Saggistica: Storia economica dell’Europa preindustriale

Storia economica dell'europa preindustrialeAutore: Carlo M. Cipolla
Editore: Il Mulino
Collana: Storica Paperbacks

Anno: 1974
Pagine: 491

Una breve premessa
Per lo scrittore di narrativa fantastica, il worldbuilding è uno degli aspetti più delicati. Creare un’ambientazione non è solo questione di “colore”, ma è lo sfondo e la ragion d’essere di tutto ciò che accade nel romanzo. Worldbuilding non significa stabilire quanti gradi ci sono d’estate e d’inverno a Granburrone, o decidere i nomi di tutti i regnanti della dinastia di Stocazzo, o disegnare foreste e montagne e città su una mappa formato A4 – quelle sono minchiate. Worldbuilding significa che se decido di raccontare la storia di un giovane paladino che vuole salvare il mondo dai demoni della scabbia, devo innanzitutto chiedermi: che armi usa il mio sbarbatello? Se va in giro mulinando spade e tirando con l’arco, allora difficilmente verrà da un mondo che conosce l’elettricità e costruisce navi volanti 1. Quindi, qual’è il livello tecnologico di questo mondo? E, già che ci siamo, come mai va da solo? Viene da una famiglia povera? O è un reietto del suo gruppo? E quindi, com’è la società in cui vive? E così via…
La pianificazione dell’ambientazione di un romanzo in genere non avviene (e non dovrebbe avvenire) dal generale al particolare, ma dal particolare al generale. Come spiega Scott Card in How to Write Science Fiction and Fantasy, tipicamente lo scrittore parte con un’idea, una suggestione, un personaggio, e gradualmente la espande (combinandola ad altre idee) in una storia. Il worldbuilding avviene in un secondo momento, come un processo che dà supporto e consistenza all’idea di base. E sua volta, il worldbuilding interagisce con le idee di base, espandendole, modificandole e correggendole in modo che il risultato finale siano una trama e un’ambientazione reciprocamente coerenti 2.
Il problema, quindi, sorge quando io, aspirante scrittore, ho la velleità di creare un’ambientazione medievaleggiante (o pseudo-rinascimentale, o inizio-industriale, o vittoriana-steampunk, etc.) senza sapere una mazza di questi periodi storici. Come farò a creare un’ambientazione e una trama coerente, se non ho i mezzi per giudicarla? Difficilmente il risultato sarà differente da quella coppia di geni che fanno cianciare il loro cavaliere medievale di Costituzione, di democrazia e uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge (true story). E l’equo-solidale non ce lo mettiamo?

Con i miei articoli di Saggistica – e in particolare con il primo – ho voluto instradare la gente verso uno studio un minimo serio delle epoche storiche e delle ambientazioni. Oggi voglio continuare questa tradizione con un altro libro di grandissima utilità per chiunque voglia ambientare la sua trilogia elfica sbrilluccicosa in un’epoca pre-industriale. Un libro che quando lo lessi (circa un anno e mezzo fa) mi colpì moltissimo, e mi iniziò a una lunga serie di letture sul medioevo: Storia economica dell’Europa preindustriale.
Okay – il titolo è eccitante come un film muto bulgaro.
Ma, aspettate! Permettetemi di provare a convincervi. Ecco perché dovreste leggere questo libro:

  • Perché Cipolla scrive molto bene e non ci si annoia quasi mai.
  • Perché è una storia non soltanto dell’economia, ma anche della demografia, delle condizioni igieniche, dello stile di vita e delle aspirazioni dell’epoca.
  • Perché non considera il solo Medioevo ma si spinge sino alla metà del Settecento. Può quindi interessare chiunque voglia occuparsi di un periodo post-preistorico e pre-industriale.
  • Perché non richiede una preparazione pregressa in economia o altro, né, a dire il vero, uno studio manualistico (date, avvenimenti etc. della vera storia d’Europa).
  • Perché questo libro vale come altri tre o quattro sull’argomento, quindi è anche un risparmio di tempo ed energie.
  • Perché Cipolla è quello che ha scritto le Leggi fondamentali della Stupidità umana (un must per tutti i fan del Duca). Una garanzia di qualità.

Incuriositi?
Allora entriamo un po’ più nello specifico.

Final Fantasy XII nonsense

Final Fantasy XII. Sceneggiato dalla premiata ditta Siccardi-Montanaro?

Uno sguardo approfondito
Il saggio di Cipolla si propone il modesto compito di riassumere i punti salienti dell’organizzazione economica (e quindi, di riflesso, dello stile di vita) del mondo europeo dall’anno 1000 alla seconda metà del 1700, cioè alle soglie della Rivoluzione Industriale. L’idea forte alla base di questo scelta è che – tenuto conto delle modifiche nel tempo e del progresso – la vita economico-sociale dell’Europa nel corso di questi 700 anni abbia avuto notevoli tratti comuni. Il saggio si compone di due parti, chiamate “Un’approssimazione statica” e “Verso una descrizione dinamica”.
Se la prima parte considera questi 700 anni come un tutt’uno, vedendo cosa è rimasto invariato, o comunque quali sono state le note dominanti di tutto il periodo, il secondo mostra cosa è cambiato nel tempo, in cosa sia consistita l’evoluzione dal placido mondo agricolo dell’anno 1000 a quel laboratorio di tecnica e progresso che furono il Seicento e Settecento, e quali siano stati i fattori determinanti. Citando le parole di Cipolla all’inizio della seconda parte:

In certo senso le pagine che precedono [la prima parte] illustrano ciò che vi fu di permanente nell’economia europea tra l’età dei Comuni e la Rivoluzione industriale, mentre le pagine che seguenti illustreranno quello che cambiò.

In realtà le due parti fanno molto più di così.
Nella prima, Cipolla introduce prima di tutto il neofita ad alcuni concetti fondamentali dell’economia, ossia cosa si debba intendere per domanda, per offerta, per beni di prima necessità e desideri (o, in inglese, “needs” e “wants”), per tesaurizzazione, per inflazione, e così via. In questo senso, il saggio dà fin dall’inizio tutti gli strumenti perché il lettore possa capire l’argomento, senza presupporre – come fanno altre pubblicazioni – una preparazione di base nel lettore. Inoltre Cipolla sfata falsi miti e idealizzazioni, mostrando quanto spesso sia sfumata la linea di demarcazione tra un concetto e l’altro: difficile, per esempio, etichettare il cibo come “bene di prima necessità” e la costruzione di una cattedrale come “lusso”, quando leggendo i documenti si trova gente disposta a patire la fame pur di compiacere Nostro Signore con un abside nuovo.

Duomo di Milano

Un esempio di bene di prima necessità.

Nella seconda parte, poi, Cipolla considera prima di tutto i singoli fattori che hanno determinato l’evoluzione del nostro sistema economico e sociale. Il primo capitolo, per esempio, è dedicato alla rivoluzione urbana del Basso Medioevo – uno dei principali motori del progresso dell’ultimo millennio. Rinascita della città, infatti, significa tanti lavoratori concentrati nello stesso luogo, e quindi più efficienza produttiva, più commercio, maggiore circolazione dei beni, della moneta e delle persone, e quindi più investimenti, e aumento del benessere economico di una parte della popolazione, e così via. Inoltre, la bilancia della ricchezza monetaria e del peso politico comincia (molto gradualmente) a spostarsi dalla classe dei proprietari terrieri – che, soprattutto in Occidente, avevano dominato anche per tutta l’epoca greco-romana – a quella dei mercanti- banchieri-imprenditori puri, o, più di frequente, a quella di coloro che mescolavano i profitti dati dalla terra a quelli dati da commercio e imprenditoria 3.
Un altro capitolo è dedicato alla storia della demografia – dove Cipolla si interroga, analizzando indici di natalità e mortalità, su come mai l’Europa abbia sempre avuto una popolazione notevolmente più bassa di altre aree del mondo, come la Cina o il subcontinente indiano – un altro alla storia della tecnologia – perché gli uomini del Medioevo accettarono con tanta facilità innovazioni tecniche, come il mulino ad acqua, che non presero mai piede presso i Romani? – un altro sulla storia delle monete e del rapporto tra circolazione di denaro liquido e floridità dei commerci internazionali. Si impara così che alcuni progressi furono dettati non solo da cause profondi, ma anche da colpi di fortuna: uno dei fattori che fecero impennare il progresso tra Cinquecento e Seicento, per esempio, sarebbe l’enorme afflusso d’oro e argento (e quindi di monete) dovuto ai ricchi giacimenti trovati nelle Americhe, i quali a loro volta avrebbero accelerato e semplificato la circolazione delle merci in Europa e nelle colonie. Fino alla fine del Quattrocento, infatti, un problema critico del commercio europeo parrebbe essere stato la penuria di minerali preziosi con cui coniare le monete.
Negli ultimi due capitoli, finalmente, Cipolla affronta in modo sistematico le ragioni del progresso tra il Mille e la Rivoluzione industriale. Il primo capitolo, che considera il blocco 1000 – 1500, mostra le conseguenze immediate della rivoluzione urbana; mostra come il consequenziale aumento della popolazione europea (a fronte dell’insufficiente progresso tecnologico, e dell’inesistente progresso medico) portò a livelli di insostenibilità che sarebbero sfociati nella crisi economica della metà del Trecento, nella grande diffusione della peste, e nel diffuso malessere che si sarebbe protratto fino alla metà del Quattrocento; e mostra gli inizi della ripresa della fine del Quattrocento. Il secondo, dedicato al periodo 1500 – 1700, oltre a spiegare come si realizzò il grande progresso che avrebbe portato l’Europa a dominare il mondo, ci mostra le differenze tra le varie nazioni europee e cosa portò alcune alla supremazia (come Inghilterra e Olanda) e altre all’oblio (Spagna, Italia).

