Autore: Larry Niven
Titolo italiano: I burattinai
Genere: Science Fiction / Hard SF / Space Opera / Big Dumb Object
Tipo: Romanzo
Anno: 1970
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 290 ca.
Difficoltà in inglese: ***
Giunto al suo duecentesimo compleanno, Louis Wu, che ne dimostra ancora venti, è annoiato dalla vita: ne ha viste troppe, niente sulla Terra sembra più in grado di regalargli un’emozione, e sta meditando di prendersi un nuovo anno sabbatico in giro per lo spazio. Perciò è davvero una fortuna per lui imbattersi in Nessus, un Burattinaio di Pierson che sta reclutando una ciurma per una missione segreta di esplorazione nello spazio. L’unica informazione che il Burattinaio è disposto a fornire sullo scopo della missione, è una fotografia che mostra una stella attorno a cui ruota una specie di enorme anello circonfuso di azzurro…
Assieme a Nessus, al violento micione Speaker-to-Animals e a Teela Brown, la ragazza con una predisposizione genetica alla fortuna, Louis Wu si imbarcherà alla volta del Ringworld, un artefatto di tale complessità da intimidire persino le più avanzate tra le civiltà aliene dello Spazio Conosciuto. Ma chi sono i costruttori di Ringworld, e che fine hanno fatto?
Ero un po’ in imbarazzo quando ho dovuto decidere se catalogare quest’opera come Hard SF. La fantascienza hard pretende il massimo possibile di verosimiglianza scientifica; la speculazione sulle future tecnologie deve essere il più possibile ancorata alle nostre conoscenze attuali, e pertanto il setting di questo tipo di fiction non è quasi mai troppo spostato nel futuro.
Ringworld invece è ambientato a quasi un millennio di distanza da noi, e contempla: astronavi in grado di superare la velocità della luce; campi di stasi che bloccano il tempo in una regione dello spazio; una profusione di bizzarre civiltà aliene, una delle quali talmente evoluta da poter spostare artificialmente interi sistemi planetari; e così via. Ciononostante, Niven cerca di dare plausibilità scientifica ad ogni sua invenzione, e dedica molto spazio alla fisica del suo mondo1 – insomma, siamo lontani dal menefreghismo scientifico della Soft SF.
Diciamo allora che Ringworld è un’opera di confine tra la fantascienza hard e la minchiata divertente. Ha quindi le potenzialità per piacere a entrambi i tipi di pubblico – o a nessuno.

Come ogni BDO che si rispetti, la superficie dell’anello esterno potrebbe comodamente contenere milioni di pianeti Terra.
Uno sguardo approfondito
La prima cosa che salta all’occhio, in Ringworld, è la ricchezza dell’ambientazione. Non mi sto riferendo soltanto al mondo-anello, ma a tutto l’universo che lo circonda: la specie dei Burattinai, erbivori da gregge superevoluti con tre zampe, due teste, una codardia congenita che sfiora la paranoia e la mania del controllo; gli Outsiders, mercanti di tecnologie e informazioni che vengono non si sa da dove e viaggiano nello spazio seguendo la scia dei “semi stellari”; le esplosioni a catena di supernove nel cuore della Galassia, e le sue conseguenze per le specie senzienti; i tasp, aggeggi in grado di stimolare i centri cerebrali del piacere, e la dipendenza che possono creare; girasoli che catturano l’energia solare per poi spararla in tutte le direzioni e annichilire ogni altra forma di vita; le guerre tra l’Uomo e gli Kzinti; la Lotteria della Fertilità; e così via.
Le idee e le piccole trovate che attraversano il romanzo sono talmente tante, e alcune talmente bizzarre, che mi verrebbe da accostare Ringworld al New Weird. L’effetto complessivo è simile a quello che mi provocò anni fa l’universo della Fondazione di Asimov: quello di un mondo che si dilata oltre la pagina scritta, di un universo molto più vasto di quello che rimane catturato nel romanzo. Un mondo vivo, sul quale si potrebbero raccontare decine di altre storie.
Niven ottiene quest’effetto in due modi.
