Autore: AA.VV. (a cura di Mr. Giobblin)
Genere: Horror / Science Fiction / Apocalyptic SF
Tipo: Raccolta di racconti
Anno: 2012
Pagine: 100 ca.
Sono tre mesi che non dedico un articolo al panorama degli autopubblicati italiani; l’ultimo era stato il deludente La nave dei folli di Alessandro Girola. I motivi sono, credo, gli stessi per cui Gamberetta ha deciso di non occuparsi più di fantasy italiano. Gli autopubblicati, purtroppo, hanno dimostrato di non essere mediamente migliori degli scribacchini dell’editoria tradizionale. E di rendermi antipatico con altre recensioni negative di opere misconosciute non mi andava.
Non credo di essere il solo a pensarlo. Zweilawyer non aggiorna più da un anno la sua Z-List (probabilmente è troppo impegnato a prendere a capocciate il muro e a chiedersi “Signore, perché ci hai abbandonato?”), Bakakura di Neyven ha inaugurato il suo progetto Valinor solo per scoprire che tutta la roba che gli mandano fa troppo schifo per essere portata avanti.
Comunque, ho continuato a seguire iniziative e progetti che mi davano (e mi danno) la speranza di produrre risultati superiori alla media. Deinos era uno di questi.
Su Giobblin e sul suo Minuetto Express ho opinioni ambivalenti. E’ un tipo strano, perché consiglia con lo stesso entusiasmo titoli molto buoni (Ender’s Game, The Windup Girl, Hugo Cabret), vere e propri gioiellini (The Wonderful Future That Never Was), roba insulsa (Robopocalypse) e schifezze orrende (Pirati dei Carabi 4 “discreto”, John Carter “sottovalutato” – srsly u guy?). Soprattutto, mi dà l’impressione di essere troppo indulgente; e l’indulgenza è una delle cose che più fregano i nostri aspiranti scrittori, dato che rallenta o blocca il loro percorso di studio. Ma se non altro parla di zombie, dinosauri e ucronie invece che del fantastico come specchio deformante o dell’importanza di una lettura neoliberista dell’opera di Tolkien.
Deinos nasce sulle pagine del blog di Giobblin come concorso letterario di racconti. Il tema: i dinosauri appaiono dal nulla nella nostra epoca, e cominciano a portare distruzione. Perché sono apparsi? Come si comporteranno? Come sarà la vita dell’uomo della strada dopo la dino-apocalisse? Di qui in poi i concorrenti possono sbizzarrirsi – dal racconto di invasione sull’arrivo dei dinosauri, al survival horror urbano, dal tentativo hard sf di trovare una spiegazione scientifica dell’apparizione dei lucertoloni a roba più strana.
Okay, il tema non è né interessante né ampio come quello di Ucronie Impure di Girola (recensito qui), ma ci può stare.

Traccia per un racconto con dinosauri. Io la butto lì eh…
Gli otto racconti migliori, dopo una passata di editing, sono entrati a far parte dell’antologia Deinos che potete scaricare qui nei formati epub e mobipocket. I racconti sono stati ordinati in ordine decrescente di bellezza secondo il giudizio di Giobblin e Girola, i due giurati del concorso. I racconti sono preceduti da una breve introduzione dello stesso Girola, e sono seguiti da due “fuori concorso”: il racconto di Giobblin La vendetta di Geraldo, già apparso a puntate sulle pagine del blog, e un breve pezzo scritto da Claudio Vergnani, un tizio che non conosco ma che ha scritto una trilogia sui vampiri (qui la pagina di IBS coi tre libri).
Presenterò i due gruppi di racconti in due sezioni separate, dopodiché tirerò le fila del discorso con una valutazione complessiva dell’antologia.
Gli otto racconti in gara
Effetto Lazzaro
Il primo racconto ci catapulta nella Squadra Anti Dino, corpi speciali con il compito di ripulire le città dai sauri immondi che le hanno invase, quartiere dopo quartiere. Ma la vita nelle Squadre Anti Dino è una vita dura, e solitamente breve: parola di geologa. Il racconto è strutturato come un unico monologo di un veterano delle Squadre a un novellino poco prima dell’inizio della missione. Gli interventi e le risposte del novellino non appaiono, ma sono deducibili dal discorso.
Effetto Lazzaro è bello. La voce della protagonista ha un tono incalzante e aggressivo, che unito alle informazioni di contesto – sono gli ultimi minuti prima dell’inizio di una missione letale! – mantengono il ritmo serrato e ti impediscono di staccare gli occhi dalla pagina. Fatto ancora più piacevole, la protagonista non si limita a raccontare situazioni di vita militare o come sia cominciata l’invasione preistorica, ma evoca episodi mediante immagini. Per esempio, uno dei primi avvistamenti:
Poi, è arrivata Nessie.
A Loch Ness ci hanno campato cent’anni con ‘sta storia del mostro: testimonianze, foto sfocate… e non uno straccio di prova certa.
Una mattina bello presto, un tizio porta il cane a pisciare sul lungo lago, alza gli occhi per concedere a Fido un momento di privacy ed eccotela là, Nessie.
Questo è scappato a telefonare ai giornali, con il cane a rimorchio, e c’ha avuto del gran culo, detto fra noi.
Altro lato piacevole, in Effetto Lazzaro sia i dinosauri, sia gli umani chiamati a combatterli, si comportano in modo razionale. I dinosauri non attaccano i blindati perché è troppo faticoso: aspettano che i militari escano. Le squadre militari vengono fatte scendere a gruppetti divisi per quartieri; le sortite, brevi e ben organizzate, mi hanno ricordato vagamente i piani d’attacco di Starship Troopers. E se un bestione ti carica, l’unico modo di sopravvivere è sparargli alle articolazioni.
Nonostante alcune cadute di stile (la parte sui film americani mi sembra un po’ inutile), il racconto funziona, e ti senti immerso in un mondo in cui potrebbero sbranarti tra cinque minuti. Di sicuro, il miglior racconto dell’antologia – bel modo di cominciare.
—————-
Profumi
Il secondo racconto dell’antologia è un survival horror con protagonisti due ragazzini – Filippo e Leonardo – in fuga da una Udine invasa dai lucertoloni.
L’inizio parte in medias res, con Filippo in un supermercato devastato che si versa addosso litri di alcol. Non solo l’inizio mostrato veicola in poche immagini tutte le informazioni di background necessarie (il supermercato è vuoto e distrutto: segno che l’invasione è già cominciata e la città si sta già spopolando), ma infila subito un hook nel lettore, che si chiede: perché diavolo si sta versando dell’alcol addosso? E la risposta costituisce il fulcro di tutto il racconto.
Se la struttura della storia è quasi impeccabile, la prosa di Serafini avrebbe bisogno di una bella revisione. Spesso si esprime in modo goffo e con più parole del necessario; la cosa si nota fin dall’incipit:
Uno scaffale si è staccato dal muro e una parte dei liquori ha ubriacato il parquet, dietro il lungo bancone del Bar Collo. Gli altri invece sono intatti, davanti al sollievo di Filippo.
