Autore: Michael Swanwick
Titolo italiano: –
Genere: Fantasy / Science-Fantasy / Ucronia
Tipo: Romanzo
Anno: 1997
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 330 ca.
Difficoltà in inglese: ***
“We are legion. A hundred libraries such as you have burnt could not contain our name”.
“Begin, and I will tell you when to stop. Tell me who or what you are”.
Dipping what might be a finger into the hearth, as if to pick up ashes, the creature wrote in bold black letters upon the white-plastered wall:
“Mephistopheles”, the scholar repeated.
Siamo a Wittenberg, la città di Martin Lutero, nella prima metà del Cinquecento. Johannes Faust, il celebre erudito, sta bruciando tutti i libri della sua biblioteca – le opere di Galeno, i testi di Tommaso d’Aquino, la sapienza di Tolomeo, i tomi di Aristotele, la Bibbia! La colpa di questi autori? Di essere tutti in errore, in contraddizione con sé stessi o con l’esperienza. Tutta la sapienza degli antichi è falsa.
Sull’orlo della disperazione, consapevole di aver inseguito chimere per tutta la sua vita e di non essersi avvicinato di un passo alla Verità, Faust si appella alle forze demoniache. Ed esse gli rispondono – nella forma di Mefistofele, un’intelligenza aliena collettiva mossa da un odio viscerale per ogni altra forma di vita. A Faust, Mefistofele fa un’offerta: gli donerà tutte le verità della fisica, della matematica, della chimica e di ogni altra scienza, in poche parole il sapere universale, in cambio di – niente. Perché Mefistofele sa che, con queste conoscenze, Faust stesso sarà la causa della rovina del genere umano.
Questa settimana consiglio un’opera che in Italia, credo, hanno letto in dieci. Jack Faust non è il romanzo meglio scritto di Swanwick – è meglio chiarirlo subito – ma è forse quello che mi ha più affascinato.
Swanwick parte da uno dei miti europei più fiki di sempre, quello del patto faustiano col diavolo, e dalle opere teatrali sul Faust di Marlowe e Goethe, per reinterpretarle in chiave ucronica. Dio e tutta l’epica cristiana del mito originale sono fatte accomodare fuori dalla porta – Mefistofele infatti è diventata un’entità aliena superevoluta, anziché un diavolo – per lasciare il campo al tema della conoscenza. Cosa succederebbe se, ad un uomo del Cinquecento, fossero date tutte le nozioni scientifiche di un uomo del Ventunesimo? Riuscirebbe ad affermarle, e a che prezzo? Che uso ne farebbe la sua epoca? E fino a che punto si può accelerare il progresso tecnologico?

Nel corso del tempo il Faust ha avuto parecchie rivisitazioni, non tutte proprio felicissime.
Uno sguardo approfondito
Swanwick è un maestro del racconto breve, e spesso i suoi romanzi tendono ad assomigliare più ad una concatenazione di racconti in progressione cronologica che ad un romanzo unitario. Jack Faust non fa eccezione. Ad eccezione dei primi capitoli – in cui facciamo conoscenza del protagonista e assistiamo al patto con Mefistofele – che sono strettamente allacciati tra loro, ogni capitolo del romanzo costituisce un’episodio a sé stante, un momento particolare nella vita di Faust. Ogni capitolo-episodio ha quindi il suo argomento principale e il suo ostacolo da superare; al termine del capitolo, c’è un salto cronologico più o meno ampio, ed entriamo in un nuovo episodio.
Così ad esempio c’è un capitolo dedicato alla peste, in cui Faust deve trovare un modo per combatterla e contemporaneamente approfittare dell’occasione per dimostrare ai contemporanei la superiorità della sua scienza sulle arti mediche dell’epoca; un altro capitolo è dedicato alla guerra tra l’Inghilterra e la Spagna, e al ruolo che vi ha Faust. I capitoli dunque variano molto tra loro per contenuto, livello di conflitto e percentuale di azione, e di conseguenza varia molto anche la loro qualità; alcuni, come quelli citati, sono molto belli, altri invece – come gli ultimi capitoli dedicati a Margarete – sono bruttini 1.