Innanzitutto, con le digressioni, che sono frequentissime. I primi incontri tra Louis Wu e lo kzin Speaker-to-Animals diventano uno spunto per parlare delle passate guerre tra Uomini e Kzinti; una breve tappa nel mondo dei Burattinai un’occasione per mostrarci qualcosa della loro tecnologia e della loro società. A volte queste parentesi nascono dal dialogo tra i personaggi; altre volte sono riflessioni private di Louis; altre, dei brutali e sgradevoli infodump. Inoltre, questi spunti non vengono quasi mai esauriti, in modo da lasciare nel lettore un fondo di curiosità.
In secondo luogo, con un uso smodato di termini e concetti esotici – come le ramships, i motori hyperdrive, il boosterspice, il Punto Cieco – che non vengono affatto spiegati ma solo “lasciati intuire”. Questo, da un lato, ha senso: i personaggi conoscono già il loro mondo, non hanno bisogno di spiegarselo, e almeno Niven ci risparmia gli As you know, Bob che infestano la fantascienza. Dall’altro, però, mi sono spesso trovato spaesato a non capire cosa facesse una cosa e cosa fosse un’altra.
Niven però fa un abuso di queste tecniche. Soprattutto nel primo terzo del libro, quando non si è ancora arrivati su Ringworld e quindi non c’è ancora la sua esplorazione a fare da catalizzatore della trama, l’autore continua a passare con nonchalance da un argomento all’altro, aprendo finestre su finestre su storia, società, tecnologia, fisica del suo mondo. Niven sembra avere il difetto di chi è troppo innamorato della sua ambientazione. In un paio di occasioni è capace di aprire delle digressioni nel bel mezzo di una scena d’azione!
Viene solo in parte scusato per la mole di buone idee e per il senso di vastità che riesce a generare. Inoltre molte di queste finestre muovono davvero la trama (alcune solo in un secondo tempo); sono poche le trovate davvero gratuite.

Aprire troppe finestre può creare problemi.
Le stesse croci e delizie riguardano i personaggi principali. La “ciurma” di Louis Wu è una collezione di weirdos: Nessus, con i suoi cicli alterni di euforia e di depressione, combattuto tra l’esigenza di fare il capo e la tendenza naturale della sua specie di rintanarsi in un angolo e far fare tutti agli altri; Speaker-to-Animals, enorme micio inquietante con un esagerato senso dell’onore, costretto a collaborare con altre specie nonostante il motto della sua razza sia qualcosa del tipo: “schiavizza e/o divora tutti coloro che non sono tuoi simili”; Teela Brown, sexy e svampita ventenne che non riesce a capire cosa sia questa cosa chiamata “dolore”. Non voglio dire di più su Teela: non voglio rovinarvi la sorpresa. ^-^
I personaggi di Niven, quindi, sono lontani mille miglia dai manichini funzionali e insulsi tipici dell’Hard SF. E tuttavia, anche loro dimostrano molto di rado una vera profondità psicologica. Niven riesce a farli agire bene nell’emergenza del momento, e anche nell’interazione (spesso ruvida) tra loro; ma mancano di motivazioni profonde. La loro scarsa complessità psicologica è mascherata dando a ciascuno di loro uno o due tratti forti, che funzionano per la maggior parte del tempo, ma che quando vengono meno, ti lasciano con l’amaro in bocca.
Un esempio lampante è il modo in cui nel primo capitolo vengono reclutati Louis e Speaker. In sintesi: “Ehi, sto organizzando una missione fikissima e potenzialmente mortale. Vuoi venire? Sarai ben ricompensato”. “Mmmh, ‘kay”. Questi passaggi sono del tutto privi di credibilità, fanno sembrare la storia una farsa; come se Niven ci stesse dicendo: “Okay, diciamoci la verità, non mi frega un cazzo del plot; voglio solo prendere della gente strana e scaraventarla in un mondo strano”.
Anzi: a volte Ringworld mi è sembrato la cronaca di una campagna di un gioco di ruolo. Intendiamoci: il Master è bravissimo e i personaggi sono di quindicesimo livello; però è pur sempre una sessione di gioco di ruolo. Un giocattolone colorato. Difficilmente ci si sente davvero in ansia per i personaggi: si capisce che in qualche modo se la caveranno sempre.

Da sinistra a destra: il DM, Louis Wu, Teela Brown e Speaker-to-Animals. Nessus è andato in bagno.
Dai personaggi passiamo alla gestione del punto di vista. La cosa più esatta che si può dire sul pov di Ringworld, è che sta “nei pressi di Louis”. Il più delle volte la telecamera è dentro la sua testa, la descrizione di quello che vede si confonde coi suoi pensieri e i suoi giudizi (ma è mantenuta la terza persona). Altre volte, retrocede verso il narratore onnisciente; alcuni degli infodump più sgradevoli non si possono attribuire ad altri che al narratore.
