sono venute in mente due diverse alternative.

Ciao a tutti. Sono il comic relief dell’anime e i miei sketch non fanno ridere. Mi ricorderete non per la mia abilità in battaglia, ma perché mangio patate.
Variante #1: Battaglia di Trost con contorno di flashback
Siamo d’accordo: dato che Attack on Titan è un fantasy militare sull’umanità contro i Titani, dovrebbe iniziare con una battaglia contro di loro. Ma perché dev’essere una battaglia ambientata nel passato (rispetto al grosso della storia)? Perché non una battaglia che si svolge nel presente? La soluzione più semplice sarebbe proprio cominciare con l’episodio cinque, ossia con l’attacco dei Titani a Trost – uno scontro che prosegue fino a metà stagione e che quindi da sola rappresenta quasi il 50% dell’anime. L’anime potrebbe aprirsi con una pacifica scena di cadetti sulle mura della città, dando allo spettatore qualche minuto per familiarizzare coi protagonisti – e poi l’attacco.
Ok: questo risolve il quarto punto, ma che dire dei primi due, ossia dell’importanza di far capire allo spettatore come si è arrivati alla situazione presente e cosa motiva Eren a combattere i Titani? Be’, ma a pensarci bene questa è pura exposition. Allo spettatore (come al lettore), all’inizio dell’opera queste cose non interessano. Poiché non c’è ancora stato investimento emotivo né sull’ambientazione, né sul protagonista, non proverà curiosità per il background dell’una né dell’altro. Vuole azione. E provare emozioni forti. Ergo: prima di tutto, un po’ di violenza che ci familiarizzi con Titani e adolescenti protagonisti. Poi, nel tempo – diciamo dopo qualche episodio – il bisogno di saperne di più sul passato di questa gente comincerà ad acquistare peso.
Come gestirlo? Per prima cosa, si può cominciare già dai primi episodi a buttare dettagli sul passato di Eren (e dei suoi amici d’infanzia): il suo essere originario della città dove avvenne il primo attacco, il fatto che sia fuggito per il rotto della cuffia dai Titani e l’odio che ne è scaturito. Poi, in un momento di distensione – alla fine della battaglia, o di una prima fase della battaglia – si potrebbe inserire un flashback (della durata di un episodio, difficilmente di più) che ci mostri nel dettaglio l’avvenimento, con particolari come il fatto che i Titani si siano pappati la mamma di Eren sotto i suoi occhi.
Questi flashback potrebbero diventare anche un pattern dell’anime: ogni tot episodi, in momenti di distensione dell’azione nel presente, e con hook tematici sufficienti a giustificarli, si potrebbe inserire una puntata flashback che illustri questo o quell’aspetto interessante della storia di Eren e dei suoi amici – l’esodo nella seconda cerchia di mura, la difficile vita dei profughi in condizioni di scarsità di cibo, qualche episodio di rivolta finito nel sangue e così via. Sarebbe un interessante sistema per mostrare i particolari della vita ordinaria nel mondo di Attack of Titan senza risultare pesanti.
Variante #02: Build-up lento
Il problema della prima proposta potrebbe essere che condensa molte informazioni in uno spazio concentrato: nel corpo di un unico avvenimento centrale – la battaglia di Trost, che abbia o meno più fasi – ci sono l’introduzione dei personaggi, dell’ambientazione, degli antagonisti, per non parlare dei flashback. Si potrebbe tentare un’altra strada, ossia quella di posticipare la battaglia e dare più tempo allo spettatore di familiarizzare coi personaggi. Ad esempio, potremmo cominciare la nostra storia negli ultimi giorni (l’ultima settimana?) da cadetti dei protagonisti, prima dell’apparizione dei Titani davanti alle mura di Trost.
