Vincenzo Natali è un tizio che spunta a intervalli di anni nella mia vita. Regista canadese con nome italiano (tanto per cambiare), Natali è un regista di nicchia specializzato in fantascienza, ma che in realtà si muove anche nel territorio più ampio del fantasy surreale e dell’horror.
Scoprii la sua esistenza, come molti di voi, quando guardai l’inquietante Cube, il suo primo lungometraggio. Lo riscoprii quando un amico mi regalò per Natale (lol) il dvd del film Cypher – visivamente bello, ma povero nei contenuti. E infatti la sceneggiatura non l’aveva scritta Natali. Il terzo incontro con il regista avvenne nella lettura di questo articolo del 2010, in cui Natali dichiarava l’intenzione di girare degli adattamenti di Neuromancer di Gibson e High Rise di Ballard. A quest’ultimo progetto, peraltro, avevo già accennato lo scorso dicembre nel Consiglio del Lunedì su High Rise.
Mentre il progetto di adattare High Rise sembra ancora in alto mare – e, sempre che si faccia davvero, non mi aspetto che esca prima di due-tre anni da adesso – Neuromancer va avanti, e pare che le riprese siano cominciate nel corso del 2012. Il film potrebbe uscire l’anno prossimo. Proprio queste ultime notizie mi convinsero a dare un’occhiata alla filmografia di Natali. Neuromancer e High Rise sono due romanzi che mi piacciono molto: volevo assicurarmi che Natali avesse le capacità per fare qualcosa di decente e non rovinare la loro prima trasposizione sul grande schermo.
Ho visto (o rivisto) tre film diretti e sceneggiati da Natali; tre film che mi potessero suggerire come lavorerà sui suoi prossimi progetti. Qui di seguito le mie impressioni. Ovviamente sarò breve e più superficiale del solito, non sto scrivendo delle recensioni – voglio solo dare un’idea e poi tirare le somme.
Cube
Genere: Horror / Science Ficion
Anno: 1997
Cube lo conoscono quasi tutti; per i pochi sfortunati, ecco la trama. Sei individui – un poliziotto, un criminale maestro della fuga, una studentessa di matematica, un medico, un impiegato e un ritardato – si risvegliano, senza alcuna idea del perché, all’interno di stanze cubiche variamente colorate. Le stanze comunicano le une con le altre, in un labirinto cubico che si sviluppa in tutte le direzioni. Ma il cubo è pieno di trappole mortali: se non si sta molto attenti si rischia di finire tagliati a cubetti da rasoi attivata da un pannello a pressione, o sciolti da una pioggia d’acido. I nostri eroi si alleeranno nel tentativo di uscire dal cubo e capire cosa sia loro successo, ma il terrore della morte e i reciproci sospetti li faranno diventare i peggiori nemici di sé stessi…
Vidi questo film nello stesso periodo in cui al cinema si accumulavano horror dal titolo minimale, come The Ring, The Eye o The Grudge. Ma ci si accorgeva subito che Cube era diverso. Parte del fascino deriva sicuramente dalla semplicità quasi metafisica del cubo, dal minimalismo delle premesse e dal mistero e dalla pericolosità che aleggia su tutto. Volendo dare qualche coordinata, sembra Kafka che incontra Borges che incontrano il gore (anche se di violenza esplicita nel film non ce n’è poi molta).
Parte deriva invece dalla gestione dei personaggi: l’estremo stress della situazione finisce, sul lungo periodo, col mettere a nudo i lati peggiori dei personaggi, anche dei più innocui (almeno – quelli che vivono abbastanza a lungo da mostrare questi lati peggiori). Per quanto riguarda il protagonista c’è una vera e propria inversione di ruoli, il che è piuttosto inusuale nella narrativa di genere a cui siamo abituati.
Insomma: trama e sceneggiatura di Cube sono veramente esili, ma il film è così avvincente e immersivo che non ce ne rendiamo conto.