Non ci sarebbe stato bisogno di questi scivolamenti: con un po’ d’attenzione, tutta la storia poteva essere raccontata stando ben ancorati alla spalla di Louis. Il tono della narrazione, disincantato e un po’ ironico, funziona bene col personaggio di Louis e con l’andamento un po’ buffonesco di tutto il romanzo.
Ma a Niven piace creare della suspence inutile, anche a costo di far venire la nausea al lettore o di fargli perdere il filo del discorso. Esempio: il narratore ci avverte che Louis ha notato qualcosa di strano, poi lo vediamo andare a chiamare un altro membro dell’equipaggio; i due tornano sul luogo della scoperta, vediamo loro che guardano la cosa misteriosa, poi cominciano a commentarla e a quel punto capiamo di che si tratta. Niven lo fa di continuo. E’ un modo stupido per creare suspence, non solo perché ci sbalza di pov, ma anche perché in una scena concitata il lettore rischia di non capire se la cosa è stata detta e lui se l’è persa o se non è ancora stata detta, torna alla pagina prima, scorre la pagina in cerca delle informazioni mancanti, non le trova, torna a dov’era rimasto, si confonde di nuovo, e insomma, cazzo – non si fa così!
Ciò detto, Ringworld è assolutamente all’altezza di romanzi BDO come 2001: Odissea nello Spazio o Incontro con Rama di Clarke, e pure meglio di un romanzo come Orbitsville di Bob Shaw 2. La dose di meraviglia è paragonabile, lo stile è migliore, e i personaggi pure; l’unica cosa che viene meno, è il senso di piccolezza e impotenza umana che pervade la Hard SF più seria.
Altro vantaggio non trascurabile, a lettura conclusa la soddisfazione è maggiore rispetto a quella che lasciano i romanzi di Clarke; si ha l’impressione che a tutte le domande principali si sia data una risposta o almeno un’ipotesi di risposta.
Ma rimane anche la giusta dose di mistero.

Un’immagine credibile del Ringworld visto dal suolo. In realtà, data la distanza e la densità dell’aria, non sono sicuro che di giorno l’arco si veda così bene.
Dove si trova?
Se volete leggere Ringworld, dovrete affidarvi a Internet. L’ultima edizione in italiano (col titolo I burattinai) è della Nord (collana Cosmo Oro, N.94) e risale a più di venti anni fa. Sul Mulo si trova senza problemi.
La traduzione italiana che ho trovato su Internet però non mi esalta; solo leggendo un paio di brani per prendere gli estratti, ho notato tagli e riscritture di frasi. E poi si è perso il tanj ç_ç Ma niente paura: il pdf in lingua originale si trova tranquillamente su library.nu.
Su Larry Niven
Proprio come Odissea nello Spazio (3 seguiti), Incontro con Rama (3 seguiti, fondamentalmente scritti da un altro), e pure Orbitsville (2 seguiti), anche Ringworld ha sfornato uno dopo l’altro altri tre libri che continuano la storia del mondo-anello, e poi altri quattro libri che fanno da prequel (anche questi scritti in sostanza da un altro). Ora, nutro una certa antipatia verso questi libri scritti perlopiù su commissione per sfruttare un’ambientazione cara ai fan, per cui non penso li leggerò mai. Potrei fare un eccezione per The Ringworld Engineers, ma si tratta comunque di un’evenienza remota.

Fans di Ringworld.
Niven ha ambientato altri romanzi nel suo universo del Known Space, ma non li ho ancora letti. Mi ispira Protector, ma non so quando proverò a leggerlo.
Chi devo ringraziare?
Il fatto che esistesse un romanzo di sf ambientato su un mondo a forma di anello fluttuava sulla soglia della mia coscienza chissà da quanto; ma il primo riferimento preciso a Ringworld, se non ricordo male, lo trovai in un articolo di Dr.Jack sul bolognium3.
Man mano che approfondivo la mia conoscenza della fantascienza, comunque, i riferimenti a Ringworld (specialmente come pietra di paragone di altre space operas o di altre storie BDO) si moltiplicavano, finché alla fine mi son deciso e l’ho letto.
