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Gli Autopubblicati #07: Soldati a Vapore

Soldati a vaporeAutore: Diego Ferrara
Genere: Guerra / Science Fiction / Steampunk
Tipo: Novella

Anno: 2013
Pagine: 105
Editore: Narcissus

Siamo nel 1848, e il Regno d’Italia, guidato da casa Savoia, è in guerra contro l’Austria. Il fronte corre lungo il corso del fiume Mincio, da dove i crauti pianificano la conquista di Milano.
Il soldato semplice Basile serve da un anno nella Squadra Sei delle meccanizzate, e si è già fatto un nome come inetto e lavativo. Sotto lo sguardo sprezzante del tenente Bregoli, Basile trascorre i suoi giorni tra pattugliamenti, assalti notturni e lunghe attese.
Ma come tutti i suoi compagni di reggimento, ha un privilegio: è un pilota di mec. Quando c’è un’operazione importante, può salire a bordo del suo Manzetti, un esoscheletro di tre metri capace, con le sue braccia meccaniche, di sollevare una camionetta e scaraventarla a metri di dstanza. Ma anche i crauti hanno i loro mec – i Krebs, esoscheletri muniti di due lunghi tentacoli che terminano in pinze capaci di aprirti in due come una lattina. E stanno preparando qualcosa di ancora più grosso, aldilà del fiume, qualcosa che richiederà lo spiegamento di tutta la squadra e non solo…

Soldati a Vapore era una delle opere steampunk presentate allo SteamCamp, ed è stato nel programma dell’evento che ne ho sentito parlare per la prima volta. Ma allo SteamCamp sono arrivato preparato: ispirato da questa microrecensione di Taotor, che aveva fatto da betareader, l’ho letto circa una settimana prima dell’evento. E’ un libro che si legge in una giornata. La storia è semplice, e segue alcune settimane della vita della recluta Basile tra i Pulcini della meccanizzata, culminando in un all-out attack contro le linee nemiche.
La storia editoriale di questo libro è interessante. L’editing è stato seguito dall’Agenzia Duca, quella del buon Duchino (ma l’ho scoperto solo alla fine, leggendo i “titoli di coda”), e poi l’autore si è autopubblicato sulla piattaforma Narcissus. Ho poi incontrato Ferrara allo SteamCamp, come ho raccontato nell’ultimo post. Qui ho scoperto che lui è l’uomo dietro ben due dei racconti dell’antologia steampunk organizzata dal Duca (ma mai pubblicata nella versione definitiva): Il Lunasil e Piloti e Nobiltà. Quest’ultimo, in particolare, era a mio avviso il più bello nella rosa dei candidati per il primo posto nel concorso – anche se poi non ha vinto.
Tutto questo per dire che Ferrara è uno che bazzica lo steampunk da qualche anno. Sarà riuscito a produrre una stand-alone di qualità?

Savoia

Loro ci guideranno verso un radioso avvenire. Avanti Savoia!

Uno sguardo approfondito
Primo elemento positivo: Ferrara è bravo a mostrare. E’ attraverso gli occhi e la voce del protagonista, che narra in prima persona, che assistiamo a tutte le vicende della squadra sei. Il mesetto circa in cui si svolge la vicenda è quindi scandito da una serie di scene vivide – il pattugliamento lungo il corso del Mincio, in cerca di crauti, oppure la sortita notturna aldilà delle basse acque del fiume per sorprendere un convoglio di camion che trasportano vettovaglie.
Questo approccio permette a Ferrara di aggirare il problema dell’infodump, che poteva essere spinoso in un’ucronia. Gli elementi peculiari dell’ambientazione – come i Manzetti, i Wanderer, le corazzate Savoia – sono quasi sempre mostrati in azione piuttosto che spiegati a tavolino, e conditi dai commenti della voce narrante; e anche in quelle poche digressioni che in teoria sarebbero ascrivibili all’infodump (come l’incipit sulla zuppa di cervelli), il tono del protagonista gli dà un tono naturale. In ogni caso, Ferrara ci risparmia lezioncine e spiegoni: la situazione politica non ci è mai spiegata, né si scopre come e perché sia avvenuta la divergenza tecnologica rispetto al nostro mondo. La situazione globale, semplicemente, non è importante – importa solo la storia tragicomica della squadra sei.