Spagna

Finora ho parlato del libro come di un saggio di storia economica. Ma come si sarà capito fra le righe, nel libro di Cipolla c’è molto di più. Parlare dell’economia preindustriale significa infatti parlare di un sistema economico soggetto a continue crisi di sottoproduzione; un sistema fondato sull’agricoltura, e quindi sugli incontrollabili capricci del clima; un mondo in cui carestie e malnutrizione erano la norma più che l’eccezione, e quindi un mondo con aspettativa di vita, e qualità della vita, estremamente basse. Tutto questo significa parlare di distribuzione per età della popolazione europea, e della percentuale della popolazione abile al lavoro, e delle percentuali di ciascuna categoria di lavorati.
Parlare di carestie significa poi parlare di fiumane di contadini che si riversano nelle città. Significa quindi parlare di sovrappopolazione, del rapporto tra popolazione lavoratrici e mendicanti (tra cui, altissimo il numero dei trovatelli), di condizioni igieniche sempre più precarie – e quindi di storia della medicina. Significa anche parlare dei sistemi con cui i governi cittadini si premuravano di proteggere la popolazione dalle conseguenze di una carestia, allestendo scorte di cibo altri sistemi preventivi. E questa panoramica sulle condizioni di perenne precarietà dell’uomo preindustriale, a sua volta, spiega la forte religiosità della gente del periodo, e così si ritorna, ad anello, a uno dei problemi iniziali: come si fa a dire che per questa gente la pagnotta fosse più importante di raccomandarsi al proprio Dio con una chiesa nuova?
Cipolla quindi disegna una storia della società e della mentalità del mondo preindustriale. E il ritratto che emerge – oltre ad essere, in certe pagine, un vero pugno nello stomaco – insegna allo scrittore di fantasy una delle lezioni più importanti: quanto siano infantili, falsi, wish-fulfilling, i medioevi patinati come la Cyrodiil di Oblivion o la Contea di Tolkien. Soprattutto, ti fa riflettere seriamente se vuoi davvero ambientare il tuo romanzo in un periodo così ricolmo di sofferenza, precarietà, povertà, morte, al cui confronto anche l’ultimo immigrato del Burqina Faso sembra un privilegiato. Per dirla in poche frasi:

L’invocazione più frequente nell’Europa pre-industriale era: Domineiddio, liberaci dalla guerra, dalla carestia e dalla peste. […] Per chi è vissuto nell’Europa industrializzata del secolo XX è difficile immaginare cosa fossero la fame e la carestia dei secoli passati. […] La gente moriva letteralmente di fame e non era raro in tempi di carestia il trovare individui morti per la strada con i denti affondati nella terra o nell’erba.

Black Horse Courier

Il punto più basso mai raggiunto dagli Elder Scrolls.

Infine, tre considerazioni sullo stile di Cipolla.
Primo, l’autore dà l’impressione di sapere di cosa sta parlando. Le pagine sono corredate di tabelle e statistiche che disaminano argomenti di ogni sorta, dalle dimensioni delle maggiori città d’Europa nel corso dei sette secoli alla distribuzione della popolazione per tipo di impiego in differenti città, al costo medio di varie categorie di articoli in diversi periodi.
Una delle cose che si notano subito, e che ci portano al secondo punto, è la carenza di informazioni. Cipolla è il primo a dire che i documenti sono spesso lacunosi e scarsi, che molte considerazioni dello storico si basano più su ipotesi e supposizioni che su dati reali. Una patina di dubbio ragionato, di cautela, di rifiuto della spiegazione unica pervadono tutto il saggio. Cipolla è una persona schietta, che quando non è sicuro lo dice, che quando trova superficiale la spiegazione dominante di un certo fenomeno lo fa presente 4.
Terzo, Cipolla scrive bene. E’ immediato, leggero, fa battute, preferisce l’esempio concreto e l’immagine vivida a imbottirsi di termini tecnici – si trova, quindi, all’estremo opposto dello stile pomposo e ripetitivo di Norbert Elias. E’ molto difficile annoiarsi leggendo Cipolla, e si passa con curiosità da un argomento all’altro, dal modo sistematico in cui venivano sfruttati i bambini all’impatto rivoluzionario del mulino ad acqua o della sostituzione del cavallo al bue come animale da tiro.

Insomma, Storia economica dell’Europa preindustriale è piacevole da leggere e ricco di informazioni. Certo, come già per La guerra nel Medioevo di Contamine, il limite del saggio di Cipolla è quello di condensare in meno di 500 pagine quasi un millennio di storia, toccando molti argomenti solo per sommi capi. Ma lo scopo di questo saggio vuole proprio essere quello di dare un’infarinatura di base al neofita. Soprattutto, è degna di lode la capacità di Cipolla di collegare un’argomento all’altro, dalla numismatica alle condizioni di vita del contado, da una panoramica sulla Lega anseatica alla nascita dell’orologio meccanico, dando al lettore uno sguardo d’insieme del mondo europeo preindustriale.
Un notevole risparmio di tempo e fatica, dato che in genere queste stesse nozioni si trovano sparpagliate in più testi. Il curioso di storia medievale scoprirà un sacco di cose nuove; l’aspirante scrittore e worldbuilder avrà in mano gli strumenti di base per creare un’ambientazione credibile. Ho letto diversi volumi di storia dell’economia – come il noioso e compilatorio Storia economica del mondo di Cameron, che non consiglierei a nessuno – e mai nessuno mi ha preso quanto questo.
Uno dei saggi storici più belli che abbia mai letto.

Tabella riassuntiva

Una storia economica e sociale dall’anno Mille alla Rivoluzione Industriale. Impossibilità di approfondire i singoli argomenti.
Facile da seguire, non richiede conoscenze pregresse.
Stile schietto e piacevole.

—-

(1) No: Final Fantasy XII non è un esempio di buon worldbuilding. E’ più un esempio di: “voglio inculare a sangue un branco di 13enni che non sanno niente di niente”.Torna su

(2) Gamberetta esprime opinioni in alcuni punti analoghe nel suo ultimo post:

A proposito di descrizioni e world building: la qualità batte sempre la quantità. È meglio una città ben descritta che venticinque generiche. Meglio una fortezza interessante che cinquanta castelli tutti uguali.
I due approcci principali al world building sono: dal generale al particolare e dal particolare al generale. Io consiglio caldamente il secondo approccio.
Ovvero, quando progettate il vostro mondo fantasy, non partite da un pianeta, o da un continente, partite da una stanza. O da una piazza. O da un angolo di bosco. E, partendo dai dettagli che vedete intorno a voi, costruite l’ambientazione.
Perché è meglio? Perché, a meno che non stiate progettando una guerra interplanetaria, i personaggi non vedranno mai come le grandi montagne dell’Ovest si incuneano nelle pianure meridionali accanto al lago eterno; viceversa vedranno una grotta innevata che si apre sul fianco della montagna, vedranno una mandria di bufalogatti pascolare per la pianura, vedranno i canneti crescere sulla sponda del lago.
Raramente vi serve avere sottomano un intero pianeta, invece è vitale conoscere ogni dettaglio dei luoghi dove si svolgerà l’azione. Sento già l’appassionato di high fantasy frignare che lui ha bisogno di almeno un paio di continenti perché ci deve ambientare una guerra epica. Be’, la guerra epica può funzionare anche se i continenti sono appena abbozzati, l’importante è che si abbia una conoscenza dettagliata di dove si svolgono le battaglie.
Se mostrate a un marine in partenza per il Medio Oriente una cartina muta e gli chiedete di indicare l’Iraq, non avrà idea di dove posare il dito. Questo non gli impedirà di combattere, uccidere, farsi ammazzare e compiere gesta più o meno epiche.

