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Alternative a library.nu

library.nuSe si prova a mandare una mail all’amministrazione di library.nu, ecco la risposta automatica che viene generata:

Hello (this is an automated courtesy reply)
You email to library.nu admin has been received

The website is shutting down due to legal bullshit 😦 , no further comments…

Regards
Smiley

Come ormai saprete, per la legal bullshit e conseguente chiusura dobbiamo ringraziare l’azione congiunta di case editrici da tutto il mondo. Ah, le case editrici! Divise dalla concorrenza, unite nella difesa dei loro comuni interessi. E con quella loro beata convinzione che ogni copia scaricata illegalmente le derubi di una vendita!
Per altri rant sull’argomento, rimando al post del Graziosissimo Duca; io qui citerò soltanto un episodio personale. Bizarro Fiction: parliamone un attimo. Ora, secondo voi, mi sarei mai messo ad acquistare alla cieca libri stramboidi di perfetti Signori Nessuno di Portland, nell’Oregon? Giammai: se non avessi potuto scaricarli, semplicemente avrei fatto a meno di leggere Bizarro Fiction. Fine della storia. Al contrario, dopo averli potuti provare attraverso library.nu, e dopo aver scoperto che mi piacevano, ho cominciato ad acquistare legalmente opere di Mellick, Mykle Hansen, Jeff Burk. Addirittura ho comprato sulla fiducia un libro di Donihe poi rivelatosi inferiore alle aspettative!
In questo caso, come in molti altri, la pirateria, lungi dall’essere la macchina per delinquere di cui parlano quei minchioni di editori, è stata il ponte per una serie di acquisti che altrimenti non sarebbero mai avvenuti.

Carlton Mellick III

"Mamma, mamma, chi è quel signore che ci guarda male e ci chiede dei soldi?" "E' solo un barbone, tesoro. Non lo guardare!".

Non so cosa ne sarà degli amministratori di library, se tenteranno di riaprire il sito sotto altre spoglie o se si daranno alla bella vita in qualche atollo del Pacifico. Ma non mi aspetto una riapertura a breve.
Nel frattempo, quindi, bisogna cercare delle alternative. Anche solo per fare una buona azione, e dissuadere le grandi menti dell’editoria dalla loro illusione: che, adesso che library.nu ha chiuso, vagonate di lettori pentiti si riverseranno nelle librerie traboccanti banconote e preghiere di perdono, pronti a una nuova vita di legalità e purezza.
Dopo “Tapirullanza”, “library.nu” è sempre stata la chiave di ricerca più ricorrente tra gli utenti accidentalmente inciampati nel mio blog. Ma da quando library ha chiuso i battenti, le visite ad essa attinenti sono più che triplicate. Mi si chiede: “sostituto di library.nu”, “library.nu similar”, “equivalente di library.nu”, “sito per sostituire library.nu”, “is there a replacemnt of library.nu”. Tra quelli che meglio esprimono come tutti noi ci sentiamo, il genio che ha scritto “library.nu noooooo” e l’autore di “library.nu (brutte merde di editori)“, a cui va tutta la mia simpatia.
Date tutte le richieste in merito, ho pensato: “qui c’è bisogno di me!”, ed ecco la decisione. Dedicherò questo piccolo post all’elencazione di sistemi alternativi a library per procurarsi i preziosi libbri (a parte i più ovvi, come il solito Emule). Le soluzioni non mancano; e se la chiusura di library può rappresentare un grosso problema per chi cerca testi molto specialistici, perlopiù è solo una seccatura se si parla di narrativa.  Ho anche una mezza idea di aggiornare l’articolo via via che dovessi scoprire – o utenti dovessero segnalarmi – nuove soluzioni.
Avrei voluto postare questo articolo un paio di giorni fa, ma vari impegni mi hanno impedito. Be’, meglio tardi che mai.

Altri siti come library
In primo luogo, ci sono molti siti simili a library.nu. Siti più piccoli – il che significa che le probabilità di trovare qualcosa sono minori, ma in compenso è meno probabile che vengano chiusi forzosamente dal lungo braccio del Legislatore. Ronny, per esempio, ha segnalato due siti di cui ho personalmente verificato l’affidabilità: Bookfinder e Library Genesis (che dev’essere un sito russo o limitrofo). Ci ho trovato non soltanto un botto di libri di narrativa di genere, ma anche saggistica come gli Osprey.
Un altro sito ricco di materiale sarebbe FreeBookSpot; peccato che, per il download dei libri, si appoggi a siti di hosting che de facto hanno chiuso. In particolare Filesonic e Fileserve, due dei più grossi, avrebbe optato per una chiusura preventiva dopo le brutte cose accadute agli amministratori di Megaupload, come spiega per esempio questo articolo di un mesetto fa. Questo significa, ovviamente, che tutti i libri caricati su questi siti sono ora irraggiungibili (anche se nominalmente ancora presenti).
Questo non significa che non valga neanche la pena di fare un giro di FreeBookSpot. Potete sempre provare; alcuni loro libri sono hostati su altri siti e quindi sono ancora accessibili.

Pirati contro il copyright

For great justice!