Basile è un protagonista simpatico; è il classico soldataccio pigro, che vorrebbe solo andarsene in licenza e invece finisce sempre in punizione – forse l’unico tratto poco credibile è che parla in modo troppo “pulito” (non dice parolacce, non fa granché il villano neanche con i suoi parigrado). Non è un pilota di mec eccezionale, e non lo vedremo mai compiere gesta eroiche – e già questo lo distingue dalla massa di protagonisti amorfi di tanta narrativa di genere. Nelle scene di combattimento svolge soprattutto un ruolo di spettatore, il che permette a Ferrara di farcele vedere in modo vivido senza alterare il punto di vista.
Le scene d’azione – che occupano una buona metà del libro – sono riuscite a metà. Da una parte, Ferrara riesce a mantenere l’interesse del lettore inserendo una grande varietà di situazioni diverse, dall’agguato nel buio al combattimento sul fiume, dalla fuga rocambolesca tra i boschi al rissone – non troviamo quelle serie infinite e tediose di scazzottate tutte uguali alla Marstenheim o Barbarian Beast Bitches of the Badlands. Inoltre il pov molto focalizzato fa sì che il lettore si senta più coinvolto. Dall’altro lato, l’anonimato tanto dei nemici – soldataglia o piloti di Krebs tutti uguali – quanto degli alleati, unito al fatto di sapere che il protagonista non morirà, sortiscono l’effetto opposto. Il bilancio finale mi sembra positivo, ma assai migliorabile.

Guerra in trincea

Mi hanno preso molto di più le altre scene, quella di vita quotidiana. C’è una naturalezza, una spontaneità, nei discorsi tra soldati, negli atteggiamenti, che suona sincera, e che mi ha ricordato storie di guerra tragicomiche come Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu o La grande guerra di Monicelli (senza arrivare alla bellezza di nessuno dei due, s’intende, ma l’atmosfera è un po’ quella). Dirò di più: Soldati a vapore ha poco dello steampunk tradizionale – sia quello gonzo-historical alla Infernal Devices, sia quello serio e politico alla The Difference Engine – e assomiglia di più alle “storie del fronte” della Prima Guerra Mondiale. Ci sono mitragliatrici, camionette, c’è la guerra di posizione; gli italiani hanno il solito esercito un po’ straccione, regolarmente a corto di mezzi, e la tronfia retorica militarista; e i soldati sono gente cinica che sa di essere trattata come carne da macello, e che prega la sua buona stella di tornare tutto intero dal prossimo assalto.
Certo, anche su questo fronte si poteva fare di più, molto di più. Alcuni scambi di battute tra soldati suonano goffi, deboli; il loro linguaggio mi sembra troppo poco crudo, troppo da brava gente di città, e anche se fanno battutacce spesso mi sembravano smorzate, poco incisive. Alcune espressioni sono carine ma sembrano fuori posto nel 1848; ad esempio la battuta di un soldato che difende la sua bella: «Giovanna ha smesso con quel lavoro… e comunque lo faceva solo per dare una mano in famiglia. A tempo determinato, chiaro?». I comprimari sono tutti uguali o quasi. Cordino, Ballarin, Lorenzoni – i loro nomi tendono a confondersi, nessuno ha un tratto particolare che li renda memorabili. E dire che sarebbe bastato poco sforzo e poco spazio per renderli più vividi; e quindi, eventualmente, di coinvolgere di più il lettore in caso uno di loro dovesse morire sul fronte. L’unica nota di merito va al tenente Bregoli che, benché sia in fondo il solito stereotipo dell’ufficiale virile e cazzuto, dell’Uomo-Che-Non-Deve-Chiedere-Mai, è incisivo, dice battute stupende e rimarrà vivido nella mia memoria a distanza di mesi e forse anni1.