Il mio interesse qui è puramente di costruzione della trama e non di stile di scrittura, quindi non tornerò sulla questione “mostra gli ambienti dove avviene la storia e non il background”, che comunque è giustissima. Il lavoro di worldbuilding, del resto, deve rimanere al 90% sotto la superficie: il lettore non deve neanche vederlo.Torna su

(3) La mancata compenetrazione tra queste due classi, e soprattutto la posizione subordinata di mercanti, tecnici e artigiani, fu infatti una delle ragioni del fallimento di alcune nazioni rispetto ad altre. Il caso della Spagna mi sembra emblematico.
La Spagna nel Cinquecento ebbe l’opportunità di diventare la più potente nazione d’Europa; ma la sua società difettava di borghesi e operai specializzati, e il potere era concentrato nelle mani di proprietari terrieri e burocrati incapaci di capire il valore della tecnica. Risultato? I soldi spagnoli, invece di alimentare le imprese patrie, fecero crescere le economie degli altri Paesi – cosicché la Spagna fu inculata nel breve periodo da Olanda e Inghilterra, e sul lungo periodo da tutta l’Europa occidentale. Per usare le parole di Cipolla:

La Spagna del secolo XVII mancò di imprenditori e artigiani ma ebbe sovrabbondanza di burocrati, preti e poeti. E il Paese sprofondò in una tragica decadenza.

Coglioni.Torna su

Torero incornato

Un riassunto della storia della Spagna dalla nascita a oggi.

(4) Se dovessi trovare un difetto, d’altronde, sarebbe proprio nell’eccesso di diffidenza che a volte mostra per certe teorie consolidate. Certo, non sono uno storico, e la mia opinione vale quello che vale – ma, per fare un esempio, la diffusione della schiavitù e la quantità di potere concentrato nell’aristocrazia fondiaria mi sembrano ancora le ragioni principali nella refrattarietà al progresso tecnico dell’antica Roma; e la conquista dell’Atlantico e il contemporaneo consolidamento degli Ottomani in Medio Oriente mi sembrano tutt’ora delle cause importanti del declino delle nazioni europee del Mediterraneo a partire dalla metà del Cinquecento.Torna su

41 risposte a “Saggistica: Storia economica dell’Europa preindustriale

  1. Ma in realtà non penso che né i videogiochi né gran parte della letteratura fantasy abbiano mai preteso di riprodurre l’autentico medioevo europeo con accuratezza. Sono piuttosto dei gonzi quelli che guardano a questi prodotti pensando che siano fedeli riproduzioni storiche.

  2. @Giovanni
    Io credo che il Tapiro volesse semplicemente, e credo anche molto giustamente, far capire che la conoscenza della realtà storica, delle sue vere condizioni, possa aiutare molto a non fare errori grossolani, a capire le conseguenze delle proprie scelte, le conseguenzialità di una opzione o di un’altra. Non per replicare il mediovevo europeo storico, ma semplicemente per non dire cazzate troppo assurde, per l’incapacità di capire che ad un fatto spesso ne consegue necessariamente un altro solo perchè l’umanità è fatta così.
    Se vuoi cambiare queste leggi di comportamento, devi giustificare il cambiamento, non basta dire che quello è il tuo mondo e ci fai quello che vuoi…

    @Tapiro
    è un libro che giace nella pila dei “da leggere” da un po’ di tempo, solo che mi sono un poco impantanato con la caduta dell’Impero Romano e sto ritardando lo studio del dopo 1300… Ma devo riprendere assolutamente il lavoro, e di Cipolla in lista non ho solo quello…

  3. Worldbuilding.
    *Si spara un colpo in testa*
    Grazie per il consiglio, potrei leggerlo.

  4. Ma in realtà non penso che né i videogiochi né gran parte della letteratura fantasy abbiano mai preteso di riprodurre l’autentico medioevo europeo con accuratezza.

    Eh eh… povero illuso…
    Leggi per esempio queste parole del Duca:

    Nel momento in cui si costruisce un’opera di Narrativa, e quei videogiochi sono opere di Narrativa e quindi sono Retorica (manca il distacco comico e non sono giochi “e basta”: hanno scelto di invadere pesantemente il campo della Narrativa, cosa a cui nessun gioco è obbligato, e ne hanno accettato di conseguenza le regole), e la si imbottisce di elementi storici falsificati in un clima di ricostruzione che si spaccia per credibile, si SA e si DESIDERA plagiare la mente degli ignoranti per guidare la loro prospettiva verso pregiudizi specifici selezionati con criminale consapevolezza.

    Ricordo che il romanzo Assassin’s Creed: Rinascimento venne proposto come romanzo storico e come tale catalogato in tante librerie, costruendo un ulteriore livello di impianto falsificatorio sulla “credibilità” dei videogiochi della serie, anche se, quanto meno, pare che varie idiozie (come l’abito da assassino sempre addosso) siano state tolte dal romanzo.

    E un brano di una recensione del romanzo in questione:

    This book has a very simple plot. A teenage boy in Renaissance Italy wants revenge for the murder of his family members who are involved in a conflict between The Knights Templar and another group of suppossed assassins, so he trains to become an assassin himself and kills almost every man that he meets and sleeps with every woman he meets. There is also some silly secondary mystery about a “Codex” that is supposed to uncover some great weapon or truth. The book ends with the Assassin finding out that the Roman Gods really existed. That’s it. Nothing more. So all the killing in the book was for nothing, except for the author making some money on a stupid plot that makes no sense. The Knights Templar have been really catching it lately. They are being blamed for almost every tragedy in history.

    Per non parlare di tutti quei mystery storici di bassa lega, alla Codice DaVinci, che pur inserendo il disclaimer “Attenzione: è solo un’opera di fiction”, giocano proprio sul fatto (e vendono così tanto per questo motivo) che molta gente si convincerà dell’esistenza del famoso ‘fondo di verità’. Tutti i romanzi di questo tipo giocano su questa ambiguità.
    In quanto alle menti plagiate, ecco Tolman:

    Quanto alla Ubisoft, anatema su di loro: hanno fatto in modo che i ragazzini credessero di imparare la storia giocando ad Assassin’s creed, ed ora i miei studentelli delle medie pensano che Savonarola sia stato messo da vivo al rogo, invece che impiccato e poi bruciato, che Alessandro VI fosse un super-genio del male, Lucrezia Borgia una schizofrenica, considerano Leonardo da Vinci una specie di Archimede Pitagorico un po’ finocchio, invece dell’astutissimo PR che era, e mi trattano l’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo come la Spectre.

    In caso fossi interessato, l’articolo del Duca in questione è questo.

    Per il resto, ha ragione mikecas.
    Parlerò tra qualche settimana di un libro – per la precisione, un’ucronia – che, pur essendo per certi versi molto interessante e piacevole, ha il difetto di ideare la sua storyline alternativa su premesse molto fragili. E se un romanzo è minato nelle premesse, è molto difficile che il lettore riesca mai a innescare la sospensione dell’incredulità necessaria a godersi appieno una storia.
    Se non si conoscono i meccanismi della storia e dell’evoluzione delle società, cadere nella trappola della premessa inconsistente diventa molto facile. E’ l’errore tipico, per esempio, di chi crede che cambiando un singolo episodio (es. assassinare Hitler prima che salga al potere) l’intera storia futura possa cambiare profondamente.
    La cosa è particolarmente lampante nel genere dell’ucronia, ma lo stesso vale per qualsiasi opera di genere.

    @Mikecas:

    Ma devo riprendere assolutamente il lavoro, e di Cipolla in lista non ho solo quello…

    Ti consiglio anche Contro un nemico invisibile – la storia della sanità in Italia tra Cinquecento e Seicento. Con lo stile frizzante alla Cipolla.
    Il miglior storico italiano che abbia mai letto. Spacca i culi anche ai francesi.

  5. Attenzione: nel tuo articolo parlavi di prodotti esplicitamente fantasy (Final Fantasy, The Elder Scrolls, i libri di Tolkien e seguaci), e io ti ho risposto considerando quelli.
    Le ucronie e i finti romanzi storici come Assassin’s Creed e Il Codice DaVinci sono un altro paio di maniche, sui quali potrei anche darti ragione, nonostante rimanga dell’idea che per un buon romanzo sia più importante avere una solida coerenza interna piuttosto che rispecchiare fedelmente la realtà storica. Potrei sbagliarmi, ma non penso che nessuno dei libri che hai citato si sia mai spacciato come fedele ricostruzione storica. Se i lettori però li considerano tali, sono fessi loro, non gli autori.
    (Mai mi sarei immaginato di ritrovarmi a difendere i libri di Assassin’s Creed, che mi fanno rabbrividire al solo pensiero)

  6. Segnalazione interessante. Me lo procouro sicuramente. Bravo Tapiro ^_^ Vedo che la permanenza presso il Soviet Supremo del Ndocazzostan sta dando i suoi buoni frutti ^_^

    Final Fantasy XII. Sceneggiato dalla premiata ditta Siccardi-Montanaro?