Qualche estratto
Come estratti, ho scelto un pezzo che desse risalto ai personaggi e alla voce narrante – l’incontro iniziale tra Louis Wu e Nessus (un po’ tagliato) – e uno più fantascientifico – l’avvicinamento della navicella Lying Bastard a Ringworld. Noterete che la traduzione italiana si prende qualche libertà, inoltre per qualche motivo le ultime due frasi di Louis alla fine del secondo brano sono del tutto assenti.
1.
He emerged in a sunlit room.
“What the tanj?” he wondered, blinking. The transfer booth must have blown its zap. In Sevilla there should have been no sunlight. Louis Wu turned to dial again, then turned back and stared.
[…] Facing him from the middle of the room was something neither human nor humanoid. It stood on three legs, and it regarded Louis Wu from two directions, from two flat heads mounted on flexible, slender necks. Over most of its startling frame, the skin was white and glovesoft; but a thick, coarse brown mane ran from between the beasts necks, back along its spine, to cover the complex-looking hip joint of the hind leg. The two forelegs were set wide apart, so that the beast’s small, clawed hooves formed almost an equilateral triangle.
Louis guessed that the thing was an alien animal. In those flat heads there would be no room for brains. But he noticed the hump that rose between the bases of the necks, where the mane became a thick protective mop… and a memory floated up from eighteen decades behind him.
This was a puppeteer, a Pierson’s puppeteer.
[…] Louis said, “Can I help you?”
“You can,” said the alien…
… in a voice to spark adolescent dreams. Had Louis visualized a woman to go with that voice, she would have been Cleopatra, Helen of Troy, Marilyn Monroe, and Lorelei Huntz, rolled into one.
“Tanj!” The curse seemed more than usually appropriate. There Ain’t No Justice! That such a voice should belong to a two-headed alien of indeterminate sex!
— Che diavolo? — si chiese sbattendo le palpebre. La cabina trasfert doveva avere sballato. Non avrebbe dovuto esserci il sole a Teheran. Louis Wu si girò per ricomporre il numero, e rimase allibito.
[…] Di fronte a lui, al centro della stanza, c’era qualcosa che non aveva nulla di umano né di umanoide. La cosa stava ritta su tre gambe e osservava Louis Wu da due direzioni, per mezzo di due teste piatte poste su colli esili e flessibili. Quasi tutta la pelle che ricopriva il suo incredibile corpo era chiara e morbida come quella di un guanto; ma dai due colli una scura criniera, folta e ruvida, scendeva lungo la spina dorsale fino a coprire la complessa attaccatura dell’anca con la gamba posteriore. Le due gambe anteriori, molto divaricate, formavano quasi un triangolo equilatero con i minuscoli zoccoli artigliati.
Louis immaginò trattarsi di un animale alieno. Non poteva esserci posto per un cervello, in quelle teste piatte. Tuttavia notò la gibbosità che spun-tava tra la base dei colli, dove la criniera diventava una specie di folta zazzera protettiva… e un ricordo vecchio di centottant’anni gli fluttuò nella memoria.
Quella creatura era un burattinaio. Un burattinaio di Pierson.
[…] — Posso aiutarti? — disse Louis.
— Sì! — rispose l’alieno…
… con una voce che suscitava i sogni dell’adolescenza. Se avesse immaginato una donna con una voce simile sarebbe stata la somma di Cleopatra, Elena di Troia, Marilyn Monroe e Lorelei Huntz.
— Maledizione! — L’imprecazione era quanto mai appropriata. Non c’è giustizia! Una simile voce appartenere a un alieno con due teste e di sesso indefinito!
2.
That evening, in the space of half an hour, the ringed star came out from behind the sternward block of living-sleeping cabins. The star was small and white, a shade less intense than Sol, and it nestled in a shallow pencil-line of arc blue.
They stood looking over Speaker’s shoulder as Speaker activated the scope screen.
He found the arc-blue line of the Ringworld’s inner surface, touched the expansion button. One question answered itself amost immediately.
“Something at the edge,” said Louis.
“Keep the scope centered on the rim,” Nessus ordered.
The rim of the ring expanded in their view. It was a wall, rising inward toward the star. They could see its black, space-exposed outer side silhouetted against the sunlit blue landscape. A low rim wall, but low only in comparison to the ring itself.
“If the ring is a million miles across,” Louis estimated, “The rim wall must be at least a thousand miles high. Well, now we know. That’s what holds the air in.”