Pur con questi limiti, Soldati a vapore è una storia carina che si legge con piacere. La prosa è sempre sul pezzo e il ritmo è rapido, non ci sono parole di troppo. Forse si potrebbe rimproverare a Ferrara la mancanza di ambizione: Soldati a vapore è esattamente quello che vi aspettate che sia, una storia di soldataglia e mech, di battaglie e ritirate. Non ci sono colpi di scena o cambi di registro o altro d’inaspettato – what you see is what you get. Che può anche essere un bene; dipende dal gusto del lettore.
In conclusione, la novella di Ferrara è un’opera divertente, che per approccio e argomenti piacerà forse più agli appassionati di racconti di guerra che non ai fan dello steampunk, e che per ambientazione mi ha ricordato più la Prima Guerra Mondiale che non i classici dello steampunk. Il che va benissimo: la varietà è un bene in un genere ancora così giovane e inesplorato (considerato il numero esiguo di opere meritevoli che ha prodotto). Vale sicuramente la pena provarlo, anche considerato il basso prezzo a cui è venduto. E se non siete convinti, provate prima a dare un’occhiata ai due racconti steampunk di Ferrara, andandovi a recuperare la prima (e attualmente unica) versione, non editata, dell’Antologia steampunk del Duca2.

Prima Guerra Mondiale

Le piccole gioie della vita al fronte

Ciò detto, due parole di merito su Ferrara. Avendolo incontrato, ho avuto l’impressione di una persona vogliosa di imparare e di migliorare, e che non si sente “arrivato” perché ha pubblicato qualcosa. Nutro quindi la speranza che possa diventare uno scrittore ancora migliore e produrre cose anche più belle, se ne troverà il tempo e la voglia. E spero di poter mettere le mani, prima o poi, su un romanzo vero e proprio scritto da lui.
Un ultimo “complimenti” a Okamis (Alessandro Canella), che ha realizzato a tempo record la copertina del libro. E’ un piccolo capolavoro, che rispecchia in pieno le sue convinzioni sul modo di fare le copertine più volte espresso sul suo blog.

Dove si trova?
Soldati a Vapore esiste solo in digitale. E’ distribuito su Ultima Books alla cifra irrisoria di 2,49 Euro – una cifra decisamente adeguata al formato novella, forse pure un pelo basso (si poteva fare 2,99 e lo si sarebbe comprato uguale).

Qualche estratto
Il primo estratto viene dall’introduzione, in cui la voce narrante del protagonista spiega all’ignaro lettore la preparazione di una delikatessen del reparto, il brodo di cervello di crauto; il brano è lo stesso proposto da Taotor, ma ho scelto delle parti diverse. Il secondo estratto viene dalla prima vera scena di combattimento del libro – così potete farvi un’idea di come l’autore gestisca le scene d’azione.

1.
La procedura è semplice: si prende un crauto – vivo è molto meglio, ma se proprio non si trova va bene anche morto – e mentre quello piange e strilla nein! Bitte nicht! gli appoggi il bordo di un bossolo da 120 sopra l’orecchio e cominci a menare forte con la mazza da cinque chili. C’è un punto preciso (Costa sa benissimo dov’è) che se lo prendi, con due o tre colpi ben piazzati la calotta cranica del crauto salta via come un tappo di prosecco. Il cervello, sotto, è grigio e bitorzoluto. Bisogna scalzarlo con un grosso cucchiaio e poi tagliare. A questo punto viene fuori parecchio sangue, ma tanto nessuno ci fa caso: stanno tutti lì incantati a vedere quella roba grigia nelle mani di Costa che con aria cerimoniosa la ficca nell’Elmo Potorio, a bagno nella mistura di grappa e olio lubrificante. Stando alle parole del tenente Bregoli, l’olio del Manzetti dovrebbe essere il fottuto sangue nero delle nostre vene. L’Elmo Potorio per noi ha lo stesso valore di un artefatto magico. È la nostra Cornucopia. È il primo pickelhaube catturato dai Pulcini da quando il battaglione è stato assegnato alla zona del Mincio, nel febbraio scorso. Ormai possiede la sua aura di leggenda. Quando non serve per bere il brodo, Costa lo tiene appeso al posto d’onore dietro il banco, insieme a un sacco di altra roba rastrellata sul campo di battaglia: croci di ferro, sciabole, stivali, il cranio di un colonnello crauto di cui non ricordo mai il nome (comunque il cranio è stato ribattezzato Joseph, in onore del sommo bastardo gran comandante di tutti i crauti). Sono cimeli che la compagnia conserva a memoria della sua gloria imperitura. C’è perfino un folgoratore da Wanderer intero, anche se un po’ carbonizzato, che punta il suo naso mortale verso il soffitto. Costa lo adopera come rastrelliera per i bicchieri.
Per finire il discorso, si lascia il cervello del crauto a macerare per mezz’ora, finché non ha preso quel gusto odioso di culo di cane. Un sorso a testa, dice a quel punto Costa (come se ci fosse qualcuno così coglione da scolarselo tutto!) e l’Elmo Potorio passa di mano in mano finché non è stato svuotato. Una volta finito, si butta via il cervello, poi l’Elmo viene sciacquato, asciugato con cura e torna al suo posto dietro il banco.
È così che si fa il brodo da noialtri delle meccanizzate.
Se lo racconti, la gente non ci crede.