    Lol. Quel trailer è una delle cose più retard che abbia mai visto in vita mia. Sopra enormi astronavi che esplodono e veivoli che si mitragliano reciprocamente. Sotto una mongolata di minchioni in armatura che caricano alla cieca come tanti negri dell’età della pietra.

    La Spagna del secolo XVII mancò di imprenditori e artigiani

    Merito se non sbaglio di re Ferdinando e della genialata di espellere i parenti della Tengi dalla Spagna. Partiti loro, la penisola iberica si trovò praticamente priva di un ceto mercantile. Di modo che in pratica gli spagnoli fregavano 100 pezzi d’oro agli indios e 200 ne spendevano per acquistare chincaglierie (con soldi anticipati dai Genovesi e merci portate dai veneziani e prodotte da indiani e cinesi…di modo che l’oro degli inca finiva a ingrassare il tesoro di Pechino. Pensa tu che giro interessante)

    ebbe sovrabbondanza di burocrati, preti e poeti.

    Beh, imho sempre meglio di laureati in giurisprudenza e filosofia ^__^

  7. Mi hai convinta. Prestamelo.

  8. @Giovanni:

    nonostante rimanga dell’idea che per un buon romanzo sia più importante avere una solida coerenza interna piuttosto che rispecchiare fedelmente la realtà storica

    Non ci capiamo.
    Come fai a sapere se la tua ambientazione pre-industriale inventata ha una solida coerenza interna, se nella tua mente non hai alcun modello di civiltà pre-industriale? Come fai a sapere che un esercito in cui sfilano fianco a fianco cavalieri in armatura a piastre e cannoni laser è un’autocontraddizione, se non sai niente di storia della tecnologia e il tuo unico punto di riferimento è Final Fantasy?
    L’assurdo logico dell’uomo medievale che esalta la Costituzione, la democrazia e l’uguaglianza in Arsalon non è un assurdità per i canoni del nostro medioevo; è un’assurdità rispetto a qualsiasi medioevo possibile e immaginabile. Ossia, è incoerente con l’ambientazione – è internamente coerente.
    Studiare la storia (che sia la storia d’Europa o quella della Cina o dell’India o dell’Etiopia o della Groenlandia) ci permette di creare nella nostra mente dei modelli. Quando noi progetteremo i nostri mondi inventati – senza relazioni con Europa o Cina o Etiopia o Groenlandia – attingeremo, più o meno consciamente, a quegli stessi modelli.
    In mancanza di un minimo di studi storici, i miei modelli saranno Oblivion o Tolkien o Xena. I risultati li conosciamo.

    Potrei sbagliarmi, ma non penso che nessuno dei libri che hai citato si sia mai spacciato come fedele ricostruzione storica.

    Sicuro di aver letto la parte in grassetto del post del Duca?

    @Dago:

    Bravo Tapiro ^_^ Vedo che la permanenza presso il Soviet Supremo del Ndocazzostan sta dando i suoi buoni frutti ^_^

    ^-^

    Merito se non sbaglio di re Ferdinando e della genialata di espellere i parenti della Tengi dalla Spagna.

    La mia impressione è che di colpe ne han talmente tante, che non saprei neanche da che parte cominciare.

    Beh, imho sempre meglio di laureati in giurisprudenza e filosofia ^__^

    Dovevamo fare ingegneria tutt’e due.
    E comunque è pieno di giuristi che diventano burocrati e filosofi che diventano poeti.

  9. Dovevamo fare ingegneria tutt’e due.

    Non so come stai messo tu. io son fermo alla tabellina del 7 $__$

  10. Esco dal lurcaggio, e giuro non ci rientro più, per ringraziarti, Tapiro, di aver reso la mia pila di libri da leggere una torre jenga (gioco popolare a quanto vedo).
    Il problema principale del fare world building senza informarsi è il rischio di dire assurdità e avere il lettore che ti guarda di traverso e pensa “ma questo che c***o sta a di’?”. Ma il problema sta anche nel mancato vantaggio di avere una fonte di spunti e di idee. La realtà vera è ben più immaginifica e intricata di quella che potresti creare “dal nulla”.

  11. E’ l’errore tipico, per esempio, di chi crede che cambiando un singolo episodio (es. assassinare Hitler prima che salga al potere) l’intera storia futura possa cambiare profondamente.

    E’ un tema molto dibattuto e complesso, quello del determinismo storico. Ci hanno sbattuto la capa storici, politologi e prima ancora filosofi e pensatori. Io stesso non ho una posizione precisa.
    Sicuramente concordo sull’esempio di cui sopra: Hitler era solo la valvola di sfogo del revanchismo tedesco degli anni 30. Morto lui, qualcun altro avrebbe fatto da valvola. Magari Himmler, magari Goebbels, magari un tizio tal dei tali che nel nostro continuum è finito a fare l’impiegato dell’ufficio catasto.
    D’altra parte però mi chiedo: sicuri che con un tizio più sveglio al comando, la Germania avrebbe sempre e comunque perso la guerra, dato il suo accerchiamento geografico/politico e il suo ritardo economico/industriale sugli altri paesi??
    E più in generale, sicuri che la storia abbia sempre e solo una via maestra, in cui le persone non contano niente e tutto viene deciso da rapporti di forza economica (come vorrebbe se non sbaglio il barbuto tedesco amico di Tapiro) ??
    Non parlo solo del nerboruto & villoso re medioevale che trinca troppa birra e ci rimane secco a due passi dalla vittoria in guerra (più volte successo nel medioevo). Parlo anche di fatti più moderni e storicamente significativi.
    Ad esempio, tornando in tema nazi, tu Tapiro sai cos’è l’Incidente di Mechelen?
    toh: http://en.wikipedia.org/wiki/Mechelen_Incident#Results
    E ti sfido a dimostrarmi che se quel minchione non fosse andato in giro con documenti top secret in saccoccia, la storia non sarebbe cambiata.

  12. Esco dal lurcaggio, e giuro non ci rientro più, per ringraziarti, Tapiro, di aver reso la mia pila di libri da leggere una torre jenga (gioco popolare a quanto vedo).

    Lieto del tuo delurking.
    Se poi qualcuno dei miei Consigli dovesse deluderti, o ti venisse in mente di aggiungere informazioni che ho trascurato, sentiti libera di andare a ripescare gli articoli e commentarci. Una delle ragioni per cui ho aperto Tapirullanza è proprio la discussione.

    Ad esempio, tornando in tema nazi, tu Tapiro sai cos’è l’Incidente di Mechelen?
    toh: http://en.wikipedia.org/wiki/Mechelen_Incident#Results
    E ti sfido a dimostrarmi che se quel minchione non fosse andato in giro con documenti top secret in saccoccia, la storia non sarebbe cambiata.

    Non saprei. La mia conoscenza della WWII è troppo scarsa perché possa dire la mia su un caso del genere.
    Comunque ti devo correggere. Marx non pensava che la storia fosse rigidamente determinata, al punto che la serie degli avvenimenti sia immutabile. Se l’avesse pensato, non si sarebbe preso la briga di metter su la Prima Internazionale, no?
    L’idea è un po’ diversa. La storia è determinata dai rapporti di forza economica e dalle leggi di movimento base degli esseri umani; ma, all’interno di questi limiti, rimane comunque un certo spazio di manovra per individui e gruppi. E, a seconda della posizione e del ruolo che riescono a raggiungere, alcuni di questi (es. i re e i condottieri di epoca pre-industriale) hanno il potere di operare cambiamenti sensibili nella Storia.

    L’idea, comunque, è che un cambiamento locale non può modificare la Storia, ma un singolo cambiamento catastrofico (es. la peste nera che stermina il 99% della popolazione europea invece che il 30%, come in The Years of Rice and Salt) o una serie di cambiamenti simultanei o successivi sì.
    Un uomo solo, in una posizione di potere non avrà la forza di cambiare il corso della Storia a suo piacere; ma potrà magari sfruttare i processi macroscopici in atto (su cui può intervenire limitatamente) e incanalarli in una direzione piuttosto che in un’altra. Questa, per esempio, è l’idea alla base della Trilogia della Fondazione e del personaggio di Hari Seldon.