Non solo la frase in grassetto è orrenda, ma si potrebbe eliminare del tutto e tanto di guadagnato!
La scena d’azione verso la fine del racconto è confusa, e i movimenti reciproci di ragazzini e predatori difficili da visualizzare. Ancora, i dialoghi soffrono del problema delle “teste parlanti” (paginate intere di scambi senza alcuna descrizione contestuale), e spesso si sbrodolano su dettagli triviali che potrebbero essere eliminati. In compenso, i due personaggi sono simpatici e parlando in modo credibile.
Insomma, perché sembri un racconto “vero” bisognerebbe risistemare e riscrivere alcune parti, ma la storia c’è e funziona. Bravo.
—————————–
Deinosrestaurant
Il Deinosrestaurant è un agriturismo romagnolo di successo in cui si macellano triceratopi per i palati fini dei clienti. Antonella, la proprietaria, non si fermerebbe davanti a nulla per aumentare la popolarità del locale, soprattutto con la prospettiva della visita di un importante critico culinario. Ma i dinosauri stanno sviluppando un’immunità agli anestetici e non sono disposti a subire in eterno…
Forlani è uno scrittore che quando vuole è bravo; io e Zwei ci eravamo trovati d’accordo nel definire il suo Tlaloc Verrà il miglior racconto di Ucronie Impure. Per di più, le premesse del racconto parevano un’oasi di originalità nel clima horror-apocalittico-di-invasione del resto dell’antologia.
Purtroppo invece Deinosrestaurant è una boiata scritta da schifo. Il pov sta normalmente “nei pressi” della protagonista, ma quando gli gira salta dove capita (sui ragazzini in bici, sulle cameriere, sugli inservienti, su Philippe Daverio, insomma su chiunque); il tempo verbale continua ad alternare passato remoto e un orribile imperfetto, senza alcun motivo; la prosa è piena di passaggi raccontati (“gli adulti fumavano, scambiavano ovvietà di moda circa le specie, le abitudini, le ricette di dinosauro”), anche durante le scene chiave (“[i dinosauri] fracassarono le finestre e devastarono l’interno” – davvero molto preciso); Forlani abusa di termini desueti e fuori luogo:
«Li svegliamo di notte», incupì l’ucraino, «sentono l’odore dell’esplosivo e la droga.»
«È come per los cerdos», abbuiò l’argentino, «lo sanno che li ammazziamo.» [dovrei ridere?]
E come se non bastasse, la storia si arena sui luoghi comuni e sulla bassa retorica del tipo “l’essere umano è più bestia delle bestie!” o “con la Natura non si scherza!”. Almeno l’autore ci fa il piacere di ‘mostrare’ la sua retorica invece di esporla. Ma rimane un racconto bruttino e inutile, scritto tanto per scrivere.
Ogni tanto ci scappa qualche scena carina, come la padrona che stacca il cartello di divieto quando Daverio si mette a fumare.
————————-
La razziatrice
Già l’incipit promette male:
L’apocalisse, dopotutto, non è rimasta solo una parola in bocca agli appassionati di narrativa e ai predicatori in cerca di soldi facili. La fine del mondo è arrivata, cinque giorni prima del Santo Natale. […] Non poteva esserci giorno migliore per la fine del mondo. Quasi tutta la gente era fuori casa, servita come su un piatto d’argento per il loro arrivo. […] Il panico in luogo della frenesia, il terrore al posto dell’odio, la morte sostituitasi al consumismo.
La razziatrice è una storia di sopravvivenza, che invece di mostrare come e perché sono arrivati i dinosauri si concentra sulla vita di tutti i giorni ad apocalisse già avvenuta. Nella fattispecie seguiamo la vita di Laura, cinica ex-segretaria riciclatasi come razziatrice di palazzi abbandonati.
La traccia sarebbe anche buona, senonché l’autore sembra più interessato a comporre un panegirico sulla cattiveria delle persone piuttosto che a raccontare una storia. Il racconto non è altro che una successione di episodi costruiti al solo scopo di mostrare la crudeltà e l’egoismo della protagonista – il tutto condito da profonde riflessioni filosofiche sul fatto che l’uomo è stronzo ed egoista e il consumismo è brutto e i capitalisti sono grassi maiali e la gente era opportunista anche prima dei dinosauri e non c’è più religione. Insomma, Laura sembra solo il veicolo di uno scrittore arrabbiato che vuole fare sapere a tutti cosa pensa del mondo. Ma queste cose è capace di dirle anche mia nonna, solo che mia nonna non si definisce “scrittrice”.
Perdipiù, l’unica scena d’azione del racconto è fallata. Del velociraptor che sta per attaccarla, Laura pensa che: “Un paio di falcate e potrebbe azzannarla”; solo che fa in tempo a sparargli col fucile e a vuotargli addosso il caricatore della pistola prima di essere raggiunta. E intanto il velociraptor “sembra accusare le ferite, ma continua ad avanzare”, si muove di qua e di là, schiva proiettili, continua ad avvicinarsi… ma non erano un paio di falcate? E’ diventato mezzo chilometro? FAIL.
Insomma, La razziatrice è un concentrato di 100% populismo italiano da intellettualoide con una parvenza (brutta) di storia intorno.
——————————
Hic sunt dracones
Dado, il suo fratellone autistico nonché amante dei dinosauri Angelo, e il suo coinquilino nerd ciccione ed erotomane B-52, stanno tornando a casa nel cuore della notte a bordo della loro Panda. Tutto va bene finché vedono una prostituta sbranata da un’enorme creatura. Ce lo dobbiamo essere sognati, giusto? Ma la mattina dopo si svegliano in un modo invaso da quelle bestiacce – e dovranno trovare un modo per sopravvivere.
Questo racconto mi piace, perché è deliziosamente retard. Basta dare un’occhiata a queste battute, un esempio fra i tanti che disseminano Hic Sunt Dracones:
“Mi sono spaventato, e poi era da mezz’ora che me la tenevo.”
“M’hai pisciato sul sedile?”
“OMG! Non menarla.”
Frenai nuovamente.
“Che fai?” domandò B-52.
“Scendi.”
“Dai, non fare così.” frignò.
“Scendi, ciccione, siamo arrivati.”
La forza di questo racconto sta nel fatto che non si prende sul serio. La storia procede senza cali di ritmo tra OMG, IMHO, dinosauri fracassati con mazze da baseball e altri affettati con motosega e tosaerba. Srsly. L’atmosfera è quella di Planet Terror di Rodriguez, e detto da me è un complimento. I personaggi sono ben congegnati, con pochi tratti essenziali ma che rimangono impressi (l’autismo di Angelo, la nerdaggine di B-52), e sono mostrati nei dialoghi e nei gesti più che raccontati. Il contrasto tra il fratello autistico, che capisce tutto subito ma non riesce a esprimersi, e il protagonista, scettico fino all’ultimo, funziona bene.
