Archivi del mese: dicembre 2011

Bilancio di fine anno

TapiroulantTra una settimana scarsa, Tapirullanza compirà due mesi.
Dovendo fare un bilancio di questi cinquanta giorni di attività, direi che il blog è andato molto bene, oltre le mie più rosee aspettative iniziali.
Per dare qualche cifra: Tapirullanza ha superato l’altroieri il traguardo delle 9000 visite (9.187 nel momento in cui scrivo), e conto che abbia superato le 10000 per il 6 Gennaio, giorno del suo secondo mesiversario. La media settimanale di visite oscilla tra le 150 e le 200, con un picco di 220 per la settimana che è andata dal 28 Novembre al 4 Dicembre, la migliore in assoluto. Non so se ci sia un rapporto tra le due cose, ma è la settimana in cui ho parlato dei due libri di Mellick e di Marstenheim di Angra. Certo, si tratta di cifre che impallidiscono rispetto a quelle che Zweilawyer ha pubblicato un paio di mesi fa, e che arrivano fino a venti volte le mie, ma trattandosi di un blog giovane e senza nemmeno una sezione Retard direi che vado bene.
C’è anche un lieve incremento mensile: Novembre ha registrato un totale di 4.151 visite, mentre Dicembre sfiora le 5.000 e probabilmente le raggiungerà in giornata. E questo nonostante due fattori: il lieve calo del periodo natalizio (dal 22-23 Dicembre visite e commenti sono diminuiti, anche se le prime si mantengono ancora attorno alle 150 giornaliere), e il boom di visite registrato a metà Novembre con la pubblicità fattami da Gamberetta in questo breve post.
E’ una pubblicità di cui ancora la ringrazio, e non ho dubbi che buona parte del traffico che riceve il mio blog sia dovuto, anche indirettamente, a lei. Il giorno successivo alla sua segnalazione, Tapirullanza ha registrato 595 visite, vetta assurda mai più sfiorata. Dopo un paio di giorni la cosa si è sgonfiata e il blog è tornato a ritmi più normali – ma una buon numero di persone ha continuato a venire. E la cosa mi fa piacere, perché significa che Tapirullanza non è solo una cosa che diverte me, ma effettivamente è un servizio di utilità per qualcuno.
Questa utilità mi è testimoniata anche dal fatto che persone come il Duca e Zwei (e non sono gli unici) mi abbiano inserito nella pagina dei loro Link Utili. La cosa mi fa estremo piacere e spero di mantenere le aspettative ^-^

Squalo e gorilla

A conferma di quanto detto sopra, ecco la classifica dei primi dieci referrer del blog. In rosso i blog, in blu altri servizi:

  1. Gamberi Fantasy, con 1.511 visualizzazioni
  2. Zweilawyer, con 541 visualizzazioni
  3. Motori di ricerca, con 450 visualizzazioni
  4. Google Reader, con 154 visualizzazioni
  5. Baionette Librarie, con 91 visualizzazioni
  6. La Donna Camél, con 87 visualizzazioni
  7. Draghi di Ottone e Nani con la Scopa, con 85 visualizzazioni
  8. Minuetto Express, con 63 visualizzazioni
  9. WordPress, con 53 visualizzazioni
  10. Facebook, con 48 visualizzazioni

Notate il gap abissale tra la prima posizione e tutte le altre. Ho come l’impressione che le visite al blog subiranno un tracollo il giorno che Gamberetta decidesse di scrivere un nuovo articolo e scalzare la segnalazione su Tapirullanza dalla testata di Gamberi Fantasy^^”
La seconda posizione di Zweilawyer non è un mistero: è un blog molto visitato, e quello dove sono più presente. Ma la cosa che mi ha fatto più piacere è vedere quante persone arrivino qui attraverso i feed reader o dai motori di ricerca. I primi testimoniano che sono riuscito a costruirmi un nucleo di aficionados; i secondi mi garantiscono un buon ricambio di utenza e significano che ho buoni piazzamenti su Google e compagnia.
A parte Tapirullanza, digitata 118 volte (che però significa che la gente stava cercando apposta il mio blog), la chiave di ricerca più ricorrente è stata library.nu (47 volte in quest’accezione; più svariate altre che contengono “library.nu” o “library” nel testo). Spesso la ricerca tradiva una preoccupazione in merito alla recente politica del sito: sembra che abbiano ‘chiuso le iscrizioni’, cioè che chi non abbia la fortuna di avere già un account non possa più registrarsi. Maledetti. Mi auguro che le cose cambino presto.

Piramid Head nella terra della felicità

Non è così, amici di library.nu? ^-^

Purtroppo, devo riconoscere che un buon terzo delle chiavi di ricerca che hanno portato malcapitati su questo blog non tradiscono la stessa razionalità e decenza. Se avete tenuto d’occhio il piccolo box che ho aperto nella colonna di destra un paio di settimane fa, “Ultime Chiavi di Ricerca Weird”, avrete visto con che velocità gente sempre nuova continua a capitare su Tapirullanza cercando le cose più nonsense. E com’è ormai tradizione di ogni blog consolidato, eccovi una carrellata delle più affascinanti, divise per categorie:

– Sesso
I maniaci sono l’unica cosa che sul Web non manca mai e la Rule 34 è forse il pilastro fondamentale dell’universo.
Ciò detto, riconosco la mia colpa: la maggior parte dei pervertiti arrivati qui aspettandosi chissà cosa, ci sono arrivati a causa del mio articolo su The Haunted Vagina e The Baby Jesus Butt Plug, e di quel malcapitato tag “Dildo a forma di personaggi famosi”. A questi appartengono sicuramente “figa di persone famose” e i suoi amici, “culi di persone famose” e “la figa dei personaggi famosi”; ma anche “farsi un dildo” e “buttplug fatto in casa”. A quel dannato articolo – che a questo punto rinnego con forza – potrebbe pure essere imputato l’arrivo del tale che cercava “vibratore a forma di alieno“.
Il mio articolo su A Canticle for Leibowitz è invece responsabile di “cintura di castità” e “cintura anti sesso“.
Non sono invece in alcun modo responsabile di “sborrata in bocca” né di “sesso estremo con cavallo“, argomenti che sono ragionevolmente certo di non aver mai affrontato. Un tizio è pure arrivato qui chiedendo informazioni sul “piersin pene“: a quest’uomo consiglio di imparare la lingua inglese. Un altro, invece, esprime preoccupazioni circa l'”amore dannoso“: a quest’uomo consiglio di usare le protezioni.
Menzioni speciali, poi, per il folle che è arrivato qui digitando “salvadanaio a forma di figa“, e per il deviato che ha scritto “sexy man indiani“.
Ma c’è anche di peggio: è di qualche giorno fa la chiave di ricerca “babbo natale nudo“. Vabbé che sui gusti non si discute, ma…

Tetris porno

– Crudeltà
Per queste chiavi di ricerca credo siano in egual modo responsabili l’articolo su The Iron Dream e quello su Sausagey Santa.
Un tizio per esempio augura: “buon natale nazi“.
Gli risponde un altro, forse in vena cattolica e negazionista: “hitler posseduto“. Un terzo non la manda giù e sentenzia: “dio nazi“!
Un quarto, animato da una certa vena feticista, pretende che lo ragguagli circa “bambini con occhi incavati sterminio ebrei“. Ma la cattiveria travalica i confini del nazismo quando qualcuno mi domanda: “elfo di babbo natale cattivo” (ma chi è cattivo? Babbo Natale o l’elfo?).
La discussione si fa animata quando qualcuno comincia a far notare che gli uomini non sono cattivi per natura; la colpa è della “conversione umano zombie“. No, la colpa è delle circostanze, ribatte quello che ha cercato: “l ultimo sopravvissuto mangia renna” (riferito a un film di Natale finito male?).
Certe cose, infine, non sono proprio perdonabili. Il più cattivo di tutti è sicuramente quello che mi ha chiesto delucidazioni su “come tagliare le orecchie al cane“.

– Weird
Non so se la colpa sia di quella bellissima immagine del cane quadriplegico nel post su Marstenheim, fatto sta che i canidi sono al centro dell’attenzione di molti dei miei frequentatori. Uno per esempio mi chiede la “composizione ossea di un cane meticcio“; un altro, ancora più disturbato, è incuriosito da “tutte le razze di cani che incrociano le orecchie“.
Entrambi, però, ne escono con le ossa rotte contro quello che ha osato chiedere, con aria convinta, “topo di praga cane“.
Un altro dei miei lettori è sinceramente preoccupato dalla “densità dell’aria“, forse a causa del racconto Aria nella recensione di Ucronie Impure, mentre un altro ancora è alla ricerca del “racconto di fantascienza il pianeta ever green è occupato da piccoli verdi” (trama affascinante).
Un tizio che non sa usare Google Maps e nemmeno l’atlante, mi chiede “che nazione c’è dopo l’alaska” (risposta: il Canada, oppure, ehm, l’oceano), mentre un altro – particolarmente pigro o tardo – ha bisogno che gli procuri un “disegno angolo acuto“; un terzo dimostra gusti particolarmente difficili, dat che mi chiede di mostrargli una “granata a frammentazione vista da sotto“.
Un quarto, in overdose da Giacobbo, sostiene che “kurt vonnegut massone“.
Un quinto è confuso, dato che viene a chiedere a me le “mie abitudini lettura“. Se non le sai tu…
Alcuni visitatori, poi, sono più aggressivi di altri; questo, per esempio, esordisce: “mostrami disegno di un avamposto“! Altri, invece, sentono il bisogno di dispensare preziosi consigli, soprattutto sotto Natale; e per esempio questo mi mette in guardia: “non fare come babbo natale indossa le cinture“. Molto gentile da parte tua, ti ringrazio.
E concludo con il più romantico e malinconico dei miei visitatori, che è arrivato qui “guardando giù“.

