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Breve storia di una centrale elettrica a carbone

Pink Floyd PigPrendiamo due cose che apparentemente non c’entrano niente. La prima è High Rise, il romanzo di J. G. Ballard del 1975 che secondo me è il suo più bello; la seconda è Animals, uno dei migliori album dei Pink Floyd.

Di High Rise ho già parlato in uno dei miei Consigli oltre un anno fa. Il grattacielo del titolo è un nuovissimo supercondominio – parte di un nuovissimo supercomplesso di condomini fatti in serie – messo in piedi alla periferia di Londra. Completamente autosufficiente, ospita al suo interno supermercati, parrucchieri, scuole per i bambini, una piscina, un solarium; si affaccia su un bellissimo giardino e sui parcheggi per i residenti. Il condominio di Ballard è un luogo chiuso, che non ha bisogno del mondo esterno, e infatti i suoi abitanti cominceranno progressivamente a chiudersi in sé stessi e a fare del palazzo multiaccessoriato il baricentro della loro esistenza.
Gusto per l’enfasi grottesca a parte, Ballard queste cose non se l’è inventate di sana pianta. Con una popolazione che ha continuato a crescere per gran parte del Novecento – di recente ha superato gli otto milioni, e questo senza contare l’area metropolitana al di fuori della città vera e propria – Londra negli ultimi quarant’anni ha intrapreso tutta una serie di progetti di rivalutazione della periferia e delle zone degradate della città. Molti, ahimè, rimasti sulla carta; e la crisi non aiuta a trovare investitori.

La copertina di Animals ritrae una fabbrica gigantesca, che erutta spirali di fumo dalle quattro ciminiere bianche; tra le ciminiere si libra il famoso porco con le ali. La fabbrica suddetta è la Battersea Power Station, una centrale elettrica a carbone situata poco fuori dal centro di Londra, sul lungo Tamigi; da Westminster, attraversato il ponte, sarà una mezz’ora a piedi in direzione sud-ovest.


Pigs (Three Different Ones), dall’album Animals

L’album dei Pink Floyd non è stata la prima né l’ultima volta che la Battersea ha fatto capolino nella cultura pop – pare che sia apparsa anche in qualche episodio delle vecchie serie del Doctor Who – ma di certo è quella che ha reso la centrale famosa nel mondo. Quanto ai londinesi, sembra che abbiano sviluppato un vero fetish per la centrale, tanto da farci pure dei magnetini per frigoriferi.
Guardando la copertina di Animals, o pure una foto recente (magari un po’ contrastata con Photoshop), si capisce subito perché: la Battersea è figa. Distillato purissimo di Art Deco anni ’30, con queste torri che ricordano la facciata di una cattedrale gotica, la mole titanica in mezzo ai bassi edifici circostanti, l’aggressività degli angoli squadrati. Dà l’idea, ancora oggi, di un edificio futuristico, come doveva immaginarsi l’architettura futuristica la gente a cavallo tra le due guerre mondiali, prima della rivoluzione del vetro e dei grattacieli agilissimi di duemila piani. Guardando le linee della centrale di Battersea, mi sembra di rivedere le illustrazioni degli anni ’20 della rivista Popular Mechanics ripubblicate nel bellissimo libro-nostalgia consigliato da Giobblin, The Wonderful Future That Never Was. La trovo ipnotica.

Pur riconosciuta come simbolo culturale della città, la centrale è in decadenza, e lo è da molti decenni. La Stazione A fu chiusa nel 1975, lo stesso anno della pubblicazione di High Rise; la Stazione B resisté altri otto anni. Molti progetti furono avviati per recuperare la centrale e rivalutare l’area – il mio preferito era quello di trasformarlo in un parco a tema con museo – e la proprietà del sito della Battersea è passata di mano molte volte. Ma ogni tentativo si è arenato di fronte alla mancanza di soldi e alla prospettiva di un ritorno economico insufficiente. E intanto la Battersea diventava ogni giorno più rovinata. Un peccato, no?
Finché – finché un bel giorno, lo scorso luglio, non se la comprano i malesi. Per la precisione la Sime Darby, colosso multinazionale nazionalizzato della Malesia i cui affari spaziano dall’industria energetica al mercato immobiliare, dalle piantagioni agli ospedali passando per gli impianti petroliferi. Il progetto della Sime Darby è il seguente: trasformare la Battersea Power Station e il terreno circostante in un nuovo quartiere di super-lusso che comprenderà condomini per ricchi, uffici, negozi, alberghi e aree verdi. La stessa centrale elettrica sarà ristrutturata e rimessa in funzione – n modo non inquinante, presumo, dato che le emissioni della vecchia centrale erano veleno puro per il Tamigi – e per il 2018 è pure prevista l’inaugurazione di un’estensione della metropolitana di Londra che la raggiunga. Cominciate a capire dove voglio arrivare, no?

Battersea Power Station

Bellezza! Il tuo nome è ciminiere!