Il canale #ebooks su IRCHighway
Se la ricerca su questi siti dovesse fallire, rimane sempre una risorsa: mIRC e il canale #ebooks di IRCHighway. Se non avete mai usato mIRC, all’inizio potrebbe sembrarvi un po’ macchinoso, e potrebbe volerci qualche ora prima che impariate a usarlo; ma prendeteci la mano e avrete in pugno uno strumento comodissimo.
Prima di tutto, se non ce l’avete scaricatevi il programma, per esempio qui. Quando siete su mIRC, connettetevi al server IRCHighway dalla lista dei server e selezionate come canale #ebooks.
Una volta dentro, per poter ricevere un libro dovrete accedere ad una lista di libri. Non temete: basterà aspettare pochi momenti, e i bot del canale cominceranno a spammarvi nomi di liste, come Allbooks o Bookaloo. Per chiedere di scaricare una lista, dovrete inserire @ seguito dal nome della lista, per esempio @Allbooks o @Bookaloo. Tenete conto che le liste vengono periodicamente aggiornate, per cui dopo alcuni mesi la lista che usavate di solito potrebbe essere non più utilizzabile.
La lista è un file di testo apribile con il Blocco note. Aprite la lista e usate la normale funzione Trova del Blocco note per cercare il libro che vi interessa e vedere se c’è. Spesso ce n’è più di uno, e in più formati, quindi navigatevi un po’ la lista e trovate quello che preferito. A questo punto copiate il nome del file (ad esclusione del peso del file) e incollatelo su #books, quindi inviate la richiesta. La stringa dovrebbe essere qualcosa del tipo: !Bookaloo Ender’s Game Orson Scott Card.rar [html].
Se avete fatto tutto giusto, in poco tempo un altro bot dovrebbe inviarvi il file. Tenete conto che a volte, se c’è tanta gente nel canale e stanno tutti scaricando, ci vorranno diversi secondi prima che il bot possa evadere la vostra richiesta.
Una volta padroneggiato, mIRC è un ottimo strumento. Ci ho trovato persino libri mancanti su library.nu, come City of Illusions della LeGuin o Veniss Underground di VanderMeer!
Se avete problemi, potete consultare questa guida o questa FAQ.

Copyright nazista

E la morale della favola è: abbiamo ancora la libertà di leggere (quasi) tutto quello che ci pare senza dover chiedere il permesso all’AIE ^_^

Un tour-de-force di Bizarro Fiction

BizarroIncuriosito dalla lettura di Carlton Mellick III, negli ultimi tre quattro-mesi ho deciso di sperimentare altri autori di Bizarro Fiction per farmi un’idea del mare magnum che è questo nuovo sottogenere del Fantasy. Volevo capire se è solo Mellick ad essere bravo, o se i ragazzi di Eraserhead Press, Raw Dog Screaming Press, Afterbirth Books e compagnia hanno davvero operato una selezione spietata delle loro opere.
Il risultato è il post di oggi, che per questa settimana sostituisce il consueto Consiglio del Lunedì. Ho selezionato cinque delle opere più popolari di Bizarro Fiction, scritte da cinque degli autori più celebri – Mellick escluso, ovviamente. Di queste cinque, due sono romanzi, una è una novella, una una raccolta di tre novellas e una una raccolta di racconti brevi. Ho ordinato le opere non per anno di uscita né per tipologia, ma in ordine crescente di bellezza – perché, come i nostri antichi progenitori, sono convinto che il meglio debba arrivare alla fine.
Come vedrete non ho tessuto lodi sperticate del genere, cercando di mantenere la stessa freddezza con cui parlo dei nostri autopubblicati. Il mio punto di riferimento per questa ricerca è stato il sito di Bizarro Central, che consiglio di visitare a chiunque voglia saperne di più sul genere e sul catalogo.

Ass Goblins of Auschwitz Ass Goblins of Auschwitz

Autore: Cameron Pierce
Genere: Bizarro Fiction / Horror
Tipo: Novella
Anno: 2008

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 104

Una volta la vita era perfetta per i bambini-folletto di Kidland, il paese dove non si diventa mai grandi e si passa il tempo a giocare a cantare. Finché un giorno non sono arrivati i crudeli culo-goblin, orrende creature con una faccia a forma di culo, due occhi in cima ad antenne che escono dalle chiappe, la tendenza a scoreggiare continuamente e una passione per il nazismo. I culo-goblin hanno rapito tutti i bambini di Kidland e li hanno portati ad Auschwitz, a lavorare in campi di concentramento, ad essere violentati in vario modo e a diventare cibo per i prigionieri.
I protagonisti, numero 999 e numero 1001, sono due gemelli siamesi, attaccati tra loro all’altezza della cassa toracica. Nonostante questo handicap, i culo-goblin non li hanno ancora eliminati; ma la sopravvivenza è qualcosa che devono faticosamente guadagnarsi giorno dopo giorno. Riuscirà numero 999 a fuggire, o quantomeno a sopravvivere alla crudeltà dei culo-goblin?