Però ci siamo detti che un esordio senza l’apparizione dei Titani è debole. Come risolvere questo problema? E’ qui che entra in gioco la Legione Esplorativa! Immaginiamo un inizio incentrato su una spedizione della legione fuori dalle mura, magari tra le rovine di una delle cittadine del Muro Maria. L’anime comincia sui soldati che, variamente acciaccati, fanno per tornare verso la seconda cerchia di mura. E bam! Appaiono i Titani. Segue carneficina (durante la quale apprendiamo quanto cazzo sono pericolosi questi Titani). Alla fine, i superstiti si mettono in fuga ed entrano nelle mura dalla porta di Trost: tutta la scena potrebbe durare un cinque minuti. Ed ecco che il pov passa su Eren – che vedremmo per la prima volta – che li guarda entrare in condizioni pietose. Sigla. Di qui in poi, l’anime stabilirà Eren come protagonista e seguirà la sua storia.
Questa scena, che tra l’altro rispecchia altre scene simili dell’anime reali, svolgerebbe numerosi funzioni: ci dà un inizio forte con Titani che attaccano (e vincono), mostra i giganti che infestano le rovine di città umane, e stabilisce da subito il rapporto tra Eren e la Legione, verso cui chiaramente prova stima e di cui vuole entrare a far parte (anche se per ora non ne sappiamo il perché). Da quest’ultimo dato, lo spettatore intuisce da subito una prima motivazione per cui Eren è nella scuola militare. Il resto dell’episodio può proseguire su toni più tranquilli, mostrando scorci di vita militare dei nostri eroi e qualcosa della vita quotidiana dentro le mura.
L’episodio dovrebbe culminare con un cliffhanger, ma l’attacco dei Titani alle mura potrebbe essere prematuro. Si potrebbe invece chiudere su un disordine con i militari; magari un tentativo di rivolta popolare, così da creare un po’ di tensione, far subito emergere i problemi di politica interna e focalizzare l’attenzione sui soldati (potrebbe persino essere un compito da cadetti come Eren, l’aiutare la guarnigione a riportare l’ordine). L’attacco dei Titani potrebbe poi arrivare con più calma nell’episodio successivo, o ancora più avanti. I dettagli sul passato dei nostri protagonisti dovrebbero essere centellinati. Anche in questo caso si potrebbe inserire, in un momento di calma, il flashback sull’infanzia del protagonista; ma la cosa sarebbe meno traumatica perché avremmo avuto più tempo per conoscere tutti i personaggi.
That’s it
I due scenari riportati sopra erano solo esempi, neanche molto brillanti, che mi sono venuti in mente. Chissà quante soluzioni migliori si possono trovare. Ma entrambe mi sembrano migliori di quella originale, nell’evitare i cliché da shonen e nel presentare il mondo della storia in modo interessante. Mi sono tolto un sassolino dalla scarpa.
Ora posso con più tranquillità abbassare la saracinesca su Attack on Titan. Se ne riparlerà, magari, quando sarà uscita la seconda stagione.
Ciau Tapi. Io non ho visto Attack On Titan, ma sono molto curioso e spero che una versione doppiata esca al più presto. Per cui non so bene di cosa sto parlando xD
Forse è una cosa che va contro il credo, spesso legittimissimo, dello show don’t tell, ma io ho una passione sconfinata, quasi un feticismo, per i dettagli rivelati attraverso i dialoghi. Sentire personaggi parlare di qualcosa che io non conosco, di parentele, di disastri, di traumi, di autorità politiche, mi fa andare in brodo di giuggiole, perchè sento che è così che farebbero delle persone vere: alluderebbero a molti argomenti senza sviscerarne praticamente nessuno.
Già ho nominato Code Geass in un commento qualche settimana fa, fondamentalmente perchè è uno dei miei 3 anime preferiti e quando si parla di fantapolitica + guerra con una spruzzata di teen drama non può non venirmi in mente. Code Geass propone un build up lento con le prime due puntate al cardiopalma, un’introduzione di un minuto sulla situazione del Giappone giusto per acquistare familiarità con l’ambientazione, e di lì in poi tantissimi piccoli e grandi suggerimenti sulle istituzioni, sulle relazioni tra personaggi, sulla tecnologia utilizzata e sul potere del Geass. Non c’è mai una puntata di flashback, solo piccole parentesi del passato, tematicamente connotate, spesso all’inizio degli episodi. Se fatto bene io preferisco un meccanismo ad orologeria composto di tante piccole parti piuttosto che lunghe porzioni sul passato. Perchè il progressivo aumento del senso di familiarità con personaggi, ambienti e concetti mi incatena alla storia. Odio gli infodump, in tutte le loro forme, devo ammetterlo.