Altro fattore positivo, la storia non si perde via in lunghe descrizioni o elucubrazioni del protagonista, ma procede rapidamente di situazione in situazione. Purtroppo le scene d’azione sono spesso mal congegnate o poco mostrate. Prendiamo la scena della puttana. La scena è troppo lunga, non combacia col fatto che loro stanno viaggiando su una Panda, e che per di più la situazione è illuminata dai fari di una macchina che viaggia in senso opposto. Una situazione del genere dovrebbe durare pochi secondi, invece succedono un sacco di cose e i protagonisti fanno pure in tempo a commentarle. Ancora: l’idea di smembrare velociraptor a suon di motosega è pulp, ma un po’ troppo improbabile. L’autore avrebbe dovuto convincerci con un buon mostrato che la cosa fosse fattibile, invece (forse perché anche lui sente che la cosa non ha senso) opta per una dissolvenza. Troppo comodo: le scene chiave si mostrano, diamine!
Il racconto rimane uno dei più godibili e onesti della raccolta. Con un restyling stilistico – soprattutto nelle scene più importanti – verrebbe una cosa carina, benché niente di trascendentale.
————————-
Gorgonops – L’invasione degli esseri impossibili
Per la prima volta nella storia dell’umanità, la cometa Apophis passa accanto al nostro pianeta, e il suo passaggio è visibile da terra. La giornalista Lorella e il cameraman Davide stanno facendo un servizio sulla cometa, quando accade l’impossibile: mentre alcune persone crollano in preda alle convulsioni, piccoli dinosauri sbucano dal nulla e cominciano a fare mattanza. Davide e Lorella dovranno trovare il modo di mettersi in salvo e capire cos’è successo.
Questo racconto, associato alla parola “dinosauri”, suona come una presa in giro. Sembra che l’autore abbia scritto un racconto sugli zombie, o sui lupi mannari, e poi abbia sostituito ogni occorrenza della parola “zombie” o “licantropo” con “dinosauro”. Niente distingue infatti questi dinosauri dal Mostro Carnivoro Infetto Standard. Del resto, quando prova a descriverne uno la cosa si fa ancora più imbarazzante: il primo che scorgono ha i denti a sciabola e assomiglia a una pantera, solo che è verde. OMG.
Fastidiosa poi la mania di utilizzare i corsivi per sottolineare i dettagli scabrosi: “Davide fece in tempo a notare quanto fosse magro e come avesse la pelle lurida e cadente, prima di focalizzare la propria attenzione sulle sue enormi zanne a sciabola grondanti sangue“; più avanti: “La carne dell’ormeggiatore si sciolse, spargendosi sul molo come siero. Le sue ossa si allungarono. La sua faccia incominciò a crescere.” E tu non sai scrivere.
Tra le varie trovate retard, l’idea che gli animali vengano al mondo con su l’etichetta col nome:
“Aspetta, c’è un notiziario straordinario in televisione. […] Allora, qui dice di nuovo che sono dinosauri, con un nome tipo Gorgoni… Gorgonoidi…”
Insomma, il classico racconto d’inizio invasione con i dinosauri appiccicati, lungo e ripieno di noia.
EDIT: L’autore mi ha fatto presente che i Gorgonopsi non se li è inventati lui ma sono realmente esistiti. Fonte Wikipedia: Gorgonops.
Quindi il fatto che i media si riferiscano a loro col nome di “gorgonopsi” non è un errore. Dimostrazione che io stesso non mi ero documentato a sufficienza prima di scrivere questo pezzo!
Mi scuso con l’autore e lo ringrazio della correzione^^

———————–
Solo fame
«Il mio nome è Jones, Robert Jones.»
Già da questa riga si intuisce che qualcosa che non va. Ma procediamo con ordine.
Nei recessi della Domus Aurea neroniana, gli archeologi rinvengono i resti di una sala da pranzo. All’inaugurazione della nuova scoperta partecipano le più alte cariche dello Stato. Purtroppo, per qualche motivo che è meglio non indagare, la sala da pranzo romana è in realtà un portale dimensionale collegato con il Cretaceo. Legioni di dinosauri escono e cominciano a seminare l’apocalisse. Il protagonista, l’archeologo americano Robert Jones (Dio santo), dovrà riuscire a scappare dal centro di Roma prima che i militari gasino la zona.
Questo racconto è un concentrato di retard talmente denso da essere esilarante. Sembrerebbe quasi un racconto comico-demenziale, se non fosse che l’autore si prende sul serio. La storia in pratica procede in modo lineare, dall’incidente al raggiungimento della safehouse, senza stare a farsi troppe domande.
I dinosauri, peraltro, compaiono pochissimo, perché l’autore sembra troppo impegnato a fare la solita sbrodolata retorica sul governo inetto e sui militari kattivi. La loro comparsa dal portale, ottima occasione per fare del “mostrato”, si riduce a una sfilata di nomi:
Comparirono nuovamente sulla Terra tarbosauri, carnotauri, velociraptor (e i più temibili Deinonychus), ma anche triceratopi, oviraptor, spinosauri e anchilosauri.
Accipicchia.
Il pov è generalmente fissato sulla spalla del protagonista, ma all’occorrenza non manca di saltare di qua e di là; durante una scena d’azione, per esempio, passa per poche righe su un triceratopo. Gegnale!
Insomma, il racconto è tremendo, ma è così ingenuo da essere divertente; vale la pena di leggerlo anche solo per non perdersi alcune chicche, come il protagonista che sputa contro lo schermo di un televisore appeso al soffitto o il Presidente del Consiglio sbranato da un t-rex.

—————————————–
Dinosauria
Breve racconto strutturato come una mail che tale Luke manda al suo amico Cris. I dinosauri hanno invaso il mondo, e Luke appartiene a un corpo militare specializzato nell’abbattimento di bestie marine in giro per il Mediterraneo.
Il racconto non è altro che un monotono elenco di situazioni della vita del protagonista, da quanto sono temibili i pliosauri sottomarini a come si ammazzano i plesiosauri che infestano i porti. Luke se la spassa, nonostante l’invasione di rettili sembra che la vita nel Mediterraneo sia una figata.
Non c’è tensione, non c’è conflitto, non c’è niente di niente, a parte la noia. E c’è questa tendenza fastidiosa a occultare i nomi delle località con degli asterischi, neanche fossimo in un romanzo dell’Ottocento. Quantomeno, l’autore ci concede un minimo di descrizione dei dinosauri marini e dei sistemi per ammazzarli.
Ma questo non è un racconto – al massimo, sono i primi appunti su cui sviluppare un racconto. L’unico pregio? Finisce in fretta.
——————-
I fuori concorso
La vendetta di Geraldo
Geraldo è un vecchio pensionato scorbutico la cui massima aspirazione nella vita è di essere lasciato in pace a guardarsi in culo di Belen su Studio Aperto. Ma la sua tranquillità sarà sconvolta prima dall’odiato vicino ricchione, che lo costringerà a prendersi in casa per un paio d’ore la sua cagnetta col maglioncino, e poi da un’invasione di dinosauri. Nel parapiglia generale, coglierà l’opportunità di vendicarsi di un vecchio torto.