Ass-Goblin of Auschwitz è un campionario di pratiche disgustose e trovate sadiche; dai rospi che ogni sera violentano nel culo i bambini e li costringono a mangiare le loro stesse interiora (ehm^^’), allo Shit Slaughter (S.S. per gli amici), la pratica dei culo-goblin di infilarsi nel proprio culo i bambini troppo lenti ad eseguire gli ordini per poi… ehm, scopritelo da soli.
Cameron scrive in uno stile semplice e lineare che si sposa bene con la descrizione di queste nefandezze. La storia è narrata in prima persona dal prigioniero 999, ma il tono è impersonale, quasi da telecronaca, e i commenti sono ridotti al minimo. Essendo il protagonista un bambino brutalizzato e assuefatto alla violenza, il timbro è credibile e aiuta a immergersi nella vicenda. In generale Cameron è un bravo mostratore, anche se la qualità della scrittura cala negli ultimi capitoli: la battaglia finale è confusionaria, con molti passaggi difficili da visualizzare.
Quello che vi ho detto finora potrebbe già avervi fatto vomitare, ma il vero problema di Ass Goblins è un altro. Ossia che non va a parare da nessuna parte. Il libro tiene bene nei primi capitoli, che descrivono l’ambientazione – ma Pierce non riesce a innestarci una trama credibile o interessante. La storia diventa una sequela di episodi inconsistenti e piuttosto slegati, in un escalation di trovate schifose che stanca in fretta, fino a un finale insulso che ci regala anche un messaggio etico-psicologico. Messaggio che ci sta come i cavoli a merenda, dato il carattere eccessivo e improbabile di tutta la storia.
Insomma: Pierce non scrive male, e l’ambientazione – benché disgustosa – avrebbe anche del potenziale, ma la storia manca di struttura e di uno scopo. Così com’è, Ass Goblin è una raccolta pasticciata di bizzarrie. In futuro potrei decidere di dare un’altra chance a Pierce, ma preferirei aspettare il parere di un altro sulle sue opere successive.

Grammar nazi

I nazisti sono una fonte inesauribile di idee.

Dove si trova?
Come molti altri romanzi di Cameron Pierce, Ass Goblins of Auschwitz è disponibile su library.nu.

Un estratto
Come estratto, potevo forse esimermi dal proporvi in cosa consiste esattamente lo Shit Slaughter?

The ass goblin reaches the girl and hoots loud enough for everyone—ass goblins and children alike—to fall silent and watch. The hoot of an ass goblin sounds very similar to a trumpet, an instrument I used to play. When an ass goblin hoots, you know Shit Slaughter is coming. […]
“Shit! Slaughter! Shit! Slaughter! Shit! Slaughter!” the ass goblins chant.
The goblin picks the girl up by the throat. Her face turns blue. Vomit dribbles down her chin as the goblin takes her in both hands, turns her upside down, and shoves her up his own ass.
He jiggles from side to side and waves both sets of claws in the air. Egg-smelling steam burbles from his mouth. The ass goblins stop chanting. The big moment is almost here.
A swastika made from the little girl blasts out of the goblin’s head, flinging shit as it spins around the bathroom and bounces off the walls. The goblin in Shit Slaughter mode bumbles after the swastika. After a pursuit that makes my head spin, its head of teeth snaps shut around the former girl, grinding her up. The ass goblin’s head returns to normal. Dinnertime is over.

In conclusione: BOCCIATONo

House of Houses

House of Houses

Autore: Kevin L. Donihe
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Romanzo

Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 172

Una mattina, Carlos si sveglia e scopre una cosa orribile: la sua casa gli è precipitata addosso. Non solo: la casa si sta decomponendo attorno a lui, trasformandosi in muffa e fango e schifezze. Non solo: il mondo è diventata una strana dimensione coi colori tutti sbagliati, e anche le case di tutti i suoi vicini sono crollate. Si è verificato il grande olocausto delle case, e adesso la fine del mondo è vicina.
Ma Carlos amava la sua casa; ne era talmente innamorato che le aveva dato un nome – Helen – non la abbandonava mai, e stava per sposarla. Ora vuole scoprire cosa le sia successo, e se può riaverla indietro. Accompagnato da Tony, un supereroe dal pisello lunghissimo e perennemente ottimista, si imbarcherà alla scoperta di questo nuovo mondo; e mentre le case preparano la loro rivincita sugli esseri umani, il futuro riserva a Carlos delle brutte sorprese…

Donihe scrive abbastanza bene, con narrazione in prima persona e frasi brevi e piene di dettagli concreti, sensoriali. La scena dell’incipit, col protagonista che si sveglia in mezzo alle macerie e cerca di capire cos’è successo, è un eccellente esempio di “mostrato” utilizzato nel modo giusto. Rispetto a Mellick, Donihe usa un vocabolario più ricco e ha una voce meno personalizzata, ma per il resto la loro scrittura è abbastanza simile.
Insomma, con queste premesse, House of Houses avrebbe potuto essere un ottimo romanzo. Ricorderete il post entusiasta di una settimana fa, quando l’avevo appena preso in mano. E invece? Invece no, perché la storia di House of Houses non va da nessuna parte. La trama sembra procedere a tentoni.
Nella prima parte, gli avvenimenti bizzarri sembrano succedersi in modo più o meno casuale, secondo il capriccio dell’autore. Bizzarria su bizzarria (dall’autobus coi passeggeri di cartoncino alla città che si trasforma in una strada lunghissima ai culti della morte organizzati dai cittadini) si accumulano in modo incoerente, affaticando il lettore più che divertirlo. La seconda parte cambia completamente registro, tentando di diventare cupa e drammatica con scarsi risultati, visto il carattere demenziale dell’ambientazione e le premesse poco coerenti della prima parte.
Il romanzo va anche fuori tema rispetto alle sue premesse. L’argomento del libro dovrebbe essere il fatto che le case diventino animate, e come potrebbe mai essere un mondo fatto per le case; tuttavia, il loro mondo e il loro comportamento non è molto caratterizzante del loro essere “case”. Potrebbero anche essere cetrioli volanti animati, o scoregge spaziali animate, e non farebbe molta differenza in termini di trama e ambientazione.
Certo, alcune idee – come il tak show delle case – sono divertenti; Tony è un personaggio ben riuscito, con un’interessante evoluzione nel corso della storia; e il finale del romanzo, che si chiude ad anello con l’inizio, è carino; ma sono solo sprazzi di luce in un romanzo fallato. Sembra che Donihe sia partito con una buona idea ma non sapesse bene che farci. Un’ottima occasione sprecata.
Comunque, Donihe è uno scrittore con del potenziale, e in futuro potrei decidere di dargli una seconda chance con Washer Mouth.