Detto così, il progetto sembra essere una di quelle robe che sulla carta funzionano sempre benissimo, ma poi ne viene completata una su cinquanta. Be’, proprio la settimana scorsa sono stati messi in vendita i primi 800 appartamenti (ancora da costruire, naturalmente), e sapete cosa?, in tre giorni ne avevano già venduti 650. Il progetto prevede il completamento della vendita del pacchetto di 800 unità per il prossimo Aprile, dopodiché si comincerà a costruire. Date un’occhiata a questo articolo.
Insomma, sembra che si farà. Si sta già facendo. Ballard immaginava una periferia londinese che si tappezzava di isole condominiali autosufficienti; quello che sta accadendo a sola mezz’ora a piedi da Westminster è un’opera ancora più enorme delle sue fantasie. E un po’ meno inquietante, dato che dovrebbe diventare un magnete per turisti. Peccato che Ballard sia morto, solo tre anni fa – mi sarebbe piaciuto sapere cosa gliene paresse.

Fa ancora un po’ strano pensare a questi piccoli paesi orientali che si prendono, qua e là, lotti della Vecchia Europa. Gli imprenditori cinesi si stanno comprando pezzo a pezzo i pregiati vigneti del Bordeaux e della Borgogna, e ora facoltosi malesiani di Kuala Lumpur si comprano a scatola chiusa appartamenti affacciati a nord sul Tamigi e a est sul gioiello dell’Art Deco. Non solo la Cina, ma anche i paesi dell’ASEAN – più in piccolo – stanno crescendo a ritmo accelerato; e ormai ho il sospetto che si affaccino più grattacieli sulla sponda asiatica del Pacifico che su quella occidentale.
E’ una mia fissa da anni, ma ne sono sempre più convinto: l’ASEAN sarà la next big thing dopo i BRICS1. Quando Cina e India saranno mercati ormai maturi da cui non aspettarsi più grosse sorprese, allora verrà il turno dell’Indonesia, e più in piccolo di Malesia, Vietnam, Thailandia, e sì, forse anche Filippine. Ci aveva visto giusto Dick, ancora negli anni ’50, quando nel suo Solar Lottery collocò la capitale mondiale del XXII secolo a Batavia (la moderna Jakarta). Se io decidessi mai di scrivere un romanzo ambientato nel futuro – cosa che non succederà – farei di sicuro la stessa scelta (e sì, Giovanni, ci sarebbero i treni a levitazione che vanno sul mare! ^-^).

Battersea Power Station Renewing Project

Ecco come potrebbe diventare il sito della centrale tra pochi anni! Tramonto romantico incluso. Grazie Malesia!

Purtroppo non potremo mai vedere quel giorno lontano con i nostri occhi; il giorno in cui Makassar sarà il centro finanziario e commerciale del globo, e al largo dell’isola di Celebes si innalzerà l’ascensore orbitale che permetterà di fare viaggi Terra-Luna in due ore scarse! Mi accontenterò, nel 2018 e giù di lì, quando sarà pronta, di fare un salto a Londra a guardare il fumo sollevarsi dalle quattro ciminiere della centrale di Battersea.

…and now, something completely different!


Summer ’68, da Atom Heart Mother ❤

(1) Acronimo per Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa: i cinque paesi emergenti più importanti degli ultimi anni.Torna su

Gli Autopubblicati #05: Deinos

DeinosAutore: AA.VV. (a cura di Mr. Giobblin)
Genere: Horror / Science Fiction / Apocalyptic SF
Tipo: Raccolta di racconti

Anno: 2012
Pagine: 100 ca.

Sono tre mesi che non dedico un articolo al panorama degli autopubblicati italiani; l’ultimo era stato il deludente La nave dei folli di Alessandro Girola. I motivi sono, credo, gli stessi per cui Gamberetta ha deciso di non occuparsi più di fantasy italiano. Gli autopubblicati, purtroppo, hanno dimostrato di non essere mediamente migliori degli scribacchini dell’editoria tradizionale. E di rendermi antipatico con altre recensioni negative di opere misconosciute non mi andava.
Non credo di essere il solo a pensarlo. Zweilawyer non aggiorna più da un anno la sua Z-List (probabilmente è troppo impegnato a prendere a capocciate il muro e a chiedersi “Signore, perché ci hai abbandonato?”), Bakakura di Neyven ha inaugurato il suo progetto Valinor solo per scoprire che tutta la roba che gli mandano fa troppo schifo per essere portata avanti.
Comunque, ho continuato a seguire iniziative e progetti che mi davano (e mi danno) la speranza di produrre risultati superiori alla media. Deinos era uno di questi.