    Parlando della Fondazione, ecco una cosa che mi ha insegnato Asimov e di cui ho trovato molte conferme successivamente.
    L’importanza di singoli uomini nel determinare il corso degli eventi sembra inversamente proporzionale alle dimensioni e alla complessità organizzativa della struttura di cui sono a capo. La singola volontà di Alessandro Magno esercitava molta più influenza sul suo esercito macedone di quanta ne ebbe mai Hitler sui tedeschi. Alessandro Magno poteva fare di testa sua ed essere (fino a un certo punto) obbedito; Hitler no. Così come la singola individualità di Gengis Khan ha avuto un impatto molto più profondo sulla Storia di quello che può aver avuto un Truman o un DeGaulle o un Benito. Se Gengis Khan fosse inciampato in un sasso e morto a sei anni, magari nessuno sarebbe mai riuscito a riunire le tribù mongole. Magari la Cina avrebbe vissuto un progresso più rapido, l’imperatore non avrebbe mai fatto smantellare la flotta e avrebbe conquistato le Americhe per prime. Magari, senza pax mongola, le innovazioni cinesi avrebbero richiesto molto più tempo per arrivare in Europa, e il progresso occidentale sarebbe stato più debole. Magari Kiev sarebbe rimasto il centro della politica nordico-slava, e uno stato come la Russia sarebbe sorto molto prima di quanto avvenuto in realtà a causa dell’invasione dell’Orda d’Oro. Forse.
    D’altronde, una delle ragioni per cui la classe dominante ha sostituito la democrazia (in realtà un’oligarchia) alla monarchia, è stata la volontà di limitare gli accidenti storici. In passato, un re che moriva giovane per una sciocchezza, o che non riusciva ad avere eredi maschi, o altre trivialità, poteva cambiare profondamente gli equilibri tra nazioni. Oggi, Parlamento, ministeri, partiti, lobbies, e altri gruppi di industriali e di banchieri, distribuiscono il potere fra così tante teste che simili “accidentalità” sono praticamente impossibili.
    Tornando ad Asimov: i primi passi della Fondazione sono incerti, e devono il loro successo all’azione di uomini incredibili. Ma mano a mano che la Fondazione cresce, il ventaglio di possibilità si riduce e la macchina comincia a muoversi da sola. In Fondazione e Impero, l’ascesa della prima e il declino della seconda sono ormai inarrestabili; e nonostante il generale dell’Impero Bel Riose sia molto più in gamba dei leader della Fondazione, non può fare niente per arrestare il declino (anzi: per averci provato, fa una brutta fine).
    L’imperatore Diocleziano, per quanto fosse illuminato e avesse accentrato su di sé un grandioso potere, con le sue riforme non poté fare altro che ritardare il tracollo dell’Impero. E questo perché, nonostante tutto, non era in grado di agire (se non molto limitatamente) sulle cause profonde del declino – come l’eccessiva estensione dell’Impero in rapporto al suo livello tecnologico e alla lunghezza dei tempi di comunicazione; o lo strapotere del ceto latifondista in Occidente.

    Insomma: ogni situazione (dalla Crisi di Cuba al rapporto USA-Europa-Cina attuale) ha più soluzioni possibili, con differenti gradi di probabilità. Quali soluzioni siano possibili, e con quale grado di probabilità, è determinato dalle “macro-forze” (e in primis i rapporti economici).
    Gli uomini al comando mantengono una limitata possibilità di spingere in una o in un’altra direzione; posto che la responsabilità di quello che sarà il futuro non poggia sulle spalle di uno solo, ma su tutto l’inter-gioco tra questi individui.

  13. Ci starebbe benissimo un Consiglio del Tapiro sulla Fondazione di Asimov. Io perlomeno ne ho bisogno.

  14. Interessante v.v
    Prometto di dire la mia appena c’ho tempo. Intanto però evincimi: dove stai adesso c’è figa?? v.v

  15. A proposito del Ciclo delle Fondazioni di Asimov, il buon dottore era molto più acuto di quanto la gente normalmente ritenga, e in quei “romanzetti” si può leggere molto di più riguardo alla scienza sociale.
    Sei anni fa, consigliando la lettura della trilogia della Fondazione, ho espresso qualche commento che potreste trovare interessante:

    http://www.webalice.it/michele.castellano/SF_Fantasy/mese/Agosto2006.html

  16. @mikecas: segnato nella mia reading list di Firefox!

  17. @Giovanni:

    Ci starebbe benissimo un Consiglio del Tapiro sulla Fondazione di Asimov. Io perlomeno ne ho bisogno.

    Sarebbe come recensire Il signore degli anelli: non avrebbe senso. La Fondazione è, anche in Italia, il grado zero della fantascienza. Chi non l’ha letto sa che c’è, e sa (almeno sommariamente) di cosa parla.
    Se si vuole intavolare una discussione sui romanzi, okay. Ma non c’ha senso “presentarli”.
    A te posso solo dire di leggerli, che ne vale la pena.

    Ah: e non leggere il link di mikecas. Dice cose giuste sulla psicostoria, ma spoilera tutti i momenti chiave della Trilogia e pure il finale, quindi non è proprio il massimo per chi non l’ha ancora letta^^’

    @mikecas:

    Concordo. Asimov mi piace per gli esatti motivi da te indicati.
    Anche se continuo a sognare un futuro in cui la psicostoria diventi realtà ^-^

    @Dago:

    Prometto di dire la mia appena c’ho tempo.

    Prenditela comoda.
    Io sto ancora cercando di superare lo shock di stare veramente facendo un discorso serio con Dago.

    Intanto però evincimi: dove stai adesso c’è figa?? v.v

    Non sai quanta.

  18. Immagino quindi che copra un arco di tempo maggiore rispetto a “Storia economica e sociale del Medioevo” di Pirenne. Dici che ne vale la pena in così poche pagine?

  19. @Luxifer:

    Ti dirò. Non ho letto il libro di Pirenne (perché non l’avevo trovato, mentre quello di Cipolla è molto diffuso), quindi non saprei dirti.
    Dipende molto dal tipo di informazioni che ti servono. E’ un testo interessante, ben scritto e vasto, ma introduttivo.

    Esempio. Una delle parti che preferisco è il capitolo sul periodo 1500-1700, in cui Cipolla spiega le differenze tra le nazioni che “ce l’hanno fatta” e quelle che “non ce l’hanno fatta”, mostrando così quali potrebbero essere stati i fattori del successo.
    Ma se ti interessa specificamente il rapporto Inghilterra-Olanda-Spagna tra ‘500 e ‘600, o la conquista europea dell’Atlantico, ci sono molti libri dedicati all’argomento decisamente più approfonditi.
    Il pregio di Cipolla è che affronta una marea di questi argomenti correlati, ma ovviamente il livello di approfondimento è inferiore a libri dedicati apposta a uno di questi temi.

  20. Tapiro, lo sapevi che in quel di Hollywood stanno lavorando a un adattamento di Fondazione che sarà diretto da niente popò di meno che da Roland Emmerich? Non sei contento?

  21. @ Tapiro

    Non l’ho letto neanch’io, ma se lo cerchi ancora avevo visto Storia economica e sociale del Medioevo di Pirenne in ebook su Ultima books a un prezzo piu’ che ragionevole.

    Sul ciclo della Fondazione mi piacerebbe sentire il tuo parere. L’ho letto vari anni fa quando ero di bocca piu’ buona pero’ ricordo di avere divorato i primi tre romanzi, primi in ordine di scrittura. L’orlo della Fondazione e Fondazione e Terra mi erano piaciucchiati, mentre il sesto, Preludio alla Fondazione mi aveva disgustato, sembrava una presa per il culo, una roba scritta guisto per far pagine, tanto che di Asimov non ne avevo piu’ voluto sapere.

  22. Ma che bello il trattato di Cipolla sulla stupidità umana! Ho appena finito di leggerlo. Grazie per averlo segnalato. Questa roba dovrebbe essere insegnata all’università! Anzi, fin dalle elementari!

  23. @Giovanni:

    Non sei contento?

    Moltissimo ._.

    Questa roba dovrebbe essere insegnata all’università! Anzi, fin dalle elementari!

    Se si riuscisse a insegnare queste cose a scuola, probabilmente le teorie del libro verrebbero confutate.

    @fraflabellina:

    se lo cerchi ancora avevo visto Storia economica e sociale del Medioevo di Pirenne in ebook su Ultima books a un prezzo piu’ che ragionevole.

    Uh, grazie mille! Lo scaricherò.
    Purtroppo è l’edizione Newton Compton, gente nota per la sua inaffidabilità (diciamo che sono i Fanucci della saggistica). Ma non conoscendo la lingua franzosa, vedrò di accontentarmi.

    Preludio alla Fondazione mi aveva disgustato, sembrava una presa per il culo, una roba scritta guisto per far pagine, tanto che di Asimov non ne avevo piu’ voluto sapere.