Buongiorno e complimenti per l’intervento.
Di Shingeki No Kyojin ho letto il manga e non ho visto l’anime, perciò mi sembra interessante sottolineare che questa incoerenza si sente di meno nel fumetto. Insomma, ci sono salti di anni ma, forse per le dinamiche differenti del manga, ho percepito che la struttura della storia funzionasse bene così com’era stata ipotizzata. Dovrei vedere l’anime per capire se le due forme hanno mantenuto le stesse strutture oppure se l’anime si permette qualche libertà maggiore sulla storia.
Rimane il fatto che il manga entra in una “culla di noia” dal capitolo 48 circa in poi, proprio per i motivi da te proposti (la presenza di fatti raccontati linearmente che, non avendo una controparte di pura azione, semplicemente creano nel lettore il pensiero “ma quando si scazzottano?”) e forse per la volontà dell’autore di intraprendere un atto narrativo dal taglio più politico, incentrato più sulla struttura dello stato umano post-titani che sui titani in sé.
Anche i disegni cambiano negli ultimi capitoli, diventano più concitati anche laddove sarebbe bastato semplicemente un tratto lineare e pulito. La volontà di sporcare queste tavole (perché di una scelta si tratta) sta forse proprio nel fatto che l’autore ha compreso la poca azione presente nei capitoli e tenta di pareggiare la situazione con disegni roboanti?
Tomorrow knows.
– Spirito Gioane
Bell’articolo, purtroppo deturpato dal riferimento a quella accozzaglia di GUARDALLA’!! a raffica di Lost. Tapiro, ma guardati Breaking Bad e true Detective come tutte le persone per bene…
Questo tuo articolo mi ha ricordato che anche io guardando AoT avevo pensato si sarebbe potuto fare un esperimento di montaggio alternativo tipo quelli che altri hanno fatto con i prequel di Star Wars. Io avrei seguito la tua Variante #1, e poi avrei proseguito tagliando molte scene inutili (soprattutto quelle pregne di irritante umorismo da cartone animato, tra cui la famigerata ragazza-patata che a un certo punto si trasforma pure in lupo mannaro!) e riducendo all’osso tutti i momenti in cui i personaggi si fermano per commentare quello che sta succedendo, spesso con osservazioni ovvie.
Se mi ricordo più avanti questa estate potrei provarci davvero – lo scazzo maggiore e’ quello di procurarsi tutti i file e di convertirli nel formato adatto.
@Dagored: solo per aver consigliato True Detective adesso ti stimo di più.
In realtà dovrebbe dare un’occhiata a True Detective proprio per l’uso disinvolto a dir poco che fanno della tecnica di cui l’articolo ù__ù
@Alb:
Questo uso dei dialoghi va bene purché sia centellinato, e unito a una serie di scene d’azione che mostrino gli argomenti di cui si parlerà, Non c’è peggior problema di parlare di cose che non sono mai apparse / non appariranno mai fisicamente nella storia: si fa fatica a seguire e non creano investimento emotivo (quindi basically ce ne frega poco e ci distraiamo più facilmente).
All’epoca in cui lo vidi Code Geass riuscì in effetti ad appassionarmi parecchio, ma guardato a mente fredda è un po’ una cagata. La verità è che mischiare fantapolitica militare e teen drama non è una buona idea per produrre qualcosa di intelligente…
Ciò detto, sono d’accordo: la struttura narrativa di Code Geass e la scelta dei tempi – compresi quelli delle battaglie, che sono molto più “sintetiche” è sicuramente migliore rispetto ad Attack on Titan.
@Dago:
Fare un esempio usando Lost è utile perché lo conoscono (quasi) tutti; come Pulp Fiction.
E poi non fare l’hipster. Lost ha molti difetti – soprattutto nelle ultime stagioni – ma obiettivamente è una serie interessante.
Breaking Bad lo volevo vedere – prima o poi,
Facile che dia prima una chance a True Detective, dato che sono pochi episodi, ma non è troppo il mio genere…
@Giovanni:
Uhm.