Su Giobblin e sul suo Minuetto Express ho opinioni ambivalenti. E’ un tipo strano, perché consiglia con lo stesso entusiasmo titoli molto buoni (Ender’s Game, The Windup Girl, Hugo Cabret), vere e propri gioiellini (The Wonderful Future That Never Was), roba insulsa (Robopocalypse) e schifezze orrende (Pirati dei Carabi 4 “discreto”, John Carter “sottovalutato” – srsly u guy?). Soprattutto, mi dà l’impressione di essere troppo indulgente; e l’indulgenza è una delle cose che più fregano i nostri aspiranti scrittori, dato che rallenta o blocca il loro percorso di studio. Ma se non altro parla di zombie, dinosauri e ucronie invece che del fantastico come specchio deformante o dell’importanza di una lettura neoliberista dell’opera di Tolkien.
Deinos nasce sulle pagine del blog di Giobblin come concorso letterario di racconti. Il tema: i dinosauri appaiono dal nulla nella nostra epoca, e cominciano a portare distruzione. Perché sono apparsi? Come si comporteranno? Come sarà la vita dell’uomo della strada dopo la dino-apocalisse? Di qui in poi i concorrenti possono sbizzarrirsi – dal racconto di invasione sull’arrivo dei dinosauri, al survival horror urbano, dal tentativo hard sf di trovare una spiegazione scientifica dell’apparizione dei lucertoloni a roba più strana.
Okay, il tema non è né interessante né ampio come quello di Ucronie Impure di Girola (recensito qui), ma ci può stare.

Like a boss

Traccia per un racconto con dinosauri. Io la butto lì eh…

Gli otto racconti migliori, dopo una passata di editing, sono entrati a far parte dell’antologia Deinos che potete scaricare qui nei formati epub e mobipocket. I racconti sono stati ordinati in ordine decrescente di bellezza secondo il giudizio di Giobblin e Girola, i due giurati del concorso. I racconti sono preceduti da una breve introduzione dello stesso Girola, e sono seguiti da due “fuori concorso”: il racconto di Giobblin La vendetta di Geraldo, già apparso a puntate sulle pagine del blog, e un breve pezzo scritto da Claudio Vergnani, un tizio che non conosco ma che ha scritto una trilogia sui vampiri (qui la pagina di IBS coi tre libri).
Presenterò i due gruppi di racconti in due sezioni separate, dopodiché tirerò le fila del discorso con una valutazione complessiva dell’antologia.

Gli otto racconti in gara

DeinonicusEffetto Lazzaro
Il primo racconto ci catapulta nella Squadra Anti Dino, corpi speciali con il compito di ripulire le città dai sauri immondi che le hanno invase, quartiere dopo quartiere. Ma la vita nelle Squadre Anti Dino è una vita dura, e solitamente breve: parola di geologa. Il racconto è strutturato come un unico monologo di un veterano delle Squadre a un novellino poco prima dell’inizio della missione. Gli interventi e le risposte del novellino non appaiono, ma sono deducibili dal discorso.
Effetto Lazzaro è bello. La voce della protagonista ha un tono incalzante e aggressivo, che unito alle informazioni di contesto – sono gli ultimi minuti prima dell’inizio di una missione letale! – mantengono il ritmo serrato e ti impediscono di staccare gli occhi dalla pagina. Fatto ancora più piacevole, la protagonista non si limita a raccontare situazioni di vita militare o come sia cominciata l’invasione preistorica, ma evoca episodi mediante immagini. Per esempio, uno dei primi avvistamenti:

Poi, è arrivata Nessie.
A Loch Ness ci hanno campato cent’anni con ‘sta storia del mostro: testimonianze, foto sfocate… e non uno straccio di prova certa.
Una mattina bello presto, un tizio porta il cane a pisciare sul lungo lago, alza gli occhi per concedere a Fido un momento di privacy ed eccotela là, Nessie.
Questo è scappato a telefonare ai giornali, con il cane a rimorchio, e c’ha avuto del gran culo, detto fra noi.

Altro lato piacevole, in Effetto Lazzaro sia i dinosauri, sia gli umani chiamati a combatterli, si comportano in modo razionale. I dinosauri non attaccano i blindati perché è troppo faticoso: aspettano che i militari escano. Le squadre militari vengono fatte scendere a gruppetti divisi per quartieri; le sortite, brevi e ben organizzate, mi hanno ricordato vagamente i piani d’attacco di Starship Troopers. E se un bestione ti carica, l’unico modo di sopravvivere è sparargli alle articolazioni.
Nonostante alcune cadute di stile (la parte sui film americani mi sembra un po’ inutile), il racconto funziona, e ti senti immerso in un mondo in cui potrebbero sbranarti tra cinque minuti. Di sicuro, il miglior racconto dell’antologia – bel modo di cominciare.