Casa inquietante

Dove si trova?
Dei cinque libri di cui vi parlo oggi, House of Houses è l’unico a non essere disponibile in formato digitale. Su Amazon potrete comprare il paperback a 8 Euro circa.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo capitolo, forse il meglio riuscito del romanzo. Carlos, sepolto sotto la sua casa, rievoca alcuni bei momenti passati con lei:

I have not and will never fart inside my house. Though I imagine that I fart less than most people, I must nevertheless fart every so often. So, when I feel wind gather inside me, I ran onto the lawn and expel gas where Helen doesn’t have to smell it, or be haunted by its undying ghost.
I hate that I must defecate in her, but the neighbors started posting letters of complaint on the door whenever I shat in the yard. I always did it under the cover of the night, holding matter in my bowels until it got tight and impacted, so I have no idea how they saw me, unless they were waiting for me to come out, or had cameras trained on my yard at ungodly hours.
Ultimately, I ascertained the one wat to assuage both parental and neighboral giult: make it legal and marry the old gal (my house is 81 years young). I felt reactionary thinking this way, but if that’s what it took to make me feel comfortable in Helen’s love, then so be it.
Two nights ago, I drilled a hole in the wall by the bed in preparation for the honeymoon scheduled to commence the moment after everything had been sanctioned by – or at least brought to the attention of – a higher auctority. No priests or preachers or teachers or rabbis were to perform the ceremony, though. It’d be between Helen, that-thing-which-may-or-may-not-be-God, and me.
It was going to happen at 6:30 this evening. I even called my parents to tell them my plans, though I had no intention of offering invites. I just let them know that my life of sin would soon be over because Helen and I were to be married, and, after that, they could enter my house without fear of heavenly reprisals. They didn’t say anything substantial. Mom just sobbed on the phone, while dad farted in the background.

In conclusione: BOCCIATONo

Dr. Identity

Dr. Identity

Autore: D. Harlan Wilson
Genere: Bizarro Fiction / Science Fiction
Tipo: Romanzo
Anno: 2008

Editore: Two Backed Books
Pagine: 212

Nell’iperviolento ventiduesimo secolo, si è diffusa l’usanza di farsi sostituire, nelle incombenze più sgradevoli, da degli androidi identici a sé chiamati doppelganger. Il Dr. Blah Blah Blah è un giovane e insulso professore di letteratura fantascientifica alla Corndog University di Bliptown. Odia la sua vita e soprattutto odia tenere lezioni agli svogliati studenti dell’università, e ogni volta che può si fa sostituire dal suo doppelganger, il Dr. Identity.
Ma un brutto giorno, il Dr. Identity dà di matto e stermina l’intera Facoltà di Letteratura Inglese dell’università. I due sono costretti alla fuga, mentre l’intera città si scatena in una spietata caccia all’uomo. Tra i loro inseguitori, i terribili Papanazi, legioni senza nomi di sicari alla ricerca dello scoop perfetto. Riusciranno i due a scampare al linciaggio sommario e a dare un senso alla propria esistenza?

Harlan Wilson dev’essere l’intellettuale del gruppo. Infatti, a differenza degli altri autori di Bizarro, che fanno i cazzoni punk, Wilson se la tira un casino. Dr. Identity non solo è infarcito di citazioni e riferimenti che vanno dai classici della fantascienza e della Letteratura novecentesca con la L maiuscola a insulsi fenomenologi francesi (tipo Baudrillard), ma è imbottito anche di tutte le fisse da intellettualoide radical-chic: dalla critica mordace al consumismo americano, qui portata all’estremo, ai vari discorsi sul potere spersonalizzante del mondo moderno, fino ai pipponi filosofici sparsi qua e là.
Di conseguenza Dr. Identity è l’unico libro di Bizarro Fiction che potrebbe ricevere i complimenti di gente come la Lipperini o i Wu Ming: mirabile esempio di specchio distorcente! La realtà contemporanea vista attraverso gli occhiali iperbolici della fantascienza! La cosa brutta è che per una volta potrebbero anche avere ragione, perché Harlan Wilson sembra esattamente il tipo da fare certi discorsi.

Gatto ultraviolento

Ultimamente l'ultraviolenza è stata un po' sdoganata.