Non so se puoi tirar fuori qualcosa di decente facendo solo copia e incolla; i miei scenari presupponevano un sacco di nuovo footage. Ma il tentativo è benvenuto. Sarei curioso di vedere il risultato ^_^
Sigh.
>>Lost ha molti difetti – soprattutto nelle ultime stagioni – ma obiettivamente è una serie interessante.
Lost è una ragazza bellissima dal corpo leggiadro, i seni procaci, il volto d’angelo e la bocca di miele che dopo un corteggiamento intenso ed appassionato riesci a portarti a letto per poi scoprire che…nelle mutande ha un tarallo di 30 cm.
Ma solo a me l’inizio lento di Attack on Titan non è dispiaciuto affatto? Quella prima parte con l’addestramento militare, con Eren che [MINI-SPOILER] crede di essere incapace di usare l’equipaggiamento militare per poi scoprire che il suo era difettato, mi è parso un riuscitissimo capovolgimento del classico “arco di allenamento” da shonen manga. Quegli arc in cui il protagonista sgravo di turno si allena, e impara in 10 minuti attacchi mortali che richiederebbero di 10 anni di fatiche.
IMHO, la parte di addestramento di Attack on Titan ci sta. Ti aiuta a calarti nel contesto della storia; a capire che ogni singolo personaggio della vicenda è un povero coglione che a stento sa tenere un’arma in mano, non un eroe.
Poteva essere narrata meglio? Indubbiamente. Però non inizierei direttamente con la battaglia di Trost, proprio no.
Il come la narrerei io, al momento è un grande boh. Ma ci penserò u.u
Cio’ che distingue Breaking Bad e True Detective da altre serie televisive, anche molto ben realizzate come quella di Game of Thrones, e’ che oltre ad avere grandi storie e grandi personaggi sono state realizzate da persone che hanno saputo sfruttare al pieno il medium visivo: i registi e gli editor hanno saputo costruire momenti con inquadrature e montaggi che di solito si vedono soltanto al cinema. All’inizio ero scettico anch’io riguardo True Detective perché’ i polizieschi non sono molto il mio genere, ma in realtà’ l’attenzione e’ posta soprattutto sulle vite e le riflessioni dei due personaggi principali, che permettono alla serie di distinguersi da tutte le altre. Anche TD poi come AoT ha una sigla che già’ da sola e’ una piccola opera d’arte (per musica, immagini e l’atmosfera che contribuisce a creare).
Magari potessi avere del nuovo footage originale! Magari me lo può’ disegnare Talesdreamer? 😛
Ho ripristinato il commento di Spirito Giovane ingiustamente finito nello spam.
@Dago:
Sì, ma intanto quanto è stato figo il corteggiamento?
^_^
@Tales:
Sì x°D
Ecco, hai proprio toccato un’altra parte che mi ha fatto cacare.
L’idea che Eren sia il più scarso di tutti a usare la Manovra Tridimensionale mi aveva dato un po’ di speranza. Non solo rendeva il protagonista più simpatico (allora c’è qualcosa che non sa fare!), ma gli dava anche profondità: ti immagini in livello di impegno che avrebbe dovuto metterci, considerando quant’era negato nell’uso della manovra fondamentale per combattere i Titani? Aggiungeva un livello di conflitto (sia interiore che verso i compagni di squadra).
E invece – salta fuori che era colpa dell’equipaggiamento, e in realtà lui era uno dei più dotati del suo anno. Gary Stu again. What the fuck.
@Giovanni:
Ok, mi hai convinto. Guarderò ‘sto True Detective della minchia xD
Tanto poi scopre di avere i poteeeri, e la sua effettiva abilità nel combattimento passa in secondo piano… .o.
Vogliamo Jean protagonista di SnK.
*THUMBS UP*
Code Geass è una manovra commerciale studiata a tavolino, un minestrone insulso in cui è stato gettato tutto ciò che è fiqo: ci sono gli scontri di intelligenze stile Death Note, la commedia scolastica, gli intrighi sociopolitici, i robottoni… Troppi troppi ingredienti mischiati male, nel tentativo di accontentare una fetta di pubblico più ampia possibile.