Il problema principale di questo modo di strutturare i romanzi, è il senso di smarrimento, di distanza, e la conseguente perdita di interesse che i frequenti stacchi temporali e tematici possono causare nel lettore. Se alla fine di un capitolo c’è un salto di, poniamo, un anno, e un cambio di location, e magari anche qualche modifica nel cast dei personaggi, il lettore farà fatica a riambientarsi; e se perdipiù l’incipit del nuovo capitolo non è buono, continuare a leggere gli costerà un grosso sforzo. Tutte cose che mi sono successe, e più di una volta.
Inoltre, questi salti obbligano Swanwick a raccontare in qualche modo tutte le cose che sono successe nel frattempo. E mentre a volte riesce a gestire la cosa in modo elegante – attraverso dialoghi naturali, o mostrando i cambiamenti e lasciando al lettore il compito di dedurre – altre volte non ci risparmia brutti infodump.
Se comunque sulla bontà di questa struttura a episodi si può discutere, una certa trascuratezza stilistica è indiscutibile. Swanwick sa scrivere molto bene, ma con questo Jack Faust non si è sforzato troppo.
A cominciare dal brutto incipit, con un narratore onnisciente che si esibisce in una lunga descrizione statica a volo d’uccello della città di Wittenberg, nell’atroce maniera di Balzac, Stendhal e Manzoni. Solo alla fine della terza pagina ci viene presentato Faust, e gradualmente entriamo nella sua testa, finché nel giro di un altro paio di pagine siamo ben piantati nel suo pov. Perché non cominciare subito con Faust? Se proprio voleva descrivere Wittenberg, poteva mandare Faust a farsi una passeggiata, dopo la scena del rogo dei libri che è ben più importante, essendo il vero motore della storia.
Alcuni capitoli brevi e alcune scene sono gestiti ancora peggio, con la telecamera che salta da un personaggio all’altro – pov usa-e-getta ovviamente – senza alcuno scopo pratico. Ad esempio, nel capitolo in cui Faust e il suo apprendista lasciano Wittenberg in carrozza, il pov, invece di essere fisso su uno dei due, come dovrebbe, si muove tra una serie di personaggi che assistono al passaggio della carrozza: un uccello, uno studente chiuso in uno scantinato, un prete, eccetera. Con grande confusione del lettore (ci ho messo un po’ a capire che l’incipit del capitolo era filtrato dal punto di vista dell’uccello) e successivo calo di interesse. Swanwick, insomma, si abbandona a una discutibile estetica literary, dimenticando che lo scopo della narrativa di genere non è pensare: “Oh! Ma che affascinante affresco! E che sublime spaccato di vita cinquecentesca!”, ma renderci partecipi della vicenda nel miglior modo possibile. Quando Swanwick si abbandona al quadro impressionista, insomma, rema contro il suo stesso romanzo.

Un sublime spaccato di vita cinquecentesca. Circa.
In compenso, quando si ricorda di prendere le medicine, Swanwick è un bravo scrittore. I capitoli scritti bene sono saldamente piantati nel pov di uno dei tre personaggi principali – Faust, il fedele discepolo e servitore Wagner, e Margarete, la figlia di mercanti che il protagonista vuole sedurre – e ognuno di questi capitoli mantiene sempre lo stesso pov. Abbiamo così capitoli incentrati su Faust, capitoli incentrati su Wagner, capitoli incentrati su Margarete.
I personaggi principali (e anche alcuni secondari, come il ciarlatano dottor Schnabel o il truce fratello Josaphat) sono ottimamente realizzati, con una psicologia credibile e interessante, scopi e desideri determinati.
Le inclinazioni di ciascuno dei protagonisti saranno portate, nel corso del romanzo, fino alle estreme conseguenze. Faust è un uomo arrogante, saccente, violento, completamente devoto alla ricerca della Verità e all’affermazione della nuova scienza su quei villici dei suoi contemporanei; tutto in lui suona autentico, dal suo disprezzo per i tecnici e gli artigiani – caratteristica reale di molti ‘eruditi’ europei fino a Seicento inoltrato – al suo odio per la superstizione, fino allo sconcerto nei confronti di tutti quanti non riconoscono il suo Genio. Wagner è il discepolo fedele, che adora Faust come un Dio e gli si sottomette completamente, ma che dalla sua venerazione trarrà una incredibile forza nei confronti degli altri. Mefistofele unisce la giocosità e il sarcasmo del diavolo goethiano con l’odio gelido e implacabile che nutre verso le altre forme di vita e in particolare il genere umano; quest’ultimo muove ogni sua azione e rende il suo comportamento coerente dall’inizio alla fine. Il suo rapporto con Faust è affascinante, i loro dialoghi che si muovono tra il serio – Mefistofele che gli promette che i suoi tentativi di portare la Scienza alla sua gente porterà solo morte e distruzione – e il faceto – Mefistofele che per divertire Faust spoglia tutte le donne di Norimberga e gli dice come portarsele a letto – divertono. Solo Faust può vedere Mefistofele, e la complicità, il rapporto amore/odio che si crea tra i due ricorda ad esempio il rapporto tra Light e Ryuk in Death Note.
