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Dancing with Vaporteppa

Logo Branca VaporteppaDa alcuni mesi, ho preso l’abitudine di mangiare yogurt a colazione: è rapido ed è buono. Non sono la persona più costante di questo mondo, però diciamo che cinque vasetti di Yomo a settimana li consumo. Gli yogurt Yomo si trovano in confezioni da due dal costo di 1,39 Euro, o da quattro che ne costano 2,79. Anche se prendessi sempre i pacchi promozionali da quattro (cosa che è lontana dal vero), spenderei qualcosa come 14 Euro al mese in yogurt. Se non mi stufassi prima, in un anno – togliendo un mesetto buono di vacanze in cui le mie abitudini sarebbero sicuramente stravolte – spenderei in prodotti Yomo circa 150 Euro.
Ora: ignoro quale possa essere il netto di Granarolo una volta levati tutti i costi di produzione, logistica e trade, ma moltiplicando questo guadagno su tutti i consumatori di yogurt deve fare un discreto gruzzoletto.
Il barattolo di Yomo è un prodotto statico. Certo, una parte del ricavato sarà sicuramente reinvestito in ricerca e sviluppo, per apportare piccole modifiche: nuovi gusti, miglioramento dell’ingredientistica dei gusti già esistenti (per venire incontro alle regolamentazioni europee sugli alimenti, sempre più rigorose), magari un minimo di comunicazione, e via dicendo. Ma il prodotto, fondamentalmente, resta quello: qualcosa di sempre uguale che il consumatore continua ad acquistare, consumare (e nel consumo, distruggerlo), e riacquistare.

Visto dal punto di vista dei beni di largo consumo, l’industria della cultura è una strana creatura. Per fruire di un libro cartaceo, per il numero di volte che voglio, devo acquistarlo una volta sola. Non si distrugge, a meno che non lo faccia intenzionalmente, o per un incidente, o dopo un’usura di decenni o secoli (a seconda della qualità della carta e della rilegatura). I libri sono prodotti che, di base, a un consumatore si vendono una volta sola. Se voglio vendergli un altro libro, devo costruire quel nuovo libro da zero – è a tutti gli effetti un nuovo prodotto.
Non si può paragonare il ritorno di investimento su un barattolo di Yomo rispetto a quello su un libro. Per carità, un libro cartaceo viaggerà mediamente intorno ai 20 Euro, una cifra che in yogurt raggiungerei in un mese e mezzo (senza entrare nel merito di tutte le altre questioni come l’IVA al 4%). Ma l’acquisto di yogurt – per un tipico consumatore di yogurt – è quotidiano e stabile per tutto l’anno; l’acquisto di romanzi non lo è, nemmeno per un lettore forte.

Barattoli Yomo

Un business più promettente della narrativa.

Le varie industrie della cultura hanno cercato di risolvere questa sproporzione in modi diversi. Il mercato della musica, dopo anni di crisi, sembra aver trovato la quadratura del cerchio con i servizi di abbonamento ai siti che, come Spotify, offrono musica in streaming: grazie al sistema di abbonamenti, il flusso di guadagni diventa regolare e continuativo. Il mercato cinematografico cerca di moltiplicare i guadagni legati a ogni pellicola moltiplicando le occasioni d’acquisto – cinema, home video, passaggi televisivi, merchandising legato ai personaggi del film – per non parlare di altre fonti di finanziamento, come il product placement massiccio.
E la narrativa? Aldilà dell’aumentare i prezzi, piangere per la morte della cultura, e cercare di impedire alla gente di prestarsi contenuto digitale con i DRM, cos’hanno fatto in concreto le case editrici? La mossa più semplice in tempo di crisi: hanno tagliato i costi di ricerca e sviluppo, che nel mercato editoriale corrispondono all’editing. Se il singolo libro mi porta un guadagno limitato (quando non nullo o negativo) secondo la regola del un singolo consumatore lo acquista una sola volta, allora è inutile curarlo più che tanto; per moltiplicare gli atti d’acquisto, moltiplicherò i libri! Più libri – devono aver pensato – ciascuno dei quali con un investimento minore (di tempo, di personale) alle spalle, più margine.

