Moon e la solitudine

EarthrisePrima dell’atterraggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin, la Luna era il luogo del mistero. Visibile da ogni punto della Terra, e apparentemente così vicina, poteva nascondere qualsiasi cosa. Questo senso di inquietudine, l’abbiamo visto, è ben rappresentato da Rogue Moon, pubblicato nove anni prima della missione dell’Apollo 11: nell’universo narrativo di Budrys, i primi uomini arrivano sulla Luna non con un razzo, ma con una sorta di teletrasporto che radiotrasmette il corpo del viaggiatore sul satellite, e lì trovano ad aspettarli qualcosa di incomprensibile e letale. 2001: Odissea nello spazio è uscito nel cinema nel 1968, un anno prima, e ancora era plausibile immaginare di trovare un monolite alieno in una conca. Ma dopo la conquista, la Luna non è altro che un altro sasso vuoto nello spazio. Non è più una buona location per un mystery fantascientifico. Che altra funzione può assolvere, allora?
Per me, la Luna è il luogo della solitudine. Come ben spiegava xkcd in uno dei suoi What If?, dev’essere una sensazione davvero strana essere fisicamente così lontani da qualsiasi proprio simile. Micheal Collins, Richard Gordon, Stuart Roosa, Alfred Worden, Kenneth Mattingly e Ronald Evans, gli astronauti che – durante le rispettive missioni Apollo – sono rimasti soli a bordo del modulo in orbita mentre i loro compagni scendevano sulla Luna, si trovavano, nel punto più lontano della loro orbita, a 3.585 km dall’essere umano più vicino, e a  384.400 km circa dalla massa dei loro simili. Solitudine completa.

Ma non sono molte le storie che si focalizzino su questo aspetto del nostro satellite. Heinlein in The Moon is a Harsh Mistress, o Clarke in A Fall of Moondust o Earthlight, mostrano tutti una Luna già ‘addomesticata’ – una terra di frontiera, certo, ma già a misura d’uomo.
Capirete quindi la mia felicità quando mi sono imbattuto in Moon, il film d’esordio del figlio di David Bowie.

Moon
MoonRegista: Duncan Jones
Genere: Science Fiction / Psicologico

Durata: 97 minuti
Anno: 2007

Sam Bell vive sulla Luna da tre anni. Lavora per la Lunar Industries, la compagnia che ha il monopolio delle estrazioni di elio-3 dal suolo lunare, come supervisore della base mineraria. Ma la base è completamente automatizzata, e Sam vive da solo: non ci sono altri esseri umani oltre a lui sulla Luna. La sua unica compagnia sono GERTY, la gioviale intelligenza artificiale della base, e le sporadiche comunicazioni video che ha con la moglie Tess, rimasta a casa con la figlioletta piccola. Ma Sam ora è felice, perché i tre anni del contratto sono quasi terminati, e tra pochi giorni potrà tornare a casa.
Proprio ora che manca così poco al suo congedo, però, alla base cominciano ad accadere strani incidenti. Le comunicazioni in diretta con la Terra smettono di funzionare. Sam comincia ad avere allucinazioni di una ragazza che si stende accanto a lui. E ha come l’impressione che i suoi superiori sulla Terra gli stiano nascondendo qualcosa. Un incidente col rover, fuori dalla base, precipiterà la situazione. Sta veramente impazzendo? La solitudine gli sta dando alla testa? Oppure c’è davvero qualcosa che non va sulla Luna…?

Parlando del periodo trascorso da solo nel modulo in orbita durante la missione Apollo 15, mentre Scott e Irwin spendevano tre giorni consecutivi sulla Luna, Worden disse:

There’s a thing about being alone and there’s a thing about being lonely, and they’re two different things. I was alone but I was not lonely. My background was as a fighter pilot in the air force, then as a test pilot–and that was mostly in fighter airplanes–so I was very used to being by myself. I thoroughly enjoyed it. I didn’t have to talk to Dave and Jim any more … On the backside of the Moon, I didn’t even have to talk to Houston and that was the best part of the flight.