    Sono passati alcuni anni, ma non ho un ricordo tanto sgradevole di Preludio. Inferiore alla trilogia originale sì, ma non così male.
    Mi aveva affascinato in particolar modo il quartiere abbandonato nel cuore di Trantor. Ripensandoci adesso, mi fa venire in mente qualcosa dell’Ambergris di VanderMeer; ma forse, solo perché è passato tanto tempo e ho deformato il ricordo… ò_o

    In generale, la Fondazione mi piace un sacco. L’idea di poter predire matematicamente il comportamento di grandi masse di individui mi ha sempre affascinato.

  24. Se si riuscisse a insegnare queste cose a scuola, probabilmente le teorie del libro verrebbero confutate.

    Nel senso che verrebbe confutata la loro pretesa di oggettività scientifica, o che diminuirebbe il numero di stupidi?

  25. Interessante libro , c’è da dire che andrebbe letto il monumentale libro il mediterraneo nell’ età di Filippo II del Braudel , cosi’ per farsi una cultura sul periodo.
    Baccio

  26. Ultimamente non ho tutta questa voglia di leggere saggi, ma questo sembra carino. Terrò conto.

  27. Nel senso che verrebbe confutata la loro pretesa di oggettività scientifica, o che diminuirebbe il numero di stupidi?

    Nel senso che vorrebbe dire che non ci sono così tanti stupidi nei punti chiave delle amministrazioni ^_^

    Interessante libro , c’è da dire che andrebbe letto il monumentale libro il mediterraneo nell’ età di Filippo II del Braudel , cosi’ per farsi una cultura sul periodo.

    Dici bene, “monumentale”: è enorme ._.
    Quando avrò tempo, però, mi piacerebbe molto dare un’occhiata al Braudel.

    @fraflabellina:

    Ho scaricato il saggio di Pirenne e ho dato un’occhiata veloce. A giudicare dall’introduzione e dai titoli di capitoli e paragrafi, mi sembra una trattazione più tradizionale. E’ in ordine cronologico, considera lo sviluppo europeo secondo aree (il Mediterraneo, il Mare del Nord) e secondo categorie (rinascita del commercio, espansione dei terreni coltivati, etc.).
    Utile, ma credo che continuerò a preferire quello di Cipolla.

  28. Utile, ma credo che continuerò a preferire quello di Cipolla.

    Ho scaricato quello di Pirenne, quando finisco il mattone da 3kg sull’evoluzione lo attacco. Sono cosi’ ignorante di storia, specie medievale, che non fara’ molta differenza.

    Sono passati alcuni anni, ma non ho un ricordo tanto sgradevole di Preludio. Inferiore alla trilogia originale sì, ma non così male.

    Ricordo che era inzuppato di un difetto che non sopporto: il girare intondo, il ripetersi, personaggi che si mettono a litigare in continuazione per dei nonnulla. Il segno che l’autore ha ben poco da dire e cerca di “riempire” sono i personaggi e i dialoghi che prendono a girare su se stessi. Mi e’ rimasta impressa la scena in cui Seldon e Dors vanno nel tempio a cercare il robot. Stanno facendo una cosa vietata, stanno rischiando, in gioco c’e’ la teoria di Seldon, si presuppone abbiano una certa fretta, ma quando ben si trovano davanti alla porta della stanza giusta si mettono a discutere se per caso non sia bloccata e si chiedono se vogliano veramente entrare… ed e’ tutto cosi’. Per intenderci, ho letto e leggero’ libri peggiori, ma l’impressione era stata di fastidio, e noia, costanti. La trilogia l’avevo adorata. Per contrasto a leggere Preludio alla Fondazione mi era partito il vaffa.

  29. [OT]
    Tapiro, ti segnalo alcuni refusi:
    “Quindi, qual’è il livello tecnologico di questo mondo?”
    “nel corso di questi 700 anni sia abbia”
    “In certo senso le pagine che precedono” […] “mentre le pagine che seguenti illustreranno”
    “alcuni progressi furono dettati non solo da cause profondi”
    “allestendo scorte di cibo altri sistemi preventivi”
    [/OT]

    Premesso che il mio interesse per il periodo è andato scemando da alcuni anni, è interessante la questione del worldbuilding.
    Concordo in tutto, anche se, imho, logicamente parlando, procedere per induzione piuttosto che per deduzione non è un procedimento migliore di per sé, e anzi, di fatto è approssimativo. La virtù sta sempre in mezzo, e per esperienza so che per avere un’ambientazione accettabile (anche solo per racconti brevi!), è indispensabile procedere tanto dal particolare al generale quanto viceversa. Nel primo modo si può sviluppare un’idea, nel secondo si pongono dei vincoli di coerenza (esempio: se il protagonista è un mago che riesce a creare del cibo dal nulla – particolare -, bisogna pensare a come funziona la magia nel mondo, e se non è una prerogativa del protagonista o di pochi eletti, bisognerebbe regolarizzarla e creare uno schema sensato da inserire nel contesto e adattarvi tutti gli altri elementi).

    Anche io ritengo che, in quanto fantasy, un’ambientazione non debba necessariamente rispecchiare un’epoca del nostro mondo *in tutto e per tutto.*
    Faccio due esempi con due saghe: chi le ha lette intervenga e mi dica se dico stronzate.
    1) Terry Goodkind, la Spada della Verità. Non l’ho letto, so che è una delle peggiori saghe, ad ogni modo, lessi una recensione in cui si diceva che in quel volume, il popolo del regno doveva eleggere il nuovo re. (WTF?) Questo è assurdo non tanto perché rispecchia una politica moderna, quanto per il fatto che una monarchia “democratica” è un po’ un controsenso.
    Ora, non so se ho detto una boiata, il libro non l’ho letto e la recensione dovrei averla letta 5-6 anni fa, ma l’esempio rende bene.

    2) Harry Turtledove, la Guerra dei Regni. Ahimè, mi feci regalare l’intera saga per il compleanno. Ne parla anche Gamberetta, diceva che non era male, se non fosse che, conoscendo la WWII, si conosceva anche la storia della saga.
    Turtledove in pratica copia la storia del nostro mondo, cambia un po’ la geografia, chiama gli stati con nomi diversi, e sostituisce (si badi bene) gli aerei con i draghi, le bombe con uova esplosive, i fucili con BASTONI che sparano raggi magici, carri armati con behemot…
    A me non piacque tanto, l’ambientazione: doveva essere fantasy, invece era la Seconda Guerra mondiale coi draghi. Avrebbe avuto il suo fascino – parlo per me – se non avesse ricalcato così tanto la nostra civiltà. Questo potrebbe essere un esempio o di worldbuilding sbagliato (un “falso” Medioevo/Rinascimento), o di un worldbuilding fatto troppo bene (una perfetta versione fantasy della WWII).

  30. @Taotor:

    La virtù sta sempre in mezzo, e per esperienza so che per avere un’ambientazione accettabile (anche solo per racconti brevi!), è indispensabile procedere tanto dal particolare al generale quanto viceversa.

    Mio buon Taotor, mi spiace ma questo discorso non sussiste proprio.

    Punto primo: io ho spiegato come generalmente avviene il worldbuilding. Descrizione, non prescrizione.
    Se noi fossimo delle intelligenze artificiali con elevatissime capacità di calcolo e un oceano di informazioni immagazzinate, forse sarebbe meglio procedere dal generale al particolare. Per prima cosa creeremmo la nostra galassia, quindi il sistema solare e il pianeta (o i pianeti) dove avviene la storia, quindi disegneremmo il pianeta in ogni dettaglio (fisico e storico), sceglieremmo la location (o le location) spazio-temporali per la nostra storia, e definiremmo anche queste in ogni dettaglio, e alla fine, solo alla fine, decideremmo com’è fatto il protagonista, che conflitti esterni e interni vive, cosa mette in atto la storia…
    Ma noi non siamo intelligenze artificiali. Siamo esseri umani, e le idee iniziali per una storia germogliano generalmente in modo incontrollato. Esempio. Vado alla fermata del tram per andare in università, e sulla banchina, un po’ discosta, c’è una ragazza che piange. Mi incuriosisco: perché piange? Tac, la mia mente comincia a immaginare delle spiegazioni plausibili, e di associazione di idee in associazione di idee, mi si disegna in testa una situazione immaginaria con protagonista una ragazza che piange (ma potrebbe diventare un uomo, un ragazzino, un sasso autocosciente, un dannato elfo).

    Punto secondo: quando mi parli del fatto che trama e worldbuilding devono incontrarsi a metà strada e influire l’uno sull’altro, non fai che ripetere cose che ho già detto nell’articolo. Mi autocito:

    Il worldbuilding avviene in un secondo momento, come un processo che dà supporto e consistenza all’idea di base. E sua volta, il worldbuilding interagisce con le idee di base, espandendole, modificandole e correggendole in modo che il risultato finale siano una trama e un’ambientazione reciprocamente coerenti.