– Nonsense
Se le chiavi di ricerca della scorsa categoria erano assurde, queste sfideranno le vostre stesse capacità di comprensione.
Uno per esempio si mostra incuriosito da “la fessa asiatica dormiente“; non mi è chiaro se sia una roba porno o una roba metafisica, fatto sta che, stando a quest’uomo, da qualche parte dev’esserci una tizia asiatica che dorme e non è troppo furba.
Di metafisica in metafisica, ci imbattiamo nell’idea ucronica definitiva, “rasputin atlantideo“. Ma Rasputin, ad Atlantide, come ci arriva? Risponde solerte un altro commentatore: ma è ovvio, con “il canotto water“!
…no, sul serio: che cazzo è un canotto water?

E chiudiamo con un tale che sente il bisogno di autogiustificarsi:
le figure di merda succedono perché uno sa divertirsi“.
Bravissimo! Ma io cosa c’entro?

Cani giocatori d'azzardo

Voglio assicurarmi un'altra raffica di chiavi di ricerca senza senso sui cani.

Propositi per l’anno nuovo
Ho aperto questo blog nella speranza di essere d’aiuto a lettori e scrittori.
Ai lettori, perché sperimentassero qualcosa di nuovo dalla solita minestra, che nell’annata 2011 consisteva essenzialmente in: Martin e il suo fantabeautiful, il solito fantatrash italiano (con il bonus della “nuova” saga della Troisi), e l’ultima puttanata di Paolini. E perché si abituassero a scaricare libri, a leggere in inglese, perché imparassero a cercare da sé quello che potrebbe interessarli invece di accettare proni quel che quella banda di avvoltoi delle nostre care case editrici ci propina (rigorosamente dai 15 Euro in su).
Agli scrittori, perché è leggendo sempre cose nuove, e le più varie, che si accresce la propria creatività. Ribadendo quello che più volte ha detto Gamberetta, se io passo la mia vita a leggere di elfi e nani che si incontrano nella taverna e si lanciano in una quest per salvare il mondo dall’Oscuro Signore, la trama più originale che potrò progettare parlerà di elfi e nani che salvano il mondo. L’aspirante scrittore deve leggere di tutto, e capire da dove attingere per le sue creazioni.
Per il futuro del blog, ho dunque intenzione di continuare su questa strada, proponendo consigli settimanali e discutendo di libri insoliti. Voglio anche continuare a recensire autopubblicati più o meno meritevoli, e parlerò sicuramente di altri saggi sul Medioevo o su argomenti limitrofi che ho studiato, per dare una mano a chiunque altro volesse imbarcarsi in questa impresa.
Cercherò di tenere aggiornate tutte le sezioni del blog, cosa non facile, soprattutto per quanto riguarda la pagina della Terminologia. Tento di dedicare tutti i giorni almeno un’ora o due al blog, ma non sempre trovo il tempo, quindi mi dovrete scusare se ogni tanto alcune sezioni rimangono indietro.

E se volete un’anticipazione, ecco una serie di autori, in ordine sparso, che mi piacerebbe leggere l’anno prossimo, e su cui – se troverò roba buona, ma mi sento ottimista – potrei fare dei Consigli:

Sci-fi: Robert Heinlein, Poul Anderson, Frederik Pohl, Theodore Sturgeon, Robert Silverberg, William Gibson, Thomas Disch, Samuel Delany, Clifford D. Simak, Brian Aldiss, Neal Stephenson, Charles Stross, Dan Simmons.
Fantasy: Jeff VanderMeer, Tim Powers, Catherynne Valente, China Mieville, Gene Wolfe, Clive Barker, Ajvide Lindqvist.

E posso già dirvi che arriveranno consigli su Philip K. Dick, Arthur C. Clarke, Michael Swanwick, Jack Vance, Michael Moorcock e altri ancora! ^_^
Quindi non perdetemi di vista! E ricordate che anche i vostri consigli sono sempre bene accetti. Le cose che mi suggerite me le segno, non a caso c’è anche Gibson nella lista…

Pesca di lattine

Con mio grande rammarico, la pesca della lattina è un'attività ancora molto poco esplorata dalla narrativa di genere.

Nota finale: il prossimo Consiglio
Settimana prossima non ci sarà un Consiglio del Lunedì.
Una pausa ogni tanto, tra un Consiglio e l’altro, serve a darmi un po’ di respiro nella ricerca e nell’accumulo di Consigli. E poi non voglio che il perdurare delle vacanze natalizie gli dia poca visibilità. Vedrò comunque di scrivere qualcosa e tenere aggiornato il blog.

Buona fine dell’anno a tutti!

I Consigli del Lunedì #08: Changing Planes

Changing PlanesAutore: Ursula K. LeGuin
Titolo italiano: Su altri piani
Genere: Fantasy / Pseudo-trattato
Tipo: Raccolta di racconti

Anno: 2003
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 250 ca.
Difficoltà in inglese: **

Si sa, stare nelle sale d’attesa degli aeroporti una, due, o anche più ore aspettando di poter salire sul proprio aereo è noioso e snervante. O almeno, lo era, finché Sita Dulip ha scoperto che, con una semplice torsione e uno scivolamento, si poteva viaggiare tra i piani.
Funziona solo nelle sale d’attesa degli aeroporti, ma si può andare ovunque: per esempio nel piano degli Asonu, un popolo dove a parlare sono solo i bambini, che durante l’adolescenza lentamente imparano l’arte del silenzio; o il piano dei Veksi, creature munite di zoccoli, e con mani dentro agli zoccoli, talmente facili all’ira e alla vendetta da vivere in uno stato di guerra pressoché permanente di tutti contro tutti; oppure il piano degli Ansarac, che vivono su un pianeta dall’orbita talmente ampia che una stagione dura 6-7 anni, e che conducono un’esistenza migratoria tra i deserti del sud e le fresche praterie montane del nord. Nel piano di Hegn l’intera popolazione è aristocratica, tutti sono imparentati gli uni con gli altri; e perciò le pochissime famiglie plebee sono trattate alla stregua di creature sacre; e nel piano degli Nna Mmoy, ridotto artificialmente ad una estrema semplicità biologica – pochissime varietà di piante e animali, e nessuna pericolosa – i suoi abitanti hanno compensato sviluppando un linguaggio talmente complicato e ambiguo da sfuggire alla comprensione dei linguisti più esperti. E c’è pure un piano che una multinazionale americana ha trasformato in un parco divertimenti per famiglie…
Inoltre, a viaggiare tra i piani il tempo scorre molto più lentamente che sulla Terra: così uno può anche trascorrere un week-end in giro tra le dimensioni e tornare in tempo per prendere l’aereo!

Avevo detto che non mi sarei occupato di racconti, ma qui voglio fare un’eccezione. Changing Planes, proprio come Cronache marziane di Bradbury, è una raccolta unita da un filo comune: la possibilità di viaggiare su piani diversi dal nostro. Dopo la breve cornice sulla scoperta del “metodo Sita Dulip”, ogni racconto della raccolta è dedicato a un piano diverso. Gli stili variano: si va dalla cronaca di viaggio in prima persona, allo pseudo-trattato etnografico, passando per le interviste informali con uno o più nativi del piano. In ogni caso, nei racconti non predomina mai o quasi l’azione. Come in Flatland, si tratta più che altro di un “ideario”: una raccolta di descrizioni di possibili mondi immaginari, che seguono regole o costumi diversi dal nostro.

Airport waiting room

Una sala d’attesa di aeroporto prima che Sita Dulip scoprisse il modo di viaggiare tra i piani. Notate la noia e il desiderio latente di spakkare tutto.

Uno sguardo approfondito
La qualità dei racconti è altalenante. Seasons of the Ansarac, Social Dreaming of the Frin – su una civiltà di creature che durante il sonno condividono i sogni gli uni degli altri, con le sue conseguenze – e The Royals of Hegn sono probabilmente i migliori; altri interessanti sono The Silence of the Asonu, The Ire of the Veksi, Great Joy, The Nna Mmoy Language, di cui ho già parlato prima, oppure Porridge on Islac – su una società che ha cominciato a produrre artificialmente ibridi biologici di ogni tipo, da donne-pannocchia a cani parlanti che dicono solo volgarità, con conseguenze disastrose – The Building – su una società i cui membri, per ragioni misteriose e forse dettate dai loro geni, spendono una parte della loro vita, e tutte le loro energie, nella costruzione apparentemente insensata di un edificio gigantesco e infinito – e The Fliers of Gi – su una società in cui alcuni individui sviluppano la capacità di volare, ma pagando un prezzo molto alto.
Altri racconti sembrano fuori posto rispetto allo spirito della raccolta. Wake Island, per esempio, potrebbe essere benissimo ambientato nel nostro mondo, dato che parla di un progetto scientifico che va a remengo in una civiltà del tutto simile alla nostra; The Island of Immortals non avrebbe bisogno di essere collocato su un piano diverso dal nostro, dato il setting limitato e remoto; idem per Confusions of Uni, che è un racconto sulle realtà virtuali. Ho letto da qualche parte che molti racconti della raccolta erano già stati scritti e pubblicati in modo indipendente; inserirli in questa raccolta mi sembra solo un bieco modo per fare numero. Altri racconti ancora sono semplicemente noiosi o insulsi, come Feeling at Home with Hennebet o Woeful Tales from Mahigul: succede poco, e quel che succede (in particolare nel secondo) è banale e molto poco fantasioso.
Nel complesso, comunque, i bei racconti superano di 3 a 1 quelli brutti o fuori posto.

Divertimento

Aeroporto dopo la scoperta del metodo Sita Dulip. Ora è molto più divertente.