Nothing
Genere: Fantasy / Commedia
Anno: 2003
Andrew e Dave sono inseparabili. Sono diventati amici per necessità: Andrew è un individuo nevrotico con un tale terrore del mondo esterno da non avere il coraggio di uscire di casa, mentre Dave è semplicemente uno sfigato, sempre a corto di soldi, disprezzato e usato dai suoi colleghi al lavoro. Finora sono sempre riusciti a far fronte alle angherie del mondo esterno sostenendosi a vicenda, ma la situazione diventa ogni giorno più insostenibile. Proprio quando sembra che non ci sia più via di fuga, il mondo diventa improvvisamente silenzioso e vuoto: nulla, al di fuori della loro casa, sembra più esistere. E’ stato cancellato tutto. Cos’è successo? Dove sono finiti? Sono stati loro a farlo? E se davvero hanno un dono, sapranno farne buon uso?
Con Nothing, Natali riprende lo stile minimalista di Cube – invece che gente gettata in un cubo misterioso, abbiamo la misteriosa sparizione del mondo intero – ma li declina in commedia anziché in tragedia. In questo film si incontrano il fiabesco (la casa di Andrew, sola in mezzo a un dedalo di cavalcavia, sembra uscita dal libro dei fratelli Grimm), il surreale, e una genuina vena retard. E anche questa volta, l’ambiente sovrannaturale e inspiegabile diventa il palcoscenico per mettere in scena i lati oscuri dell’anima umana e dell’amicizia – ora che Andrew e Dave non hanno più bisogno l’uno dell’altro perché il mondo kattivo non c’è più, i nodi cominciano a venire al pettine.
Ma Nothing non funziona bene come Cube. Il film è girato a basso budget e si vede, ma non è questo il problema. Le premesse sono altrettanto esili che in Cube, ma non sono così avvincenti, né in grado di sostenere da sole un intero film. Natali si balocca con l’idea del mondo sparito e del potere dei due amici di cancellare cose a loro scelta, ma non va molto lontano; la storia gira sugli stessi due o tre concetti per tutto il film, senza regalare nulla di davvero sorprendente o inaspettato dopo lo shock iniziale. La parte più divertente infatti è prima che il mondo scompaia, quando Natali accumula disgrazie sui due protagonisti in un climax grottesco e demenziale.
Si potevano fare un sacco di cose con le premesse di Nothing, ma Natali combina poco. Il film quindi è carino e originale, ma nulla di davvero imperdibile.
Splice
Genere: Science Fiction / Horror
Anno: 2006
Clive ed Elsa sono un’affiatata coppia di ingegneri genetici specializzati nello splicing dell’RNA. Finanziati da un’impresa farmaceutica, lavorano alla creazione di ibridi animali per scopo medico. Dopo aver dato vita a una coppia di animaletti sintetici, vorrebbero passare allo step successivo e ibridare l’RNA sintetico con il genoma umano, ma l’impresa farmaceutica blocca la loro iniziativa, temendo ripercussioni. Elsa – una tipa vagamente nevrotica – spinge il compagno a continuare le ricerche in privato, ma l’esperimento sfugge loro di mano e finisce col dare alla luce un’ibrido umano-animale dal metabolismo accelerato. Ed ecco il problema: cosa fare di lei? Sopprimerla o nasconderla da qualche parte? Considerarla come una cavia da laboratorio, o trattarla da essere umano? Ma come farà Dren – così viene ribattezzata – ad integrarsi nella nostra società?
Di nuovo, siamo in presenza di un film che parte da premesse fike – manipolazione genetica! Esseri umani creati in provetta! L’etica scientifica! – ma che non sa che direzione prendere. Un po’ horror, un po’ dramma psicologico, un po’ pillolone esistenziale con sottofondo moralista, Splice è un film che tenta di fare dieci cose diverse e non gliene riesce una. Il succo della storia è la solita trita retorica sul pericolo di utilizzare la scienza in modo indiscriminato, e sul fatto che allevare una creatura nel modo sbagliato creerà in essa (o in lei) dei disturbi psichici. A questo aggiungiamo un finale “horror con mostri” davvero ridicolo, e che col resto del film ci sta come i cavoli a merenda.