La blog novelette di Giobblin si muove nel campo dell’umoristico senza mai scendere nel comico vero e proprio. Geraldo è un personaggio simpatico, e l’idea di raccontare una storia di invasione scegliendo un pensionato acido come protagonista è quantomeno originale. Purtroppo, Giobblin non riesce sempre a gestire bene il suo linguaggio: se a volte ci regala perle deliziose come “Meglio salvare la ghirba”, spesso si esprime in modo convenzionale, da anonimo “vecchio scorbutico”, e a volte non sembra nemmeno che a parlare sia un vecchio di paese. In un racconto così filtrato dal punto di vista del protagonista, e in cui peraltro il modo (umoristico) in cui è raccontata la storia è più importante del cosa (solita invasione di dinosauri), una maggiore attenzione al linguaggio avrebbe molto giovato.
Ci sono poi alcuni problemi di struttura. L’inizio è lento, troppo lento; e se la cosa è ancora tollerabile in un romanzo, certo non lo è per un racconto. Giobblin dedica le prime pagine a delineare il protagonista e il suo rapporto con gli altri, ma nel farlo (data la carenza di azione) si abbandona spesso agli infodump. Meglio sarebbe stato partire in medias res, con Geraldo che mostra il proprio carattere e la considerazione che prova per gli altri. Peraltro, all’inizio del racconto ci sono pure delle false piste. La scomparsa dei compari Giorgio e Michele all’inizio del racconto (unita alle notizie del tg), lasciano presagire che gli sia successo qualcosa, magari legato ai dinosauri; invece il giorno dopo sono lì in piazzetta come se nulla fosse. La storia di Minerva, e del fatto che la moglie gli abbia tenuto nascosto chi l’ha ammazzata, avrebbe dovuto essere anticipata all’inizio del racconto (per la solita regola del fucile sul caminetto); così com’è, sembra quasi un deus ex machina.
Mi è dispiaciuto inoltre che Giobblin abbia lasciato cadere lo spunto della cagnetta in fuga nella notte. Poteva venirne fuori un racconto più divertente e insolito: un’invasione di dinosauretti piccoli e agili (ma “affrontabili”) nel cuore della notte, invece della solita apocalisse con tirannosauri in pieno giorno. Il vecchio pensionato alla ricerca della cagnetta per le strade invase di deinonicus o compsognatus o altri animaletti carini. E magari il racconto avrebbe potuto giocare sul comico-grottesco, con un Geraldo che non capisce o (per testardaggine) si rifiuta di capire che c’è un’invasione di dinosauri e si comporta di conseguenza, ignorando i dinosauretti o trattandoli come cagnacci o altro… Insomma, un tipo di storia che avrebbe fatto più risaltare il carattere di “vecchio cocciuto” del protagonista.
Così com’è, il racconto è senza infamia e senza lode. Però la menzione di Giacobbo mi è piaciuta.
——————-
Dinosauri
Riassunto del racconto: l’alter-ego dell’autore, intrappolato in un palazzo braccato da un tirannosauro, in attesa di crepare, passa cinque pagine a vomitare bile e a fare l’intellettualoide saccente. En passant, non manca di tirare frecciatine ai Grillini, a Fabio Fazio, a Spielberg e agli urbanisti che progettano le rotonde.
Questa sproloquio di banalità – che candidano Vergnani, assieme a quello de La razziatrice, a migliore amico di mia nonna – non è in nessun modo definibile “racconto”. Lo definirei piuttosto ‘robetta scritta in un’ora tanto per fare contento un tizio molesto che mi chiedeva un contributo alla sua antologia’. Perché mi rifiuto di credere che ‘sta roba gli abbia portato via più di un’ora del suo tempo. Spero tanto per lui che i suoi romanzi siano meglio.
Ah; a onor di cronaca, ogni tanto gli riesce per sbaglio una battuta carina: “l’idiota [il tirannosauro] sta riprendendo con le sue capocciate (è comprensibilmente molto indietro nella scala evolutiva) e io devo reggermi all’antenna.”
—————————–
Bilancio finale
Volendo fare un paragone con Ucronie Impure, salta subito all’occhio una cosa: anche i racconti più brutti di Deinos sono meno brutti dei più brutti della raccolta di Girola (“Reliquie” mi fa venire ancora oggi gli incubi), e i racconti migliori sono scritti meglio dei migliori di Ucronie. E tuttavia, Ucronie Impure aveva qualcosa che qui latita molto: fantasia.
Si potrebbe dire che la colpa è in parte delle stesse premesse del concorso, molto più limitanti rispetto a quelle di Ucronie. E tuttavia i racconti sono deludenti anche secondo gli stessi parametri del concorso. Ad eccezione di Deinosrestaurant (che però è brutto per altri motivi), e in parte Effetto Lazzaro, non c’è nulla di tipicamente “dinosauresco” in questi racconti, qualcosa che avrebbero potuto fare solo i dinosauri e non altre creature. Sembra di leggere racconti di invasione di Mostri Kattivi Random con appiccicati sopra l’etichetta “dinosauro”. Ma se ci fossero stati zombie o lupi mannari o shoggoth sarebbe stato uguale. E sarebbe proprio da ridere se dalla prossima antologia di Girola (tema: apocalisse zombie) uscissero racconti identici a questi, ma con gli zombie al posto dei dinosauri…
Quanto ai racconti migliori, brillano per immersività (Effetto Lazzaro), buone trovate (Profumi), demenzialità (Hic Sunt Dracones) – ma non certo per sense of wonder. Dal punto di vista delle idee, Deinos non avrebbe potuto essere più banale.
Poi, per carità, Girola nell’introduzione dice che i racconti della raccolta sono pieni di meraviglia. D’altronde, cosa possiamo aspettarci dalla mente che ha inventato il cialve capace di scrivere una frase del genere: “Spero che suscitino in ciascuno di voi quel senso di meraviglia proprio dei ragazzini che rimangono ammirati nello scoprire per la prima volta l’esistenza degli ammirevoli bestioni che in un remotissimo passato hanno camminato sul nostro pianeta”. In questa frase c’è più sense of wonder che in tutta l’antologia.

I dinosauri come metafora sociale del peccato di Onan.
Da molti di questi racconti, soprattutto, trasuda pigrizia. Non ci ho visto ricerca, la volontà di documentarsi sui dinosauri per partorire un racconto che li distinguesse dalla massa dei mostri. Forse c’era solo la voglia di partecipare a più concorsi possibili, buttando giù la prima idea che veniva in mente.
Il risultato? Non solo Deinos è un’antologia bruttina (vale la pena di leggere solo i primi tre-quattro racconti), ma con ogni probabilità non piacerà neanche alla “nicchia” di lettori per cui era stata pensata, ossia gli amanti dei dinosauri (Piperita, lo so che sei in ascolto^^). E in un futuro in cui – come spiegava il Duca – il successo di un’opera letteraria sarà legato alla possibilità di soddisfare i gusti/bisogni della sua nicchia specifica, questo è un EPIC FAIL.