La preparazione antropologica della LeGuin viene in aiuto della fantasia. Le specie senzienti che si incontrano nei racconti sono sempre credibili, perché l’autrice si preoccupa di darne una giustificazione ecologica e sociale (a volte scrivendola, a volte lasciandola intuire). Un mondo fatto di (quasi) soli pigri aristocratici sembrerebbe impossibile, autocontraddittorio; ma la LeGuin dà sufficienti spiegazioni da renderlo quantomeno plausibile. Alcuni racconti e alcune osservazioni – sulla ritualità tribale, sui rapporti tra il linguaggio e le pressioni ambientali – avrebbero potuto essere pensati soltanto da una persona preparata sull’argomento. Ergo: le idee della LeGuin non sono mai stupide.

Specularmente, la raccolta ha però anche due limiti: di fantasia e di stile.
Riguardo al primo, ho avuto l’impressione che la LeGuin abbia sottosfruttato l’idea originale. La possibilità di inventare da zero dimensioni alternative, con le loro regole, le avrebbe permesso di violare le leggi della fisica esistenti e inventare mondi completamente alieni dai nostri. Avrebbe potuto scrivere di creature senzienti o composizioni planetarie molto differenti dalle nostre. Invece la maggior parte dei suoi piani non fa che presentare civiltà con “costumi” diversi, o magari con qualche abilità o potere non-umano, ma che non le differenziano poi così tanto dal genere umano. Le specie presentate dalla LeGuin sembrano quasi tutte esseri umani con qualche differenza. Alcune – come ho già detto – potrebbero benissimo vivere nel nostro mondo.
Allo stesso modo, gli ambienti sono tutti o quasi delle “altre-Terre”. Pochi hanno delle differenze rilevanti, come il mondo degli Ansarac dalla lunghissima rivoluzione (idea peraltro già sfruttata dalla LeGuin nel mediocre romanzo hainita Planet of Exile). Questo è in parte giustificato dal fatto che gli esseri umani non potrebbero viaggiare su mondi troppo alieni rispetto al proprio (se non al rischio di una rapida dipartita), ma è comunque un peccato. Evidentemente la LeGuin non ha una sufficiente preparazione in fisica o biologia per immaginare mondi più bizzarri, o forse semplicemente non le interessa.

Specie aliene incredibbili!

Un alieno della LeGuin? Nella narrativa non si pagano trucco ed effetti speciali, non c’è ragione di limitare la fantasia!

L’altro problema è quello tipico dell’adottare uno stile “statico”, descrittivo e distante, a uno stile “dinamico”, in cui le cose succedono qui e ora. Vale l’osservazione che ho già fatto altrove: dove le idee sono abbastanza affascinanti, il lettore sopporta di buon grado l’assenza di azione e la lontananza del punto di vista – lo stile da pseudo-trattato può anche essere piacevole; dove le idee sono deboli o noiose, il disagio è raddoppiato. E purtroppo la LeGuin non ha né la creatività né il tono di un Abbott.
A volte poi si avverte un po’ troppo il giudizio personale della LeGuin – in sostanza, il suo odio verso il capitalismo selvaggio degli ameriCani, la sua diffidenza verso la ricerca scientifica incontrollata, e la sua simpatia verso le civiltà rurali, tribali, pre-industriali. Non lo fa in modo vistoso, né in modo ingenuo: non crede al mito del buon selvaggio, e di ogni specie ci fa vedere i lati belli e i lati sgradevoli. Ma una certa preferenza si fa sentire lo stesso, e un paio di volte mi sono trovato a pensare: “Mmh, qui c’è odore di Lipperini…”. Sensazioni fuggevoli, per fortuna ^-^

Su Ursula K. LeGuin
In Italia la LeGuin è conosciuta sostanzialmente per la saga di Earthsea, ma all’estero è almeno altrettanto famosa per la sua produzione fantascientifica. A me la LeGuin non fa impazzire: il suo stile si colloca tra il mediocre e l’orrido, e storie potenzialmente interessantissime sotto la sua penna diventano spesso noiose o piattine. In media, comunque, le sue opere fantascientifiche sono migliori; voglio segnalarne quattro, tre libri del Ciclo Hainita e una stand-alone novel.
Il Ciclo Hainita o Ciclo dell’Ecumene (Hainish cycle nell’originale) è, più che una saga, un’ambientazione condivisa: tutti i libri sono autoconclusivi e si svolgono su mondi differenti, per cui possono essere letti in qualsiasi ordine 1. Nel mondo del Ciclo Hainita, le più avanzate civiltà della Galassia si sono unite in una Lega dei Mondi interplanetaria, il cui scopo primario è di continuare a espandersi integrando sempre nuovi pianeti e popoli. Le varie civiltà membre rimangono però largamente indipendenti, perché nel mondo della LeGuin non si può valicare la velocità della luce, e i viaggi da un pianeta all’altro possono richiedere anche parecchi decenni o secoli. Solo le informazioni (in un primo tempo) e gli oggetti inanimati (successivamente) possono essere teletrasportati istantaneamente da un punto all’altro della Galassia, e questo grazie al dispositivo dell’ansible. Le storie del Ciclo Hainita sono quindi principalmente storie di esplorazione di altre civiltà e culture.
La mano sinistra delle tenebreThe Left Hand of Darkness (La mano sinistra delle tenebre), quarto libro del Ciclo Hainita, è ambientato su un pianeta glaciale i cui abitanti sono tutti degli ermafroditi. O meglio: per la maggior parte del tempo sono degli asessuati ibridi uomo/donna, e una volta al mese, quando entrano in calore, possono assumere per il breve tempo del corteggiamento e del rapporto sessuale i tratti dell’uno o dell’altro sesso, a seconda di chi hanno intorno. Un inviato della lega interplanetaria Ecumene, Genly Ai, si troverà a scendere sul pianeta nel momento in cui le due maggiori potenze si preparano alla guerra… L’argomento è molto affascinante, ma il romanzo è rovinato da uno stile piatto, un ritmo inesistente, e il fatto che per la maggior parte del tempo non succede mai niente. Non a caso le parti più interessanti sono quelle pseudo-saggistiche sullo stile di vita e il ritmo biologico degli ermafroditi. Rimane un libro curioso, che vale la pena provare a leggere.
I reietti dell'altro pianeta The Dispossessed (I reietti dell’altro pianeta), quinto libro del Ciclo Hainita, è un romanzo politico. Mentre sul pianeta Urras trionfa il capitalismo, sull’inospitale luna Anarres un gruppo di separatisti ha fondato una società anarchica, basata sulla mutua collaborazione e sull’assenza del denaro. Seguendo le vicende di Shevek, brillante fisico di Anarres, la LeGuin si interrogherà su pregi e difetti di ciascun sistema politico, e ci svelerà le origini dell’Ansible. E’ il più interessante tra i romanzi del Ciclo, ma anche questo è purtroppo ammazzato da uno stile piatto (con narratore rigorosamente onnisciente) e da una cattiva gestione dei tempi narrativi. Cronologicamente si situa prima di tutti gli altri romanzi del Ciclo.
Il mondo della forestaThe Word for World is Forest (Il mondo della foresta), sesto libro del Ciclo Hainita. Ambientato in un pianeta primitivo le cui terre emerse sono interamente ricoperte di una fitta foresta, racconta dello scontro – culturale e tecnologico – tra i Terrestri invasori e i nativi, umanoidi pelosi e alti un metro, organizzati in tribù e dotati di uno strano ciclo sonno-veglia. Il romanzo sarebbe anche interessante, non fosse per due difetti della LeGuin: la sua tendenza a trasformare le sue storie in pilloloni etici, e la sua fretta a etichettare i Buoni e i Cattivi, lasciando poco spazio a quella sana ambiguità morale che caratterizza i buoni libri. Cronologicamente si situa dopo The Dispossessed, ma prima di Rocannon’s World.
La falce dei cieliThe Lathe of Heaven (La falce dei cieli) è invece un romanzo autoconclusivo. In un mondo sovrappopolato e impoverito, il povero George Orr scopre di avere un potere terribile e che non riesce a controllare: i suoi sogni più vividi possono riplasmare retroattivamente la realtà. Per guarire sarà costretto a rivolgersi a uno psichiatra, il dottor Haber; ma cosa succederà quando il dottore si renderà conto della portata dei poteri di Orr? Di tutti i romanzi della LeGuin, questo è il più interessante, e anche quello scritto meglio; è probabile che in futuro gli dedichi un Consiglio.

Dove si trova?
In italiano, Su altri piani è stato edito dalla Nord nel 2005, assieme a diversi altri libri della LeGuin. Stanno tutti rapidamente sparendo dalla circolazione nelle librerie, ma in compenso si trovano ancora (per la maggior parte) su Amazon e IBS. In ogni caso, sul Mulo si trovano praticamente tutte le opere della LeGuin, anche in italiano.
Su library.nu si può trovare l’edizione originale di Changing Planes, che però ha un piccolo problema: per qualche ragione mancano una-due pagine del racconto Feeling at Home with the Hennebet. Non una grossa perdita (dato che non m’è piaciuto), ma il racconto non è semplicissimo da seguire e il taglio colpisce proprio un “momento cruciale” della storia.

Su altri piani

Copertina italiana. Per una volta bella quasi quanto quella originale (ma, tanto per cambiare, quei piedi angelici non c’entrano una sega col libro. Vabbé, è fantasy, deve andar bene per forza!)

Chi devo ringraziare?
In questo caso ringrazio la dolce Siobhàn, che l’ha letto prima di me e poi ha continuato a ripetermi per una settimana: “Leggilo! Leggilo! E’ fiQissimo!”. In realtà lei dice che sono stato io stesso a proporlo a lei (quando ancora non l’avevo letto), e potrebbe anche darsi, ma proprio non ricordo. E in quel caso, a me chi è che l’ha consigliato? Forse mi visita di notte lo Spirito Santo.