Personalmente non mi ha preso nemmeno a livello di trama: aveva un buon ritmo, ma troppi buchi di trama e cagate che mi impedivano di prenderlo con serietà. L’unica cosa che mi era piaciuta davvero è il personaggio di Mao, peccato sia durato due episodi…
Breaking Bad invece è fiqo.
Mi piace molto il tuo discorso sulla continuity.
Sappi che la seconda soluzione è identica all’inizio di Game of Thrones. E funziona. Però per questa storia preferisco la prima.
@Tales:
Vero.
Code Geass secondo me funziona molto bene a livello di interplay dei personaggi. Riesce a farti sentire sulla pelle i loro drammi. E soprattutto, è bravissimo a giocare con quello che provi per loro: puoi detestare un personaggio e volergli bene due episodi dopo e puoi detestarlo di nuovo. In quel disastro che è la seconda stagione, ad esempio, il rapporto tra Lelouch e Rolo a mio avviso è spettacolare.
Su tutto il resto è un epic fail.
Ah: a me, naturalmente, piaceva C.C.
@coniglietto:
Yay!
@Tapiro:
Nella fase introduttiva di una narrazione, personalmente, tendo ad apprezzare di più le soluzioni stile “Variante 01” che hai proposto, anche se l’inizio in medias res va sempre gestito con una certa attenzione per evitare che troppi imput tutti assieme disorientino il lettore/spettatore portandolo fatalmente fuori dalla storia con tutti quei “Ehi no ‘spe, ma che cazzo sta succedendo esattamente? Quello che è? E quell’altro?”. Rischio che si corrre tanto più il contesto e/o i personaggi iniziali sono alieni alla nostra realtà di riferimento, situazione in cui coniare neologismi o impiegare una lingua fittizia può anche peggiorare il senso di confusione qualora se ne abusasse.
Sull’uso “tattico” dei flashback mi sento di condividere quanto hai scritto, anche perchè tendo a non apprezzarne l’impiego distorto per cui viene proposto un unico flashback di considerevole lunghezza proprio quando la narrazione nel presente ha raggiunto il climax, o ha magari fatto qualche importante rivelazione, al solo fine di ficcarci dentro a forza tutte le informazioni fino a quel momento non fornite che serviranno poi per comprendere la parte finale della storia.
L’uso frequente di flashback di approfondimento del background dei personaggi e dei loro rapporti richiede però una certa abilità nel renderli comunque interessanti, dato che i lettori/spettatori potrebbero preferire continuare a seguire la trama principale, magari più ricca d’azione e di colpi di scena, che sorbirsi a intervalli abbastanza regolari salti all’indietro su temi e rapporti di cui non gliene può curare di meno dato che fino a quel momento l’autore non ha fatto molto perchè se ne sentissero coinvolti. Il che sono un po’ i motivi per cui nei racconti di finzione tendo a non vedere spesso un’accoglienza particolarmente favorevole dei flashback quando inizia a profilarsene il ricorso, stile “Ecccheppalle, ancora?!?”.
[i] Code Geass secondo me funziona molto bene a livello di interplay dei personaggi. Riesce a farti sentire sulla pelle i loro drammi. [/i]
Vero.
Peccato poi per la gestione totalmente retard dell’aspetto politico e militare-strategico, aspetto quest’ultimo su cui credo che la Tenger potrebbe avere una giornata campale.
Ci sarebbe anche un chara di personaggi e mecha che grida vendetta al buon gusto, ma quello è decisamente il difetto minore dell’insieme.
Se non altro, specie la trashissima seconda stagione, Code Geass è stato un’inestimabile fonte di meme, tra Spinzaku, l’Emperocket, NinaxTable-kun, il Pizza Butt e le leggendarie mosse di scacchi di Schneizel.
Chissà se anche Aot ci darà un giorno le stesse soddisfazioni.
[i] E soprattutto, è bravissimo a giocare con quello che provi per loro: puoi detestare un personaggio e volergli bene due episodi dopo e puoi detestarlo di nuovo. [/i]
Di questa frase ho capito solo “Suzaku”.
[i] Ah: a me, naturalmente, piaceva C.C. [/i]
Naturalmente.
Queello sì. Il rapporto Suzaku/Leoluch, per quanto scontato, era ben gestito. Peccato che i personaggi si rendano artefici di enormi puttanate, e la loro idiozia alla lunga me li abbia resi tutti un po’ antipatici.