Deinos ha più opportunità di piacere all’altra nicchia coinvolta, quella degli “amanti dell’horror di invasione mostruosa”. Ma anche lì, ho i miei dubbi. E’ una nicchia affollata, piena di titoli validi e in tutte le sfumature, mentre Deinos nel suo complesso non si distingue particolarmente né per originalità né per qualità della scrittura.
Il rischio è che quest’antologia circoli solamente tra i partecipanti al concorso e gli amici dei partecipanti, oggetto di tante pacche sulle spalle e occhi luccicanti: “mi hanno pubblicato in un’antologia!”. A chi altri potrebbe interessare?
Comunque, anche se ho cazziato l’antologia, devo fare i complimenti ad alcuni dei partecipanti: Valentina Coscia promette bene, e anche Serafini e Filighera. Deinos è gratis, quindi potreste scaricarla quantomeno per leggere i loro racconti.
Chiudo con una nota per gli appassionati. Se vi interessa la paleontologia, forse vorrete dare un’occhiata a questo blog in cui mi sono imbattuto durante le mie peregrinazioni:
Il proprietario è uno studente britannico di paleontologia. I post variano da immagini sceme con velociraptor in monociclo a commenti agli articoli del periodico Palaeontology, dalle scoperte di nuovi fossili a dissertazioni sugli pterodattili, da considerazioni sulla falsificabilità dell’evoluzionismo e il rapporto tra evoluzionismo e credo cristiano alla geologia.
Divertitevi.
La mia classifica
1. Effetto Lazzaro
2. Profumi
3. Hic Sunt Dracones
4. [Bonus] La vendetta di Geraldo
5. Deinosrestaurant
6. Solo fame
7. Gorgonops – L’invasione degli esseri impossibili
8. La razziatrice
9. Dinosauria
10. [Bonus] Dinosauri
@Valentina
Ricapitoliamo:
Hai detto che il racconto era in seconda, portando come esempio Il Giovane Holden di Salinger che non lo è.
Io ti ho fatto l’esempio dei libri game con tanto di spiegazione e link perché tu potessi andare a vedere cos’è una seconda persona e che comunque ci possono essere descrizioni anche con la seconda persona. Invece di farlo hai sempre risposto solo di essere troppo vecchia.
I libri game sono una stronzata, ovvio, ma non era questo il punto. Il punto era discutere dell’utilizzo della seconda persona in narrativa; persona che tu dicevi di stare utilizzando nella storia.
Se il racconto fosse stato effettivamente in seconda persona il POV sarebbe stato il novellino, avatar del lettore, come i link riguardo ai libri game ti avrebbero dimostrato.
Alto link (prima frase, secondo paragrafo):
http://en.wikipedia.org/wiki/Gamebook#Description
Ora hai chiarito che hai sbagliato la definizione e che invece il POV voleva essere la veterana.
Quindi parliamo di una prima persona che si rivolge a un TU (il novellino con cui il lettore si può identificare)
Benissimo.
La veterana ha un passato e un presente: del passato te ne sei occupata (e anche bene) del presente no.
Perché?
Perché lo reputi infodump.
Il presente di un personaggio POV non è infodump: è quello che vede, sente etc. etc.
Quello che succede all’interno del convoglio non è superfluo.
Tu hai semplicemente scelto di ignorarlo, ma ciò non lo trasforma in infodump.
Cosa ci rimane?
Una voce nel vuoto che ci racconta (con belle immagini) del passato.
In conclusione :
Fin dal mio primo post ti ho lodata per i contenuti e ti ho consigliato quelle che possono essere migliorie per un racconto con del potenziale, ovvero, ti ho detto questo è bello (contenuti) questo non va (POV non definito e assenza del presente) proponendoti uno o due metodi per implementare o togliere quest’ultimo senza intaccare quello che era il tuo obbiettivo iniziale.
Fin dalla tua prima risposta, hai ignorato le mie lodi per rispondere in modo (che almeno a me pare) risentito prendendomi come un idiota a cui dovessi spiegare la tecnica e scusandoti con Tapiroulant per lo spazio che prendevi per quella che invece era una discussione basata su fatti e potenzialmente costruttiva.
Inoltre prendi i miei consigli per blaterare a caso quando invece sono fondati (i POV vivono le situazioni). E nel farlo fai riferimento al fatto che ciò sarebbe una mia idea personale che come tale non si può proporre.
A me tutto questo puzza un po’ di “artista” e non mi è mai piaciuto come atteggiamento.
La verità e che qui siamo tutti uguali (gente che vuole scrivere e scrivere sempre meglio) .
Anch’io, come te, ho scritto racconti per concorsi e anch’io ce l’ho fatta a far parte di quelli scelti per una raccolta. Ciò non toglie che i miei racconti non fossero migliorabili e infatti ho accettato tutte le critiche supportate da fatti.
Mi dispiace finire la discussione in questi toni, ma non credo la si possa riportare in qua.
Ti ho mosso critiche fondate: se le vuoi vedere, bene, sennò, amen.
Dal canto mio, so solo che ero interessato a partecipare al nuovo concorso di Giobbelin, ma ora non credo sia più il caso. Amen: scriverò la storia che ho già abbozzato e la terrò da parte.
In bocca al lupo per tutto.
Saluti
P.s. Se il tuo obbiettivo è quello di far sembrare al lettore di stare davanti alla veterana che gli racconta la storia il POV in prima persona della veterana non è quello che fa per te, infatti, nel presentare la scena al presente dovresti descrivere i novellino e tu questo lo volevi evitare.
Quello che vuoi è un POV in prima persona del novellino, così se vuoi lo tieni anonimo (se vuoi non lo fai parlare o non riporti quello che dice) e poi puoi mostrare il presente per evitare l’effetto voci nel vuoto.
@ Tapiroulant.
Scusa il dilungarsi della faccenda e il mezzo sfogo. Volevo solo essere d’aiuto.
Alla fine la discussione non è stata del tutto inutile: magari rimane ognuno della sua idea, ma tu e i lettori dell’articolo potete leggervi anche i commenti (magari anche le pagine da me linkate), ragionare sui vari POV e farvi un’opinione propria al riguardo.
Saluti
@???: Non ho né il tempo né la voglia di darti corda mentre ti lanci in uno sfogo emotivo. Ho difeso con toni educati le mie scelte e le mie idee (liberissimo di pensare che io blateri a caso, by the way). Se questo per te è “considerarsi artista”, okay, prendo atto. Per me è diverso, ma siamo in un paese libero.
Ribadisco che non me la sono presa per le tue critiche, come continuo a non prendermela per i toni di quest’ultima risposta. Vuoi partecipare a Hydropunk? Fallo. Non vuoi partecipare? Non farlo. Sono squisitamente affari tuoi.
@Valentina
Ho cercato di aiutarti dandoti suggerimenti supportati da link che non hai preso in considerazione né controllato.
Tu confondi l’incazzatura di uno che ha qualche mezzo tecnico e cercava di darti una mano, con lo sfogo emotivo di un idiota qualsiasi totalmente ignorante della materia.
Avevo le migliori delle intenzioni e tu hai risposto cercando e citando auctoritas (fra l’altro dando un esempio errato) e facendo confusione su quale POV dicevi di aver usato, come su utilizzi un POV, e su che cosa sia l’infodump.