L’unico personaggio traballante è Margarete: all’inizio funziona bene, nel suo essere una giovane donna inesperta, combattuta tra la santa e la puttana, tuttavia man mano che il romanzo procede la sua psicologia diventa sempre più confusa. Sembra che Swanwick stesso si sia accorto che il personaggio di Margarete non è bene a fuoco, perché nei capitoli incentrati su di lei passa molto tempo a farla riflettere, a farle sviscerare i dettagli del suo comportamento, come se dovesse giustificarla di fronte al lettore e a sé stesso. Il risultato è un personaggio che si “racconta” da solo più che mostrare il suo comportamento, un po’ come Edward di Twilight che continua a dire “quanto sono tormentato” per mascherare il fatto che in realtà di tormenti ne ha ben pochi. Swanwick sembra essere combattuto tra il dedicarle più spazio – in modo da approfondirla meglio, ma a detrimento del resto del cast – e il lasciarla a margine della storia; non facendo nessuna delle due cose, ne esce un personaggio che ruba spazio ma non convince.

“Sono Edward Cullen e sono la persona più sfortunata del mondo. Ho la superforza, leggo nel pensiero, brillo alla luce del sole, non invecchio mai e tutte le femmine mi muoiono dietro. La mia vita è un’agonia, perché nessuno mi capisce?”
Una delle cose più belle di Jack Faust, una delle ragioni principali per leggerlo, è sicuramente l’atmosfera che si respira. Il rinascimento di Swanwick riproduce molto bene la cultura erudita dell’epoca: il culto della Sapienza degli antichi, i medici ciarlatani con la loro teoria dei quattro umori e la fissazione per i salassi, le processioni religiose e i falò delle vanità. Una delle prime scene del libro vede Faust che minaccia di distruggere la Fisica di Aristotele, l’Almagesto di Tolomeo e l’Antico Testamento, se Wagner non saprà dimostrargli la loro verità: la diatriba filosofica che segue è un puro distillato di cultura rinascimentale, ed è uno spasso.
Ed è affascinante vedere come, sotto l’azione della scienza nuova di Mefistofele, questo mondo rinascimentale si popoli nel giro di pochi anni di mongolfiere, antibiotici, illuminazione elettrica, treni, fabbriche, revolver, la stampa scandalistica, gli anticoncezionali… e come questo cambi la gente. Gli eccessivi time skip tra un capitolo e l’altro rovinano in parte questa sensazione di penetrazione progressiva della nuova tecnologia, ma la cosa fa comunque un certo effetto. E il processo è mostrato in modo credibile: Faust farà inizialmente molta fatica ad affermare tra i contemporanei una scienza avanti di secoli, e l’evoluzione tecnologica seguirà i ritmi dei bisogni economici e politici dell’epoca più che quelli pronosticati da Faust – è più facile avviare una produzione di massa di corazzate da guerra che non convincere che la Terra gira intorno al Sole.
Purtroppo, la storia si perde un po’ per strada verso la fine. Swanwick si concentra troppo sulla storia d’amore e sui problemi personali di Faust e Margarete, e troppo poco sulla cosa più interessante, cioè la guerra e le trasformazioni politiche causate dalla scienza di Mefistofele. Il finale abbozza a malapena una serie di sviluppi che avrebbero meritato molto più spazio; è un finale pigro, come se Swanwick non avesse più voglia di andare avanti. Forse l’atmosfera troppo tetra del romanzo lo aveva messo di cattivo umore?
Non importa: nonostante i difetti sopra elencati rubino al romanzo la palma del capolavoro, Jack Faust rimane un libro assolutamente originale e affascinante, che merita di essere letto.

Brucia, sistema tolemaico, brucia!
Dove si trova?