“Would it work?”
“It should. The ring’s spinning for about a gravity. A little air might leak over the edges over the thousands of years, but they could replace it. To build the ring at all, they must have had cheap transmutation–a few tenth-stars per kiloton–not to mention a dozen other impossibilities.”
Quella sera, la stella con l’Anello sbucò fuori al di là della poppa, dove si trovavano le cabine e la stanza di soggiorno. L’astro era luminoso quasi quanto il Sole. Si annidava dentro un alone azzurro, sottile come un segno di matita.
Speaker accese lo schermoscopio. Si avvicinarono tutti alle sue spalle per osservare insieme a lui. Lo kzin centrò la linea azzurra della superficie interna dell’Anello e girò la manopola dell’ingrandimento…
Uno dei tanti interrogativi si risolse da sé quasi immediatamente.
— C’è qualcosa sul bordo — disse Louis.
— Centra il telescopio — ordinò Nessus.
L’orlo dell’Anello s’ingrandì. Una parete dell’Anello era rivolta verso l’astro. Quella esterna, che guardava verso lo spazio, risaltava nera in confronto all’azzurro del cielo, illuminato dai raggi della stella. La superficie del bordo era bassa, ma solo in paragone alla grandezza dell’Anello.
— Se l’Anello è largo un milione di miglia — calcolò Louis, — il bordo deve essere alto perlomeno un migliaio. Ora lo sappiamo. È quello che trattiene l’aria all’interno.
— E funziona?
— Credo di sì. L’Anello ruota a gravità. Ci deve essere una leggera dispersione ogni mille anni, ma può essere sostituita.
Tabella riassuntiva
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(1) Addirittura, stando a Niven, una delle ragioni principali per cui dieci anni dopo avrebbe scritto un segito, The Ringworld Engineers, sarebbe quella di risolvere alcuni problemi tecnici del Ringworld che gli erano stati fatti notare.
Cito dalla voce di Wikipedia:
“A major problem being that the Ringworld, being a rigid structure, was not actually in orbit around the star it encircled and would eventually drift, resulting in the entire structure colliding with its sun and disintegrating. In the novel’s introduction, Niven says that MIT students attending the 1971 World Science Fiction Convention chanted, “The Ringworld is unstable! The Ringworld is unstable!” Niven says that one reason he wrote The Ringworld Engineers was to address these engineering problems”.Torna su
(2) Come in Ringworld, anche al centro di Orbitsville c’è l’esplorazione di una sfera di Dyson. Invece di un anello, in questo caso si tratta di una sfera cava di dimensioni analoghe all’orbita terrestre, che racchiude il suo sole, è riempita di aria respirabile e attraverso speciali campi gravitazionali permette di camminare lungo la superficie interna.
Inizialmente avevo intenzione di recensire questo romanzo invece di Ringworld, dato che è meno conosciuto; ma rendendomi conto che Ringworld lo batte praticamente sotto ogni aspetto, ho lasciato perdere. Forse potrei dedicargli un Consiglio in futuro. Non saprei. Che ne dite?Torna su
(3) Non sono sicuro che la definizione di bolognium utilizzata da Dr.Jack sia appropriata per il Ringworld. Il fatto che per costruirlo ci voglia un livello tecnologico e risorse del tutto fuori dalla nostra portata non implica che sia un oggetto “impossibile” (come lo sarebbe un oggetto che viola apertamente le leggi della fisica). Niven cerca infatti di dare la maggiore plausibilità fisica possibile al Ringworld; il fatto che abbia scritto un seguito apposta per risolvere i buchi tecnici che gli erano sfuggiti nel primo libro la dice lunga sulle sue intenzioni.Torna su
Ottimo Consiglio! 🙂 Ho letto Ringworld in originale qualche anno fa, e anche se per certi versi l’ho trovato un pò “affrettato” (personaggi poco complessi, scene descritte in maniera banale, inutili colpi di scena) l’originalità dell’ambientazione- l’improbabile anello gigante- mi è rimasta impressa.
Come hai fatto notare tu, non sfigurerebbe in un GdR.
Ebbravo il nostro blogmaster, che tra un post e l’altro ha trovato il tempo di laurearsi. 110 e lode, ovviamente 🙂
Tapiro, il blog migliora ad ogni segnalazione !!!