Com’è andata a finire lo sappiamo. Vendite in crollo verticale, sfiducia diffusa del lettore verso i libri, e-book a pagamento realizzati peggio di quelli piratati (e gratuiti), una qualità sempre più infima non solo nei contenuti, ma persino nel controllo di sintassi e ortografia. Ora, ovviamente non sto naturalmente dicendo che la caduta della lettura in Italia sia stata causata esclusivamente dalle case editrici; le cause principali sono esterne, come la crescita di industrie di intrattenimento alternative e più competitive. Ma l’impressione è che gli editori abbiano fatto di tutto per accelerare questo processo.
La verità che dobbiamo guardare in faccia, è che la letteratura non è per definizione un buon mercato. Dal punto di vista di un imprenditore il cui scopo è quello di chiudere il bilancio in positivo, tra il business dei barattoli di yogurt e il business della narrativa non ci può essere dubbio. Non a caso, quasi tutte le nostre grandi case editrici sono in realtà parte di grandi gruppi editoriali ramificati in settori più redditizi – pubblicità, televisione, quotidiani, periodici – o di holding i cui business principali non hanno nulla a che fare coi libri.

Chevrolet

Captain America – The Winter Soldier vi è stato gentilmente offerto da…

Ne consegue che bisogna essere pazzi per buttarsi nel mercato della narrativa – peggio ancora se si tratta di una nicchia come la narrativa fantastica. Soldi non se ne fanno, se non al prezzo di sforzi sproporzionati. L’unica ragione che mi venga in mente per entrare in un business del genere, allora – a parte la pura e semplice follia – dev’essere il genuino amore per la narrativa, e la convinzione di stare facendo la cosa giusta. In quest’ottica, guadagnare soldi non diventa altro che il modo per poter sostenere il proprio lavoro, e migliorare e arricchire la propria offerta.
Forse è questo il ragionamento che si è fatto il Duca, tra un’orgia di coniglietti (rigorosamente maggiorenni e consenzienti) e un sorso di pinot nero dal nome incomprensibile, quando sotto l’egida della neonata Antonio Tombolini Editore ha messo in piedi la collana di narrativa Vaporteppa.

Cosa vogliamo pubblicare? Buona narrativa di genere: fantasiosa, coinvolgente, avventurosa. Che valga il prezzo pagato.

Avevo intenzione da tempo di dedicare a un articolo su Vaporteppa, ma volevo aspettare che la collana pubblicasse la prima opera a pagamento 1. Ebbene: proprio l’altroieri il Duca ha annunciato sul blog di Vaporteppa l’imminente pubblicazione de Gli Dei di Mosca, traduzione italiana di Dancing with Bears di Michael Swanwick! L’e-book sarà disponibile nelle librerie online tra pochi giorni; per l’uscita del cartaceo bisognerà aspettare un poco di più.
Il libro, di cui avevo parlato l’estate scorsa in questo articolo, è una tragicommedia fuori di testa, ambientata in un futuro post-apocalittico dominato da una civiltà simil-vittoriana dedita alla manipolazione genetica. Due trickster professionisti, lo sfuggente Darger e il cane parlante (nonché dandy) Surplus, sono in viaggio per Mosca in cerca di fortuna. Ma ovunque vanno questi due scoppia il caos: per Mosca sarà l’inizio della fine.

Gli Dei di Mosca

La copertina de “Gli Dei di Mosca”, così come è stata presentata su Vaporteppa.

Come romanzo per inaugurare la collana, Gli Dei di Mosca è un’ottima scelta. È l’ultimo romanzo, inedito in Italia, di un pezzo grosso della narrativa fantastica. È un’opera che, pur non essendo proprio steampunk, ha tutte le carte per piacere agli amanti del genere (manierismo ottocentesco, mondo pre-globalizzazione, tecnologia ‘pesante’ e una buona dose di retardness). Ha ritmo ed è divertente. Come ho scritto ne La Mia Classifica, è Pirati dei Caraibi incontra Jack Vance e tutti e due 1997: Fuga da New York, con una punta di Tre Uomini in Barca. Non è il migliore di Swanwick – né come idee, né come prosa – ma i romanzi di Swanwick sono talmente sopra la media della narrativa fantastica, che anche questo sarà facilmente tra i libri più belli che leggerete quest’anno.
Non ho avuto modo di leggere questa versione italiana né conosco il traduttore, quindi ogni mio giudizio positivo è riferito esclusivamente all’originale. Ma se il Duca ci ha messo anche solo la metà della cura con cui di solito si occupa delle cose che gli piacciono, avrà fatto un ottimo lavoro. E dato che l’inglese di Swanwick non è facilissimo, chi di voi non fosse troppo ferrato nella lingua della perfida Albione non dovrebbe farsi sfuggire questa traduzione. L’unica cosa a lasciarmi scettico è il titolo, che non trovo particolarmente brillante – ma neanche l’originale “Dancing with Bears” era proprio geniale, dato che non lasciava minimamente capire l’argomento del romanzo.