Speravo che, per quando avessi postato il Consiglio, il libro sarebbe stato disponibile per library.nu. Purtroppo non è così. A conti fatti, la soluzione più ragionevole rimane prenderlo su Amazon, ma a meno di comprarlo usato il prezzo è talmente irragionevole che non ne vale la pena. Ennesima dimostrazione di come la digitalizzazione (anche pirata) significhi la salvezza dei romanzi anziché la sua fine: un libro interessante come Jack Faust rischia di non essere più letto perché chi ne detiene i diritti non lo ristampa più, e potrebbe bloccarne la distribuzione per i prossimi 70 anni + n.
Vi terrò aggiornati sulla vicenda.
Ah, naturalmente il romanzo non è mai stato tradotto in italiano^^’
Chi devo ringraziare?
Tanto per cambiare, il merito se lo piglia Gamberetta, che con la sua venerazione per Cuore d’acciaio (testimoniata infinite volte sul suo blog) mi ha fatto conoscere Swanwick. In realtà Cuore d’acciaio è quello che mi piace di meno dei suoi; nondimeno, è stato il mio primo approccio a Swanwick.
Su Swanwick
Di Swanwick ho letto altri quattro romanzi, tutti piuttosto interessanti:
Vacuum Flowers (L’intrigo Wetware, che titolo osceno) è un romanzo di fantascienza a metà tra la space opera e il cyberpunk. In un mondo in cui la specie umana ha colonizzato l’intero sistema solare, la bioingegneria si è sviluppata al punto da poter modificare la psiche degli individui e impiantare nei cervelli umani identità alternative. Eucrasia, wetprogrammer brillante e cinica, si è programmata nel cervello l’identità di Rebel Elizabeth Mudlark, una figlia di strega arrivata dalla nube di Oort; ma ora Rebel vuole essere libera. Inseguita dalla supercorporation Deutsche Nakasone e dalla Comprise, la coscienza collettiva che ha preso il controllo della Terra, Rebel viaggerà di avventura in avventura in giro per il sistema solare. Un romanzo cupo e angosciante, probabilmente quello meglio scritto tra i libri di Swanwick; anche se il linguaggio complicato e la mole esagerata di invenzioni e sotto-trame lo rendono una lettura piuttosto faticosa.
Stations of the Tide (Domani il mondo cambierà) è un’opera di sf con una punta di fantasy, ambientato su un mondo sottosviluppato – il pianeta Miranda – che a cicli alterni viene parzialmente sommerso dall’alta marea. Poche settimane prima della Marea, il “burocrate” viene mandato su Miranda perché catturi il misterioso stregone Gregorian: ma il suo viaggio nel pianeta lo cambierà irreversibilmente. L’ambientazione è stupenda e i personaggi carismatici, ma il carattere troppo episodico di alcuni capitoli, il ritmo lento e la mania di Swanwick di fare l’intellettualoide lo rendono a volte irritante e spesso difficile da seguire. Rimane un bel romanzo.
The Iron Dragon’s Daughter (Cuore d’acciaio) è un fantasy ambientato in una versione cupa e più verosimile di Faerie. La changeling Jane, costretta assieme ad altri bambini a un lavoro massacrante nelle officine di riparazione dei draghi biomeccanici, troverà una possibilità di fuga e di salvezza nell’alleanza col perverso drago Melanchton. Il libro è diviso in quattro parti che corrispondono a quattro fasi della vita di Jane, mentre scopre poco a poco in che razza di mondo è finita a vivere. Le premesse sono fighe e la prima metà è molto bella, ma nella seconda metà il romanzo si affloscia e il finale è pura metafisica per gonzi. In compenso è uno dei romanzi preferiti di Gamberetta, che ne ha parlato in molti commenti e articoli (per esempio qui e qui, in occasione della riedizione italiana nella collana Urania).
Gamberetta ha anche recensito positivamente The Dragons of Babel, ambientato nello stesso universo di Cuore d’acciaio; io non l’ho ancora letto.