Ma Worden era parte di una delle più grandiose missioni del genere umano. Aveva su di sé i riflettori dell’opinione pubblica, e le aspettative e la stima dei suoi colleghi. Pur essendo fisicamente da solo, sapeva che molti stavano pensando a lui; e al termine della missione, sapeva che sarebbe di nuovo stato immerso nella gente. In questo senso, era solo ma non si sentiva solo.
Ora prendiamo però un tecnico, un uomo qualsiasi di cui a quasi nessuno importa molto, e mettiamolo a supervisionare una base lunare per tre anni, lontano non solo dagli occhi, ma per la maggior parte del tempo anche dalla mente di chiunque. Cosa proverà? In che modo lo cambierà l’esperienza? Questa è la storia che viene raccontata in Moon.

Full Moon Michael Light

La fotografia viene dall’album Full Moon di Michael Light, citato espressamente da Jones come una delle sue ispirazioni.

I risultati migliori, in termini di coinvolgimento emotivo, si hanno sempre quando il tema di una storia è perfettamente rispecchiato dallo stile narrativo con cui è raccontata. Questo è esattamente ciò che accade in Moon. Se dovessi scegliere un aggettivo con cui definirlo, sarebbe: minimalista. Il cast del film comprende – a parte alcune comparse – un solo attore, Sam Rockwell, e due soli personaggi: Sam Bell e l’IA GERTY. L’intera pellicola si svolge all’interno della piccola base della Lunar Industries e nel perimetro immediatamente circostante. Anche noi quindi, con il protagonista, finiamo per sentirci soli. Soli e abbandonati a noi stessi, mentre strani episodi si moltiplicano attorno a noi e sentiamo che l’universo sta diventando incomprensibile.
E’ difficile parlare di Moon senza scadere negli spoiler, data la semplicità della trama, per cui sarò breve. Duncan Jones riprende tutta una serie di cliché del film di fantascienza – le corporation infide, le IA, la clonazione, e via dicendo – ma le shakera a sufficienza da evitare di essere prevedibile. Rockwell impersona magnificamente un uomo che si sta lentamente deteriorando, nel corpo e nello spirito, dopo un isolamento così prolungato, e sentiamo sulla nostra pelle il senso di alienazione, nevrosi e infine paranoia del personaggio. Soprattutto, Moon ci lascia per buona parte del film  con l’atroce dubbio: è tutto nella testa di Bell, o sta succedendo qualcosa?

Moon non è un film rivoluzionario; non mi ha lasciato molto, a fine visione, a livello di idee. Non troverete del vero sense of wonder. Quello che riesce ad essere, invece, è un film d’atmosfera – e che atmosfera. E’ una di quelle pellicole che ti cattura e ti immerge nel suo mondo in pochi minuti, e riesci a seguirlo senza problemi fino alla fine dimenticandoti della realtà esterna. Dimostrazione ne è il fatto che, dopo averlo visto accidentalmente una sera mentre facevo zapping, l’ho riguardato altre due volte con gente diversa nello spazio di un anno, e non mi spiacerebbe rivederlo una quarta volta. Non ci sono molti film che lasciano questa voglia. E poi ci sono i piccoli tocchi di classe: come il fatto che GERTY comunichi con Sam con un display che fa le faccine. Le faccine! Tipo MSN! Non è tenero?
Soprattutto, Moon riproduce l’idea della Luna come stato mentale – solitudine, alienazione, luci artificiali, buio, freddo – senza smettere per un secondo di essere scientificamente onesto. Parlarne mi è sembrato un buon modo, quindi, per chiudere questa piccola serie di articoli dedicati al nostro satellite.

Gerty Moon

La tenera faccina di GERTY.

And now, for something completely different: The Iron Dragon’s Mother?
Chiudo l’articolo con una rivelazione arrivata proprio in questi giorni su Flogging Babel, il blog di Michael Swanwick. Mentre Chasing the Phoenix, il secondo romanzo lungo della saga dei trickster Darger e Surplus (nonché seguito di Dancing with Bears,uscito in Italia come Gli dei di Mosca), si prepara a uscire nell’ultimo quadrimestre del 2014 per Tor Books, il buon Swanwick si è messo al lavoro su un nuovo progetto su cui meditava da tempo. Il libro in questione altro non è che il terzo e ultimo capitolo della cosiddetta, e non intenzionale, “trilogia dei draghi”, iniziata con The Iron Dragon’s Daughter e proseguita con The Dragons of Babel. Gamberetta sarà felice.
Potete leggere qui l’articolo integrale. Nel frattempo, vi riporto il passaggio più interessante:

In The Iron Dragon’s Daughter, Jane Alderberry’s essential problem is that she’s trapped in a world where she doesn’t belong.  No matter what she tries, she cannot find a place for herself.   In what became The Dragons of Babel, however, Will le Fey does belong in his world and his task is to find a proper role for him to fill.  This novel too was written as a stand-alone.  But by merely existing, the first novel created a dialogue with the second.  In many ways, the two novels were the opposites of each other.