Non è tutto da buttare. La fisica degli ibridi – dalle craturine vermose e luminescenti dell’inizio alla stessa Dren – è una gioia per gli occhi. Gli ibridi Ginger e Fred, in particolare, hanno quell’apparenza appiccicosa, viscosa, che ricorda Videodrome ed ExistenZ di Cronenberg (film mediocri, soprattutto il secondo, ma esteticamente suggestivi). Mi piace anche l’ambiente nerdoso e informale in cui si muovono i due protagonisti, che sembra verosimile senza essere pretenzioso. Ancora, mi piace il rapporto malsano tra i due scienziati e dei due con la piccola Dren: su una cosa Natali è sicuramente in gamba, ossia nella gestione della psicologia dei personaggi.
Ma tutti questi pregi isolati crollano sotto i colpi di una storia che non tiene. Se le mie parole vi hanno incuriosito guardate comunque questo Splice, ma non aspettatevi niente di geniale.
In conclusione: MEH, TENDENTE AL NO
Dove si trovano?
Cube e Splice sono facili da trovare doppiati in italiano sul Mulo. Discorso diverso per Nothing, per il quale dovrete faticare di più.
L’unica edizione italiana che sono riuscito a trovare sul Mulo, infatti, era stata “doppiata” (se così possiamo dire) amatorialmente da un paio di mentecatti, con risultati deprimenti. L’unica soluzione dignitosa è scaricarsi l’edizione originale e i sottotitoli a parte.
A questo indirizzo potrete trovare il torrent di Nothing; a quest’altro i relativi softsub. I sottotitoli che vi interessano (cioè quelli perfettamente sincronizzati col film del torrent) sono i primi della lista, con nome: Nothing.2003.DVDRip.XviD-TML. Ringrazio Siobhàn che si era fatta ai tempi lo sbatti per trovare i sottotitoli, e se l’è rifatto l’altro giorno per ritrovarli.

Splicing. Nella realtà non è così divertente, eh?
Come se la caverà Natali
Dopo la visione di questi film, che idea mi sono fatto di Vincenzo Natali?
Di sicuro, non è un genio. Non è un regista del fantastico e del surreale del calibro di Terry Gilliam, David Cronenberg o del miglior David Lynch1. L’impressione più forte, è che Natali abbia spesso buone idee di partenza, ma non sia molto bravo a svilupparle né a costruirci attorno una storia complessa. Quando le premesse sono interessanti e autosufficienti, allora il film è bello; altrimenti Natali cincischia, e se va proprio male la storia collassa su sé stessa. Ma si tratta comunque di un regista in gamba, e fortunatamente sia con Neuromancer che con High Rise si troverà ad avere un’impalcatura di base su cui costruire il film – non dovrà inventare niente.
Ancora, Natali sembra un regista capace di prendersi il suo tempo per capire l’opera su cui dovrà lavorare, e che preferisce la libertà del cinema indipendente alle restrizioni di Hollywood. Come dice in questo articolo parlando di Neuromancer:
E’ assolutamente un film commerciale, e ognuno si sta comportando a riguardo come per un film che potenzialmente potrebbe essere un successo, ma se l’avessimo realizzato con una grossa major mi sarei dovuto preoccupare di avere imposti dei limiti. Se invece possiamo racimolare indipendentemente 60 milioni di dollari, allora lavorerò in totale libertà, e questo è eccitante…
Neuromancer si presterebbe benissimo, infatti, a diventare il solito film d’azione hacker&criminalità – formula che negli ultimi cinque o sei anni ha rovinato una decina e passa di film di fantascienza potenzialmente interessanti.
Natali sembra invece intenzionato a mantenere lo spirito originario dell’opera. Questo confronto / presa di distanza da Matrix mi fa ben sperare:
Neuromancer is about evolving our minds, and how we’re going to merge and interact with machine consciousnesses in the future. Which I also think is inevitable, and I don’t think The Matrix begins or even attempts to go into that territory. In fact The Matrix, in some respects is like a Philip K. Dick book, it’s really about what is real. And Neuromancer flirts with that, but I think it’s more about our evolution. It’s also tonally much more realistic. The Matrix which I really liked, is a movie that’s very much based in comic-book reality, and kind of relishes in it. Whereas my approach to Neuromancer would be to treat it quite realistically.