Steampunk Tron

2.
Il rombo dei camion fa vibrare il terreno come un principio di terremoto. Compaiono due fari gemelli sormontati da una chioma di vapore ondeggiante. Dietro il primo, si sgrana la colonna dei camion. Procedono serrati nell’oscurità, il muso di uno incollato al cassone dell’altro.
L’inizio dell’attacco è annunciato da uno schianto nel bosco. Il Manzetti di Lorenzoni balza fuori dalla selva, manda zampe all’aria un Krebs e si lancia contro il primo camion centrandolo di spalla nel blocco motore. Il camion sbanda, rotola giù per il pendio e si va a schiantare tra gli alberi. Lorenzoni si ferma in mezzo alla strada, pianta un ginocchio a terra e offre la spalla massiccia del Manzetti al secondo camion. Quest’ultimo non può fare altro che centrarlo: si solleva e poi ricade in un enorme sussulto, uno dei due autisti sfonda il parabrezza e sorvola la testa di Lorenzoni. Gli altri camion si schiantano uno dentro l’altro a fisarmonica. Strilli di paura e dolore si levano nei cassoni.
Corrono fuori anche i Manzetti di Garoglia e De Gregorio, afferrano un camion ciascuno, lo alzano sopra la testa e lo scagliano oltre le fronde degli alberi. Prima di avere il tempo di ripetere l’operazione, tuttavia, i Krebs si gettano su di loro mulinando i tentacoli.
Autisti e passeggeri non hanno ancora avuto il tempo di capire cos’è successo quando apriamo il fuoco. Il sergente Paganin punta la mitragliera sul camion che ha di fronte e lascia partire una raffica. I proiettili si sgranano fluidi dai serbatoi dorsali del suo ESP e disegnano graffi scintillanti nel buio. Sul fianco del camion si apre una fila di fori, le grida si moltiplicano. Poi si mette a sparare anche il resto della squadra e in un baleno sembra arrivato il giorno dell’Apocalisse. Le mitragliere ad alta pressione vomitano una cascata di metallo che attraversa il telo sottile del camion e fa strage dei coscritti ammassati. Lorenzoni solleva il camion che gli si è schiantato contro e lo schiaccia sul camion successivo. Le lamiere si piegano e dai lati schizzano zampilli di sangue. La notte è piena di strilli e richiami. Metà della colonna nemica è già fuori combattimento. Un Krebs discende il pendio a lunghi balzi e si piazza davanti ai soldati in esoscheletro leggero. L’ESP, contro le pinze dei Krebs, offre la stessa protezione di una vestaglia di seta. I miei compagni gli sparano addosso, ma è come se tirassero con le cerbottane: i proiettili scivolano sulla corazza rinforzata senza produrre altro che un sonoro frastuono come di centinaia di martellate.
Il Krebs stacca la testa a uno dei nostri con una pinza, ne impala un secondo con una zampa, bucandogli il torace da parte a parte, lo solleva e lo lancia via nell’oscurità. Gli altri cercano rifugio tra i cespugli ma il Krebs li insegue continuando a uccidere. I coscritti sopravvissuti cominciano a sciamare giù dai camion e ci sono scambi di mitragliate. Una manciata di pallottole mi fischia vicino alla testa. Guardo verso il sergente in cerca d’indicazioni e non lo vedo più. Sparito nella bolgia. I due soldati alla mia destra sono inginocchiati e impegnati a sforacchiare i camion, come ci è stato ordinato. A venti metri, più in giù lungo la colonna, uno dei nostri Manzetti si sta difendendo dall’attacco di tre Krebs, in un groviglio di tentacoli. I rumori fanno sembrare i mec creature viventi. I getti di vapore degli sfiati somigliano a sibili e i cigolii dei perni metallici sono grida di rabbia. Lorenzoni risale la colonna schiantando i camion uno dopo l’altro, e spazzando con le braccia i coscritti, finché un Krebs non gli salta addosso.