Qualche estratto
Il primo estratto è preso dal primo racconto, Porridge on Islac: Ai Li A Le racconta alla protagonista-narratrice degli esperimenti genetici che hanno gettato il suo piano nel caos. Il secondo estratto è invece un esempio dello stile ‘saggistico’ della raccolta. E’ tratto da Seasons of the Ansarac, e fa una breve panoramica della conformazione del piano e delle conseguenze che tale conformazione ha sui suoi abitanti.
Notate come ancora una volta la traduzione italiana sia approssimativa.

1.
“I’m corn, myself,” she said at last, shyly.
I checked the translatomat. Uslu: corn, maize. I checked the dictionary, and it said that uslu on Islac and maize on my plane were the same plant.
I knew that the odd thing about corn is that it has no wild form, only a distant wild ancestor that you’d never recognise as corn. It’s entirely a construct of long-term breeding by ancient gatherers and farmers. An early genetic miracle. But what did it have to do with Ai Li A Le?
Ai Li A Le with her wonderful, thick, gold-colored, corn-colored hair cascading in braids from a topknot…
“Only four percent of my genome,” she said. “There’s about half a percent of parrot, too, but it’s recessive. Thank God.” I was still trying to absorb what she had told me. I think she felt her question had been answered by my astonished silence.
“They were utterly irresponsible,” she said severely. […]
“I never saw a butterfly or a deletu. Only pictures… The insecticidal clones got them…
But the scientists learned nothing—nothing! They set about improving the animals.
Improving us! Dogs that could talk, cats that could play chess! Human beings who were going to be all geniuses and never get sick and live five hundred years! They did all that, oh yes, they did all that. There are talking dogs all over the place, unbelievably boring they are, on and on and on about sex and shit and smells, and smells and shit and sex, and do you love me, do you love me, do you love me. I can’t stand talking dogs”.

«Da parte mia», confessò infine, timidamente, «sono mais.»
Controllai il display del translatomat. Uslu: mais, granturco. Anche la funzione dizionario mi confermò che l’uslu di Islac e il mais del mio piano erano la stessa pianta. Conoscevo la strana caratteristica del granturco: non ha una forma selvatica, solo un lontano antenato che non gli somiglia af-
fatto. È in tutto e per tutto il risultato di una lunga selezione operata dagli antichi agricoltori e raccoglitori. Un vecchio miracolo genetico… ma cosa aveva a che fare con Ai Li A Le?
Ai Li A Le con i suoi meravigliosi, folti capelli color dell’oro, color del grano, che scendevano a trecce dall’alto della nuca…
«Solo il quattro per cento del mio genoma», precisò lei. «Ho anche lo zero virgola cinque di pappagallino, ma è recessivo. Grazie a Dio.»
Io stentavo ancora ad assorbire quanto mi aveva detto. Penso che abbia avuto la risposta dal mio silenzio carico di stupore.
«Erano assolutamente irresponsabili», disse con severità.[…] «Io non ho mai visto una farfalla o un deletu. Solo fotografie. I cloni insetticidi li hanno uccisi. Ma gli scienziati non hanno imparato la lezione… affatto! Si sono messi a migliorare gli animali. A migliorare gli uomini! Cani che parlano, gatti che giocano a scacchi! Esseri umani che erano invariabilmente geniali, non si ammalavano mai e vivevano cinquecento anni! E hanno fatto tutto questo, oh, certo, come l’hanno fatto! Ci sono cani parlanti dappertutto, e sono scocciatori insopportabili, parlerebbero per ore di sesso, di cacca e degli odori! che hanno annusato negli angoli. ‘Odore’, ‘Cacca’, ‘Sesso’, e: ‘Mi vuoi bene?’, ‘Dimmi che mi vuoi bene’, e: ‘Quanto bene mi vuoi?’. Non sopporto i cani parlanti».

Philosoraptor

Anche il Philosoraptor si interroga sui pericoli della manipolazione genetica.

2.
Their world has a larger sun than ours and is farther from it, so, though its spin and tilt are much the same as Earth’s, its year lasts about twenty-four of ours. And the seasons are correspondingly large and leisurely, each of them six of our years long.
[…] They inhabit two continents, one on the equator and a little north of it, one that stretches up towards the north pole; the two are joined by a long, mountainous bridge of land, as the Americas are, though it is all on a smaller scale. The rest of the world is ocean, with a few archipelagoes and scattered large islands, none with any human population except the one used by the Interplanary Agency.
The year begins, Kergemmeg said, when in the cities of the plains and deserts of the south, the Year Priests give the word and great crowds gather to see the sun pause at the peak of a certain tower or stab through a certain target with an arrow of light at dawn: the moment of solstice. Now increasing heat will parch the southern grasslands and prairies of wild grain, and in the long dry season the rivers will run low and the wells of the city will go dry. Spring follows the sun northward, melting snow from those far hills, brightening valleys with green… And the Ansarac will follow the sun.
“Well, I’m off,” old friend says to old friend in the city street. “See you around!”.

Il loro mondo ha un sole più grande del nostro, ma è più lontano dall’astro, cosicché, anche se la sua inclinazione e il suo periodo di rotazione sono pressappoco quelli della Terra, il suo anno dura circa 24 dei nostri. E le stagioni sono analogamente lunghe e senza fretta, ciascuna dura sei dei nostri anni.
[…] Abitano su due continenti, uno situato sull’Equatore e un po’ più a nord del Tropico, e il secondo che si stende in direzione del Polo Nord. I due continenti sono uniti da un tratto di terreno stretto, lungo e montuoso, un po’ alla maniera delle due Americhe, anche se il tutto su una scala più pic-cola. Il resto del mondo è oceano, con alcuni arcipelaghi e qualche grande isola, nessuna abitata tranne quella occupata dall’Agenzia Interplanaria.
L’anno inizia, mi raccontò Kergemmeg, quando nelle città del sud, in mezzo a quelle pianure desertiche, i Sacerdoti dell’Anno danno l’annuncio e grandi folle si radunano per vedere il sole fermarsi sulla cima di una certa torre o colpire con un dardo di luce, all’alba, un certo punto-bersaglio: il momento del solstizio. Da quell’istante in poi l’aumento della temperatura inaridirà i pascoli del sud, le praterie di cereali selvatici; nella lunga stagione asciutta i fiumi si abbasseranno e i pozzi delle città si prosciugheranno. La primavera segue il sole verso il nord, sciogliendo la neve di quei lontani monti, rallegrando di verde le valli. E gli ansar seguono il sole.
«Bene, io me ne vado», si annunciano l’un l’altro i vecchi amici, nelle strade delle città. «Ci si vede!»
.

Tabella riassuntiva

Alcuni racconti hanno un setting molto fantasioso. Alcuni racconti sono noiosi e/o poco fantasiosi.
Le razze della LeGuin sono coerenti e ben pensate. Setting e specie spesso sono troppo poco “alieni”.
I racconti sono intrecciati tra loro in modo intelligente. Stile cronachistico o trattatistico che può venire a noia.

(1) Gli unici che leggerei nell’ordine in cui sono stati scritti sono il secondo e il terzo libro del ciclo – Planet of Exile e City of Illusions – perché i legami tra le due ambientazioni sono molto più stretti di quanto accada in genere. Anche se non ci sono molte ragioni per leggerli, a meno che non siate dei fanatici della LeGuin: Planet of Exile è mediocre, e City of Illusions è proprio bruttino.Torna su

Bonus Track Natalizia: Sausagey Santa

Sausagey SantaAutore: Carlton Mellick III
Titolo italiano:
Genere: Fantasy / Bizarro Fiction
Tipo: Novella

Anno: 2007
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 124

Difficoltà in inglese: **

La sapete la vera storia di Babbo Natale? Sapete che non era un vecchio bonario, ma un crudele tiranno con l’accento da pirata che odiava i bambini, e che li voleva tutti morti o in schiavitù, finché il buon Dio non decise di punirlo condannandolo a consegnare doni ai bambini per il resto dell’eternità? E sapete che ora Babbo Natale – a causa di un increscioso incidente – è fatto di salsicce legate insieme tra loro?
Questa, almeno, è la storia che si racconta a casa di Matthew “Sly Guy” Fry la notte della vigilia. Matt in realtà non vorrebbe che si raccontassero simili cose ai bambini, ma sua moglie Decapitron fa sempre di testa sua. A dire il vero Matt non è molto a suo agio con la sua famiglia, tra una moglie iperviolenta che sogna di diventare un Transformer malvagio, una figlia viziata con una disgustosa escrescenza sul lato della faccia, e un lavoro schifoso alla Nintendo. Ma l’incontro con Sausagey Santa – il Babbo Natale Salsiccia – nella notte di Natale darà una svolta alla sua vita…

Carlton Mellick non è uno degli autori più amati dai frequentatori di questo blog, ma dedicargli un breve post di Natale mi è parsa lo stesso un’idea carina. Sausagey Santaè una lettura breve e poco impegnativa, ideale per passare la sera dell’antevigilia o magari la mattina della vigilia o quando avete tempo. Un bel racconto – e anche abbastanza insolito – sul tema evergreen del “dobbiamo salvare il Natale!”.

Babbo Natale nudo

Un altro modo interessante per passare la vigilia.