So now I had Thesis and Antithesis.  Synthesis — the final volume of a (cough!) trilogy — hung over the entire enterprise like a third shoe waiting to drop.  But I had no ideas for such a volume.  None at all.

More years passed.  At last, an idea came to me, a way of opening up the rich, self-contradictory world of Faerie in a direction orthogonal to the other two, one which raised the possibility of answering all the questions raised by the first two books, and achieving other goals as well.  So I began writing.  This one is going to be a stand-alone novel as well.  But it’s inevitable that readers are going to think of it as the last third of a trilogy.

Now all that’s needed is lots and lots of hard work. And a new title. I’m thinking of calling this book The Iron Dragon’s Mother. But maybe that would confuse readers? I don’t know.

The Dragons of Babel è uno dei miei romanzi di Swanwick preferiti – no, a essere onesti è uno dei miei romanzi preferiti, punto. Per quanto, come saprete, non ami trilogie e saghe, sono quindi abbastanza curioso di vedere cosa riuscirà a combinare il vecchio geek di Philadelphia, e se la nuova opera sarà all’altezza delle precedenti. Forse troveranno persino risposta tutte le domande metafisiche lasciate in sospeso da The Iron Dragon’s Daughter – anche se questo non riabiliterebbe il pessimo finale del romanzo.
Conoscendo i tempi lunghi di Swanwick, il nuovo capitolo richiederà probabilmente alcuni anni di lavoro. Dovremo avere pazienza. Nel frattempo, vedrò di buttarmi a pesce su Chasing the Phoenix appena esce. Sono proprio curioso di vedere i nostri due eroi post-utopici che conquistano la Cina senza volerlo.

This is Cat

 

17 risposte a “Moon e la solitudine

  1. Credo che Gravity abbia eclissato tutti gli altri film che abbiano parlato di solitudine assordante nell spazio profondo. A parte il capostipite 2001 Odissea nello Spazio, ovvio. Proverò a dare comunque un’occhiata a Moon. A proposito di Luna, ti è mai capitato di guardare l’anime Planetes? Un’intera colonia lunare con tanto di bassifondi ed economia basata sull’estrazione dell’Elio-3. Più o meno il piano per l’espansione verso lo spazio prospettato dal primo governo Bush. Peccato che, nella realtà, si siano resi conto che non vale la pena colonizzare la Luna solo per l’Elio-3

  2. @Chris
    Planetes è bellissimo *-* per i tempi, le atmosfere, il contrasto tra calore umano e freddo dello spazio, il modo in cui sono trattate le ideologie politiche e messe a confronto con i drammi personali… Lo consiglio anche io, a tutti, è un’opera hard sci-fi che riesce ad essere più spesso poetica e che tecnica!

    @Tapiro
    Nuu finito con la Luna? E io che speravo in una bonus track su Iron Sky xD

  3. @Chris&Alb:

    Credo che Gravity abbia eclissato tutti gli altri film che abbiano parlato di solitudine assordante nell spazio profondo.

    Meh.
    Gravity è molto bello dal punto di vista tecnico, la regia mi ha colpito molto; ma a livello di sceneggiatura è piuttosto debole. I personaggi sono scialbi e le loro risoluzioni interiori già viste venti volte. Non è un film che consiglierei per lo storytelling.
    Peraltro, Gravity non è un film sulla solitudine. E’ un film sulla capacità di superare da soli sfide incredibili, sul ritrovare l’autostima e sul contare sulle proprie forze. Ma solitudine? Sandra Bullock passa da sola quanto, ventiquattr’ore?, prima di scendere sulla terra. Non anni. Il suo rimanere da sola è causato da un incidente, non è una condizione di vita sancita da un contratto. Ed è un’astronauta affermata al centro delle attenzioni di Houston, non un signor nessuno.
    Qui sta la differenza tra Gravity e Moon, che riguardo molto più volentieri.

    Planetes è bellissimo *-*

    Lo conosco di fama ma non l’ho mai letto…
    Visto che me ne dite così bene, vedrò di dare un’occhiata ^_^

    Nuu finito con la Luna? E io che speravo in una bonus track su Iron Sky xD

    Eh, ma Iron Sky è troppo famoso per spenderci sopra un articolo, non ne varrebbe la pena.
    Comunque ho finito con la Luna in senso stretto, ma sto lavorando a un paio di post che hanno comunque a che fare con questo filone che ho inaugurato… Vedremo.