In conclusione: PROMOSSO Si

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ProfumiDinosauro piumato
Il secondo racconto dell’antologia è un survival horror con protagonisti due ragazzini – Filippo e Leonardo – in fuga da una Udine invasa dai lucertoloni.
L’inizio parte in medias res, con Filippo in un supermercato devastato che si versa addosso litri di alcol. Non solo l’inizio mostrato veicola in poche immagini tutte le informazioni di background necessarie (il supermercato è vuoto e distrutto: segno che l’invasione è già cominciata e la città si sta già spopolando), ma infila subito un hook nel lettore, che si chiede: perché diavolo si sta versando dell’alcol addosso? E la risposta costituisce il fulcro di tutto il racconto.
Se la struttura della storia è quasi impeccabile, la prosa di Serafini avrebbe bisogno di una bella revisione. Spesso si esprime in modo goffo e con più parole del necessario; la cosa si nota fin dall’incipit:

Uno scaffale si è staccato dal muro e una parte dei liquori ha ubriacato il parquet, dietro il lungo bancone del Bar Collo. Gli altri invece sono intatti, davanti al sollievo di Filippo.

Non solo la frase in grassetto è orrenda, ma si potrebbe eliminare del tutto e tanto di guadagnato!
La scena d’azione verso la fine del racconto è confusa, e i movimenti reciproci di ragazzini e predatori difficili da visualizzare. Ancora, i dialoghi soffrono del problema delle “teste parlanti” (paginate intere di scambi senza alcuna descrizione contestuale), e spesso si sbrodolano su dettagli triviali che potrebbero essere eliminati. In compenso, i due personaggi sono simpatici e parlando in modo credibile.
Insomma, perché sembri un racconto “vero” bisognerebbe risistemare e riscrivere alcune parti, ma la storia c’è e funziona. Bravo.

In conclusione: PROMOSSO Si

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TriceratopoDeinosrestaurant
Il Deinosrestaurant è un agriturismo romagnolo di successo in cui si macellano triceratopi per i palati fini dei clienti. Antonella, la proprietaria, non si fermerebbe davanti a nulla per aumentare la popolarità del locale, soprattutto con la prospettiva della visita di un importante critico culinario. Ma i dinosauri stanno sviluppando un’immunità agli anestetici e non sono disposti a subire in eterno…
Forlani è uno scrittore che quando vuole è bravo; io e Zwei ci eravamo trovati d’accordo nel definire il suo Tlaloc Verrà il miglior racconto di Ucronie Impure. Per di più, le premesse del racconto parevano un’oasi di originalità nel clima horror-apocalittico-di-invasione del resto dell’antologia.
Purtroppo invece Deinosrestaurant è una boiata scritta da schifo. Il pov sta normalmente “nei pressi” della protagonista, ma quando gli gira salta dove capita (sui ragazzini in bici, sulle cameriere, sugli inservienti, su Philippe Daverio, insomma su chiunque); il tempo verbale continua ad alternare passato remoto e un orribile imperfetto, senza alcun motivo; la prosa è piena di passaggi raccontati (“gli adulti fumavano, scambiavano ovvietà di moda circa le specie, le abitudini, le ricette di dinosauro”), anche durante le scene chiave (“[i dinosauri] fracassarono le finestre e devastarono l’interno” – davvero molto preciso); Forlani abusa di termini desueti e fuori luogo:

«Li svegliamo di notte», incupì l’ucraino, «sentono l’odore dell’esplosivo e la droga.»
«È come per los cerdos», abbuiò l’argentino, «lo sanno che li ammazziamo.» [dovrei ridere?]

E come se non bastasse, la storia si arena sui luoghi comuni e sulla bassa retorica del tipo “l’essere umano è più bestia delle bestie!” o “con la Natura non si scherza!”. Almeno l’autore ci fa il piacere di ‘mostrare’ la sua retorica invece di esporla. Ma rimane un racconto bruttino e inutile, scritto tanto per scrivere.
Ogni tanto ci scappa qualche scena carina, come la padrona che stacca il cartello di divieto quando Daverio si mette a fumare.

In conclusione: BOCCIATONo

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La razziatrice Velociraptor
 Già l’incipit promette male:

L’apocalisse, dopotutto, non è rimasta solo una parola in bocca agli appassionati di narrativa e ai predicatori in cerca di soldi facili. La fine del mondo è arrivata, cinque giorni prima del Santo Natale. […] Non poteva esserci giorno migliore per la fine del mondo. Quasi tutta la gente era fuori casa, servita come su un piatto d’argento per il loro arrivo. […] Il panico in luogo della frenesia, il terrore al posto dell’odio, la morte sostituitasi al consumismo.