Il vero problema di Dr. Identity non è tanto il tirarsela, però, quanto una serie di scelte stilistiche dementi. A partire dalla gestione del pov: alcuni capitoli sono scritti in prima persona col pov del Dr. Blah; altri hanno il punto di vista del Dr. Identity, ma sono in terza persona; altri ancora sono in terza persona, con pov del papanazi Achtung 66.799. Infine, Wilson continua a inframezzare le vicende di questi tre personali con capitoli in cui appaiono solo personaggi secondari, scritti in terza persona e col pov di una telecamera impersonale che riprende la scena. Harlan Wilson ci fa la gentilezza di mettere, in calce all’inizio di ogni capitolo, il pov e la persona in cui sono scritti, ma comunque non si tratta di una buona idea se lo scopo è quello di immergere il lettore. Meglio sarebbe stato scegliere un unico pov in prima persona (quello del Dr. Blah, o quello del Dr. Identity), o scrivere in terza persona usando fino a tre pov (per esempio Blah, Identity e Achtung).
D’altronde, sembra che Wilson sia troppo preso dalle sue manie intellettuali per curarsi troppo di appassionare il lettore. La vicenda principale è continuamente annacquata da capitoli dedicati a personaggi usa-e-getta, che spesso hanno il solo scopo di espandere l’ambientazione. I combattimenti ultraviolenti, potenzialmente interessanti, si riducono spesso a un elenco di mosse, membra che esplodono e affettamenti vari, più simile a una lista della spesa che a un buon mostrato, e decisamente poco coinvolgenti sul piano emotivo. A ostacolare ulteriormente il coinvolgimento, la scelta idiota di confondere l’ordine cronologico dei capitoli che riguardano Achtung.
E’ un peccato che abbia tutti questi difetti, perché per altri versi Dr. Identity è un libro godibile. I due protagonisti hanno un’evoluzione coerente e interessante, e i loro dialoghi sono spassosi. Alcune scene sono geniali, come quelle ambientate nel Congresso di Bliptown, con i parlamentari che si fanno i dispetti a vicenda e si comportano come bambini; e anche alcune trovate, come la cruenta legislazione interna dei centri commerciali della catena Littleodladyville. E in generale, Wilson è in grado di costruire delle scene molto divertenti quando si impegna.
Inoltre, a differenza dei due libri precedenti, Dr. Identity dà l’idea di essere un *vero* romanzo, pensato per sviluppare degli argomenti, muovendo in modo coerente da una premessa fino alla sua conclusione. Una storia con un che, quando arrivi alla fine, dà l’idea di averti comunicato qualcosa. E il finale è intelligente, probabilmente il migliore possibile per una storia di questo tipo. Una pesante revisione stilistica e un po’ meno di spocchia intellettuale, quindi, potrebbero renderlo un ottimo romanzo di fantascienza bizzarra. Così com’è, con i suoi alti e bassi, Dr. Identity rimane soprattutto un’occasione sprecata.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Consumismo

Il consumismo: altro argomento abusato, ma gli intellettuali ne sono attratti come le mosche dalla cacca.

Un estratto
Ero incerto su quale estratto proporre, perché molte delle scene divertenti di Dr. Identity si sviluppano lentamente o hanno bisogno di un po’ di sottotesto. Alla fine ho optato per la scena in cui il povero Dr. Blah scopre il massacro indiscriminato compiuto dal suo ‘ganger:

Dr. Identity was waiting for me, arms folded behind its back. Its hair and suit were disheveled. It looked guilty.
“Now what?”
Dr. Identity giggled uncomfortably…
Bathing in the blue light of his computer screen, Dostoevsky sat stiff-backed in his chair with forearms resting on thighs. His head had been twisted 180 degrees so that his chin rested between his shoulder blades. One of his eyes had popped out of its socket; it hung down his cheek like a Christmas tree ornament. A vertebra appeared to be jutting out of his neck.
Next to the computer on Dostoevsky’s desk were the remains of Petunia Littlespank. The android’s extremities had been ripped apart and neatly stacked atop its torso.
Fighting vertigo, I slowly turned my attention back to Dr. Identity. […]
I said, “Fuck.”
Dr. Identity smiled a small, crooked smile. “There’s more where that came from, I’m afraid.” It gestured at the office door.
…Reality slipped into dreamtime. My insides seemed to leak out of my toes and I felt slightly euphoric. I floated towards the door in flashes, still shots, creeping into the future one static beat at a time. Grey roses bloomed onto my screen of vision and my diegetic universe became a silent film. The office door opened and I jaunted into a soundless, black-and-white wax museum…
Bodies and limbs and innards littered the hallway and dangled from the ceiling. I moved through the jungle slowly at first, calculating the holocaust with the exactitude of a forensics expert. I became less attentive and more anxious the further I proceeded down the hallway. Eventually I was darting here and there at the speed of so many popping flashbulbs.
The English department bore the likeness of an exhumed graveyard. The mangled corpses of professors, student-things and their ’gängers had been strewn everywhere. The title of one of Phillip José Farmer’s preneurorealist novels rattled in my head: To Your Scattered Bodies Go… […]
Dr. Identity made a frog face. “I guess I malfunctioned. But the one insurrection I committed is enough to merit the death penalty, despite its accidental nature. I figured a few more wouldn’t hurt.”
“You murdered the entire English department. You murdered my boss.” I
hesitated, overwhelmed by desperation. “How am I supposed to get tenure now?”
Dr. Identity blinked. “I don’t understand the question.”

In conclusione: MEHMeh

Cripple Wolf

Cripple Wolf

Autore: Jeff Burk
Genere: Bizarro Fiction / Horror / Slice of Life
Tipo: Raccolta di racconti
Anno: 2011

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 100 ca.