(leggasi: stavolta il libro che hai messo mi attizza decisamente).
Anche io avevo sentito parlare del libro nello stesso posto (ciao dott. Jack), ma all’epoca avevo liquidato la faccenda con un “ma come? Un anello che gira attorno ai mondi? Bah… robaccia” e non ci avevo più pensato.
Credo proprio che lo infilerò in lista di lettura, visto che ad occhio mi ispira mooolto più di Vonnegut (di cui hai parlato lunedì scorso) e di Mielville (che ho letto senza nessun entusiasmo).
P.S. scommetto che anche stavolta il commento finisce in Spam
@giobblin:
Ho scoperto che il gdr di Ringword esiste.
LOL
@Anacroma:
Fiko^^
Temevo che questo romanzo fosse *troppo* famoso per meritare un Consiglio, ma sono lieto che non sia così.
Il famoso scrittore di baleniere steampunk?
No, temo che il filtro anti-spam si sia dovuto rassegnare all’evidenza che non sei un malefico bot pubblicitario.
Letto anche questo!
A dirla tutta mi è venuta voglia di leggerlo dopo questo consiglio, che ho avuto un anteprima già settimane fa (gnè gnè gnè). E ne è proprio valsa la pena. ^^
@ Tapiro, dai che ci siamo capiti… Quello di “Perdido shit station” (cit. Zwei)…
Miéville, ecco (ma sti autori possono chiamarsi in maniera normale, chessò, Mario Rossi?) invece che con sti fonemi fricativi impronunciabili?
Tapiro mi hai convinto, mi ispira questo ringworld.
Lo stavo spulciando in originale per vedere se è un inglese molto complicato e ho notato una cosa… La chiedo a te perché sei abbastanza intelligente e anche laureato (auguri!)… ma perché Beirut in italiano si traduce con Monaco? LoL
10 righe dopo Resht diventa Greenwich.
Anche “a balmy outdoor restaurant” (correggimi, vuol dire un ristorante all’aperto da cui provengono dolci fragranze) viene tradotto con un più virile “Bierstube”, il “raki” viene eliminato e “encouraged the singing of songs in Arabic” (incoraggiò a cantare canzoni in Arabico) diventa “incoraggiando i canti in tedesco”.
Evidentemente la signora Marisa Aureli ha qualche problema cogli arabi, mentre Lovva spudoratamente i tedeschi ^_^
@Guardiano:
E invece questa volta no, la traduttrice è innocente; la discrepanza sta tra la prima edizione di Ringworld e le successive.
Spiego. All’inizio del romanzo, Louis Wu si teletrasporta di città in città perché la notte non finisca mai. Ma, dopo l’uscita del libro, una pletora di lettori fa notare al povero Niven che, per prolungare la notte, Louis avrebbe dovuto teletrasportarsi verso ovest, e non verso est.
Nelle successive edizioni, Niven corregge l’errore facendolo andare a Monaco anziché in Medio Oriente. La traduzione italiana evidentemente è basata su una di queste edizioni successive, mentre quella che si trova su library è la prima e contiene ancora l’errore.^^
Cito da Wikipedia:
Hum… Capito… C’ero rimasto proprio male vedendo questa traduzione. 🙂
Se succedesse in Italia, risponderebbero che sono cose da pignolo, che il mondo è loro e lo fanno come vogliono e che comunque non dovrebbero dare spiegazioni. E se continui sei un troll! 😛
Ringword lo conosco, ma non mi sono mai deciso a leggerlo.
Mi ha sempre ricordato molto la casa degli Ousters nella seconda metà degli Hyperion Cantos di Simmons, anche se le date di pubblicazione mi dicono che al massimo è il contrario.
Se trovo la voglia, me lo leggo.
Grazie per la segnalazione.
Letto l’anno scorso in originale, un linguaggio un po’ deludente sul piano della qualità dell’Inglese, ma niente male quanto a contenutistica.
Davvero piacevole
Bello! °_°
Mi piacerebbe leggerlo, anche se temo che non mi imbarcherò nell’impresa della lettura in lingua originale. Sto finendo la saga di Leviathan di Westerfeld e quindi mo basta, per un po’. Torno all’italianese per qualche tempo… Chissà se da qualche parte, su una remota bancarella, riesco a trovarlo.