Quando si è appassionati e si impara bisogna essere aperti al confronto e alla discussione basata su fatti non su “le nostre idee” difese per orgoglio.
La tua attitudine mi è sembrata l’esatto opposto e per questo non credo che tu possa giudicare con oggettività uno scritto in un concorso.
Quando si impara (e qui lo stiamo facendo tutti) l’attitudine disdegnosa che hai tenuto è una stronzata.
E io sono troppo vecchio per queste stronzate.
I post miei e tuoi ci sono.
Idem i link esterni.
La gente li leggerà e deciderà.
Io ho la coscienza a posto.
Saluti
@???
1. non hai preso in considerazione né controllato.
E, di grazia, mi spieghi come fai a sapere che non ho aperto i tuoi link? Sei in grado di controllare il traffico internet del mio pc? Ho aperto i tuoi link. Non ho scaricato Squadra Speciale 0 e ho letto le parti sui Librogame, quindi?
2.Tu confondi l’incazzatura di uno che ha qualche mezzo tecnico e cercava di darti una mano, con lo sfogo emotivo di un idiota qualsiasi totalmente ignorante della materia.
No, è diverso: io non capisco proprio per quale ragione tu ti debba incazzare.
3.Quando si è appassionati e si impara bisogna essere aperti al confronto e alla discussione basata su fatti non su “le nostre idee” difese per orgoglio.
Io non ho difeso le mie scelte per orgoglio. Le difendo perché ne sono convinta. E, fra l’altro, penso proprio che sia un mio diritto. Almeno, lo era l’ultima volta che ho controllato. Incidentalmente, ho anche sempre scritto “ma potrei sbagliare”, perché non credo di essere perfetta.
Quel che tu non capisci è che a me non interessa: non mi interessa riscrivere meglio Effetto Lazzaro. Effetto Lazzaro è chiuso, finito, storia vecchia. Mi interessa quello cui sto lavorando ora. Mi interessano le critiche ma non in funzione di una riscrittura di questo: in funzione di un ri-utilizzo nel futuro.
5.Quando si impara (e qui lo stiamo facendo tutti) l’attitudine disdegnosa che hai tenuto è una stronzata.
Lo vuoi sapere quali sono le vere attitudini disdegnose – dal mio punto di vista?
La presunzione di capire cosa volessi trasmettere con il mio racconto, quando non hai neanche compreso che il novellino era solo un orecchio nel quale riversare la storia, arrivando addirittura a suggerire di usarlo come punto di vista! (E sia chiaro, il fatto che tu non l’abbia compreso è colpa mia, perché è evidente che non ho comunicato bene).
La boria di stabilire cosa è o non è importante nel mio testo. Posso non riuscire a essere efficace, anzi, sicuramente non ci sono riuscita, diciamolo pure. Effetto Lazzaro è un raccontino che non vale niente. Ma resta il fatto che nessuno a parte me può sapere quali fossero le intenzioni e i motivi per scriverlo in quel modo.
Effetto Lazzaro ti fa schifo? Nessun problema da parte mia. Pensi che abbia dei difetti? Senz’altro ne ha, sono la prima a dirlo. Certe cose ti sono piaciute, altre no? Fantastico. Pensi che siano teste parlanti? Va bene. Guarda, puoi anche dire che è deliziosamente retard, ci sta tutto.
Che cosa avrei dovuto fare per non meritarmi i tuoi strali? Darti ragione? Non condivido le tue opinioni in merito al punto di vista che sarebbe stato meglio usare, né all’importanza del presente del racconto. Effetto Lazzaro – sempre nel suo valere niente – è come l’ho pensato e voluto. Se io mi faccio una ragione del fatto che non ti è piaciuto il mio racconto, puoi rendermi il favore e lasciarmi le mie opinioni? O mi devo sentire dire che sono “disdegnosa” solo per non aver detto “sì, guarda, hai ragione tu”?
La tua attitudine mi è sembrata l’esatto opposto e per questo non credo che tu possa giudicare con oggettività uno scritto in un concorso.
Ho già comunicato a Mr.Giobblin che per colpa mia avrà un concorrente in meno. Se lo riterrà opportuno, cambierà giurato. Ma la mia oggettività è assoluta… e se, sotto sotto, il tuo dubbio è il poter essere oggetto di ripicche ti rassicuro subito. Primo, sono una persona corretta (e sorvolo sull’insulto implicito). Secondo, io ci metto nome e faccia, tu uno pseudonimo. Di che ti preoccupi?
Infine, a Tapiroulant vanno le mie scuse più profonde e sincere per essermi lasciata trascinare in tutto questo.
Ho provato a non rispondere, ma non ce la faccio a leggere certe cose.
Allora, questo:
“La presunzione di capire cosa volessi trasmettere con il mio racconto, quando non hai neanche compreso che il novellino era solo un orecchio nel quale riversare la storia, arrivando addirittura a suggerire di usarlo come punto di vista!”
e questo:
“La boria di stabilire cosa è o non è importante nel mio testo.”
Io non ho stabilito niente di mio. Applicavo solo regole.
E con le regole ho capito che qualcosa non andava con la gestione del POV.
Valentina, tagliamo la testa al toro.
Ho scritto in privato a una persona (che non nomino perché 1) non ho chiesto il permesso 2) non voglio che tu te la prenda con terzi e 3) puoi capire lo stesso chi sia) che seguo online ed è rispettata per quanto riguarda l’applicazione delle regole di scrittura creativa sia da me che da Giobblin che da Tapiruolant che da molti altri, te compresa, se va bene.
Chi ha orecchie per intendere intenda.
Questa persona mi ha confermato l’Epic Fail dei tuoi commenti e, in particolare:
1) Il tuo non capire cosa sia un infodump;
2) Il tuo non capire cosa sia il mostrato basato sul punto di vista, sottolineando come, quale che sia il punto di vista (sia prima persona della veterana, prima persona del novellino o seconda persona e quindi lettore con novellino avatar (come i miei link ti hanno dimostrato)) comunque si sentirebbe quello che tutte e due dicono all’interno del mezzo e si dovrebbe mostrare quello che succede.
3) Che qui si tratta perciò di teste parlanti.
Per ultimo, ed è davvero l’ultima volta che te lo scrivo, a me Effetto Lazzaro era piaciuto abbastanza.
Tu continui a dire che mi ha fatto schifo per vittimismo.
Il racconto mi era piaciuto abbastanza da voler essere di aiuto e indicarti quelle che potevano essere regole da applicare per renderlo ancora più bello.
All’inizio pensavo le tue risposte fossero dettate da orgoglio, ora mi viene il dubbio che le regole di scrittura di cui abbiam parlato non ti sian ben chiare.
E anche per questo non parteciperò al concorso.
Ma torniamo alle regole:
Non le vuoi usare perché non concordano con “le tue idee™” e vuoi lasciare un lavoro così com’è anche se potrebbe essere meglio?
Amen.
Lo terrai a mente per scritti futuri (a questo punto quale che sia il tipo di POV che usi)?