Il reduce Benjamin Kurtz ha un grosso problema: durante la guerra in Vietnam ha contratto il morbo la licantropia. Purtroppo, soffre anche di amnesia, e tende a dimenticarsi che nelle lotti di luna piena si trasforma in una macchina per uccidere. Così, è con animo sereno che, a bordo della sua fida sedia a rotelle, si imbarca su un aereo della Fetish Flights. E quando nel bel mezzo del viaggio si trasforma in un lupo mannaro assetato di sangue, per i passeggeri saranno cazzi. A combattere il licantropo in carrozzina saranno tre musicisti punk giapponesi, un supereroe venuto da un altro pianeta, due terroristi islamici imbottiti di tritolo e due piloti imbottiti di coca e marijuana.
Ma questo è solo il primo e più lungo di una serie di racconti. Alcuni prendono spunto dal mondo della tv e della fiction per dargli una virata verso il Bizarro: Frosty and the Full Monty racconta la triste storia di un pupazzo di neve che prende vita solo per precipitare in una spirale di vizi e degradazione; Cook for Your Life attinge al mondo dei talent e ci mostra un programma in cui una serie di cuochi competono per non perdere la vita. Altri partono da storie quotidiane, mainstream, come il mio preferito, House of Cats: la storia di un barbone che trova la felicità quando decide di costruirsi una casetta fatta di gatti vivi perfettamente incastrati tra loro. Un altro, Punk Rock Nursing Home, è soltanto uno slice of life molto buffo: racconta la storia di un gruppo di musicisti punk ottantenni che vivono all’ospizio, e che decidono di rivivere i fasti della loro giovinezza organizzando un ultimo concerto.

Tra gli autori di Bizarro che mi è capitato di leggere, Jeff Burk è quello che scrive le storie più semplici e oneste. Le storie partono sempre da dei what if: cosa succederebbe se un licantropo paralitico si trasformasse durante un volo aereo, e come farebbero i passeggeri a sopravvivere? Cosa succederebbe se un barbone decidesse di costruirsi una casa fatta di gatti? E se una creatura magica come Frosty esistesse realmente? Queste premesse, poi, sono sviluppate con coerenza fino alla conclusione. Il lettore non si sente mai truffato – non ho provato il disappunto che mi hanno dato Ass Goblins e House of Houses.
Purtroppo, rispetto agli altri autori Jeff Burk è più debole sul lato strettamente tecnico. Le sue storie hanno quasi sempre un pov in terza persona neutra e decisamente ballerino, di stampo cinematografico, che in una singola scena può spostarsi anche due o tre volte su personaggi sempre diversi. A volte, poi, il pov diventa quello onnisciente del Narratore, che fa commenti sulla storia del tipo: “Ma non era questa la cosa importante. La cosa importante era…”. Queste intrusioni erano francamente evitabili, ma bisogna dire che non infastidiscono più di tanto: dato il carattere comico dei racconti, l’effetto distanziante del pov onnisciente e della telecamera ballerina sono di poco disturbo.
Comunque, aldilà delle sue beghe stilistiche, Jeff Burk dovrebbe essere preso a modello dai nostri aspiranti scrittori italiani per quanto concerne la struttura di una storia. I suoi racconti sono un ottimo esempio di come istituire fin dall’inizio un patto con il lettore (ossia: io lettore capisco subito di cosa parla il racconto) e come mantenerlo fino alla fine. Inoltre sono quasi tutti divertenti. Prendetevelo e studiate!

Philosoraptor hijacking

Dove si trova?
Cripple Wolf non c’è su library.nu, ma in compenso si può comprare a 6 Euro su Amazon in formato kindle. Vale la spesa, quindi non abbiate esitazioni. E se non avete un dispositivo kindle, spendendo cinque minuti su Calibre potrete convertirlo in un dignitoso epub.
Su library.nu si trova anche un altro libro di Burk, Shatnerquake. Trattasi di novella con protagonista William Shatner, l’attore che ha impersonato il Capitano Kirk. Ho evitato di leggere la novella perché, a causa della mia scarsa conoscenza di Shatner (e di Star Trek in generale), mi sarei probabilmente perso il grosso del divertimento. Ma se siete più “ferrati” in materia, perché non provate a leggerlo? Così poi mi dite.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo racconto, quello sul licantropo paralitico. Protagonista del brano è il terrorista Mohammed, che sono sicuro il nostro Zwei troverà delizioso:

Mohammad sat in an overstuffed chair in the upper cabin. There was no enjoying the niceties of first class, not with Satan having sent a minor to thwart his mission. For what other reason could that beast be here? He saw it kill Abdul, but it would not kill him. No beast would stop him. […]
The cabin the monster had attacked was the most populated of them all and, while the upper cabin was packed tight, it seemed like there should have been more people. He walked past two young women, their skin covered in tattoos and piercings. What little clothing they were wearing clung skin-tight to their bodies, soaked with blood.
They held each other, softly crying, and then one gently kissed the other. The kiss deepened and they began groping each other, blood soaked breasts sticking together, lip piercings tangling in their passionate embrace.
Mohammad scoffed and hurried past.
The devil really was going to great lengths to stop him but he was ordained by Allah. Nothing could get in his way.
He took his seat and leaned his head against cushioned neck rest. He closed his eyes and concentrated on the weight in his chest. Not only would he be striking a blow against a symbolic Satan, he would even be taking out one of his personal servants.
Mohammad closed his eyes and imagined the rewards awaiting him in heaven. There was no way he was letting the plane land in Portland.