Ultima nota positiva, la benedizione dello stesso Gibson – che stando all’articolo di cui sopra avrebbe detto della sceneggiatura di Natali “uno dei migliori adattamenti mai letti”.
Insomma, Neuromancer ha le carte per essere bello come Cube o bruttino come Splice. Be’, dai. Poteva andare peggio. Potevano darlo a John Woo.
Nel frattempo, dice il The Guardian che Joe Cornish – il regista che ha esordito con lo strambo Attack the Block, recensito qui da Mr. Giobblin – adatterà per il grande schermo Snow Crash, il primo romanzo cyberpunk di Neal Stephenson (o post-cyberpunk, come dice lui).
Cosa sta succedendo? Siamo alle porte di un revival del cyberpunk? OMFG.
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(1) Per intenderci, quello di Eraserhead, DumbLand o Mulholland Drive. Non il Lynch di Inland Empire, ormai ubriaco della sua stessa fama e rincoglionito da anni di “meditazione trascendentale” – il Lynch convinto che l’ermetismo estremo e l’assenza di trama siano il vero marchio del cinema d’autore.Torna su
Per l’adattamento di Snow Crash ho buone speranze. Sarà un ottimo campo di prova per Cornish, sperando che AtB non sia stato solo un colpo di fortuna.
In quanto a Natali, concordo con te. (Incredible! :D) “The Cube” è un gioiellino: tutti lo conoscono, ma stranamente sono in pochi ad averlo visto, e l’impressione generale è che sia un clone di “The Grudge” o “The Ring” (chissà perchè, poi). Adoro l’evoluzione dei personaggi, decisamente inaspettata. Un bel pugno nello stomaco.
“Nothing” ha un’idea di fondo molto stimolante, ma viene tirata un pò troppo per le lunghe. Sarebbe stato più indicato un cortometraggio. “Splice” è stata una parziale delusione, ma si nota comunque la mano del regista nel tratteggiare i protagonisti e le loro azioni. Il resto è un pò fiacco.
Tuttavia, un “Neuromante” che eviti la classica strada dell’action/hacker, con personaggi fatti bene bene, non sarebbe una cattiva idea. Continuo a tifare per Natali 🙂
Sono proprio curioso di vedere cosa combinerà Natali con il suo adattamento. Mentre leggevo Neuromante ho infatti avuto l’impressione che si trattasse di un testo più adatto al cinema che alla parola scritta. Resta però il problema che la tecnologia lì descritta è ormai datata. Quasi quasi se fossi in lui invece di seguire la moda contemporanea di presentare il futuro con un design “alla Apple” (vedi: Wall-E, Tron Legacy) ci darei dentro con il retro-futurismo del cyberpunk più sporco, dove i computer sono ancora grossi, ingombranti, con le schede forate e con cassette a nastro. Non sarebbe una fikata?
Splice ha i suoi pregi, ma la trama è così scontata che intuisci come andrà a finire fin dai primi dieci minuti.
Nothing è proprio carino, i protagonisti sono così pucciolosi >O< Io l'avrei promosso, ma si sa che Tapiro è un kritikone e non gli va mai bene niente.
Cube non l’ho visto. L’ho iniziato un paio di volte, ma non sono riuscita ad andare avanti. Penso di essere claustrofobica latente, i film horror basati sui luoghi chiusi mi fanno particolarmente effetto. Ma non mi era mai capitato di non riuscire a vedere un film perché mi faceva troppa paura ._.
@Giovanni:
Il retrofuturismo anni ’50-’60 a me piace, ma non sarebbe in tono con Neuromante. Tanto per cominciare, Gibson l’ha pubblicato negli anni ’80, e quelle robe lì non c’erano già più. Inoltre Gibson proietta la sua storia nel futuro. Uno stile come dici tu non avrebbe senso e infrangerebbe sia la logica che l’ambientazione dell’opera.