La razziatrice è una storia di sopravvivenza, che invece di mostrare come e perché sono arrivati i dinosauri si concentra sulla vita di tutti i giorni ad apocalisse già avvenuta. Nella fattispecie seguiamo la vita di Laura, cinica ex-segretaria riciclatasi come razziatrice di palazzi abbandonati.
La traccia sarebbe anche buona, senonché l’autore sembra più interessato a comporre un panegirico sulla cattiveria delle persone piuttosto che a raccontare una storia. Il racconto non è altro che una successione di episodi costruiti al solo scopo di mostrare la crudeltà e l’egoismo della protagonista – il tutto condito da profonde riflessioni filosofiche sul fatto che l’uomo è stronzo ed egoista e il consumismo è brutto e i capitalisti sono grassi maiali e la gente era opportunista anche prima dei dinosauri e non c’è più religione. Insomma, Laura sembra solo il veicolo di uno scrittore arrabbiato che vuole fare sapere a tutti cosa pensa del mondo. Ma queste cose è capace di dirle anche mia nonna, solo che mia nonna non si definisce “scrittrice”.
Perdipiù, l’unica scena d’azione del racconto è fallata. Del velociraptor che sta per attaccarla, Laura pensa che: “Un paio di falcate e potrebbe azzannarla”; solo che fa in tempo a sparargli col fucile e a vuotargli addosso il caricatore della pistola prima di essere raggiunta. E intanto il velociraptor “sembra accusare le ferite, ma continua ad avanzare”, si muove di qua e di là, schiva proiettili, continua ad avvicinarsi… ma non erano un paio di falcate? E’ diventato mezzo chilometro? FAIL.
Insomma, La razziatrice è un concentrato di 100% populismo italiano da intellettualoide con una parvenza (brutta) di storia intorno.

In conclusione: OMG, BOCCIATO!No

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SpinosauroHic sunt dracones
Dado, il suo fratellone autistico nonché amante dei dinosauri Angelo, e il suo coinquilino nerd ciccione ed erotomane B-52, stanno tornando a casa nel cuore della notte a bordo della loro Panda. Tutto va bene finché vedono una prostituta sbranata da un’enorme creatura. Ce lo dobbiamo essere sognati, giusto? Ma la mattina dopo si svegliano in un modo invaso da quelle bestiacce – e dovranno trovare un modo per sopravvivere.
Questo racconto mi piace, perché è deliziosamente retard. Basta dare un’occhiata a queste battute, un esempio fra i tanti che disseminano Hic Sunt Dracones:

“Mi sono spaventato, e poi era da mezz’ora che me la tenevo.”
“M’hai pisciato sul sedile?”
“OMG! Non menarla.”
Frenai nuovamente.
“Che fai?” domandò B-52.
“Scendi.”
“Dai, non fare così.” frignò.
“Scendi, ciccione, siamo arrivati.”

La forza di questo racconto sta nel fatto che non si prende sul serio. La storia procede senza cali di ritmo tra OMG, IMHO, dinosauri fracassati con mazze da baseball e altri affettati con motosega e tosaerba. Srsly. L’atmosfera è quella di Planet Terror di Rodriguez, e detto da me è un complimento. I personaggi sono ben congegnati, con pochi tratti essenziali ma che rimangono impressi (l’autismo di Angelo, la nerdaggine di B-52), e sono mostrati nei dialoghi e nei gesti più che raccontati. Il contrasto tra il fratello autistico, che capisce tutto subito ma non riesce a esprimersi, e il protagonista, scettico fino all’ultimo, funziona bene.
Altro fattore positivo, la storia non si perde via in lunghe descrizioni o elucubrazioni del protagonista, ma procede rapidamente di situazione in situazione. Purtroppo le scene d’azione sono spesso mal congegnate o poco mostrate. Prendiamo la scena della puttana. La scena è troppo lunga, non combacia col fatto che loro stanno viaggiando su una Panda, e che per di più la situazione è illuminata dai fari di una macchina che viaggia in senso opposto. Una situazione del genere dovrebbe durare pochi secondi, invece succedono un sacco di cose e i protagonisti fanno pure in tempo a commentarle. Ancora: l’idea di smembrare velociraptor a suon di motosega è pulp, ma un po’ troppo improbabile. L’autore avrebbe dovuto convincerci con un buon mostrato che la cosa fosse fattibile, invece (forse perché anche lui sente che la cosa non ha senso) opta per una dissolvenza. Troppo comodo: le scene chiave si mostrano, diamine!
Il racconto rimane uno dei più godibili e onesti della raccolta. Con un restyling stilistico – soprattutto nelle scene più importanti – verrebbe una cosa carina, benché niente di trascendentale.