In conclusione: PROMOSSO

Rampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit AtmosphereRampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit Atmosphere

Autore: Mykle Hansen
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Raccolta di tre novellas
Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 232

Abbiamo già incontrato Mykle Hansen parlando del divertente HELP! A Bear is Eating Me!. Questo libro, che conferma il genio comico di Hansen, raccoglie tre racconti lunghi: Monster Cocks, Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom e Crazy Shitting Planet.
Il primo racconta la vicenda di un povero informatico sfigato, che lavora nel reparto assistenza tecnica di una multinazionale di articoli sportivi. Jack ha un grave problema: un pisello microscopico. Vorrebbe tanto un cazzone enorme come quelli dei porno che gli piacciono tanto! Il sogno sembra diventare realtà quando compra su Internet un proiettile magico da iniettarsi nel pene con un’apposito marchingegno. Ma all’improvviso, il mondo intero sembra andare a rotoli: Internet è bombardato di attacchi ad opera di misteriosi hacker, strani omicidi si diffondono per gli Stati Uniti, e il pene di Jack comincia a crescere a dismisura e a non rispondere più ai comandi!
Il racconto non è semplice da seguire, per l’abbondanza di termini tecnici e gergo informatico – io stesso non credo di aver capito più della metà degli inside jokes e dei riferimenti. Il fatto di essere in inglese non aiuta. Ma lo sforzo viene ripagato dalla genialità e dalla mole di trovate divertenti. Questo è anche il racconto più simile per stile a HELP!, con una voce narrante esagitata che abusa di esclamativi e commenti scemi.
Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom racconta invece la cronaca di un prodigioso intervento per salvare la vita di una vecchietta ottantenne tossicomane. La poveretta è andata in coma, e i medici non riescono a capire cos’abbia! Finché un fisico, il Dr. Spinejack, non ha l’idea di trasformare l’ano della vecchia in un tunnel n-dimensionale capace di miniaturizzare le persone. Il medico della vecchia, il Dr. Fokker, potrà così entrare personalmente nel colon della signora e scoprire l’origine del problema. Ma la situazione precipita quando, sparsasi la voce dell’intervento, l’ano della signora Cuddlebottom si affolla di giornalisti, troupe televisive, chioschi di Starbucks, agenti immobiliari, rock band, poliziotti in formazione antisommossa… E se all’improvviso la vecchia si svegliasse, che cosa accadrebbe?
Il racconto è scritto in forma di inchiesta. Un intervistatore anonimo interroga una serie di personaggi coinvolti nella vicenda, svelando a poco a poco gli orribili sviluppi dell’intervento. Il racconto ha così la forma di un lungo copione di domande e risposte. In assoluto, il migliore dei tre.
Crazy Shitting Planet, che chiude la raccolta, è il meno ispirato dei tre, ma è comunque un ottimo racconto. La Terra del futuro è un’unica, enorme distesa di cacca. La cacca piove dal cielo, espulsa dalle persone grasse; orribili ricconi che si sono costruiti delle bellissime città in cielo e hanno lasciato i poveracci giù a marcire. Sulla Terra non c’è più cibo, ma grazie a un fungo insediatosi nei nostri organismi, ora gli esseri umani sono in grado di mangiare anche sassi, plastica, cartone. Il protagonista trascorre le sue giornate cercando cose da mangiare e odiando i ricchi grassoni che gli hanno mangiato i genitori. Ma la sua vita è destinata a cambiare, quando incontrerà la grassona Martha Hilton-Trump e la ciurma pirata del Bloody Hatchet…
Dei tre racconti, questo è quello il cui stile ricorda di più quello di Mellick. Il protagonista è un ragazzino malinconico e amorale, stanco della vita, che si trova ad essere spettatore, più che attore, di una serie di eventi incredibili. L’ambientazione, benché disgustosa, e benché sintetizzata in poche pagine, è geniale; la trovata fantascientifica dei funghi che vivono nello stomaco delle persone e, sintetizzando la materia inorganica, permettono agli ospiti di mangiare cose normalmente non commestibili, è sorprendentemente credibile. E a differenza di Pierce e Donihe, Hansen non si limita a baloccarsi con la sua ambientazione; riesce anche a costruirci una storia, una vera storia.

Ano

Dalla vagina all'ano, nella Bizarro Fiction si tratta sempre di entrare da qualche parte.

Insomma: Mykle Hansen è un genio. I suoi racconti non si limitano a sviluppare un’idea, ma prendono più idee (es. sfigato col pene piccolo + peni giganti assassini + Internet che impazzisce) e le combinano in modo perfetto. Di conseguenza, le storie di Hansen sono sempre imprevedibili, senza per questo disattendere le aspettative iniziali del lettore.
Se masticate a sufficienza l’inglese, dovete provare a leggerlo! Anche se non vi piace la Bizarro Fiction.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Un estratto
Ci sono un sacco di passaggi divertenti nella raccolta di Mykle Hansen. Il pezzo che ho scelto, è tratto dal secondo racconto e spiega il funzionamento del meccanismo miniaturizzante che permetterà agli esseri umani di entrare nell’ano di Agnes Cuddlebottom. E’ un po’ lungo ma ne vale la pena.

