La prima volta che mi venne in mente di riformare la sezione degli Autopubblicati fu un anno e mezzo fa, quando ebbi a che fare con la recensione di Ultimo Orizzonte di Valentina Coscia. A rigore, il libro della Coscia non era un autopubblicato: era edito, infatti, da una minuscola casa editrice digitale chiamata WePub. Per comodità, comunque, tirai dritto su questa magra distinzione e pubblicai l’articolo fra Gli Autopubblicati:
All’atto pratico, per il lettore, non fa molta differenza: si tratta di un romanzo digitale poco pubblicizzato di un autore abbastanza sconosciuto, che si può comprare ad un prezzo irrisorio (2,99 Euro).
La cosa generò una brevissima polemica con lo staff di WePub, ma non interessò i lettori di Tapirullanza, che avevano colto il punto: se il libro ha la stessa presentazione di un autopubblicato, un editing paragonabile a quello di un autopubblicato di buon livello, e un livello di promozione analogo (cioè: basso), allora la distinzione per il lettore sarà irrilevante. Still, avevo fatto qualcosa di non del tutto corretto.
La seconda volta fu quando, dopo lo SteamCamp 2013, meditai di dedicare un articolo a Mondo9, la raccolta di racconti steampunk fantasy di Dario Tonani edita da Delos. Se con il libro della Coscia c’era ancora qualche margine per cavillare, Mondo9 non poteva essere associato agli autopubblicati neanche per sbaglio. Bisognava infilarlo tra le Bonus Track, oppure – in previsione di altre entrate future – aprire una nuova sezione per i libri italiani editi dai Grandi Vecchi.
Al contempo, in quella fase stavo perdendo le speranze e l’interesse verso il mondo degli autopubblicati nostrani. La qualità miserrima dell’offerta (in termini sia di stile che di idee) e gli attacchi che avevo ricevuto ogniqualvolta parlavo in termini critici di una di queste opere mi avevano fatto passare la voglia di occuparmene ancora.1 Con l’eccezione di Soldati a Vapore (ma lì c’era lo zampino del Duca), l’ultima recensione di un autopubblicato propriamente detto – la triste antologia Deinos di Mr. Giobblin – risaliva a un anno prima, e non ne vedevo altre all’orizzonte. Insomma, avevo tanta voglia di mandare a morire “Gli Autopubblicati” e ristrutturare la sezione dedicandola a tutte le opere italiane meritevoli, indipendentemente dal metodo di pubblicazione. Ma in mancanza di nuovi articoli, per oltre un anno non ne feci più niente.
Fino ad ora.
Lunedì prossimo dedicherò un articolo a Caligo, l’ultima fatica di Angra – che abbiamo già incontrato su Tapirullanza con Marstenheim, proprio uno dei primi Autopubblicati – nonché primo romanzo italiano edito da Vaporteppa. E per l’occasione, “Gli Autopubblicati” diventa “Gli Italiani”.
Cosa cambierà, in sostanza? Non molto. Nella nuova sezione, rientreranno tutte le opere italiane uscite in anni recenti che riterrò meritevoli di essere segnalate. Anche autopubblicati, naturalmente, posto che riesca a trovarne di sufficientemente interessanti. Saranno escluse solamente opere italiane “classiche” o di nomi importanti della narrativa italiana, che rientreranno o nei Consigli o nelle Bonus Track – come era accaduto, per esempio, con Il fascio sulle stelle di Massimo Mongai. Non che veda molte possibilità in cui possa venirmi questo dubbio di catalogazione: nomi importanti, nella narrativa fantastica italiana, ce ne sono pochi.
Prevengo da subito un’obiezione che mi si potrebbe rivolgere. Perché far confluire Autopubblicati e opere italiane edite da case editrici, e non invece far ricadere queste ultime in Consigli e Bonus Track? Creare una sezione dedicata agli Italiani non è come dire che siamo una nazione di handicappati, da tenere separati rispetto al resto della narrativa? Be’, che siamo una nazione di handicappati è un dato di fatto; ma no, non sono queste le ragioni della mia scelta. Ecco le mie ragioni:
– Nella maggior parte dei casi, queste opere edite da piccole case editrici vivono una situazione molto più simile a quella degli autopubblicati che non dei titoloni dei Consigli e delle Bonus Track. Poco budget, poca pubblicizzazione, e quindi difficoltà a raggiungere un alto bacino di elettori. I titoli di Vaporteppa o di WePub dipendono dal passaparola tra lettori affezionati tanto quanto le opere che un indipendente come Girola si gestisce da solo.
– Oltre al fatto che queste opere hanno bisogno di essere pubblicizzate, io voglio pubblicizzarle. Se le inserissi, mettiamo caso, tra le Bonus Track – una sezione che si “muove” a velocità più che doppia rispetto a quella degli Autopubblicati – oltre a trovarsi in un bacino di titoli molto più ricco (e quindi a partire con meno visibilità) sparirebbero dalla home page nel giro di pochi mesi. Guardate invece il menu degli Ultimi Autopubblicati (ora sapientemente ribattezzato “Ultimi Italiani”): diamine, nel momento in cui scrivo l’entrata più vecchia è ancora di inizio 2012! Riunire questi titoli sotto una sezione chiamata “Gli Italiani” è quindi un modo per farli risaltare e ribadire: ragazzi, venite a vedere, non c’è solo la roba in lingua inglese di cui parlo sempre, ogni tanto qualcosa di decente pure noi lo tiriamo fuori dal cilindro!

“Pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno Gl’Italiani”. Vai tra’ Massimo, ghe pensi mi.
Creare una sezione separata per le nuove uscite italiane, insomma, non è un modo per “ghettizzarle”. Non faccio trattamenti di favore ai nostri conterranei, non sono più morbido con la roba italiana – ben lo sanno gli autopubblicati di cui mi sono occupato, che non hanno mancato di farmi sapere che sono “troppo duro” e “criticone” e “acido” e che mi masturbo di gusto sulle mie stroncature. I metri di giudizio sono gli stessi, perché leggere Caligo di Angra mi costa lo stesso tempo e la stessa fatica che leggere Starship Troopers, quindi Caligo compete direttamente con Starship Troopers per guadagnarsi la mia attenzione. Ergo: non ha senso metterlo su un altro livello.
Il fatto di essere opere italiane non è un merito né un demerito – nel momento di analisi dell’opera è un elemento del tutto irrilevante, dato che conta solamente l’opera in sé. Solo, posso sperare in questo modo di mettere un po’ più in evidenza opere che mi sono piaciute e sperare di convincere qualcuno in più a provarle.
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(1) A conclusioni simili stanno arrivando più o meno tutti. A cominciare dal buon Zwei, che era partito lanciatissimo nel 2011 con la sua Z-List per poi abbandonare il progetto dopo pochi mesi di sconforto. Persino tra gli irriducibili si è ormai giunti all’accettazione di come stanno le cose, di fronte a un concorso fallito clamorosamente e all’osservazione dell’offerta media su Amazon.Torna su