Grazie anche agli sforzi di Gamberetta – grande amante dello Swanwick più Fantasy, quello di The Iron Dragon’s Daughter e The Dragons of Babel, quest’ultimo da lei recensito anni fa – e dello stesso Duca, Swanwick si è conquistato un minimo di fama anche qui da noi. Mi piace pensare di aver fatto anch’io la mia parte, dedicando a Swanwick due Consigli del Lunedì – prima per Jack Faust, poi per Vacuum Flowers – pubblicando un suo racconto completo – il capolavoro The Very Pulse of the Machine – e parlando delle stesse storie di Darger e Surplus nell’articolo sopra riportato.
In quell’articolo spiegavo, tra l’altro, che Dancing with Bears è solo l’ultima – sia come data di pubblicazione sia per cronologia interna – delle avventure demenziali di Darger e Surplus; Swanwick aveva già dedicato loro tre racconti di medie dimensioni pubblicati nell’antologia The Dog Said Bow-Wow 2. Nel caso in cui le vendite de Gli Dei di Mosca andassero bene, quindi, non mi stupirei se il Duca decidesse in un futuro prossimo di pubblicare in italiano anche quest’antologia, o quantomeno una raccolta con i tre racconti. Messi insieme, i tre raggiungerebbero le dimensioni di una novella, formato ottimo per la vendita digitale.3

Michael Swanwick smiling

“Cioè, dai, mi pubblicate in italiano? No ma… troppo figo!”

Posso solo augurarmi che Gli Dei di Mosca in edizione italiana abbia successo: significherebbe che anche in Italia c’è un mercato per la narrativa fantastica di qualità, e che non siamo una fogna culturale che deve accontentarsi di leggere in lingua originale la roba buona. Ho già detto che, dal punto di vista di chi vuol fare soldi, la narrativa per definizione non è un buon mercato. Lo ribadisco: da una casa editrice non verrà mai fuori uno Steve Jobs o un Mark Zuckerberg milionario. Ma una casa editrice potrebbe comunque avere sufficiente successo da auto-sostenersi, sopravvivere nel tempo e addirittura crescere, senza dover scendere a compromessi con le mode (leggasi: paranormal romance per adolescenti) o abbassare i tempi e i costi di produzione (e quindi la qualità) dei propri libri.
Collane come Vaporteppa possono mostrare che la scelta di una piccola nicchia insoddisfatta (la narrativa fantastica in Italia) e l’attenzione intransigente alla qualità sono un modello vincente e da imitare. Collane come Vaporteppa possono diventare lo standard dell’editoria digitale degli anni a venire. Ed è qui che entrate in gioco voi!

Poche vendite, pochi soldi. Come pensa di sopravvivere una realtà come Vaporteppa, allora? Tenendo duro per un paio di anni in OTTIMO E ABBONDANTE PASSIVO, guardando come va il terzo e stimando se ci siano prospettive per proseguire dal quarto in poi. Fine. Se faremo un buon lavoro, se faremo tutto il possibile e se i lettori useranno anche solo una frazione del bombardamento di marketing che attuano per diffondere i titoli dei libri che li disgustano per parlare dei nostri libri che gradiranno, potremmo farcela.
(Qualche numero sugli e-book italiani tra 2012 e 2013)