Tra l’altro mi ha ricordato un po’ Sigil, l’ambientazione di D&D 😀
Che fosse deludente non ricordo; ricordo invece di averlo trovato piuttosto difficile, almeno all’inizio; più degli altri autori che leggevo in quel periodo (Stapledon, LeGuin, Bob Shaw, Spinrad, Walter Miller). Anche se non so quanto valga questa testimonianza: non è nemmeno un anno che mi sono messo a leggere narrativa in inglese.
Se cerchi “I burattinai” o “Burattinai nel cosmo” sul Mulo lo trovi…
Grazie per la citazione :).
Specifico: “qualcosa che è impossibile per quanto ne sa il pubblico corrente”.
E’ il lettore corrente che valuta cosa è congruente e cosa no. E queste convinzioni cambiano di giorno in giorno; difficile sapere cosa sarà possibile nel futuro e cosa sarà accettato come normale.
In breve:
Se il lettore corrente già conosce ed accetta l’elemento presentato non ha bisogno di tante spiegazioni, se il lettore lo ritiene impossibile invece ha più bisogno di essere imboccato.
Penso che dopo queste precisazioni ti troverai più d’accordo ;).
——
Ad esclusione dell’anello il libro Ringworld (che ho letto in italiano I burittinai) non mi aveva colpito molto. Tanto che non mi ha lasciato molto.
Un punto che non mi era piaciuto in particolar era Teela, che sapeva troppo di deus ex machina ambulante.
In linea di massima comunque mi trovo d’accordo con la tua analisi. (Anche se magari avrei messo qualche punto negativo in più nella tabella finale.)
Cavolo. Non ci avevo pensato, ma in effetti hanno l’elemento anelloso in comune.
@Dr.Jack:
Sì e no.
Sono d’accordo che la sensibilità e la cultura di una persona modifichi la sua percezione di cosa sia “possibile” e “impossibile”, ma credo anche che ci siano dei bolognium oggettivi ed altri che non lo sono.
Faccio un esempio.
Il Ringworld, come dicevo, è qualcosa di assolutamente irrealizzabile con l’odierna tecnologia umana. Eppure ha una coerenza interna. Posto che ci sia una razza aliena abbastanza avanzata, l’anello diventa plausibile.
Posso immaginare senza problemi che, *in questo esatto momento in cui ti parlo*, possano esistere dei ringworld da qualche parte nella nostra galassia.
Prendiamo invece il coniglio di SMQ. Il coniglio parla e stringe sigarette tra le zampe pur avendo la conformazione fisica di un normale coniglio. Non è internamente coerente, e infatti Gamberetta diceva qualcosa tipo che seguiva una logica mangosa, cartoonesca. Bisogna fare un “atto di fede” per accettare il coniglio di SMQ, perché è una creatura impossibile nel nostro universo.
Ergo: il coniglio di SMQ è un bolognium oggettivo, il ringworld no.
Di Teela non mi piace il suo finale privato, troppo affrettato e tutto raccontato; quello sa davvero di deus ex machina, sembra che Niven non sapesse come levarsela dai piedi.
Per il resto, invece, a me il personaggio piace. La reale portata delle sue “capacità” si scopre tardi, ma gli indizi in quella direzione erano già stati tutti disseminati. E’ fin dal capitolo in cui appare che Nessus e Louis si interrogano sulla sua fortuna e come funzioni.
Più che oggettivo o soggettivo io la vedo più come “genere di narrativa”.
In una storia l’elemento “incongruente” può venire presentato in diversi modi.
Uno dei modi è la logica cartoonistica di cui parli.
Più in generale un altro dei modi è la meccanica fantasy: “è magia”. Da qui il Fantasy.
Mentre esiste anche il metodo scientifico. Come per ringworld e altri elementi spiegati con la “fantascienza”. Sono tipi di elementi che si basano su concetti reali e li sviluppano portandoli all’attualmente impossibile.
Anch’io ritengo che questi ultimi siano più probabili e possano diventare più facilmente “veri” nel futuro. Magari, come dici tu, alcuni già esistono e non li conosciamo.
Mi ispira un casino!!! Dovrò procurarmelo!
Ti dispiace se ho usato la tua sinossi come “info” nella pagina da me creata su library.nu?
Volendo, posso mettere il link al tuo blog o mettere il tuo nick ma…visto di che si tratta…non so… ^_^
in caso dimmelo che rimuovo
Fai pure.
Contribuire al miglioramento di library.nu è cosa buona et giusta.
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