Meglio.
E adesso scrivi quello che vuoi nei commenti.
Fino all’ultimo ho cercato d’aiutarti e ho sbagliato, perché ho presupposto che ti interessasse il mio aiuto; che ti interessasse qualsiasi opinione supportata da fatti che porti a miglioramento.
Di nuovo, mi sbagliavo.
Scusa l’interessamento.
@ Tapiroulant
Si trattava effettivamente di teste parlanti alla fine.
La votazione del racconto può essere comunque positiva (è un tuo parere in fin dei conti, e in effetti nonostante le mancanze il racconto non era male) però l’errore, come mi è stato confermato, è oggettivo.
Scusa del macello che ho creato.
Magari qualcuno ne trae qualcosa comunque.
Prometto che non mi interesserò più a niente.
Ciao
Mi inserisco nella discussione all’unico scopo di chiarire un paio di punti per il bene dell’umanità.
Circa il punto di vista del racconto.
Effetto Lazzaro decisamente NON è scritto in seconda persona. La seconda persona, come rileva ???, è una scrittura del tipo: “Tu fai, tu vedi, ti chini, dici, rispondi, etc.”; in ogni caso il personaggio-pov di una storia in seconda persona è proprio il “Tu” (quindi in questo caso dovrebbe essere il novellino). A parte Lupo Solitario, due esempi di romanzi scritti in seconda persona che mi vengono in mente sono Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino (il protagonista è il Lettore, ma l’autore si rivolge a lui in seconda persona e lo muove in giro per la storia) e Halting State di Charles Stross. In entrambi i casi mi è parso un vezzo stilistico più che una necessità, ma non voglio escludere che si possa usarlo meglio.
Effetto Lazzaro è scritto in prima (se il punto di vista è quello della geologa) oppure in terza (se il punto di vista è quello del novellino che ascolta). A conti fatti non è chiaro, dato che il racconto si svolge all’interno del monologo della geologa e non nel mondo reale, ma l’istinto è quello di pensare che il pov sia il novellino E NON la geologa.
Perché? Perché noi, come il novellino, siamo all’oscuro dei fatti (che ci vengono raccontati dalla geologa), e perché il novellino, come dicevo prima, è un involucro vuoto che viene riempito dal lettore stesso. Quindi ci si tende a identificare con il novellino. Quindi, il punto di vista è del novellino. (prima facevo l’esempio dei videogiochi con protagonista muto: be’, per l’appunto il pov di quei giochi è il protagonista muto)
Peraltro, la costruzione del racconto ha più senso se accettiamo che il pov è del novellino che ascolta e non della geologa che parla (es. il novellino-pov talmente assorbito dalle parole della geologa e dalla tensione del momento che non si cura dell’ambiente circostante e quindi non lo descrive).
Circa la non-descrizione dell’ambiente presente e il silenzio del novellino.
Rileviamo innanzitutto che non c’è una violazione della coerenza interna del racconto: Valentina chiarisce le regole fin dalle prime righe e le mantiene fino alla fine. La discussione si sposta quindi a monte: ha scelto una buona impostazione per il suo racconto?
Dal punto di vista tecnico, non mi sembra si possa dire recisamente che ha sbagliato. Come si è già detto tante volte, nel regno del mostrato all’autore spetta decidere cosa mostrare e cosa no, in base al livello di importanza di ogni dettaglio della storia. Che non significa anything goes, ma che l’autore ha un certo margine di movimento in base a ciò che vuole raccontare con la sua storia (e un pov completamente assorbito dalla tensione e dalla geologa potrebbe plausibilmente, a mo’ di visione a tunnel, escludere dalla sua percezione tutto ciò che esula dalla voce della geologa. L’unico punto dubbio è che non si sente la voce del novellino, ma tirata un po’ per i capelli si può dire che il novellino è talmente concentrato che “non sente sé stesso”).
Considerando che: (1) In questo racconto gli elementi più importanti sono l’arrivo dei dinosauri e la giornata tipica della Squadra, raccontati dalla veterana, e (2) si tratta di un racconto, quindi una storia breve in cui l’obiettivo è risparmiare in numero di caratteri e ottimizzare, la scelta di limitare il racconto al monologo della geologa non mi sembra una cattiva idea.
Del resto, dell’ambiente presente non è vero che non ci è detto proprio niente. Diverse informazioni sono trasmette (o facilmente deducibili) tra le righe del discorso, quel tanto da avere il quadro fondamentale della situazione: i due personaggi sono su un mezzo e stanno andando a morire in mezzo ai dinosauri. La tensione del momento filtra attraverso il racconto della geologa.
E’ vero che l’autrice trattiene molte informazioni, ma questo rimane nelle possibilità del mostrare. Anche Swanwick, come spesso ho detto (e a volte lamentato), ha una prosa molto ermetica (soprattutto nei primi romanzi): quando tra un capitolo e l’altro lascia una voragine di giorni o settimane, tocca al lettore ricostruire cos’è successo in mezzo attraverso indizi successivi. Allo stesso modo, le battute del novellino in Effetto Lazzaro sono chiaramente deducibili dalle reazioni della geologa, quindi ometterle per risparmiare battute, o perché scontate, è comprensibile. I buchi nei romanzi di Swanwick sono a mio avviso una scelta stilistica peggiore, e più faticosa da seguire di quella adottata da Valentina in questo racconto.
Con ciò non sto dicendo che il racconto non sarebbe stato altrettanto bello (o anche di più? Non lo so) se invece che solo il monologo della geologa avesse scelto di descrivere (fuori dalle virgolette del dialogo) il furgone e tutto il resto. Per saperlo bisognerebbe scrivere una seconda versione di Effetto Lazzaro e confrontarle, e non mi sembra che Valentina c’abbia voglia (né è tenuta a farlo se non le va).
Sto dicendo invece che la scelta attuata di Valentina mi sembra formalmente accettabile e quindi sta a lei decidere se e come tenere conto e implementare i consigli di “???”. Passando poi sul piano personale, a me la scelta non è spiaciuta affatto e non ha dato problemi percettivi.
Chiudo con due parole a entrambi.
A ???: dopo il primo scambio, posto che Valentina non aveva voglia di mettere in dubbio le sue scelte stilistiche, avresti dovuto mollare la discussione o quantomeno proseguirla in privato. Se hai ancora voglia di continuare la tua opera di convincimento di dubbia efficacia, fallo in privato. A me invece puoi rispondere in pubblico.
A Valentina: la maggior parte delle cose dette da ??? sono sensate, quindi ti consiglio di prestarci attenzione per il futuro. Anche se non hai più voglia di rimettere mano a Effetto Lazzaro, riflettere sulle tue scelte passate ti sarà utile per migliorare come scrittrice.
Considerati alcuni errori grossolani che hai commesso nella discussione (tipo fraintendere il concetto di “punto di vista”), una maggiore preparazione tecnica ti sarebbe utile.
@Tapiro
Grazie per la mediazione. Ce n’era bisogno.
Circa il punto di vista del racconto.