Basta andare su un blog come quello del buon Zwei – e non è certo l’unico né il principale – per vedere con quanto entusiasmo gli amanti del fantatrash pubblicizzino libri oscuri e che non vendono un cazzo per il puro gusto di perculare lo scrittore incapace. Tizi giustamente condannati all’oblio dalla propria incapacità si trovano a vivere i propri quindici minuti di popolarità per il solo merito di scrivere so bad it’s good. E in questi momenti di sfottò generale, è quasi un rito che qualcuno alzi la testa e osservi candidamente: “Ma come è possibile che si sia arrivati a questo punto? Perché si pubblicano libri così di merda? Perché non si pubblicano più libri di qualità?”.
Eccovela, la qualità. Se vi indignate di fronte all’ennesimo Unika o al nuovo clone sfigato di Tolkien, se vorreste leggere bei libri in lingua italiana e non lo fate perché impediti dalla mancanza di scelta, se pensate che l’Italia meriti qualcosa di meglio di ciò che offre panorama attuale, allora provate Vaporteppa. Gli Dei di Mosca è solo la prima delle opere di narrativa che sarà pubblicata dal Duca. Altre ne seguiranno nelle settimane e mesi a venire. Secondo me sarà una figata.

Unika - La fiamma della vita

…o preferite continuare a leggere questo?

Non appena Gli Dei di Mosca sarà acquistabile nelle librerie online, rimbalzerò la notizia sul blog.


(1) Specifico “a pagamento” in quanto su Vaporteppa sono già stati pubblicati due e-book gratuiti, liberi da copyright. Si tratta di due raccolte di articoli dello storico astronomo italiano Schiaparelli, rispettivamente sui canali di Marte (LOL) e sulle comete.Torna su


(2) Questo comunque non pregiudica la lettura di Dancing with Bears se non si sono lette le storie precedenti: il romanzo è assolutamente autonomo e autoconclusivo.
Potete trovare maggiori indicazioni sulle opere e i link per scaricarli nella sezione Vekkiume del blog di Vaporteppa.Torna su


(3) Disclaimer per i diversamente astuti: la mia è solo una congettura personale, non ho mai parlato con il Duca della cosa. Non so nemmeno se la cosa sia fattibile a livello di diritti, dato che mi risulta che almeno il racconto “The Dog Said Bow-Wow è già stato pubblicato in Italia anni fa. Ma potrebbe essere uno sviluppo interessante.Torna su

Le contraddizioni di un piccolo editore

EraserheadIl nome è quello del primo, allucinato lungometraggio di David Lynch (quando ancora faceva bei film). Il protagonista, un tipo qualunque con la sfortuna di avere per figlio un piccolo alieno deforme e una cantante piena di cancri in faccia che vive nel suo calorifero, ad un certo punto ha una visione: la sua testa si stacca dal corpo e precipita dal cielo. Un bambino la raccoglie e la porta in una fabbrica, dove viene trasformata in una gomma per matite: Eraserhead.
Eraserhead Press è, al momento, uno dei miei editori preferiti. Se siete frequentatori di vecchia data di questo blog, sapete già di cosa sto parlando: è la casa editrice che ha ‘inventato’ la Bizarro Fiction, nonché quella che ne pubblica la maggior parte. E’ quella che ha lanciato la carriera di Carlton Mellick III. E’ il porto degli amanti del grottesco.

Sembra incredibile che un editore così piccolo sia riuscito a realizzare tanto – a creare un nuovo sottogenere letterario, a radunare attorno a sé una comunità piuttosto unita di scrittori, aspiranti tali e lettori, e a lanciare decine di titoli all’anno. In realtà, ciò che gliel’ha permesso sono state proprio le sue piccole dimensioni. Il Duca ha più e più volte comparato le grosse case editrici a dei dinosauri: goffi, lenti a reagire, iper-burocratizzati. Difficile aspettarsi da uno di questi bestioni che prendano iniziative fuori dagli schemi; loro devono fare i numeri grossi per poter pagare tutto quel personale, e le sedi e i magazzini, e quindi devono inseguire il mercato di chi legge uno-due libri l’anno, e poi magari pubblicare questo romanzo dell’amico del giornalista che in cambio gli fa una recensione sull’inserto del Corriere e quell’altro libro della sorella dell’amica del cugino della figlia dell’amministratore delegato di Boh.
Una piccola casa editrice non ha tutto questo vekkiume ad appesantirla; può prendere decisioni rapide e radicali. Avrebbe, quindi, una chance in più di offrire qualcosa di bello. Questo, però, di solito non accade. La galassia dei piccoli editori sembra perlopiù una versione peggiorativa di quanto di peggio hanno le grosse case: meno soldi e quindi meno editing (che quasi sempre significa scarso o nessun content editing, ma a volte nemmeno line editing!), meno promozione, meno tutto.