Bones of the Earth (Ossa della Terra) è un thriller fantascientifico su viaggi nel tempo e dinosauri. Il governo americano possiede il segreto del viaggio nel tempo, ma per ragioni misteriose lo utilizza per permettere ai paleontologi di viaggiare nel mesozoico e fare esperienza diretta dei dinosauri. E mentre un attentato messo in atto da una setta di creazionisti radicali intrappola un gruppo di paleontologi nel tardo Cretaceo, un pugno di burocrati dovrà scoprire cosa si cela dietro la contorta tecnologia del viaggio nel tempo e dietro i suoi creatori. Il romanzo è molto interessante, parla di paradossi temporali e di metodo scientifico, dei meccanismi dell’evoluzione e dell’ambizione degli scienziati, e propone una teoria affascinante sull’estinzione dei dinosauri; ma l’eccesso di personaggi e una gestione insensata dei pov e altri problemi strutturali appesantiscono la lettura. Piperita Patty potrebbe adorarlo.
Qualche estratto
Per questa volta ho deciso di presentare un solo estratto, più lungo del solito. E la scelta naturalmente è caduta sulla scena iniziale di Faust che brucia i suoi libri, e sull’inizio della sua discussione accademica con il discepolo Wagner.
From one lone chimney in the heart of the city, a wisp of smoke curled up into the hartbreakingly blue sky. Faust was burning his books.
With a shower of sparks, Thomas Aquinas was consigned to the flames. Pages fluttering, a slim manuscript book of extracts from Pythagoras flew into the fire. Bouncing from the blackened back of the hearth, Andreas Libavius’s Alchymia entered that mystical alembic which would trasform its gross substance into the rarified purity of its component elements.
Faust worked systematically, condemning no book without a hearing, riffling through each text until he found a demonstrable lie, and then tossing it atop its dying brothers. Half his library was in the fireplace already, so many volumes that they threatened to choke the flames. A touch of wind coming down the chimney filled the room with the stench of burning paper and leather. The smoke made his eyes sting. Calmly, he gathered together another armful.
[…] “Magister!” Waving horrified arms, Wagner advanced into the smoke. “What are you doing?”
Faust extracted a volume of Galen from his armful, letting the rest spill to the floor. He waved the Greek physician under the young man’s nose. “Have you ever cut open a human body, Wagner?”
“Before Jesus, never!”
“If you had – if you had… I served for a time as a physician in the Polish army. So much sickness, and so rarely did my medicines work! During the campaigns against the Turk, I stitched up wounds and sawed off legs by the hundreds. So this elaborate horror you show for the sanctity of the dead is quite incomprehensible to me. […] Thus I began a series of investigations into the origins of disease. I quickly found that there were organs described by our good friend Claudius Galenus that are not to be found in human beings at all. Why? Because in his priggish regard for the sanctity of man, the old fraud examined instead the insides of butchered pigs, from which he extrapolated a similar anatomy for the human body. Pigs! For thirteen hundred years we have doctored the sick as if the were swine, and all on the word of one who could be disproved by any idiot with a knife and a corpse.”
“Speak not so of Galen, sir! Not of that greatest of the anatomists, that divinely ispired father of physicians, that -”
“Father of lies, you mean.” Fust clutched the Galen so tightly his knuckles turned white. “Here is another perjurer who will not mislead one more honest man!”
He skimmed the book into the flames.
Tabella riassuntiva
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Bonus Track: il Faust di Goethe
Autore: Johann Wolfgang Goethe (ma và?)
Editore: Rizzoli BUR
Pagine: 1062
Non ho mai letto l’opera teatrale di Marlowe; in compenso ho letto la fonte d’ispirazione primaria di Swanwick, quella di Goethe. Personaggi e situazione iniziale sono prese direttamente da qui, anche se poi Swanwick si è sbizzarrito.
Il Faust di Goethe è un’opera strana; con centinaia di ruoli tra personaggi e comparse, e una durata complessiva che potrebbe aggirarsi sulle dieci ore, credo sia una delle sceneggiature più impossibili da rappresentare a teatro nella storia. E’ un’opera un po’ lontana dalla nostra sensibilità, ma alcune scene mi hanno colpito lo stesso.
Se vi incuriosisce, l’edizione Bur potrebbe essere la vostra scelta. Più economica di altre – come quella Mondadori o quella Garzanti – è un’edizione critica ben fatta (per testo a fronte, note, bibliografia) senza essere esagerata (come quella Feltrinelli, in due volumi contenenti le due diverse redazioni principali del Faust… un po’ troppo se non dovete farci una tesi o roba simile).
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(1) In particolare, il capitolo dedicato all’aborto gli è riuscito assai male, e non ha minimamente l’eleganza che ha Walter Miller quando in Leibowitz affronta il tema dell’eutanasia.Torna su