    • @Tapiro
      Hai perfettamente ragione sul fatto della sceneggiatura debole e dei drammi personali già triti e ritriti.
      (Nonchè alcuni strafalcioni come la presa da King Kong di Sandra Bullock ai vari maniglioni, il fatto che tutte le navi stazioni siano a portata di vista l’una dell’altra e che lo sciame di detriti sembri fare zig-zag con le quote ma soprattutto la necessità che Clooney si sganci quando ormai il moto doveva essersi esaurito, ma va beh)
      Però va ammesso che una sostanziosa parte dell’emozione e dell’ansia comunicata dal film è l’impossibilità per la Bullock di chiedere e avere aiuto. Solitudine di fronte alla necessità impellente. Certo, quella di cui parli tu è la solitudine logorante e claustrofobica, l’assenza di stimoli che fa appassire l’animo umano, o lo porta ad avere contatti con il mistico. Però l’angoscia per la solitudine l’ho sentita in Gravity.

      @Alb&Tapiro
      Consiglio di nuovo Planetes, passa diretto all’anime, che è stato trasmesso da Rai 4 e quindi è pure doppiato. Livello di animazione alto. Siamo dentro l’Hard Sci-Fi. Ma proprio hard (colonia lunare a parte). Le navi spaziali non fanno rumore, non ci sono magici simulatori di gravità e gli astronauti muoiono giovani per l’esposizione alle radiazioni dello spazio aperto. Ritmo della trama lento, ma davvero bello.

  4. @Tapiro

    Lo conosco di fama ma non l’ho mai letto…

    Neanche io l’ho letto, ho visto l’anime :3 che è stato anche doppiato molto bene in italiano.

    Eh, ma Iron Sky è troppo famoso per spenderci sopra un articolo, non ne varrebbe la pena.

    Sarà il mio gusto del trash che mi fa sentire il bisogno di leggere la recensione di una cagata alla fine di questa parentesi lunare così seria ahah

  5. Ma The Dragon of Babel è stato tradotto che voi sappiate?

  6. @Chrisfiume:

    Le navi spaziali non fanno rumore, non ci sono magici simulatori di gravità e gli astronauti muoiono giovani per l’esposizione alle radiazioni dello spazio aperto. Ritmo della trama lento, ma davvero bello.

    Tutta roba buona.
    Grazie delle info!

    @Nicholas:

    Sì, ma l’unica traduzione esistente al momento è quella di Urania.
    I Draghi di Babele è stato pubblicato insieme a La Figlia del Drago di Ferro (Cuore d’Acciaio) nell’omnibus di Urania Millemondi I Draghi del Ferro e dei Fuoco (tanto per cambiare: solita tristezza del titolo che tenta di imitare le Cronache di Martin). Ecco l’edizione in tutto il suo splendore.

    • Ah, se non mi fossi espresso bene, volevo specificare che la colonia lunare è un errore nel senso che il piano di costruire una colonia lunare è stato ormai cestinato oggi, ma non quando l’autore ha scritto il manga. Per il resto, nel suo interno, è perfettamente coerente e funzionante.
      Figurarsi che si sono preoccupati di ideare un ariete meccanico che non funziona con il solito sistema “a pendolo” (la bassa gravità lunare non darebbe abbastanza moto al momento angolare) ma che scaglia il maglio sferico con una fionda magnetica. Ti rendi conto che attenzione ai dettagli?

  7. a me che il titolo riprenda Martin interessa poco, pero’ sapete se ne “I Draghi del Ferro e Del Fuoco” i due romanzi (e in particolare “I Draghi di Babele” che’ il primo ce l’ho anche in inglese) sono in versione integrale o sono intervenuti i famigerati tagli Urania?

  8. Ho visto Moon spinto da questo consiglio.
    L’idea è buona ma ho trovato dei “perchè è fantasy” abbastanza irritanti.
    Cmq la macchina che fa le faccine vince su tutto 😀

  9. Il film sembra molto interessante!
    The Iron Dragon’s Daughter a me non è piaciuto, sorry. Invece non vedo l’ora di leggere Chasing the Phoenix!

  10. @chrisfiume:

    Ti rendi conto che attenzione ai dettagli?