Il che non significa che vada bene il design pulitino e asettico in stile Apple. Il cyberpunk, e in particolare il mondo di Neuromante, me li immagino come qualcosa di sporco, artigianale, assemblato. Le attrezzature nel film dovrebbero avere, invece dei contorni smussati e le superfici sigillate dei prodotti Apple, l’aria di macchine grezze, funzionali, senza attenzione all’estetica, facilmente smontabili e riassemblabili. I personaggi si muoverebbero in capannoni, scantinati dalle luci basse o malfunzionanti, pieni di scatoloni, cadaveri di apparecchiature e pezzi di ricambio sparpagliati qua e là negli angoli o su tavolacci sporchi, in mezzo all’umidità. E così via.
Ad eccezione del Freeside: quello è un posto per ricconi, quindi l’estetica Apple ci starebbe benissimo.
@Siobhàn:
^-^
(e comunque non è una bocciatura. E’ un “ok, ma…”)
Mi basta. Però mi piacerebbe vedere un film che non si vergogna di esplorare un retro-futurismo decisamente retard – praticamente il modo in cui si immaginavano il futuro negli anni ’60, come in 2001: Odissea nello Spazio, che nonostante rimanga ancora un film stupendo a tratti fa un po’ tenerezza.
Piccolo OT: ho visto Cosmopolis, non so ancora se mi è piaciuto o no. Non sono stato in grado di stare dietro al dialogo finale (interminabile!) e penso che per gradirlo appieno avrò bisogno di leggere il libro, che mi procurerò prossimamente. Pensi che lo leggerai mai Don DeLillo? Sorrido perché mi immagino già la risposta. xD
Cosmopolis fa cagare ai cani morti. Zero trama, zero personaggi, zero coerenza. I dialoghi mi hanno ricordato quest’altro film. Salvo solo la scena della prostata, che era vagamente arrapante. U.U
Ne deduco che si sono presi delle libertà durante il doppiaggio in italiano.
Non posso che rispondere con questo.
(grazie Alberello per aver postato questa perla su Zwei)
@Giovanni:
Cosmopolis ti fa venire i dubbi, perché a livello di regia è fatto bene (non ci piove che Cronenberg sappia come girare un film). E perché ci sono scene come quella della prostata asimmetrica, che non troveresti mai in un film normale. Perciò ti dici: non può essere bollato come *cagata*. Non posso equipararlo a Twilight o a Natale a Kuala Lumpur.
E invece puoi. Perché è la cagata all’altro capo delle cagate, è la cagata pseudo-intellettuale perfettamente speculare alla cagata nazional-popolare.
Per i parametri della narrativa è brutto per motivi autoevidenti (i personaggi sono involucri vuoti che l’autore sfrutta per dire le sue Verità, i dialoghi sono artificiosi oltre ogni dire, la storia è inconsistente, la logica interna non pervenuta, tutto ha un senso solo se lo leggi come simbolo e non al primo livello di lettura). Ma è brutto anche per i parametri della literary fiction, perché non è un raffinato gioco intellettuale (il tipo di literary fiction che ti dà lo stesso piacere di un rebus geniale o di un puzzle), né dice cose particolarmente intelligenti o ficcanti (il tipo di literary fiction che maschera un saggio, un pensiero, una riflessione dietro il paravento di una storia). Se analizzi i significati metaforici, le allegorie, eccetera, è tutto molto banale, da temino delle superiori.
Quindi è brutto sotto ogni punto di vista. Tranne che sotto il punto di vista asimmetrico (quello della prostata).
Immagini giusto. Peraltro io ho già letto Don DeLillo, per la precisione quella porcheria indegna di Rumore bianco.
DeLillo è il tappetino per pulirsi i piedi sulla soglia dell’anticamera degli scrittori veri. E’ il fango sotto le scarpe dopo una giornata di pioggia. E’ il sorriso di un bambino che non sorride. E’ l’Heidegger della letteratura. E’ l’uomo di cui non c’è bisogno. E’ brutto.