E l’Euphinator, l’Euphinator! Quello sì che fu un glorioso momento retard **
@Null:
E’ per questo che i flashback, quando utili, dovrebbero essere inseriti non durante i cliffhanger ma, al contrario, nei momenti di stanca.
La scena epica è finita, io spettatore ho avuto il mio payoff, mi rilasso, sono soddisfatto e ricettivo a nuovi stimoli. Nella timeline presente non succederà nulla di significativo per un poco. E’ questo il punto in cui è meglio inserire il flashback, perché lo spettatore non nutre aspettative immediate verso la trama principale ed è ricettivo a nuovi stimoli. Ovviamente, per essere interessante un flashback non dovrebbe suonare gratuito, ma essere tematicamente collegato a eventi appena accaduti nella timeline principale (il concetto di hook).
Credo che non l’abbia visto, e per il suo bene sarebbe meglio continuasse a essere così x°D
^_^
@Tales:
Come dimenticarlo.
Il punto più retard mai toccato dall’intero anime, una puttanata grottesca di fronte a cui non sai se ridere o prenderla sul serio, il peggior modo immaginabile per risolvere un nodo di trama.
Da solo, purtroppo, quell’episodio ha minato irreversibilmente la credibilità di tutta la storia.
Ok, mi avete convinto. Guardero’ sto Code Geass della minchia.
L’unico modo di fare infodump è la sexesposition, la HBO insegna (infatti pensavo che Mikasa fosse li per quello O_o).
AoT secondo me funziona male perchè ha questo desiderio logorroico di spiegare ogni minima cosa, funzionerebbe molto meglio senza tutte le blaterate (e durerebbe 6-7 ep in meno).
Mentre quoto il fatto che il tempo è poco e una serie deve essere bella subito, visto che si cita BB io ho visto le prime 2 stagioni e non mi hanno convinto anche se i miei amici mi dicono “dalla terza diventa una figata!”, ho capito ma intanto ho buttato via 2 anni -.-“
Breaking Bad man mano che procede diventa sempre più cupo e perde quella vena di commedia che si sente nelle prime stagioni. Comunque le prime due non le definirei affatto deboli, se non ti sono piaciute non credo il resto della serie ti risulti più interessante (ma almeno all’episodio Tortuga ci sei arrivato?).
@Nicholas:
Temo di no.
Mikasa può piacere, ma non è assolutamente mai trattata come un oggetto sessuale. Nell’economia dell’anime questa è una cosa assolutamente positiva: data la serietà della sua professione (per non parlare della freddezza del suo carattere) e del sentimento di angoscia che permea l’ambientazione, sarebbe stato un elemento stonato.
Soprattutto, è da apprezzare l’assenza di fanservice.
@Giovanni:
x°DDD
Apprezzo la citazione, ma non te l’abbiamo esattamente consigliato… declino ogni responsabilità!
@tapiro lo so lo so, facevo sharkasm, Mikasa tra l’altro ha tutto tranne che i tratti da fan service.
Detto questo Eren è un cretino, e anche Armin, Mikasa almeno qualcosa combina.
@giovanni non è che non mi sia piaciuto è che l’ho trovato di una lentezza esasperante, rimane cmq una serie bellina (un po’ come true detective) ma che non mi ha fatto dire “scarico subito tutto e mi faccio la maratona notturna”, cmq un giorno la riprenderò più per pressione sociale che per altro (poi magari dalla 3° diventa figa davvero pure per me).
Va anche considerato il contesto culturale. Per i manga e anime è molto più naturale avere degli inizi tranquilli e sottotono che coincidano con l’inizio cronologico della storia del protagonista. L’inizio in medias res è tipico della letteratura occidentale, non loro. Forse perché noi pubblicavamo i romanzi a puntate mentre loro erano ancora impantanati nel feudalesimo. Va poi contato che manga e anime sono prodotti diversi. Buona parte degli anime può sfruttare un credito di fiducia che arriva dai manga, e a un manga puoi comunque dare una sfogliata veloce in negozio e avere già un’idea complessiva di ciò che riserva la storia. Cosa che con i libri non puoi, ovviamente.