    Tutti punti a favore.

    @Finnrod:

    sapete se ne “I Draghi del Ferro e Del Fuoco” i due romanzi (e in particolare “I Draghi di Babele” che’ il primo ce l’ho anche in inglese) sono in versione integrale o sono intervenuti i famigerati tagli Urania?

    Personalmente non saprei, non avendo letto quell’edizione. Ma all’epoca su Gamberi Fantasy si era toccato anche questo argomento e pareva di no, ossia che non erano stati fatti tagli. Ti consiglio comunque di andare a cercare quella conversazione.

    @Nicholas:

    L’idea è buona ma ho trovato dei “perchè è fantasy” abbastanza irritanti.

    Tipo?

    • @Tapiro
      Eccomi qua, tornato pure io 😀

      BIG SPOILER

      tutta la storia dei cloni, che è il motore portante, è abbastanza non-sense.
      Che motiva c’è di usare dei cloni?
      Potrebbe avere senso se fosse complicato portare gente su e giù dalla terra ma non è così: l’ultimo clone se ne va tranquillamente, inoltre arrivano sulla luna quelli della “squadra di recupero”.
      Quindi creare cloni è un po’ un nonsense o meglio, se puoi creare cloni così tranquillamente sarebbe quello il core business dell’azienda altro che l’elio 3 🙂

      poi ci sono un po’ di cose messe li un po’ a caso che mi hanno fatto storcere il naso:
      1) i jamming: che senso hanno? vuoi disturbare le comunicazioni?
      Ci sta, ma puoi farlo a livello di satellite, puoi farlo a livello di ricezione o di invio dalla terra, che senso ha montare dei cosoni enormi, fragili, che richiedono energia e manutenzione quando di bastano due righe di codice sul sistema del satellite?
      2) viaggio nello spazio di ritorno: srsly? Morte termica in due ore dopo la partenza se davvero sei fortunato.

      FINE SPOILER

      cmq il film non mi è spiaciuto però ho apprezzato moltissimo la parte della solitudine e molto poco come hanno forzato la storia dopo.
      In ogni caso le faccine vincono tutto.

  11. Tapiro ci manchi

    Non dire così; sono tornato ^_^
    Spero di riuscire a essere più presente nelle prossime settimane…

  12. Che motiva c’è di usare dei cloni?
    Potrebbe avere senso se fosse complicato portare gente su e giù dalla terra ma non è così: l’ultimo clone se ne va tranquillamente, inoltre arrivano sulla luna quelli della “squadra di recupero”.

    La ragione dell’uso dei cloni dovrebbe consistere – ma vado a memoria – nel risparmiare sui costi di manodopera. Benché la persona da sostituire sia una sola, ci viene fatto capire che – date le condizioni estreme della posizione lavorativa – il tipo viene pagato parecchio.
    Al contrario un clone (inconsapevole, tra l’altro, di essere un clone) non ha un contratto, ergo non costa nulla in termini di stipendio. A costare sarà la manutenzione dei cloni, ma immagino (secondo la logica dell’ambientazione) che questa sia sensibilmente più bassa.

    Certo, sto cercando di spiegare razionalmente la cosa, ma non voglio dire che sia una trovata geniale. Considerati i rischi legali a cui la compagnia si espone facendo una cosa tanto crudele (e che alla fine infatti pagherà), non si capisce perché la supervisione della base non sia stata affidata esclusivamente a dei robot. Considerando che comunque la compagnia ha del personale in orbita (il team che nel film ha il compito di sopprimere il clone), in grado di fare dei check periodici alla base, probabilmente era la soluzione più sensata.
    Ma senza una Evil Company che usa gli esseri umani come oggetti, probabilmente sarebbe venuto meno il motivo di conflitto della pellicola. E fare un film esclusivamente su un uomo solo e infelice, che non viene gabbato da nessuno, probabilmente non era stato giudicato sufficientemente interessante. Peccato.

    i jamming: che senso hanno? vuoi disturbare le comunicazioni?
    Ci sta, ma puoi farlo a livello di satellite, puoi farlo a livello di ricezione o di invio dalla terra, che senso ha montare dei cosoni enormi, fragili, che richiedono energia e manutenzione quando di bastano due righe di codice sul sistema del satellite?

    Che è l’unico modo in cui il protagonista avrebbe potuto scoprirli e distruggerli 😛
    Sì, esatto, metaplot. In altre parole: hai ragione.

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