Bizarro Convention

I tizi della Bizarro Fiction in un’imitazione della grande editoria italiana.

Il ‘segreto’ della Eraserhead è una banalità. “C’è una nicchia che l’attuale mercato della narrativa non copre; infiliamoci! C’è una categoria di lettori amanti del weird, dei film trashoni di serie b, del grottesco, insoddisfatti dell’attuale offerta del mercato della narrativa fantastica, e alla ricerca di qualcosa di nuovo; accontentiamoli! E dato che anche a noi piacciono un sacco queste cose, siamo le persone più adatte per soddisfarli”.
Scegliersi una nicchia e restare fedeli alla nicchia. Non una generica casa editrice di ‘narrativa fantastica’, o nemmeno di ‘fantasy’ o di ‘sci-fi’. L’offerta della Eraserhead è sempre stata abbastanza chiara: storie fantastiche imperniate sull’assurdo, sullo schifoso, sul disturbante; di piccole dimensioni (mediamente di 100-200 pagine, a cavallo tra novellas e romanzi brevi); ironiche e immaginose, ma senza pretese letterarie; spesso ispirati all’immaginario dei filmacci di genere (da Romero a Troma). Attorno al concetto di ‘Bizarro’, poi, hanno saputo costruire la propria immagine, un’immagine che non si può confondere con quella di nessun’altra casa editrice. E’ stato così che hanno focalizzato attorno a sé i primi lettori.

Il Duca ha già spiegato più e più volte (quando ancora aveva interessi diversi dal Franciacorta) che per sopravvivere alla rivoluzione digitale gli editori non potranno più limitarsi a fare i gatekeeper, ma dovranno diventare aggregatori di servizi. Editing, impaginazione e grafica, pubblicazione sulle piattaforme online, pubblicizzazione, gestione dei rapporti con i lettori, eventuali traduzioni, eccetera. Lo credo anch’io. Liberare l’autore di questi compiti ‘gestionali’ e di marketing sono l’unica ragione per cui un autore dotato di cervello potrebbe preferire affidare il proprio manoscritto a un editore invece di autopubblicarsi. E gli editori dovranno impegnarsi, per convincerci che possono ancora essere buoni a qualcosa.
Ma a questa realtà voglio aggiungere un altro elemento. Una piccola casa editrice, se vorrà essere riconosciuta, se vorrà diventare un punto di riferimento per i lettori, e se vorrà sopravvivere alla competizione a suon di Euro dei Grossi, dovrà individuare la propria nicchia – una nicchia ancora non, o non adeguatamente, coperta – e costruirci sopra la propria immagine. Babbage Editori: la prima casa editrice italiana dedicata allo Steampunk di Qualità! Non si può sperare di entrare sul mercato offrendo ‘di tutto’, perché del ‘di tutto’ non frega niente a nessuno. E poi, se siete piccoli e avete solo uno o due editor, ciascuno specializzato nei propri generi, come sperate di essere credibili se questi devono mettersi a editare qualsiasi tipo di libri, dal romanzo rosa al noir al fantasy tolkeniano? E’ la via più sicura per produrre lavori di scarsa qualità, perdere la faccia e finire nella melma delle centinaia di micro-editori tutti uguali.

Bizarro Convention

Una sintesi dei valori della Bizarro Fiction.