    Mano a mano che la mia idea originale e incontrollata si sviluppa in un inizio di trama, se sono una persona intelligente comincio parallelamente a pensare a un’ambientazione coerente (cioè, mi sposto su un livello più generale e da lì torno verso il particolare, cioè verso l’idea originale e l’inizio di trama). Le due linee di pensiero, inizialmente parallele, dal momento in cui si incrociano instaurano un rapporto dialettico: ossia, una influisce sull’altra.
    Il che significa che se alla fine trama e ambientazioni hanno elementi di incoerenza, e nel frattempo ho deciso che l’ambientazione che ho sviluppato è più interessante dell’idea originale, posso anche sacrificare l’idea (sebbene sia ciò che ha dato la spinta al processo creativo) e sostituirla con una trama più coerente e gestibile.

    Riassumendo: l’idea per una storia parte quasi sempre “dal particolare al generale”, perché è così che funzioniamo; in un secondo tempo, ci spostiamo “dal generale al particolare” per dare consistenza all’intuizione iniziale. Quindi, lavoriamo contemporaneamente su entrambi i fronti, che si incontrano a metà strada per instaurare i vincoli di coerenza.

    Anche io ritengo che, in quanto fantasy, un’ambientazione non debba necessariamente rispecchiare un’epoca del nostro mondo *in tutto e per tutto*

    Quando l’autore è abbastanza in gamba da prendersi queste libertà io sono anche più contento. Non ho mai pensato che un mondo secondario *dovrebbe* essere identico a una nostra epoca storica.

    Questo è assurdo non tanto perché rispecchia una politica moderna, quanto per il fatto che una monarchia “democratica” è un po’ un controsenso.

    La Spada della Verità è veramente brutto.
    Ciò detto, non ricordo la “monarchia democratica” a cui fai riferimento. E in realtà, bisognerebbe fare una precisazione. Se parliamo di una monarchia eletta a suffragio universale, allora sì, è ridicolo. Ma la Storia è piena di monarchie parzialmente elettive, ossia monarchie in cui il re veniva eletto da un numero ridotto di Grandi Elettori (grandi signori feudali, arcivescovi, senatori,eccetera).
    Il titolo di imperatore del Sacro Romano Impero Germanico fu sempre una carica elettiva (e de facto lo fu fino al Quattrocento inoltrato, quando gli Asburgo riuscirono ad impossessarsi in modo stabile della carica; del resto, a quest’epoca il titolo aveva già perso il grosso del suo peso politico ed era meno appetibile). Gli elettori erano costituiti da un numero ristretto di grandi signori feudali e di arcivescovi tedeschi, che in alcuni casi furono anche in grado di deporre un imperatore e nominarne un altro (esempio classico: Ottone di Brunswick, deposto in accordo tra i Grandi Elettori germanici e Innocenzo III, sostituito da Federico II).
    Il caso più interessante è forse quello del Regno di Polonia, in cui il re veniva eletto e doveva rispondere non solo all’alta ma anche a tutto il vasto strato della media nobiltà. D’altronde, le monarchie elettive sono in genere più deboli delle monarchie a dinastia unica, e Impero Germanico e Polonia non fanno eccezione alla regola.

    Premesso che il mio interesse per il periodo è andato scemando da alcuni anni

    A me il Medioevo piace per due motivi:
    1. Il senso di mistero, di sconosciuto, di fantastico appena fuori dalle mura della tua città, o dai confini delle terre della tua famiglia, o dalle cartine disegnate da qualche monaco ignorante.
    2. Il Medioevo è un’età più semplice della nostra, in cui è più facile individuare le costanti storiche, e le regole di movimento delle masse umane. Se uno padroneggia il medioevo, secondo me sarà anche più in grado di avvicinarsi per gradi a capire epoche via via più complicate, fino alla nostra.

  31. @Tapiroulant: Trovo molto interessanti e condivido le tue considerazioni sul world-building (del resto condivido il punto di vista di Gamberetta, illustrato molto bene nella nota dedicata alla questione nel suo ultimo articolo). Nel caso potesse interessarti, qualche tempo fa scrissi un post, più pratico che teorico, sulla questione world-building (e sull’equilibrio tra esigenze di trama e ambientazione) che mostrasse un possibile modo di procedere nell’affrontare la stesura di una “singola scena”:

    http://lacchiapparatti.bcdeditore.it/2011/02/editing-il-burattinaio-estratto-cap-26/

    Approfitto dell’intervento per farti i complimenti per il blog.

  32. Punto primo: io ho spiegato come generalmente avviene il worldbuilding. Descrizione, non prescrizione.

    Devo aver dato un’impressione sbagliata, il mio intervento si rifaceva soprattutto all’opinione crostacea:

    I due approcci principali al world building sono: dal generale al particolare e dal particolare al generale. Io consiglio caldamente il secondo approccio.

    Non è tanto una critica quanto una speculazione aggiuntiva, sia chiaro, soprattutto perché in questa sede di parla di Worldbuilding in maniera più approfondita che sui Gamberi.
    Il fulcro di una storia può emergere spontaneamente o può deciderlo l’autore: Gamberetta suggerisce di procedere dal particolare (intende sicuramente in situazioni aspecifiche), ma se prendiamo Terry Pratchett, ecco che l’ambientazione non dico che viene prima della storia, ma è importantissima per tutte le storie che vi sono ambientate. Non so se Sir Pratchett abbia proceduto dal generale al particolare, ma il Mondodisco è di per sé un “personaggio”, per quanto è importante (tant’è che il primo romanzo si apre proprio con la descrizione generica della tartaruga, gli elefanti e via discorrendo), quindi in questo caso l’affermazione di Gamberetta non so quanto possa essere efficace. Io, nello scrivere una storia simile, partirei senza dubbio dal generale (appunto, lo spazio, tartaruga, il clima, l’ottarino ecc.)
    Sicuramente la scelta dipende dallo scopo che si pone l’autore.

    Terry Goodkind. Ripeto, lessi una recensione, non la saga; ma ricordo che a eleggere il re fosse proprio il popolino, lol. Magari ricordo male, ma chìssene, tanto Goodkind non lo leggerò mai. xD

    A me il Medioevo piace per due motivi:
    1. Il senso di mistero, di sconosciuto, di fantastico appena fuori dalle mura della tua città, o dai confini delle terre della tua famiglia, o dalle cartine disegnate da qualche monaco ignorante.
    2. Il Medioevo è un’età più semplice della nostra, in cui è più facile individuare le costanti storiche, e le regole di movimento delle masse umane. Se uno padroneggia il medioevo, secondo me sarà anche più in grado di avvicinarsi per gradi a capire epoche via via più complicate, fino alla nostra.

    Quoto in toto. Solo che dopo tanti romanzi, giochi e film ambientati nel Medioevo, e soprattutto a causa dell’influenza del Duca (“basta con quella merda medievale! Viva l’800!”), ha cominciato a stufarmi.

  33. @Barbi:

    Nel caso potesse interessarti, qualche tempo fa scrissi un post, più pratico che teorico, sulla questione world-building (e sull’equilibrio tra esigenze di trama e ambientazione) che mostrasse un possibile modo di procedere nell’affrontare la stesura di una “singola scena”

    Complimenti per le mappe XD
    Se era solo una location di passaggio, hai pure esagerato. Ma gli ambienti dove avviene una battaglia e le location principali in cui si muovono i personaggi sì, dovrebbero essere immaginati col massimo della precisione. Disegnarli su carta aiuta.
    Lo scrittore fantasy medio, invece, si ritiene soddisfatto quando ha disegnato la sua inutile mappa del mondo – il 90% del quale non avrà nulla a che vedere con la storia reale.

    BTW. Non ho mai letto niente di tuo, ma se in un futuro dovessi sceglierne uno, quale mi raccomanderesti? L’acchiapparatti o Il burattinaio? In altre parole, quale t’è venuto meglio?

    Approfitto dell’intervento per farti i complimenti per il blog.

    Yeeee.

    @Taotor:

    Non so se Sir Pratchett abbia proceduto dal generale al particolare, ma il Mondodisco è di per sé un “personaggio”, per quanto è importante (tant’è che il primo romanzo si apre proprio con la descrizione generica della tartaruga, gli elefanti e via discorrendo), quindi in questo caso l’affermazione di Gamberetta non so quanto possa essere efficace. Io, nello scrivere una storia simile, partirei senza dubbio dal generale (appunto, lo spazio, tartaruga, il clima, l’ottarino ecc.)