“Effetto Lazzaro è scritto in prima (se il punto di vista è quello della geologa) oppure in terza (se il punto di vista è quello del novellino che ascolta). A conti fatti non è chiaro, dato che il racconto si svolge all’interno del monologo della geologa e non nel mondo reale, ma l’istinto è quello di pensare che il pov sia il novellino E NON la geologa.”
Uno dei punti di discussione è questo.
Io penso sia corretto ritenere che il racconto si svolga sia all’interno del monologo che nella situazione presente. Specie se, come concordi, il punto di vista che in realtà si voleva utilizzare era quello del novellino (terza o prima che fosse). Il novellino fa esperienza del presente, non può vivere il passato che la veterana sta raccontando. E infatti il problema di percezione si nota quando il presente (che quindi è importante per il novellino), non viene descritto.
“Perché? Perché noi, come il novellino, siamo all’oscuro dei fatti (che ci vengono raccontati dalla geologa), e perché il novellino, come dicevo prima, è un involucro vuoto che viene riempito dal lettore stesso. Quindi ci si tende a identificare con il novellino. Quindi, il punto di vista è del novellino. (prima facevo l’esempio dei videogiochi con protagonista muto: be’, per l’appunto il pov di quei giochi è il protagonista muto)”
E infatti in quei videogiochi (tipo Bioshock) si vive il presente.
Quando Ryan e gli altri ci parlano del passato tramite le cassette, noi non vivevamo quei ricordi, li sentivamo è basta.
Se invece c’è una cutscene ambientata nel passato, qui, logicamente, si tratta di qualcosa che comunque il protagonista non vedeva, ma è rivolto al giocatore.
Ma qui si tratta di un mezzo diverso da un libro. Non si applicano le stesse regole.
“(es. il novellino-pov talmente assorbito dalle parole della geologa e dalla tensione del momento che non si cura dell’ambiente circostante e quindi non lo descrive).”
Questa mi sembra un po’ un’esagerazione, specie perché comunque il novellino ha degli scambi con la veterana tra cui la comune richiesta di sigaretta.
“Circa la non-descrizione dell’ambiente presente e il silenzio del novellino. L’unico punto dubbio è che non si sente la voce del novellino, ma tirata un po’ per i capelli si può dire che il novellino è talmente concentrato che “non sente sé stesso”).”
Questa non riesco proprio a condividerla. È molto poco probabile, se non del tutto impossibile.
“In questo racconto gli elementi più importanti sono l’arrivo dei dinosauri e la giornata tipica della Squadra, raccontati dalla veterana, e si tratta di un racconto, quindi una storia breve in cui l’obiettivo è risparmiare in numero di caratteri e ottimizzare, la scelta di limitare il racconto al monologo della geologa non mi sembra una cattiva idea.”
I racconti sono più difficili dei romanzi: minor spazio di manovra.
Bisogna scegliere bene le (poche) scene ed è vero “Less is More”, ma è anche vero che “Too Little is Not Enough”.
Bisogna togliere tutto il superfluo, non il minimo indispensabile. La scelta di scena Valentina è una buona scelta: un’unica scena al presente con qualcuno che da informazioni raccontando (anche per belle immagini, eh!) del passato.
Valentina però si era convinta che il presente fosse infodump, quando invece una descrizione del presente è più che naturale se si segue il personaggio POV.
Non solo, facendo notare più il presente (versi di dinosauri nella distanza?, la luce che man mano cala nel convoglio? + rispettive reazioni novellino) si sarebbe sottolineata di più la tensione della prima volta del novellino.
Che una descrizione del presente sia necessaria lo noti anche tu, Tapiro, e infatti per spiegare l’assenza di quelle parti devi fare un ragionamento sull’essere concentrati tanto da non vedersi attorno e, addirittura, non sentire la propria voce.
Ritengo che tra le varie ipotesi quella che risulta più fluida e non ha bisogno di spiegazioni sia quella più naturale ed efficace: e quindi una descrizione del presente filtrata dal POV non sarebbe stata superflua.
Inoltre, se l’attenzione è tutta sulla veterana (che all’inizio vien scambiata per un veterano, fra l’altro) lo sbarbatello POV si sarebbe quanto mento interessato dell’aspetto della stessa, o (se non l’aveva conosciuta proprio in quel momento) almeno dopo la rivelazione della vera identità sessuale.
“Con ciò non sto dicendo che il racconto non sarebbe stato altrettanto bello (o anche di più? Non lo so) se invece che solo il monologo della geologa avesse scelto di descrivere (fuori dalle virgolette del dialogo) il furgone e tutto il resto. Per saperlo bisognerebbe scrivere una seconda versione di Effetto Lazzaro e confrontarle, e non mi sembra che Valentina c’abbia voglia (né è tenuta a farlo se non le va).”
Logico che non è tenuta. E infatti il mio era un suggerimento, mica un’imposizione. Solo che Valentina ha risposto a critiche fondate con tanto di link, svicolando domande (i “sono troppo vecchia”) e confondendo la natura del suo POV e la natura di un infodump.
“Passando poi sul piano personale, a me la scelta non è spiaciuta affatto e non ha dato problemi percettivi.”
Ok. Ma penso che a molti lettori (anche non smaliziati, semplicemente non passivi) sia risultato strano un racconto senza beat e senza descrizioni.
Da appassionato di scrittura creativa queste cose sono saltate subito all’occhio. Nonostante questo il racconto mi era piaciuto abbastanza per il contenuto e ho pensato di poter essere di aiuto…
…guarda com’è andata a finire… sigh!
“A ???: dopo il primo scambio, posto che Valentina non aveva voglia di mettere in dubbio le sue scelte stilistiche, avresti dovuto mollare la discussione o quantomeno proseguirla in privato.”
Meglio: avrei dovuto lasciar perdere. Solo che mi infastidiva il fatto che per una volta che trovo qualcosa interessante (il racconto) e che commento (tu sai i siti che seguo, più o meno, e ormai non commento quasi mai) basando i miei commenti su fatti e applicando correttamente concetti come POV e INFODUMP, una persona che non ha del tutto chiaro come funzionino entrambi mi continui a “spiegare” che i suggerimenti che do sono sbagliati perché Lei ha usato “il TU come Salinger” (che non l’ha usato) e “mostrare il presente è infodump”. WTF?
Il problema è che non si tratta di scelte stilistiche, ma di conoscenza traballante della tecnica. Ed è per questo che non penso che Valentina possa essere un giudice oggettivo in un concorso di scrittura. Tutto qui.
Poi nessuno è perfetto, eh! Ma proprio per questo, se qualcuno ti fa notare qualcosa, tu vai a vedere i link che ti fornisce prima di chiudere la mente a riccio e rispondere sorridendo “non capisci un cazzo” come se fossi un idiota invece di un appassionato che studia.
Ancora una volta, scusate il disturbo e speriamo che qualcuno abbia avuto spunti di riflessione su cosa sia un infodump e come gestire un POV.
Ciao
Pingback: Hydropunk concorso | Inchiostromanzia
Pingback: Come sommergere il globo in pochi semplici passi | Tapirullanza