Il passaggio dai libri di carta agli ebook è la più ghiotta occasione per questo tipo di casa editrice ‘specializzata’: si abbattono i costi di produzione e distribuzione, e diventa più facile raggiungere la propria nicchia di lettori (attraverso un uso intelligente dei tag). Nel mercato anglosassone si possono raggiungere numeri allucinanti di lettori, ma anche nel piccolo della nostra Italia semianalfabeta, se si lavora bene, qualche soldo lo si può fare.
Trovo quindi paradossale lo scarso impegno della Eraserhead Press in questo senso. Quando si tratta di libri digitali, la madre della Bizarro Fiction, che si fregia di essere tanto avanguardista, sfrontata, coraggiosa, innovativa, di colpo diventa più conservatrice dei dinosauri italiani. Molti libri di Mellick, l’autore di punta della Bizarro, in formato digitale semplicemente non esistono – per leggere Adolf in Wonderland ho dovuto importare la versione cartacea dagli Stati Uniti. Prezzo maggiorato, una settimana e mezza perché arrivi, e c’è pure il rischio che si sia rovinato nel trasporto.
Le ultime opere di Mellick digitalizzate (The Morbidly Obese Ninja, Crab Town, Fantastic Orgy) risalgono all’inizio del 2012; da un anno a questa parte, non ne fanno più. Altri autori di prima linea, come Kevin Donihe, non sono mai stati pubblicati in ebook, e così decine di scrittori minori di Bizarro che avrei letto volentieri. In altri casi, l’ebook c’è ma viene gestito nel modo sbagliato: come HELP! A Bear Is Eating Me di Mykle Hansen (ne parlai bene agli albori del blog), agile libretto che si legge in un pomeriggio ma che hanno il coraggio di metterti a 6,99 Euro.

Che ci sia dietro una qualche ragione strategica? No. Queste le uniche parole di Mellick in merito, scritte sulla sua message board nel forum della Deadite Press a Marzo 2012:

There won’t be any new kindle editions for at least a couple months. The guy who designs the eraserhead/deadite kindles just left for a long vacation.

Da allora, più nulla. WTF? Il tizio che fa gli ebook se n’è andato e si blocca tutto? Non stiamo parlando di un ingegnere nucleare: è un lavoro che anche una persona digiuna di HTML può imparare a fare in una settimana! E’ chiaro che c’è qualcos’altro sotto, ossia l’incapacità dei tizi di Eraserhead di capire come si stia muovendo il mercato. Forse credono di stare rinunciando a un vezzo, a qualche numero in più che si può sempre recuperare dopo; non si rendono conto che stanno perdendo vagonate di lettori e di passaparola.

Eraserhead Press

Le belle facce di Eraserhead Press.

E intanto, sul sito di Bizarro Central, sul blog di Mellick, e anche su molti dei libri di Bizarro che ho comprato, si trova l’invito a diffondere la fama del genere in questo modo: cercarlo nelle proprie librerie e biblioteche di fiducia e, se non lo si trova, richiederlo.
Sì. Dico sul serio. C’è scritto.
Non so esattamente cosa sperino di ottenere in questo modo. Forse sperano che prima o poi questa crociata per l’inserimento della Bizarro nei canali normali scateni lo sdegno di qualche pia WASP e che si scateni un putiferio mediatico che porti qualche pubblicità al movimento. O forse ci credono veramente. Ma è assurdo. Un genere di nicchia come la Bizarro, scritto in una lingua che è parlata in tutto il mondo, sembra nato apposta per essere diffuso in digitale: istantaneamente, senza barriere geografiche, scavalcando a pié pari la diffidenza dei distributori tradizionali. Non mi sarei mai avvicinato alla Bizarro se non avessi avuto la possibilità di scaricarmi un paio di libri di Mellick e verificare che roba fosse. E ora smetterò di comprare suoi libri, perché non è che tutto quel che scrive valga la carta su cui è stampato, e ho preso più di una sòla dalla Eraserhead, e non ho più voglia di spendere soldi in un editore così poco sveglio.