Uno sguardo approfondito
Sausagey Santa ripropone tutti i pregi tradizionali della scrittura di Mellick, ossia una prosa semplice e veloce, in prima persona, interamente filtrata attraverso gli occhi e la mente del protagonista-pov. Tutti gli avvenimenti del libro passano attraverso i suoi commenti, le sue lamentele, le sue sensazioni. Il timbro caldo della voce di Matt Fry ci fa affezionare a lui e mantiene viva la curiosità di scoprire cosa succede dopo.
I personaggi sono vivi, credibili, e ciascuno di loro ha quelle piccole manie che ce li rendono subito riconoscibili: Fry, che pur essendo una persona coi piedi per terra, ha una venerazione per la sua pettinatura e ama fare il gesto della pistola ai passanti; Decapitron, amante dei piercing, del sesso strano e dei combattimenti all’ultimo sangue, che passa la vita a minacciare di morte il marito per fargli fare tutto quello che vuole; la figlia Nora, che comanda tutti a bacchetta, e l’altra figlia, Angelica, che se ne va in giro con legate dietro la schiena delle lame di motosega a forma di ali d’angelo; gli elfi con il fetish di D&D e il complesso di inferiorità nei confronti delle loro controparti gidierresche; e così via. E quando compare un nuovo personaggio, Mellick riesce in poche righe a immortalarlo in modo tale che ci ricorderemo di lui.
L’unico difetto che si potrebbe lamentare su questo punto, è il fatto che da un libro all’altro Mellick tende a riproporre sempre le stesse tipologie di personaggi e di rapporti tra personaggi. Abbiamo il personaggio femminile impulsivo e/o violento e in ogni caso dominante, il protagonista razionale ma sottomesso, abbiamo la scena di sesso inquietante: il pattern è lo stesso di The Haunted Vagina, di The Baby Jesus Butt Plug, di The Menstruating Mall, di Sea of the Patchwork Cats. Le situazioni sono abbastanza variate, e i kinkdi ogni personaggio abbastanza specifici, da rimanere interessanti, ma una certa sensazione di déjàvu e di pigrizia dell’autore rimane.

L’altro punto su cui Mellick va forte e non delude neanche questa volta, sta nella descrizione di tante, piccole bizzarrie. Essendo il tema il Natale, la maggior parte delle stranezze prende la forma di giochi o strani congegni – e si va dalle mutande iperdimensionali alla tuta a forma di cavolo, dalle bare fluttuanti sopra l’oceano alle renne imbottite di gasolio. I vermi-regalo, in particolare, sono una trovata fikissima.

Bear Grylls mangia una renna

Bear Grylls ci dimostra come sopravvivere al Polo Nord; e che odia il Natale.

Se le parti ambientate a casa di Fry o al Polo Nord sono le più interessanti, sono invece sottotono le scene d’azione. Da una parte seguono una struttura molto cliché, da film d’azione classico (primo scontro – fuga – riorganizzazione – sortita – scontro di massa – scontro col midboss – scontro finale); dall’altra, i cattivi sono perlopiù masse anonime di zombie e loro equivalenti, e come ho già detto recensendo Marstenheim, questo significa prevedibilità e noia assicurate.
In media i combattimenti sono più ispirati di quelli del romanzo di Angra – per le piccole trovate, per il fatto che crepa una marea di personaggi, ma anche perché sono più brevi – ma non è che Mellick si sia sforzato troppo; anzi, in un paio di punti mi è parso che lui stesso volesse concludere in fretta per passare alla scena successiva. Come se la scena d’azione fosse un passaggio obbligato.

In generale, possiamo dire che Sausagey Santa sia una variazione sul canone “racconto in cui si salva il Natale”. Mellick punteggia la trama di personaggi bizzarri e trovate creative, ma l’impianto narrativo rimane classico e abbastanza prevedibile, almeno nelle sue linee generali. Questo, unito al linguaggio semplice, lo rende un libro molto facile da leggere, quasi “da ombrellone” – anche se il finale tradisce in parte lo schema e mi è suonato sorprendentemente ‘sincero’.
Avrei preferito un lavoro più creativo; ma anche così, rimane una buona novella. Facendo un paragone con altri lavori di Mellick, lo collocherei a metà: meglio dei suoi lavori meno riusciti, come The Menstruating Mall o Sea of the Patchwork Cats, ma peggio di altre novellas come The Haunted Vagina o anche The Morbidly Obese Ninja.
Quindi, perché leggerlo? Beh, innanzitutto se volete prendere la mano con l’inglese, questo, come altre novellasdi Mellick, è un’ottima scuola. In secondo luogo, quelli che non sopportavano Mellick per l’eccessiva stramberia, qui troveranno un ambiente più “familiare”. E poi, beh, perché è Natale: a Natale si leggono cose di Natale ^-^

Alieni rubano Babbo Natale

Anche gli alieni vogliono rubare il Natale.

Dove si trova?
Anche Sausagey Santa è rintracciabile su library.nu; se poi vi piace, potreste premiare Mellick comprandoglielo su Amazon.
In italiano invece, come ho già detto, Mellick non è mai stato tradotto.

Qualche estratto
I due estratti che seguono sono tratti dal secondo capitolo, che è uno dei più carini. Il primo è un’istantanea sull’amorevole relazione tra Fry e sua moglie; il secondo, naturalmente, è la storia di Sausagey Santa…

1.
Our relationship was pretty much built on fear.
It started out as just a crazy sexual escapade. Me with my irresistible hairdo and super slick dance moves. Decapitron with her black makeup and tight leather outfits. […] But I made the mistake of bringing her back to my place. Once she knew where I lived, she kept coming back for more. Next thing I knew she was calling me her boyfriend and I didn’t know how to get her out of my life.
The day she presumed I was about to try to break up with her she decided to show me what she did for a living. I had no idea what her job was. She didn’t look like a fighter. She never had any scars. She was very tall and in great shape, but she wasn’t all that muscular. The next thing I knew she was beating the utter piss out of a 400 pound tank of a Russian. This guy was a behemoth of muscle and platinum chest hair. Bigger than any wrestler or football player I’ve ever seen. Bigger than any boxer.
If I saw him in the wild I’d think he was the abominable snowman.
But Decapitron made short work of him. Without ever getting touched, she broke his ribs, cracked open his ankle, crushed his liver, shattered his foot, ripped a tendon out of his arm, and then decapitated him with her toes.
After they dragged the corpse away, she told me, “If you ever leave me I will annihilate you.”
So instead of breaking up with her we got married and started making kids.

Megatron Transformers

Quale donna non desidererebbe di diventare così?

2.
Decapitron tells the story of Sausagey Santa.
She says it is the true story of Santa Claus. According to her, Santa was once a king of a small country who hated children and Jesus so much that he tried to outlaw both of them in his land.
King Kringle was a ruthless tyrant who sent his armies from village to village burning down their churches. All children under the age of twelve were rounded up and shipped overseas to be sold into slavery. And all men were forbidden to impregnate their wives under the penalty of death.
This went on for only eighteen months until the citizenry picked up arms and conquered Kringle’s armies. But he was not killed. His people instead left his punishment up to God.
The Almighty Lord decided to damn Kris Kringle to an immortal life. He would spend eternity spreading holy joy and cheer to the children of the world by delivering them presents every Christmas Eve. It was a living hell for the ex-king. He attempted suicide several times, but he just couldn’t die. Whenever he chopped off his head or got his reindeer to quarter him, the elves would just sew him back together and send him on his way. The elves were master craftsmen and there was no organ in Santa’s body that they couldn’t fix no matter how damaged it became.
For his final suicide attempt, he put his body through a meat grinder. This mulched him up into a thick paste that he was sure could never be put back together again. For a couple days, he thought he’d succeeded. The elves didn’t know how to reas-semble him. But then after much discussion, the elves just remade him into a new shape. They stuffed his meat goo into sausage casings and linked them all together until they formed a man.
Kringle never attempted suicide again after that.

Tabella riassuntiva

Personaggi, oggetti e situazioni bizzarre in quantità. Struttura convenzionale e spesso prevedibile.
Timbro caldo e stile vivace. Scene d’azione poco ispirate.
Si legge in fretta e senza fatica.

E con questo articolo, vi auguro Buon Natale ^^

I Consigli del Lunedì #07: The Iron Dream

The Iron DreamAutore: Norman Spinrad
Titolo italiano: Il signore della svastica
Genere:
 Science Fiction / Metafiction / Literary Fiction / Ucronia / Pulp-trash
Tipo: Romanzo

Anno: 1972
Nazione:
 USA
Lingua:
 Inglese
Pagine:
 260 ca.

Difficoltà in inglese: **

Avete mai letto l’ultimo romanzo di Adolf Hitler, Lord of the Swastika? No? Ma se ha pure vinto il premio Hugo nel 1954! Se è nato un gigantesco movimento di fan del libro, e se le uniformi dei Sons of the Swastika sono tra le più cosplayate ai convegni di fantascienza…? Ah, no, scusate, errore mio: ho sbagliato realtà^^
Norman Spinrad immagina un mondo alternativo in cui Hitler non è mai diventato leader del partito nazionalsocialista. Dopo la Prima Guerra Mondiale, il nostro baffino preferito ha deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, dove si è riciclato come disegnatore e scrittore di fantascienza pulp. I conoscenti lo ricordano come un tipo tranquillo, forse un po’ strano.
Il suo più grande successo, completato pochi giorni prima della morte, parla di un mondo decadente, corrotto dai meticci e dalle mutazioni genetiche. Heldon, l’ultimo baluardo della purezza genetica, è minacciato dalle orde dei Dominatori, creature spietate che piegano la volontà degli individui e delle nazioni con la forza della mente; solo un uomo di razza purissima e di volontà ferrea – il giovane Feric Jaggar – potrà, radunando attorno a sé un pugno di uomini devoti e pronti a tutto, salvare il genere umano dall’imbastardimento definitivo. Toccherà a Feric ricostruire a Heldon una legione di Veri Uomini e guidarli alla legittima riconquista del mondo – e dell’intero Universo!