Tabella riassuntiva

La vita di un soldato al fronte al tempo dei mech! Scene di combattimento sottosfruttate.
Voce narrante divertente e dal pov saldo. Comprimari tutti uguali e registro non sempre credibile.
Narrazione onesta e dritta al sodo. Plain and simple, pure troppo (forse)
In conclusione: PROMOSSO

(1) Uno dei pezzi più belli del libro sono le parole che Bregoli dice a Basile dopo un certo attacco. Poiché siamo in piena area spoiler le metto in bianco, ma non potevo tacere:

«Basile,» dice.
Non so cosa gli frulla in testa, ma un sorriso conciliatorio dovrebbe andar bene. «Signor tenente… ce l’ha fatta anche lei, eh?»
Un’impercettibile piega di disgusto gli arcua le labbra, sotto i baffi scuri. «Basile, tu sei così lavativo che se anche all’inferno fossero a corto di personale, non ti prenderebbero comunque. Non creperai mai, nemmanco se ti ci impegnassi, e dubito che tu e la parola impegno vi troverete mai sullo stesso continente insieme, fors’anche sullo stesso pianeta. Te ne arrivi di sera come se fossi di ritorno dal bar del paese. E conoscendoti potrebbe anche essere vero…» mi scorre con uno sguardo cinico e quando arriva in fondo gli angoli della sua bocca franano. «…con scarponi da fante ai piedi, perdio.»
«Anch’io sono contento di rivederla, tenente.»
Bregoli scuote la testa e punta lo sguardo oltre le tende. «Sei la vergogna della compagnia, Basile. Unisciti a questi altri disperati e, se riuscite, fate in modo di farvi notare il meno possibile. L’imbarazzo di sapervi miei soldati mi uccide.»
Gira sui tacchi e se ne va, lento come un bastimento.
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(2) Ovviamente questi racconti, non avendo ricevuto editing (se non in modo molto marginale), possono essere indicativi fino a un certo punto della qualità effettiva della prosa dell’autore. Comunque sono una buona approssimazione. E le idee ci sono tutte.Torna su

Metto gli occhialoni e arrivo

SteamCamp 2013Dai un genere narrativo in pasto a un markettaro, e dal suo sfintere usciranno tonnellate di merda. Garantito.
E’ questo che ci ha insegnato, ancora una volta, il boom statunitense dello Steampunk. In una maniera che ricorda l’epoca d’oro (se così vogliamo dire) del fantasy adolescienziale italiano, nell’arco di tre-quattro anni il mercato della narrativa fantastica si è popolato di opere che di steampunk avevano solo il claim.  Gli autori: scrittori di basso livello che, capito il nuovo trend (e magari imbeccati dal loro agente), si saranno fatti un giretto su Wikipedia e su qualche sitarello di “estetica steampunk”, per poi buttare giù la prima storia che gli veniva in mente. Quando si è imbarcata nell’impresa, l’autrice di Steamed – un capolavoro del porno con dirigibili – era reduce da un ciclo di libri sui vampiri innamorati, e nove copertine su dieci dei suoi romanzi ospitano bei tenebrosi a petto nudo. Giusto per darvi un’idea.
Qualcosa di buono forse c’è stato, come la trilogia The Bookman Histories di Lavie Tidhar (qui Mr. Giobblin ha recensito The Bookman, primo libro del ciclo). Ma poca roba.