In conclusione: MEH, TENDENTE ALLA PROMOZIONE Meh

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Gorgonops – L’invasione degli esseri impossibiliGorgonops
Per la prima volta nella storia dell’umanità, la cometa Apophis passa accanto al nostro pianeta, e il suo passaggio è visibile da terra. La giornalista Lorella e il cameraman Davide stanno facendo un servizio sulla cometa, quando accade l’impossibile: mentre alcune persone crollano in preda alle convulsioni, piccoli dinosauri sbucano dal nulla e cominciano a fare mattanza. Davide e Lorella dovranno trovare il modo di mettersi in salvo e capire cos’è successo.
Questo racconto, associato alla parola “dinosauri”, suona come una presa in giro. Sembra che l’autore abbia scritto un racconto sugli zombie, o sui lupi mannari, e poi abbia sostituito ogni occorrenza della parola “zombie” o “licantropo” con “dinosauro”. Niente distingue infatti questi dinosauri dal Mostro Carnivoro Infetto Standard. Del resto, quando prova a descriverne uno la cosa si fa ancora più imbarazzante: il primo che scorgono ha i denti a sciabola e assomiglia a una pantera, solo che è verde. OMG.
Fastidiosa poi la mania di utilizzare i corsivi per sottolineare i dettagli scabrosi: “Davide fece in tempo a notare quanto fosse magro e come avesse la pelle lurida e cadente, prima di focalizzare la propria attenzione sulle sue enormi zanne a sciabola grondanti sangue“; più avanti: “La carne dell’ormeggiatore si sciolse, spargendosi sul molo come siero. Le sue ossa si allungarono. La sua faccia incominciò a crescere.” E tu non sai scrivere.
Tra le varie trovate retard, l’idea che gli animali vengano al mondo con su l’etichetta col nome:

“Aspetta, c’è un notiziario straordinario in televisione. […] Allora, qui dice di nuovo che sono dinosauri, con un nome tipo Gorgoni… Gorgonoidi…”

Insomma, il classico racconto d’inizio invasione con i dinosauri appiccicati, lungo e ripieno di noia.

EDIT: L’autore mi ha fatto presente che i Gorgonopsi non se li è inventati lui ma sono realmente esistiti. Fonte Wikipedia: Gorgonops.
Quindi il fatto che i media si riferiscano a loro col nome di “gorgonopsi” non è un errore. Dimostrazione che io stesso non mi ero documentato a sufficienza prima di scrivere questo pezzo!
Mi scuso con l’autore e lo ringrazio della correzione^^

In conclusione: BOCCIATO No

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T-rexSolo fame

«Il mio nome è Jones, Robert Jones.»

Già da questa riga si intuisce che qualcosa che non va. Ma procediamo con ordine.
Nei recessi della Domus Aurea neroniana, gli archeologi rinvengono i resti di una sala da pranzo. All’inaugurazione della nuova scoperta partecipano le più alte cariche dello Stato. Purtroppo, per qualche motivo che è meglio non indagare, la sala da pranzo romana è in realtà un portale dimensionale collegato con il Cretaceo. Legioni di dinosauri escono e cominciano a seminare l’apocalisse. Il protagonista, l’archeologo americano Robert Jones (Dio santo), dovrà riuscire a scappare dal centro di Roma prima che i militari gasino la zona.
Questo racconto è un concentrato di retard talmente denso da essere esilarante. Sembrerebbe quasi un racconto comico-demenziale, se non fosse che l’autore si prende sul serio. La storia in pratica procede in modo lineare, dall’incidente al raggiungimento della safehouse, senza stare a farsi troppe domande.
I dinosauri, peraltro, compaiono pochissimo, perché l’autore sembra troppo impegnato a fare la solita sbrodolata retorica sul governo inetto e sui militari kattivi. La loro comparsa dal portale, ottima occasione per fare del “mostrato”, si riduce a una sfilata di nomi:

Comparirono nuovamente sulla Terra tarbosauri, carnotauri, velociraptor (e i più temibili Deinonychus), ma anche triceratopi, oviraptor, spinosauri e anchilosauri.

Accipicchia.
Il pov è generalmente fissato sulla spalla del protagonista, ma all’occorrenza non manca di saltare di qua e di là; durante una scena d’azione, per esempio, passa per poche righe su un triceratopo. Gegnale!
Insomma, il racconto è tremendo, ma è così ingenuo da essere divertente; vale la pena di leggerlo anche solo per non perdersi alcune chicche, come il protagonista che sputa contro lo schermo di un televisore appeso al soffitto o il Presidente del Consiglio sbranato da un t-rex.

In conclusione: BOCCIATO No

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DinosauriaPlesiosauro
Breve racconto strutturato come una mail che tale Luke manda al suo amico Cris. I dinosauri hanno invaso il mondo, e Luke appartiene a un corpo militare specializzato nell’abbattimento di bestie marine in giro per il Mediterraneo.
Il racconto non è altro che un monotono elenco di situazioni della vita del protagonista, da quanto sono temibili i pliosauri sottomarini a come si ammazzano i plesiosauri che infestano i porti. Luke se la spassa, nonostante l’invasione di rettili sembra che la vita nel Mediterraneo sia una figata.
Non c’è tensione, non c’è conflitto, non c’è niente di niente, a parte la noia. E c’è questa tendenza fastidiosa a occultare i nomi delle località con degli asterischi, neanche fossimo in un romanzo dell’Ottocento. Quantomeno, l’autore ci concede un minimo di descrizione dei dinosauri marini e dei sistemi per ammazzarli.
Ma questo non è un racconto – al massimo, sono i primi appunti su cui sviluppare un racconto. L’unico pregio? Finisce in fretta.