Il che ci porta al secondo problema della Eraserhead, la qualità. Una qualità che è altalenante, molto altalenante; chi ha letto il mio articolo Un tour-de-force di Bizarro Fiction se ne sarà già accorto. Prendiamo il caso di Donihe. Questo tizio è illuminato da idee assolutamente geniali; ma scrive così male che le rovina. In House of Houses, la trovata folle di un mondo in cui le case prendevano vita diventava una menata semi-incomprensibile sullo stile ‘lager nazista’. Night of the Assholes invece nasce come reinterpretazione della Notte dei morti viventi di Romero, in cui però invece degli zombie ci sono gli ‘stronzi’ (assholes), gente sgradevole che diffonde l’epidemia insultando gli altri: un’altra idea fantastica, ma lo sviluppo del plot e i personaggi sono così piatti che già dopo 40-50 pagine del fascino iniziale non rimane nulla. Libri che sulla quarta di copertina funzionano benissimo, ma che poi non mantengono la promessa. A Donihe non serve un po’ di editing: serve un’assistente sociale.
Ma alla Eraserhead non sembrano pensare che quest’uomo abbia bisogno di aiuto. Un sacco di complimenti, la pubblicazione, ed ecco un altro autore che probabilmente non crescerà più (non dal punto di vista tecnico, almeno), privando il mondo del suo potenziale. Mi sembra un film già visto più e più volte qui da noi, anche se c’è da dire che almeno Donihe il talento immaginativo ce l’aveva. Ma che figata di romanzi avrebbe realizzato, se la casa editrice lo avesse costretto a un editing più ferreo, a pensare meglio la costruzione della trama e dei conflitti – se, in una parola, avesse offerto all’autore un servizio migliore? E quanto, invece, libri malriusciti o riusciti a metà come questi danneggiano il concetto di ‘Bizarro Fiction’, facendolo apparire come una cagata quando invece ha un potenziale enorme? Quanto i libri mediocri generano (giustamente) un word-of-mouth negativo per il movimento?

Kevin L. Donihe

Kevin L. Donihe is not ashamed.

Ecco perché non voglio più comprare cartacei dalla Eraserhead. Se almeno ogni loro libro fosse un centro, forse, e dico forse, potrei pensare di scucire 9 Euro più spese di spedizione a ogni quarta di copertina stuzzicante – e già stiamo parlando di prezzi improponibili. Ma non così. E dire che ci sono molti nuovi libri di Mellick che vorrei leggere: Armadillo Fists, The Handsome Squirm, Tumor Fruit, Cuddle Holocaust; e poi le ripubblicazioni di sue vecchie glorie, tra cui i suggestivi The Steel Breakfast Era e Ugly Heaven; e ancora Pippi of the Apocalypse, seguito di Warrior Wolf Women of the Wasteland e di Barbarian Beast Bitches of the Badlands la cui uscita è prevista entro la fine del 2013. Per non parlare di tutti quei libri di autori minori che hanno stuzzicato la mia curiosità.
Ma c’è una nota positiva in tutto questo. Se, nonostante tutte queste magagne, la Eraserhead Press ce l’ha fatta, e ha raggiunto la notorietà che ha oggi, questo lascia capire quanto potere possa avere una buona costruzione di ‘immagine’ e l’occupazione di una nicchia scoperta. Ovviamente non si può creare una buona immagine di sé se poi l’offerta fa cagare, quindi questa non dev’essere letta come una scusa per trascurare la qualità; ma il rapporto è dialettico, e una cosa aiuta l’altra.

Qualche settimana fa, parlando del romanzo di Valentina Coscia, ho tirato in ballo l’editore WePub. Rientra nella definizione: piccola casa editrice che pubblica solo in digitale. Ho avuto una breve discussione con un signore di WePub circa il ruolo dell’editore nella pubblicazione del libro della Coscia. Di sicuro un editore che faccia il suo lavoro – valutazione, editing, promozione, etc. – e lo faccia bene, offre un servizio all’autore.
Ma se vuole che questo servizio sia percepito anche dal lettore, l’editore deve rendersi riconoscibile. Se WePub vuole che il lettore associ il romanzo che stia leggendo a WePub, così come io associo i romanzi di Mellick e Donihe e la Villaverde e Burke a Eraserhead Press, deve fare un lavoro aggiuntivo. Ossia focalizzarsi su un genere circoscritto, specializzarsi; lavorare per diventare il punto di riferimento di *quel* genere, e di *quei* lettori. Farsi riconoscere come gli Esperti, i Professionisti di quel segmento della narrativa. Che significa anche farsi un mazzo così per documentarsi su quel genere, e diventare davvero esperti – come ha fatto il Duca con lo Steampunk. D’altronde, se uno è appassionato di narrativa, e del genere di cui si occupa, documentarsi non dovrebbe essere un peso, no?
I piccoli non possono permettersi il lusso di essere generalisti.

Eraserhead Alien

Nuovi piccoli editori nascono…