Attorno allo Steampunk c’è grande confusione; un sacco di gente si è messa a compilarne “canoni” senza criterio e ci ha messo roba diversa. Del resto è naturale; lo steampunk non è un genere facile, esige molta documentazione. Il Duca, che oltre ad essere un esperto enciclopedico del Lungo XIX Secolo è una persona precisa e ama la chiarezza, ha dedicato il suo blog a spiegare cosa sia esattamente lo Steampunk; quali siano le sue radici e  i suoi elementi costitutivi. Il suo sogno: che prima o poi gli scrittori italiani (ma anche i filmmaker, i cosplayer, e così via) la smettano di fare le cose a sentimento e imparino a informarsi.
Lo SteamCamp, che il Duca ha contribuito a realizzare con altri appassionati, nasce dallo stesso desiderio. Unito a quello di fare una figata di evento. Ma cos’è lo SteamCamp? Nelle parole del Duca, è

un evento dedicato allo Steampunk in senso ampio (un po’ di Dieselpunk incluso, fantascienza d’epoca inclusa), voluto da un gruppo di appassionati e organizzato nei mesi scorsi con il mio aiuto. A loro gli aspetti pratici e concreti, quelli senza cui non si possono fare eventi, e a me le decisioni sugli argomenti da trattare e su come indirizzare il Camp.

Lo SteamCamp si terrà sabato 6 e domenica 7 aprile (il weekend successivo a Pasqua, quindi) all’Hotel Filanda di Cittadella, in provincia di Padova. Il Duca ci ha dedicato un articolo su Baionette Librarie un mesetto fa; vi consiglio di darci un’occhiata. Qui invece il sito dello SteamCamp. Da un po’ di tempo volevo rimbalzare la notizia, ma in questo periodo, come forse avrete notato, ho potuto dedicare ben poche attenzioni al blog. Be’, come si dice: meglio tardi che mai. E poi, un remainder a un mese dalla scadenza non è una brutta idea.

Steampunk Italia

Quelli di Steampunk Italia. Tutte le foto dell’articolo sono prese dalla galleria fotografica del sito dell’evento.

In questi giorni mi sono girato un po’ il sito dello SteamCamp, per farmi un’idea dell’evento. E dato che sono un nerd assetato di sapere, la prima cosa che sono andato a guardarmi è il programma delle conferenze. Ne ho subito adocchiato una manciata di interessanti. Cominciamo da quelle a carattere letterario.
Introduzione allo Steampunk e Le fonti dello Steampunk sono le due conferenze tenute dal nostro Duchino (nome quando non è un coniglietto: Marco Carrara). Non mi aspetto che dica molte cose nuove rispetto a quello che già dice sul suo blog – e che si può sintetizzare in questo e in quest’altro articolo – ma volete mettere l’ebbrezza  di sentirglielo dire dalla sua viva bocca? Poi c’è Alieni nella fantascienza storica, un excursus sulla narrativa con gli “alieni”, e in particolare con la fissa per Marte sbocciata tra la fine dell’Ottocento e il secondo decennio del Novecento. La presentazione sul sito cita La guerra dei mondi, Edison’s Conquest of Mars e i romanzi marziani di Burroughs – tutta roba che può diventare (e in alcuni romanzi lo è già diventato) ottimo materiale per storie e ambientazioni steampunk. Questa conferenza mi accattiva di meno delle altre – non credo mi dirà granché di nuovo sull’argomento – ma se avrò un buco libero la seguirò volentieri.