The Iron Dream è uno strano e delizioso esperimento diviso in tre parti: la prima, brevissima, consiste di una nota biografica sull’Hitler ucronico e della sua bibliografia; la seconda, che occupa il libro quasi per intero, è Lord of the Swastika, il romanzo scritto da Hitler; la terza, una Postfazione (Afterword) di una quindicina di pagine in cui un immaginario accademico commenta e analizza il romanzo.
L’esperimento è questo: se Hitler scrivesse un romanzo di fantascienza, cosa scriverebbe e come lo scriverebbe? Esperimento sviluppato in oltre duecento pagine di disgustosi meticci, uniformi di pelle nera, parate militari, baldi giovini dai capelli biondi e gli occhi azzurri, massacri su larga scala e iNioranza in dosi massicce.

Hitler

Feric Jaggar è pronto a combattere per il futuro della razza umana! E TU?

Uno sguardo approfondito
In Lord of the Swastika confluiscono due anime.
Da una parte, la narrativa fantasy-fantascientifica di serie b (e in particolare l’heroic fantasy/sf) con i suoi cliché e le sue ingenuità. Feric Jaggar è il giovane predestinato che deve salvare il mondo; i cattivi sono cattivissimi, senza appello e senza motivazione; e mentre i buoni ce la fanno grazie all’intelligenza e all’organizzazione, i nemici sono orde senza cervello, che attaccano come zombie basando la loro forza sul numero. C’è anche l’arma leggendaria impugnabile soltanto da un eroe di stirpe regale, nella forma del Grande Manganello (Great Truncheon). Ci sono i balzi tecnologici improbabili. Soprattutto, è ripetuto e amplificato il wish-fulfillment nella sua forma più ingenua: tutto il romanzo non è che il susseguirsi di trionfi e di riconoscimenti della naturale superiorità dell’eroe su tutti i suoi avversari e su tutti i suoi discepoli 1.
Dall’altra parte, troviamo l’esasperazione della filosofia nazista e delle fissazioni private di Hitler. Per tutto il romanzo, il pov rimane saldamente ancorato sulle spalle di Feric: di conseguenza, noi vediamo il mondo filtrato dal suo tono di aristocratico esaltato, dal suo disgusto per le razze corrotte, dalla sua ossessione per la virilità, dall’eccitazione che gli provocano le uniformi e i bei giovani dai fieri occhi azzurri. Il disgusto di Feric per le “catastrofi genetiche” è palpabile. Ma non è solo questo. Tutto il mondo del romanzo si comporta in accordo con queste convinzioni: tutti i mutanti puzzano, e sono miserevoli; i Veri Uomini (Truemen) sono intelligenti, capaci e virtuosi quanto sono alti, biondi, con gli occhi azzurri e un fisico statuario.
Molti eventi del libro sono anche interpretabili come corrispettivi di alcune fasi storiche del Partito nazional-socialista 2.

Questi due elementi, messi insieme e portati all’eccesso, creano un romanzo grottesco-splatter che sfiora la parodia della bassa narrativa e in ogni caso è profondamente trash. La storia di Feric è un’escalation di violenza e di deliri di onnipotenza. Si va dal pestaggio di indifesi meticci fino ai genocidi, ma la violenza è talmente portata all’eccesso da essere cartoonesca più che gore.
The Iron Dream mi ha ricordato certi film di Rodriguez – Planet Terror, Machete, o anche il caro vecchio Dal tramonto all’alba – film che rifanno apposta il b-movie ma lo rifanno ridendoci sopra. The Iron Dream è un lungo b-movie.
Forse, come vedremo, troppo lungo.

Pikachu nazi

Un gerarca dei Sons of the Swastika.

L’esperimento di Spinrad si porta infatti dietro degli handicap; in parte inevitabile conseguenza della natura iNiorante del romanzo e del fatto che a scriverlo sia Hitler, in parte dovuti alla sua incapacità come scrittore.
A partire dallo stile. Un po’ per ricalcare le ingenuità della letteratura di genere, un po’ per insistere sul dilettantismo e le ossessioni di Hitler, Lord of the Swastika è scritto male apposta. Abbondano le ripetizioni, le descrizioni statiche, l’aggettivazione pesante, gli infodump, personaggi piatti come un asse da stiro, il raccontato – anche se, all’occorrenza, l’autore è capace di mostrare efficacemente i momenti splatter o le parate militari del Partito. Ma Spinrad non è scusato del tutto: leggendo un altro suo libro, ho ritrovato in parte questa tendenza alle ripetizioni e all’aggettivo facile. Lo stile di Spinrad è realmente mediocre – in The Iron Dream questo aspetto è semplicemente amplificato. E comunque, calcare troppo la mano sullo scrivere male apposta può essere una buona strategia per un racconto breve o per una novella, ma non per un intero romanzo di oltre duecento pagine.

Lord of the Swastika soffre di ripetitività anche sul piano dei contenuti, soprattutto nella seconda metà del romanzo. Ogni capitolo si svolge su un piano più “grande” del precedente, ma la formula rimane la stessa. Ci sono pagine e pagine dedicati alle parate militari, alle nuove fikissime uniformi che Feric disegna per questo o quel corpo del Partito, ai nuovi esperimenti eugenetici promossi dai suoi laboratori.
Spinrad lo fa per sottolineare il carattere ossessivo dell’Hitler-scrittore, ed è anche divertente vedere fino a che punto si spinga la sua immaginazione, ma alla lunga la formula annoia. Se vuoi parlare della noia, fai attenzione a dedicarci lo stretto spazio necessario, prima che il lettore stesso si annoi; allo stesso modo, va bene insistere sulle fissazioni del nazismo, ma almeno sii creativo nel mostrarle, varia, tieni il lettore sulla corda! Spinrad questo non l’ha capito 3. La seconda metà del romanzo è decisamente troppo ripetitiva – anche se viene riscattata dall’ultimo capitolo del romanzo, assolutamente geniale 😀

Sons of the Swastika

Un ultimo possibile difetto di The Iron Dream è implicato nella sua stessa natura di metafiction. Immergersi completamente nel romanzo hitleriano è impossibile, non tanto perché non si possa abbracciare il punto di vista di un meganazista (ho letto libri, come alcuni di Mellick, dove succedono cose più terribili e l’empatia scatta lo stesso), quanto perché il tono trash-grottesco della narrazione ci ricorda continuamente che stiamo leggendo un libro. Il fatto stesso che ci sia una finta Postfazione (che tra l’altro è stupenda) distrugge ogni possibilità di catarsi.
Il lettore si trova davanti più la mente dello scrittore-psicopatico che non il contenuto del romanzo. Momenti di immersione e partecipazione emotiva ci sono, ma sono rari.

L’idea complessiva che mi sono fatto di The Iron Dream, quindi, è di un esperimento interessante e divertente, ma non del tutto riuscito. Con più impegno e più consapevolezza tecnica, Spinrad avrebbe potuto farne un capolavoro; così com’è, rimane un libro unico nel suo genere, che vale la pena provare a leggere, ma con ampissimi margini di miglioramento. I numerosi momenti di stanca, del resto, sono inframezzati da lampi di genio che valgono la lettura.
Potrebbe essere il libro ideale per chi cerchi un po’ di sano trash ma abbia bisogno anche di un sottofondo un po’ intellettuale: The Iron Dream provvede a entrambi.

Dove si trova?
In Italia il libro è stato pubblicato con il titolo del romanzo-nel-romanzo, ossia Il signore della svastica. Nel 2005 è stato ristampato da Fanucci, ma per quanto ne so anche questa edizione è pressoché introvabile. Ci si può senza timore affidare al Mulo.
Su library.nu si trova invece l’edizione in lingua originale.

Hitler Think Different

Su Norman Spinrad
Spinrad non è un autore che mi convinca troppo. E’ uno di quegli scrittori che vuole sempre fare l’impegnato e lo sperimentale, ma che non ha un sufficiente bagaglio tecnico alle spalle per poterselo permettere. E’ il tipico autore che fa della fantascienza un trampolino di lancio per parlare d’altro, ma che non ha ancora capito troppo bene come funziona un romanzo.
Perciò, di Spinrad ho letto solo un altro libro:

Bug Jack Barron / Jack Barron e l'eternitàBug Jack Barron (Jack Barron e l’eternità) si può a malapena definire fantascienza; è più che altro uno slipstream. E’ la storia di un personaggio televisivo di successo che conduce infuocati programmi di denuncia sociale, fingendo di stare “dalla parte del popolo” mentre è colluso con la politica e col mondo degli affari; una serie di eventi lo costringeranno a una scelta e a rimettere in discussione il suo ruolo nel mondo. L’idea è interessante e il libro è abbastanza unico nel suo genere, ma diversi problemi stilistici ne minano la qualità. Penso comunque che gli dedicherò un Consiglio in futuro.

Qualche estratto
Questa volta voglio proporre la bellezza di tre estratti. Il primo è preso dall’inizio del romanzo, dove facciamo la conoscenza di Feric e della sua strana visione del mondo, mentre il secondo descrive invece uno dei massacri indiscriminati che punteggiano allegramente il romanzo.
Il terzo, infine, è un breve e delizoso brano tratto dall’Afterword in coda al romanzo.