In conclusione: BOCCIATO No

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I fuori concorso

AnchilosauroLa vendetta di Geraldo
Geraldo è un vecchio pensionato scorbutico la cui massima aspirazione nella vita è di essere lasciato in pace a guardarsi in culo di Belen su Studio Aperto. Ma la sua tranquillità sarà sconvolta prima dall’odiato vicino ricchione, che lo costringerà a prendersi in casa per un paio d’ore la sua cagnetta col maglioncino, e poi da un’invasione di dinosauri. Nel parapiglia generale, coglierà l’opportunità di vendicarsi di un vecchio torto.
La blog novelette di Giobblin si muove nel campo dell’umoristico senza mai scendere nel comico vero e proprio. Geraldo è un personaggio simpatico, e l’idea di raccontare una storia di invasione scegliendo un pensionato acido come protagonista è quantomeno originale. Purtroppo, Giobblin non riesce sempre a gestire bene il suo linguaggio: se a volte ci regala perle deliziose come “Meglio salvare la ghirba”, spesso si esprime in modo convenzionale, da anonimo “vecchio scorbutico”, e a volte non sembra nemmeno che a parlare sia un vecchio di paese. In un racconto così filtrato dal punto di vista del protagonista, e in cui peraltro il modo (umoristico) in cui è raccontata la storia è più importante del cosa (solita invasione di dinosauri), una maggiore attenzione al linguaggio avrebbe molto giovato.
Ci sono poi alcuni problemi di struttura. L’inizio è lento, troppo lento; e se la cosa è ancora tollerabile in un romanzo, certo non lo è per un racconto. Giobblin dedica le prime pagine a delineare il protagonista e il suo rapporto con gli altri, ma nel farlo (data la carenza di azione) si abbandona spesso agli infodump. Meglio sarebbe stato partire in medias res, con Geraldo che mostra il proprio carattere e la considerazione che prova per gli altri. Peraltro, all’inizio del racconto ci sono pure delle false piste. La scomparsa dei compari Giorgio e Michele all’inizio del racconto (unita alle notizie del tg), lasciano presagire che gli sia successo qualcosa, magari legato ai dinosauri; invece il giorno dopo sono lì in piazzetta come se nulla fosse. La storia di Minerva, e del fatto che la moglie gli abbia tenuto nascosto chi l’ha ammazzata, avrebbe dovuto essere anticipata all’inizio del racconto (per la solita regola del fucile sul caminetto); così com’è, sembra quasi un deus ex machina.
Mi è dispiaciuto inoltre che Giobblin abbia lasciato cadere lo spunto della cagnetta in fuga nella notte. Poteva venirne fuori un racconto più divertente e insolito: un’invasione di dinosauretti piccoli e agili (ma “affrontabili”) nel cuore della notte, invece della solita apocalisse con tirannosauri in pieno giorno. Il vecchio pensionato alla ricerca della cagnetta per le strade invase di deinonicus o compsognatus o altri animaletti carini. E magari il racconto avrebbe potuto giocare sul comico-grottesco, con un Geraldo che non capisce o (per testardaggine) si rifiuta di capire che c’è un’invasione di dinosauri e si comporta di conseguenza, ignorando i dinosauretti o trattandoli come cagnacci o altro… Insomma, un tipo di storia che avrebbe fatto più risaltare il carattere di “vecchio cocciuto” del protagonista.
Così com’è, il racconto è senza infamia e senza lode. Però la menzione di Giacobbo mi è piaciuta.

In conclusione: MEH Meh

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DinosauriBeppe Grillo
Riassunto del racconto: l’alter-ego dell’autore, intrappolato in un palazzo braccato da un tirannosauro, in attesa di crepare, passa cinque pagine a vomitare bile e a fare l’intellettualoide saccente. En passant, non manca di tirare frecciatine ai Grillini, a Fabio Fazio, a Spielberg e agli urbanisti che progettano le rotonde.
Questa sproloquio di banalità – che candidano Vergnani, assieme a quello de La razziatrice, a migliore amico di mia nonna – non è in nessun modo definibile “racconto”. Lo definirei piuttosto ‘robetta scritta in un’ora tanto per fare contento un tizio molesto che mi chiedeva un contributo alla sua antologia’. Perché mi rifiuto di credere che ‘sta roba gli abbia portato via più di un’ora del suo tempo. Spero tanto per lui che i suoi romanzi siano meglio.
Ah; a onor di cronaca, ogni tanto gli riesce per sbaglio una battuta carina: “l’idiota [il tirannosauro] sta riprendendo con le sue capocciate (è comprensibilmente molto indietro nella scala evolutiva) e io devo reggermi all’antenna.”