Le più interessanti sul versante letterario sono sicuramente le due conferenze che sponsorizzano nuove pubblicazioni italiane. Libri marziani presenta due libri a tema steampunk pubblicati (o in via di pubblicazione) da Delos Books: L’ambasciatore di Marte alla corte della regina Vittoria di Alan K. Baker (The Martian Ambassador in originale) e Le ombre di Marte, trilogia di romanzi dell’autopubblicato Augusto Chiarle che dovrebbero essere dei seguiti de La guerra dei mondi. Sì: Delos è la casa che gestisce quella fogna di Fantasy Magazine e ha pubblicato opere memorabili come i romanzi di Kay Pendragon; e sì, a presentare è Silvio Sosio, quello che sotto vari alias trollava su Gamberi Fantasy. Sarà la loro occasione per redimersi? Lo scoprirò di persona.
Due ore dopo, un’altra conferenza introduce altri due steampunk italiani: Mondo9 di Dario Tonani, una raccolta di quattro racconti con cornice su di una grossa macchina senziente che vaga per un pianeta desertico, ancora una volta pubblicato da Delos, e il racconto lungo dell’autopubblicato Ferrara Soldati a Vapore, ambientato all’epoca delle guerre d’indipendenza italiane.
Non ho ancora letto nessuno dei libri che saranno presentati, ma sono ottimista. Il romanzo di Baker ha buone recensioni su Amazon e pare interessante – più della media dei libri etichettati ‘steampunk’ degli ultimi anni – e Chiarle sembra uno che ci capisce; oltre a far parte del comitato organizzativo dello SteamCamp, è un musicista e si occuperà di una conferenza sulla musica steampunk! Il racconto steampunk di Ferrara è l’unico che abbia mai letto – a parte qualcuno presente nell’antologia del Duca di prossima pubblicazione – ad ambientazione risorgimentale, e Tonani sembra essersi guadagnato una piccola popolarità anche all’estero. Sicuramente leggerò alcune di queste opere nei giorni dello SteamCamp o dopo il mio rientro; e non mi dispiacerebbe l’idea di dedicare qualche articolo del blog alle mie impressioni.

SteamCamp

What the fuck is this shit!?

In realtà, però, le conferenze che mi incuriosiscono di più non sono quelle sulla narrativa ma quelle più storiche! Per la precisione mi riferisco a queste due conferenze:
Informatica nel XIX secolo, che partendo dalla macchina analitica del fighissimo Babbage (ispiratrice del romanzo steampunk The Difference Engine, recensito sul blog) si lancia in una storia dell’informatica dell’epoca. A parlare è Gino Roncaglia – un tipo in gamba, dato che oltre ad essere filosofo è l’autore dell’e-book La quarta rivoluzione.
Innocenzo Manzetti: automa e altro, sul negletto inventore italiano bravissimo a progettare marchingegni rivoluzionari ma, purtroppo per lui, inetto a trasformarli in un business. Ha inventato un automa capace di suonare il flauto per davvero e avrebbe pure battuto sul tempo Meucci nella realizzazione di un telefono funzionante! Non avevo mai sentito parlare di Manzetti prima che il Duca gli dedicasse uno spazio nel suo articolo sul Risorgimento italiano, ma ora sono decisamente incuriosito.
E le conferenze sono solo la punta dell’iceberg! Allo SteamCamp saranno presenti anche cosplayer e appassionati di estetica steampunk; si parlerà anche di fumetto, di cinema, di design steampunk; ci sarà un laboratorio di costume vittoriano; spazi per condividere e discutere idee legate a questo mondo; una festa con musica al sabato sera; e così via. E il programma continua ad essere aggiornato! Dalla prima volta che ho visitato il sito sono già stati aggiunti altri eventi, e altri probabilmente se ne aggiungeranno. Quindi vi consiglio di aggiungere la pagina del sito al vostro feed reader.

E’ raro che io vada a una fiera o a un “evento”; mi annoio. Se ho deciso di andare a questo, è perché sembra una roba come Dio comanda. Del resto, le prime voci attorno allo SteamCamp lo davano per lo scorso autunno; se il Duca e gli altri organizzatori l’hanno via via posticipato, è stato per organizzare le cose per bene e fornire un’esperienza completa, invece di una roba raccogliticcia.
Cosplay e rievocazione storica, design, narrativa, nuove proposte, storia, musica. Lo SteamCamp sembra rivolto sia ai cosplayer1, sia agli amanti dello steampunk, sia agli interessati in generale alla cultura dell’Ottocento. Io ci vado. Voi fateci un pensiero – e ricordatevi di iscrivervi sul sito se decidete di venire, sia che (come me) vogliate essere semplici spettatori, sia che vogliate esporre anche voi qualcosa. Le iscrizioni chiudono il 3 aprile.

Link rapidi:
Sito dell’evento SteamCamp 2013
Pagina Facebook dello SteamCamp
Articolo del Duca sullo SteamCamp

Modern Steam Motorbike

Mi ricorda un romanzo di Dick…

(1) Ma se riuscite a lasciare a casa gli occhialoni con gli ingranaggi dentro è meglio.Torna su