1.
Finally, there emerged from the cabin of the steamer a figure of startling and unexpected nobility: a tall, powerfully built true human in the prime of manhood. His hair was yellow, his skin was fair, his eyes were blue and brilliant. His musculature, skeletal structure, and carriage were letter-perfect, and his trim blue tunic was clean and in good repair.
Feric Jaggar looked every inch the genotypically pure human that he in fact was. It was all that made such prolonged close confinement with the dregs of Borgravia bearable; the quasi-men could not help but recognize his genetic purity. The sight of Feric put mutants and mongrels in their place, and for the most part they kept to it.
[…] With his heart filled with thoughts of his goal in fact and in spirit, Feric was almost able to ignore the sordid spectacle that assailed his eyes, ears, and nostrils as he loped up the bare earth boulevard toward the river.
[…] as Feric elbowed his way through the foul-smelling crowds, he spotted three Eggheads, their naked chitinous skulls gleaming redly in the warm sun, and brushed against a Parrotface. This creature whirled about at Feric’s touch, clacking its great bony beak at him indignantly for a moment until it recognized him for what he was. Then, of course, the Parrotface lowered its rheumy gaze, instantly gave off flapping its obscenely mutated teeth, and muttered a properly humble “Your pardon, Trueman.” For his part, Feric did not acknowledge the creature one way or the other, and quickly continued on up the street staring determinedly straight ahead.

Per ultima scese dalla corriera una figura di straordinaria e imprevedibile nobiltà: un uomo autentico, alto e forte, nel fiore della virilità. Capelli biondi, pelle chiara, occhi azzurri e vivaci. La muscolatura, la struttura ossea e il portamento erano perfetti, la tunica blu ben tagliata, pulita e in ottimo stato.
Feric Jaggar dimostrava di appartenere sotto tutti gli aspetti al genotipo dell’uomo puro. Questo lo aiutava a sopportare una vicinanza tanto prolungata con la feccia di Borgravia; gli umanoidi non potevano non riconoscere la sua purezza genetica. La vista di Feric rimetteva al loro posto mutanti e meticci, che per lo più ci rimanevano.
[…] Assorto nelle riflessioni sulle proprie mete materiali e spirituali, Feric riuscì quasi a ignorare il sordido spettacolo che assaliva occhi, orecchie e narici mentre percorreva a lunghe falcate lo squallido viale terroso che portava al fiume.
[…] mentre si faceva largo a gomitate tra la folla puzzolente, Feric individuò tre tested’uovo dai crani nudi e fiammeggianti al sole, e si scontrò con un pappagalloide. Quest’ultimo si girò di scatto indignatissimo, ticchettandogli contro il beccaccio osseo per un attimo, prima di rendersi conto di chi era. Allora, naturalmente, abbassò gli occhi lacrimosi, smise all’istante di far crocchiare gli osceni denti da ibrido, anzi mormorò con la dovuta umiltà: «Mi perdoni Verouomo». Feric, da parte sua, fece finta di non vederlo e tirò diritto per la sua strada senza guardarsi intorno.

Hitler Super Sayan

Hitler elogia la purezza genetica del suo alter-ego Feric durante una delle sue più celebri trasformazioni.

2.
Feric stood erect on the floor of the command car cabin bracing himself against the back of Best’s seat with his left hand; with his right, he pointed the shining steel fist that was the headpiece of the Great Truncheon at the heavens. “Hail Heldon!” he shouted, his mighty voice piercing the din. “Death to the Dominators and their Universalist slaves!” He brought the Steel Commander down in a great arc, and with an earthshaking roar of “Hail Jaggar,” the forces of the Swastika swept forward.
The line of motorcycles smashed into the leading edge of the horde in the park to the accompaniment of massed fire from squads of SS gunners. With great screams of fear and dismay, hundreds of the wild-eyed scum went down choking on their own blood while cold steel split skulls and wheels crushed the limbs of the fallen. Through the interstices in the forward line of motorcycles the Knights then charged, swinging their truncheons and swirling their chains, cracking limbs and smashing heads, consolidating the opening that the motorized SS had given them. Feric’s driver took the command car straight into the forefront of the battle. As Best and Render cut broad swathes through the panicked rabble with their submachine guns, Feric swung the Steel Commander in great arcs of destruction, smashing dozens of heads, crushing scores of limbs, cutting the torsos of the enemy in twain, wreaking incredible havoc with every blow. What a dashing sight this was to viewers all over Heldon, and what an inspiration to his men!

Feric era in piedi, dritto sul tettuccio della sua automobile, e mentre con la mano sinistra si teneva attaccato al sedile di Best, con la destra puntava verso il cielo il pugno d’acciaio scintillante che ornava il puntale della Gran Mazza. «Heil Heldon!» gridò con la voce possente che sovrastò il fragore. «Morte ai Dominatori e ai loro servi Universalisti!» Con un ampio movimento ad arco, riabbassò il Comandante d’Acciaio, e con un ruggito squassante di: «Heil Jaggar!» le forze della Svastica partirono all’attacco.
La prima linea di motociclisti si gettò contro l’avanguardia nemica sotto il fuoco di protezione di parecchi tiratori SS. Con grandi urla di terrore e sgomento, centinaia di miserabili dagli occhi allucinati caddero a terra nel loro stesso sangue mentre l’acciaio gelido disintegrava i crani e le ruote maciullavano le ossa di chi era al suolo. Lanciandosi negli spazi aperti dall’avanguardia di motociclisti, caricarono allora i Cavalieri, saettando i manganelli e facendo sibilare le catene, spezzando ossa e fracassando teste, e allargarono l’apertura che già le SS avevano creato per loro. L’autista di Feric portò la macchina proprio sul fronte principale degli scontri. Mentre Best e Remler decimavano la plebaglia stravolta a mitragliate, Feric descriveva con il Comandante d’Acciaio grandi archi di morte, maciullando dozzine di crani, spezzando decine di ossa, squarciando letteralmente a metà i nemici, per i quali ogni colpo rappresentava un’incredibile rovina. Che spettacolo eccitante per gli spettatori di Heldon, e che esempio per gli helder!

3.
As anyone with even a cursory layman’s knowledge of human psychology will realize, Lord of the Swastika is filled with the most blatant phallic symbolisms and allusions. A description of Feric Jaggar’s magic weapon, the so-called Great Truncheon of Held: “The shaft was a gleaming rod of … metal full four feet long and thick around as a man’s forearm … the oversize headball was a life-sized steel fist, and a hero’s fist at that.” If this is not a description of a fantasy penis, what is? Further, everything about the Great Truncheon points to a phallic identification between Hitler’s hero, Feric Jaggar, and his weapon. Not only is the truncheon fashioned in the shape of an enormous penis, but it is the source and symbol of Jaggar’s power. […] it is the phallus of maximum size, potency, and status, the sceptre of rule in more ways than one. When he forces Stag Stopa to kiss the head of his weapon as a gesture of fealty, the phallic symbolism of the’ Great Truncheon reaches a grotesque apex.

Come chiunque dotato di una conoscenza anche estremamente superficiale e profana di psicologia comprenderà, II Signore della Svastica trabocca di simbolismi e allusioni falliche incredibilmente trasparenti. Ecco una descrizione dell’arma magica di Feric Jaggar, la cosiddetta Gran Mazza di Held: «Lo stelo era una lastra scintillante di… metallo lungo almeno un metro e venti e spesso come il braccio di un uomo… la testa di dimensioni straordinarie era un pugno a grandezza naturale, il pugno di un eroe sicuramente». Cos’altro può essere se non la descrizione di un pene fantastico? Inoltre, ogni allusione alla Gran Mazza sottolinea un’identificazione tra l’eroe di Hitler, Feric Jaggar, e la sua arma. Non solo il manganello è modellato a forma di un enorme pene, ma è la fonte e il simbolo della potenza di Jaggar. […] è poi il fallo dotato di maggiori dimensioni, potenza e status, lo scettro del potere in molti sensi. Quando il protagonista obbliga Stag Stopa a baciare la punta della sua arma come dimostrazione di fedeltà, il simbolismo della Gran Mazza raggiunge un apice grottesco.

Tabella riassuntiva

Un romanzo che potrebbe essere stato scritto da Hitler! E’ scritto male apposta.
Talmente trash da essere delizioso, ma con un fondo di intelligenza. La formula del romanzo è ripetitiva e dopo un po’ viene a noia.
E’ bello avere a che fare, per una volta, con un protagonista così meganazi. E’ un libro che si legge con distacco.

(1) E’ interessante notare che comunque, pur essendo Feric truzzissimo e improbabile, è sempre meglio dei protagonisti del fantasy moderno. Feric vince sempre, ma effettivamente è meglio degli altri in tutto, e il rispetto dei suoi discepoli è perfettamente giustificato nel contesto del romanzo; Bella di Twilight (ed è solo un esempio) non sa fare niente, ma è un’eroina lo stesso.Torna su
(2) Questa mi è parsa una cattiva idea. L’esperimento di Spinrad sarebbe stato più interessante se Hitler avesse cercato vie alternative – più “fantastiche”, in accordo con la natura del genere – per far arrivare al potere il suo personaggio. Feric dovrebbe sembrare più una versione idealizzata di Hitler, che l’alter-ego dell’Hitler reale.Torna su
(3) Sulla ripetitività della formula di The Iron Dream si esprime pure Ursula K. LeGuin in questo articolo. Il suo giudizio sul romanzo è globalmente positivo, il suo giudizio sullo stile è “fai schifo”. In particolare:

Why should one read a book that isn’t interesting?
A short story, yes. Even a book of a hundred or a hundred and twenty pages. At that length, the idea would carry one through; the essential interest of the distancing effect, the strength of the irony, would have held up. And all that is said in 255 pages could have been said. Nobody would ask Spinrad to sacrifice such scenes as the winning of the Great Truncheon by the hero Feric and the subsequent kissing of the Great Truncheon by the Black Avengers, or the terrific final scene. These are magnificent. They are horribly funny. They are totally successful tours de force. But the long build-ups to them are not necessary, as they would be in a novel; rather they weaken the whole effect. Only the high points matter; only they support the ironic tension.