In conclusione: MIO DIO COS’E’ ST’ORRENDA MERDA? No

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Bilancio finale
Volendo fare un paragone con Ucronie Impure, salta subito all’occhio una cosa: anche i racconti più brutti di Deinos sono meno brutti dei più brutti della raccolta di Girola (“Reliquie” mi fa venire ancora oggi gli incubi), e i racconti migliori sono scritti meglio dei migliori di Ucronie.  E tuttavia, Ucronie Impure aveva qualcosa che qui latita molto: fantasia.
Si potrebbe dire che la colpa è in parte delle stesse premesse del concorso, molto più limitanti rispetto a quelle di Ucronie. E tuttavia i racconti sono deludenti anche secondo gli stessi parametri del concorso. Ad eccezione di Deinosrestaurant (che però è brutto per altri motivi), e in parte Effetto Lazzaro, non c’è nulla di tipicamente “dinosauresco” in questi racconti, qualcosa che avrebbero potuto fare solo i dinosauri e non altre creature. Sembra di leggere racconti di invasione di Mostri Kattivi Random con appiccicati sopra l’etichetta “dinosauro”. Ma se ci fossero stati zombie o lupi mannari o shoggoth sarebbe stato uguale. E sarebbe proprio da ridere se dalla prossima antologia di Girola (tema: apocalisse zombie) uscissero racconti identici a questi, ma con gli zombie al posto dei dinosauri…

Quanto ai racconti migliori, brillano per immersività (Effetto Lazzaro), buone trovate (Profumi), demenzialità (Hic Sunt Dracones) – ma non certo per sense of wonder. Dal punto di vista delle idee, Deinos non avrebbe potuto essere più banale.
Poi, per carità, Girola nell’introduzione dice che i racconti della raccolta sono pieni di meraviglia. D’altronde, cosa possiamo aspettarci dalla mente che ha inventato il cialve capace di scrivere una frase del genere: “Spero che suscitino in ciascuno di voi quel senso di meraviglia proprio dei ragazzini che rimangono ammirati nello scoprire per la prima volta l’esistenza degli ammirevoli bestioni che in un remotissimo passato hanno camminato sul nostro pianeta”. In questa frase c’è più sense of wonder che in tutta l’antologia.

T-rex frustrato

I dinosauri come metafora sociale del peccato di Onan.

Da molti di questi racconti, soprattutto, trasuda pigrizia. Non ci ho visto ricerca, la volontà di documentarsi sui dinosauri per partorire un racconto che li distinguesse dalla massa dei mostri. Forse c’era solo la voglia di partecipare a più concorsi possibili, buttando giù la prima idea che veniva in mente.
Il risultato? Non solo Deinos è un’antologia bruttina (vale la pena di leggere solo i primi tre-quattro racconti), ma con ogni probabilità non piacerà neanche alla “nicchia” di lettori per cui era stata pensata, ossia gli amanti dei dinosauri (Piperita, lo so che sei in ascolto^^). E in un futuro in cui – come spiegava il Duca – il successo di un’opera letteraria sarà legato alla possibilità di soddisfare i gusti/bisogni della sua nicchia specifica, questo è un EPIC FAIL.
Deinos ha più opportunità di piacere all’altra nicchia coinvolta, quella degli “amanti dell’horror di invasione mostruosa”. Ma anche lì, ho i miei dubbi. E’ una nicchia affollata, piena di titoli validi e in tutte le sfumature, mentre Deinos nel suo complesso non si distingue particolarmente né per originalità né per qualità della scrittura.
Il rischio è che quest’antologia circoli solamente tra i partecipanti al concorso e gli amici dei partecipanti, oggetto di tante pacche sulle spalle e occhi luccicanti: “mi hanno pubblicato in un’antologia!”. A chi altri potrebbe interessare?

Comunque, anche se ho cazziato l’antologia, devo fare i complimenti ad alcuni dei partecipanti: Valentina Coscia promette bene, e anche Serafini e Filighera. Deinos è gratis, quindi potreste scaricarla quantomeno per leggere i loro racconti.
Chiudo con una nota per gli appassionati. Se vi interessa la paleontologia, forse vorrete dare un’occhiata a questo blog in cui mi sono imbattuto durante le mie peregrinazioni:

The Palaeobabbler

Il proprietario è uno studente britannico di paleontologia. I post variano da immagini sceme con velociraptor in monociclo a commenti agli articoli del periodico Palaeontology, dalle scoperte di nuovi fossili a dissertazioni sugli pterodattili, da considerazioni sulla falsificabilità dell’evoluzionismo e il rapporto tra evoluzionismo e credo cristiano alla geologia.
Divertitevi.

Velociraptor

La mia classifica

1. Effetto Lazzaro 
2. Profumi
3. Hic Sunt Dracones Meh
4. [Bonus] La vendetta di GeraldoMeh
5. Deinosrestaurant No
6. Solo fameNo
7. Gorgonops – L’invasione degli esseri impossibiliNoNo
8. La razziatriceNoNo
9. DinosauriaNoNo
10. [Bonus] DinosauriNoNoNo