    Però non facciamo confusione.
    Intanto, pianificare l’ambientazione del romanzo e scriverla sono due cose diverse.
    Può darsi che Pratchett parta da una situazione (la vita infelice della guardia cittadina sfigata di lv01) per poi sviluppare il mondo in modo da raggiungere l’effetto comico desiderato. Del Mondo Disco ho letto pochi romanzi, ma non ho affatto l’impressione che Pratchett abbia un mondo costruito a tavolino a partire dal quale di volta in volta sceglie una storia particolare.
    Al contrario, il Mondo Disco mi sembra pieno di zone buie; e quando Pratchett decide di scrivere un nuovo romanzo con questa ambientazione, perché stuzzicato da qualche idea, va a disegnare qualche nuovo angolo di queste zone buie mai immaginate prima (quando non sceglie di riutilizzare una location presente già in vecchi romanzi).

    Detto questo, la soluzione di Pratchett di scrivere un romanzo partendo dal generale (telecamera a volo d’uccello con narratore onnisciente) è una scelta rischiosa che scoraggerei quasi sempre. Soprattutto se si volesse raccontare una storia *seria*, e non umoristica come nel caso di Pratchett.
    Se mi cominci in campo lungo con la descrizione dell’universo, mi salta il POV e quindi l’empatia col protagonista. Inoltre il libro parte col ritmo lento e senza hook (perché non so ancora di cosa parla il libro; so soltanto dov’è ambientato, e a spanne molto generali).

    Infine, Gamberetta parla di “approccio”, cioè di punto di partenza. Non penso avrebbe nulla in contrario con quello che ho detto io.
    Ciò che Gamberetta critica, è lo scrittore fantasy medio che si disegna mappe su mappe del mondo e poi ambienta la storia in città-boschi-castelli tutti uguali e privi di particolari memorabili (o, ancora peggio: ambienti inconsistenti che impediscono di visualizzare al loro interno scene complicate come una battaglia, un assedio, etc.; o ambienti che cambiano dimensioni a seconda dell’autore perché è distratto e non si è mai preoccupata di immaginarli con precisione, vedi la capitale del Mondo Emerso della Troisi).

    tanto Goodkind non lo leggerò mai. xD

    Fai bene.

  34. Il discorso del Tapiro sul Worldbilding è correttissimo, e lo sottoscrivo completamente. Vorrei sottolineare in particolare la parte in cui si arriva a trovare la coerenza interna attraverso un confronto dialettico tra generale e particolare… 😉

    @Francesco Barbi
    concordo con quanto hai scritto in quel post di un po’ di tempo fa. Ho anche letto (per la prima volta, mia colpa) quel capitolo del tuo secondo libro.
    Credo ci siano alcuni difetti che sarebbero facilmente eliminabili, ma nel complesso l’ho apprezzato molto.
    Cercherò di leggere il libro nella sua versione finale, per vedere se hai corretto quelli che, almeno a me, sembravano dei difetti, e cercherò di farti sapere.
    Non sono pregiudizialmente contrario gli autori italiani di fantasy, ma le troppe delusioni incontrate fino a questo momento hanno formato una crosta difficile da superare…

  35. @Tapiroulant: Sono contento che le illustrazioni ti siano piaciute.

    “Non ho mai letto niente di tuo, ma se in un futuro dovessi sceglierne uno, quale mi raccomanderesti? L’acchiapparatti o Il burattinaio? In altre parole, quale t’è venuto meglio?”

    Per rispondere alla tua domanda e continuare in qualche modo a parlare di world-building, ecco un aspetto forse emblematico che illustra una delle differenze tra i due libri: nella prima stesura de “L’acchiapparatti” sentii il bisogno di calare il lettore nelle “Terre di Confine” attraverso delle brevi introduzioni nei capitoli della prima parte. Introduzioni che descrivessero alcuni aspetti particolari, legati alle vicende narrate nel capitolo, della vita degli abitanti di quelle terre. Il narratore scompare poi gradualmente dal testo, via via che il lettore viene immerso nella storia. Quando ho avuto la possibilità di ritornare sul testo, avevo ben presenti certe questioni, ma nella riscrittura ho preferito non tagliare le introduzioni (pur accorciandole molto); sentivo che avevano un loro perché, che c’era un buon equilibrio nel testo e una funzionale evoluzione di stile (che poteva anche essere apprezzata dal lettore). D’altra parte, quando mi sono trovato a scrivere “Il burattinaio” non ho avuto di questi problemi. Avevo maggiore consapevolezza e sapevo come volevo scrivere il romanzo (ho dovuto fare delle scelte, sì, ma non sugli aspetti fondamentali, quali ambientazione strettamente funzionale alla storia ed eliminazione di narratore esterno e digressioni), e così l’ho scritto.
    Insomma, “Il burattinaio” ha senz’altro uno stile più omogeneo e rigoroso ma, pur essendo autonomo, è di fatto il seguito de “L’acchiapparatti”. Se si vuole lasciare aperta la possibilità di leggere entrambi i romanzi, bisognerebbe cominciare dal primo.

    @Mikecas: Mi fa piacere che nel complesso tu abbia apprezzato l’estratto e che tu abbia intenzione di leggere il romanzo. Sono curioso di sapere che ne penserai. Nel caso tu preferissi il formato ebook, i due libri in formato digitale sono disponibili sull’Apple Store a un prezzo ragionevole; e spero che entro breve siano entrambi disponibili allo stesso prezzo anche su Amazon… Sto conducendo una dura battaglia in casa editrice. 🙂

  36. “Il burattinaio” ha senz’altro uno stile più omogeneo e rigoroso ma, pur essendo autonomo, è di fatto il seguito de “L’acchiapparatti”. Se si vuole lasciare aperta la possibilità di leggere entrambi i romanzi, bisognerebbe cominciare dal primo.

    OK. Allora quando mi capiterà leggerò L’acchiapparatti.

    Nel caso tu preferissi il formato ebook, i due libri in formato digitale sono disponibili a un prezzo ragionevole; e spero che entro breve siano entrambi disponibili allo stesso prezzo anche su Amazon

    Io su Internet non ho trovato prezzi inferiori ai 12,99 Euro; spero che non ti riferissi a questo quando hai parlato di “prezzo ragionevole” ^^’

  37. “Io su Internet non ho trovato prezzi inferiori ai 12,99 Euro; spero che non ti riferissi a questo quando hai parlato di “prezzo ragionevole” ^^’”

    No, no, quando venne reso disponibile l’ebook de “L’acchiapparatti” su Amazon a quel prezzo evitai perfino di segnalarne l’uscita. Mi riferivo al prezzo sull’Apple Store, ovvero 3,99 euro. Presto (lo spero) i formati ebook dei due libri dovrebbero essere disponibili anche su Amazon al medesimo prezzo.

    P.S.: Perdona l’ignoranza, ma come si fa a “quotare”?

  38. come si fa a “quotare”?

    Tag “blockquote”.

    Tapi, dovresti fare una sezioncina apposta in una delle colonne ai bordi dove elenchi tutti i tag utilizzabili nei commenti del blog. Siamo sempre in troppi a chiederteli – e poi a dimenticarceli!

  39. Qualcuno potrebbe spiegarmi il concetto di verosomiglianza nel world building?
    se ad esempio ambiento una storia in un ottocento simile al nostro, ma con tecnologia diesel (e non a vapore) sono inverosimile a tal punto da rovinare la narrazione?
    Non parlo di ucronia ma di una realtà diversa dalla nostra.

  40. Qualcuno potrebbe spiegarmi il concetto di verosomiglianza nel world building?

    Puoi vederla in questo modo: come la risposta alla domanda “questa cosa nel mondo reale funzionerebbe?”.
    Te lo immagini un mondo industrializzato, che poi fa combattere il suo esercito con arco e frecce? No. Sarebbe uno spreco di risorse (umane), e perderebbe tutte le battaglie contro qualsiasi altra nazione industrializzata. Quindi è inverosimile.

    Per esempio potresti chiederti, quali aspetti dell’Ottocento (ti riferisci all’Inghilterra dell’800, presumo) vorresti trasportare nel tuo mondo dieselpunk? La struttura sociale? I lavoratori senza diritti? Il lavoro minorile? L’inquinamento? La fiducia nel progresso?
    Tutte queste cose non sono incompatibili con un livello di sviluppo simile ai nostri anni ’20-’30; anzi, le cose sarebbero potute andare così.

    La verosimiglianza di un’ambientazione non è una cosa che si possa capire in cinque minuti; la si impara studiando la storia, le scienze umane, e anche le scienze naturali.
    Se ti interessa un’ambientazione, studiala, studiala molto. A poco a poco capirai quali libertà puoi prenderti con quell’ambientazione e quali creerebbero degli assurdi.

    • “Te lo immagini un mondo industrializzato, che poi fa combattere il suo esercito con arco e frecce? No ”

      Hai centrato il problema.
      si tratta di tecnologia militare dal 1870 alla fine del 800.
      Non solo quella inglese.
      Alla fine faccio prima a unirlo alla tecnologia al vapore perchè quella diesel avrebbe troppe complicazioni con il resto del romanzo.
      Grazie

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