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Trittico per niubbi sul mondo feudale europeo

Battaglia di San RomanoCirca un anno e mezzo fa, complici alcune letture e una tutto sommato bella esperienza con i beceri Forgotten Realms, mi prese un’insana passione per una cosa che fino ad allora non mi aveva granché incuriosito: il medioevo e il rinascimento europeo. Volevo sia leggerne, che scriverne.
E’ così che ho cominciato, metodicamente, a leggere una serie di saggi sull’argomento.

In questo articolo, vorrei trasmettere qualcosa dell’esperienza che ho maturato in un anno e mezzo di letture sul Medioevo europeo. Un articolo per niubbi.
Non è facile cominciare a studiare un argomento che non si conosce per niente; per questo ho pensato di consigliare alcuni libri che mi hanno aiutato a darmi una prima immagine della società medievale. Ho scelto un argomento circoscritto, ossia il mondo feudale dei signori, delle curtes, dei cavalieri, lasciando da parte il mondo cittadino e borghese, a cui magari dedicherò un altro articolo in futuro.
Persone ben più esperte di me – nella fattispecie il Duca e Zwei – hanno steso delle pagine di bibliografia minima sul Medioevo, pagine a cui io stesso ho attinto. Se non l’avete già fatto, dateci un’occhiata:

La pagina del Duca è dedicata ai niubbi come la mia, mentre la bibliografia di Zwei è più ad ampio spettro, e più specialistica (oltre che in inglese). Va da sé che, se in qualche punto dovessi dire qualcosa sull’argomento che entra in contraddizione con quanto detto dal Duca o da Zwei, dovrete prendere per buono che io ho torto e loro ragione. ^-^’

Bloch, La società feudaleTitolo: La società feudale
Autore: Marc Bloch
Editore: Einaudi
Collana: Piccola Biblioteca Einaudi / Storia

Anno: 1939
Pagine: 551

Il libro di Bloch è la bibbia del mondo feudale.
Lo si potrebbe definire un libro di “sociologia storica”: suo argomento è infatti l’organizzazione del mondo feudale del Basso Medioevo, dall’epoca delle ultime grandi invasioni (Vichinghi, Ungari, Saraceni) fino alla nascita dei moderni stati nazionali. Dai rapporti vassallatici alle forme di sottomissione del contado, dalla frammentazione politica alla formazione della “nobiltà” come classe sociale, da quel che succedeva quando una castellana rimaneva vedova ai sistemi di spartizione dell’eredità tra i figli del signore, Bloch tocca pressoché tutti gli argomenti che possono venirvi in mente. Fa incursioni nell’economia – il signore feudale come mantiene sé stesso e la sua corte? – nell’antropologia – come vede il mondo il signorotto feudale? – nel diritto – come venivano regolati legalmente i rapporti tra un monastero e il suo protettore, o tra una famiglia contadina e il suo signore bannale? – nella politica – come fa un sovrano o un principe territoriale a riprendere il controllo dei signorotti minori che infestano il suo territorio e fanno il cazzo che gli pare?

Fight Club medievale

Su alcuni punti il modello di Bloch è stato rivisto e corretto dalla storiografia successiva (per esempio, Bloch avrebbe dato troppa importanza alle invasioni del IX-X secolo come causa della frammentazione feudale), ma nelle linee generali, a tre quarti di secolo dalla pubblicazione, è ancora un’ottima risorsa sul Medioevo. Soprattutto per uno scrittore che volesse creare ex novo la propria ambientazione medievale, La società feudale è un ottimo punto di partenza per il worldbuilding.

Titolo: La guerra nel MedioevoContamine, La guerra nel Medioevo
Autore: Philippe Contamine
Editore: Il Mulino
Collana: Storica Paperbacks

Anno: 1980
Pagine: 435

Mille anni di storia militare – dalla caduta dell’Impero Romano alla nascita dei primi eserciti permanenti europei agli albori del Rinascimento – in poco più di 400 pagine: questo l’ambizioso obiettivo del libro di Contamine. La prima parte dell’opera si occupa, con un andamento cronologico, dell’evoluzione del servizio militare e della composizione degli eserciti medievali, mentre la seconda approfondisce una serie di argomenti secondari, dalle armi da fuoco tardomedievali al rapporto tra uomini d’arme e Chiesa.
Il limite principale di La guerra nel Medioevo è intrinseco al suo carattere compendiario: trattando moltissimi argomenti in poco spazio, molti argomenti rimangono poco approfonditi. In particolare, tutta la parte dedicata al tardo impero e all’Alto Medioevo mi sembra poco spendibile, mentre ho trovato molto ben fatte le parti sulle tecniche di assedio, sul ruolo dell’artiglieria a partire dal Trecento, e in generale tutta la parte dedicata al servizio militare e agli eserciti del Tardo Medioevo; l’esempio di battaglia campale quattrocentesca riportato nel capitolo sull’arte della guerra è stupendo.

Thou art performing yon task incorrectly!

Ma non si può pretendere che il libro di Contamine sia ciò che non è, e che non può essere. La guerra nel Medioevo serve da base per chi è a digiuno dell’argomento, per dargli un quadro minimo e dei punti di riferimento, affinché poi possa approfondire su libri più specializzati gli argomenti che più gli interessano. Dopo aver letto il libro di Contamine, si può per esempio passare agli Osprey (qui la sezione dedicata al Medioevo) o spulciarsi la sua ricca bibliografia.
Ah: ho scoperto questo libro grazie alla bibliografia minima del Duca, per cui ne approfitto per ringraziarlo ^-^

Flori, Cavalieri e cavalleria del MedioevoTitolo: Cavalieri e cavalleria del Medioevo
Autore: Jean Flori
Editore: Einaudi
Collana: Piccola Biblioteca Einaudi / Storia

Anno: 1998
Pagine: 286

I primi due libri consigliati erano dei grossi compendioni sul mondo medievale; questo invece tratta un argomento più specifico della società feudale. E mentre i primi si possono leggere indipendentemente, questo vi consiglio di considerarlo come una chiosa a Bloch e Contamine, un ponte tra i due libri.
Flori parte da una domanda: cos’è esattamente un “cavaliere”? E’ definito dalla sua classe sociale (il cavaliere è un nobile?) o dal suo mestiere (il cavaliere è colui che combatte a cavallo)? Ricordo una discussione che si era avuta l’estate scorsa sul blog di Zwei, in cui il Guardiano domandava se fosse possibile per un plebeo, un uomo qualsiasi, diventare cavaliere. La risposta si trova in questo libro. Da quando il miles era semplicemente l’uomo che possedeva un equipaggiamento da cavaliere e l’addestramento necessario a usarlo, magari al servizio di un potente, a quando la cavalleria divenne un’istituzione sociale, con la sua deontologia, i suoi valori, il suo prestigio, e un sistema di controllo che decidesse chi poteva entrarvi e chi doveva rimanere fuori; fino a che divenne il simbolo dell’élite europea, un costoso rituale privilegio di principi e pochi notabili – Flori ripercorre tutte le tappe di questa trasformazione. E ci fa capire cosa significhi, negli occhi di un uomo dell’epoca, cosa significhi essere un uomo d’arme.
Il libro di Flori studia sia la storia della mentalità, che quella sociale, che quella militare, mostrandoci il ruolo della cavalleria nell’esercito medievale, ma anche il costo per mantenere l’equipaggiamento da cavaliere – che non permetteva a tutti di accedervi e costringeva molti a decadere di condizione – come il cavaliere vedesse la guerra, la caccia, i tornei, come i cavalieri si mitizzavano nell’epica cavalleresca e nelle canzoni dell’amor cortese, e quanto questi ideali corrispondessero alla realtà, e così via. Questo recupera gli argomenti di Bloch e Contamine, e ne approfondisce e sviluppa alcuni punti, e per questo mi sembra un ottimo corollario alla lettura dei precedenti.

In conclusione
La lettura di questi libri – o quantomeno dei primi due – è utile soprattutto se si è tentati di scrivere qualcosa ad ambientazione medievale. Leggerli mi ha permesso:

1. Di capire che ero davvero interessato a un setting medievale, e non solamente al “colore” medievaleggiante fatto di armature piene di spunzoni, draghi cromati e altre minchiate D&Desche.
2. Di crearmi una prima impressione su come potesse essere una storia ambientata in un setting medievale: che tipi di personaggi potessero esistervi, che problemi avrei incontrato, di che argomenti avrei potuto parlare.
3. Di capire quali aspetti del Medioevo volevo approfondire, come cercarli, e come strutturare le ricerche successive.

Potreste optare per un’ambientazione monastica sul modello de Il nome della Rosa e, forti delle conoscenze preliminari sui rapporti tra monasteri e società feudale acquisiti con il libro di Bloch, leggere un libro un po’ più specialistico come I monaci di Cluny di Cantarella; o magari vi intriga l’idea di un pugno di cavalieri isolati in una zona di frontiera, dal clima estremo, circondati da indigeni ostili, e allora potreste dare un’occhiata a Le crociate del Nord di Christiansen; o ancora, alla noiosa nobiltà campagnola del Medioevo nordico potreste preferire una vivace ambientazione cittadina sul modello dell’Italia comunale (che io adoro), e provare l’ottimo Cavalieri e cittadini di Maire-Vigueur; oppure, spostando l’orologio in avanti di uno o due secoli, Signori e mercenari di Michael Mallett. E non dimentichiamo che la buona vecchia library.nu ci apre le porte allo sterminato mercato di lingua anglosassone, e che numerosi Osprey vi si possono trovare…
Insomma, sperimentate, ma per carità, state alla larga da quell’insulsa menata di Monaci e religiosi nel Medioevo di Marcel Pacaut!

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