Peraltro se leggi la critica americana troverai un certo numero di persone che giustamente lo disprezza.
Ah, ecco qual’era il problema…! ^_^*
@Siobhàn:
Rinnovo l’invito: curati.
Questo è molto probabilmente l’insulto più terribile che abbia mai sentito!
Ogni volta che citavano la prostata ho pensato a te.
Perché mi avevi detto di starci attento.
Cube l’ho visto quando avevo… Una decina d’anni, credo. Preso a noleggio così, perché sembrava fiqo.
Ricordo benissimo la sequenza iniziale, con il tizio terrorizzato che viene subito affettato da un filo tagliente. E mamma che si gira verso di me, traumatizzata, e mi fa “ma che razza di film hai preso?!”
Alla fine l’ho convinta a continuare la visione ed è piaciuto a entrambe.
Questo si chiama crescere male.
Che ne pensate dei sequel, comunque? La saga è stata sballottata da un regista all’altro, e i risultati non mi hanno convinto tantissimo. Il secondo era una cagata, fatta riciclando totalmente il concetto del primo, mentre il terzo non l’ho trovato malaccio: non parlava delle persone nel Cubo, ma dei vari tecnici che lo facevano funzionare dall’esterno. Da una parte ammazzava parecchio il sense of wonder del primo film, ma dall’altra aveva un concept interessante.
Concludo dicendo che a me Splice è piaciuto tanto tanto e ne ho parlato anche nella mia tesina. u.u
Sarà per via dello sgravatar, ma ho sempre pensato che Tales fosse un maschio! :0
Io il primo film della serie che ho visto è stato il secondo, Hypercube, per cui quando ho guardato il primo ho pensato che il secondo era migliore, perché spiegava un po’ di più le cose alla fine (in realtà, Cube non mi ricordo proprio come finisca, dovrei rivederlo). Comunque sì, in prospettiva era praticamente la copia del primo. Il terzo cominciai a vederlo, ma dopo la crudissima scena iniziale lo trovai noioso, e così smisi di guardarlo.
Su che cosa era la tesina?
Ma tu mi conosci pure, disgraziato. Ero Zero su tpc.
Scienziati pazzi. *_*
In tutto ciò, comunque, avevo scordato di dire che Neuromancer nelle mani di Natali mi convince. La storia su cui lavorare l’ha, e soprattutto, visto il suo curriculum credo che saprà cogliere l’atmosfera del libro. E poi mi piacciono quelle sue dichiarazioni sul voler fare un lavoro realistico, di certo non ne uscirà un’americanata.
*mindblown*
E poi si scoprì che Dago era Castigo.
Sì in effetti ora noto lo “zero” scritto nell’avatar, ma non avrei mai fatto la connessione.
@Tales:
Non ho mai guardato i sequel di Cube, un po’ per la mia famosa antipatia dei sequel, un po’ perché continuavano ad assegnarli a registi diversi e la cosa puzzava di “sfruttiamo il brand” e dieci chilometri di distanza.
Comunque sì, il concept del terzo Cube sembra interessante, quindi dopotutto potrei decidere di guardarlo.
Vergognati.
L’unica cosa che ti concedo è che i due vermini sono carini e che l’ibrida è secsi.
Pazzia!
@Giovanni:
In effetti mi sono trascinato dietro un sacco di gente xD
Ce ne sono altri del Castello, o intendi trascinati da altri blog?
L’unico film della serie Cube che abbia mai visto è Cube Zero. Sia chiaro: a me piacciono i film splatterosi e le morti fantasiose, ma dopo quaranta minuti di Antologia della Morte Ingiustificata cominciavo a trovare interessante contare i peli del tappeto >_<
Magari darò una chance al primo, perché non può essere peggiose di Cube Zero e perché si è accennato a uno sviluppo interessante dei personaggi. La storia, per quel che ho capito, resta latitante.