Q: Doctor Spinejack, how does your Spinejack Transform actually work?
DR. OTTO SPINEJACK, PH.D., PHYSICIST: Well. Our device harnesses newly discovered principles from the field of string theory and hyper-spatial symmetric analysis, in order to create an N-dimensional Impedance Transform Intersection. The theory of this we first published, myself and my colleagues Ed Ruff and Louise Vanhoff, in our paper in the Journal of Relativistic Physics three years ago entitled: “Implanting People In The Rectums Of Other People: Finally We Can!”
Q: Can you explain it in layman’s terms?
A: I will try. To understand the principles, it will help you to picture how a brass musical instrument, such as the tuba, takes a very tiny sound and amplifies it. It does this by allowing a pressure wave to expand very slowly within a long tubular chamber of increasing diameter, following precise exponential rules in a controlled fashion, until it emerges with a powerful “Ooom-pah” sound that you may know from the classics. Or, if you prefer, Polka.
Q: Okay, I’m picturing that …
A: Our machine, of course, creates a tube of folded N-space instead of brass, by using quantum computation to remove the entropy from a powerful field of strong nuclear forces. And our machine blows this tuba in reverse, injecting large spacetimewaves
in the large end, then folding them inward through higher dimensions, as they travel up through this tubing, growing smaller and smaller. Otherwise, it is exactly the same.
Q: So it’s a sort of a reverse-polkafying device?
A: You could give it that name, yes. However, the process, while theoretically promising, is unstable in real-world situations, as the space-fabric, exiting the small end of this tube, would mismatch the surrounding space-time impedance so dramatically that explosive re-expansion would occur, and boom! You die.
Q: Then how are you able to—
A: The breakthrough, yes: we realized, mathematically, that if the transform intersection could be mated with a very specific shape and length and form of tubular chamber, the space-time impedance could in fact be matched, so the re-expansion effect is countered, and in fact the N-space folding continues as long as forward momentum is maintained. So easy, yes?
Q: If you say so, yes.
A: But no! The tubular chamber for this is so very specific. It must match the material being folded in various ways, it needs a certain length and shape, also temperature, and many other mathematical properties. It would be impossible to manufacture such a chamber … yet, amazingly, it occurs in nature! It is as if a Creator invented this chamber for this very purpose! Because the human gastro-intestinal tract, you see, is actually a perfect match for the Spinejack transform! Human beings are the missing piece!
Q: So, your invention is not the general-purpose matter reducer that some have called it.
A: Yes and no. Yes, we can shrink anything you want. But no, it has to go in the anus.

In conclusione: DECISAMENTE PROMOSSO!

Autori di Bizarro Fiction

Le belle facce degli scrittori di Bizarro. Collezionali tutti!

Conclusioni generali
Dopo tutte queste letture, cosa posso dire sulla Bizarro Fiction?
Ciò che caratterizza il genere è l’esagerazione grottesca. Mentre le invenzioni del New Weird e di altri sottogeneri del Fantasy sono sì fantasiose e strabilianti, ma devono essere calate in un contesto verosimile e preciso come un orologio svizzero, la Bizarro Fiction è fondata sull’eccesso. E’ più difficile mantenere la suspension of disbelief nella Bizarro, tuttavia l’inverosimiglianza delle storie è compensata dall’intento umoristico e grottesco. E’ per questo che – con poche eccezioni, come Egg Man di Mellick – quando la Bizarro tenta di essere seria ottiene scarsi risultati.
Questa escalation di bizzarrie è spesso ottenuta attingendo al sesso e ai fetish sessuali, alle secrezioni corporee (sangue, cacca, vomito, muco, scoregge, sperma, etc.) e alle cose schifose in generale (mangiare facce di bambini), all’iperviolenza (massacri su larga scala, torture, crudeltà ingiustificate). Ma racconti come House of Cats di Burk dimostrano che in realtà si possono raccontare storie bizzarre anche senza quegli elementi. Del resto, se Kafka pubblicasse oggi La metamorfosi, sarebbe tranquillamente etichettabile come Bizarro.
Molti miei lettori hanno mostrato seri dubbi sul genere, dicendo che si tratta soltanto di una sterile esibizione di stranezze. Credo di aver dimostrato, col post di oggi, che questo rischio è reale, e che un numero discreto di romanzi e racconti di Bizarro Fiction prende questa cattiva strada. Ma non si tratta di un problema intrinseco al genere. E’ solo il modo più pigro e infantile di scrivere Bizarro Fiction, che bravi autori (come Mellick e Hansen, ma non solo) riescono quasi sempre a evitare.
La colpa in parte è delle stesse case editrici di Bizarro, troppo morbide nella selezione delle opere da inserire nel loro catalogo. Ammettendo opere come House of Houses non fanno che dare un’immagine sbagliata del genere e scoraggiare molti acquirenti; inoltre, basterebbe un editing più severo per trasformare quei romanzi in libri almeno decenti.

Panda arcobaleno

La Bizarro Fiction è come un panda che vomita arcobaleni! Circa.

La Bizarro Fiction è un genere che merita di essere esplorato, soprattutto da parte degli aspiranti scrittori di fantastico. Bisogna solo fare attenzione a scegliere i libri giusti. E se un libro vi piace, ricordate di premiare lo scrittore comprandolo!
In futuro credo che leggerò altre opere di Bizarro, anche se a un ritmo più basso rispetto a questi mesi. Oltre a quelle già citate, per esempio, mi intriga la raccolta  Clockwork Girl di Athena Villaverde. Di certo, tornerò in futuro a parlare di Mellick, e se dovessero capitare altre opere meritevoli di Bizarro Fiction, state sicuri che le segnalerò qui.

Philip K. Dick Mainstream

Philip K. DickMolti di voi forse non sanno che, all’inizio della sua carriera, Philip Dick tentò di sfondare non come scrittore di fantascienza ma come autore mainstream. Sapete, quel nutrito gruppo di scrittori che vuole scrivere il “grande romanzo americano”, da Fitzgerald su su fino a Don DeLillo, Philip Roth – realizzare un ritratto della loro epoca, dell’uomo americano, dei sogni e delle speranze spezzate della loro generazione, cose così.
Dick scriveva racconti e romanzetti sf per non morire di fame, ma ci si impegnava poco, dedicando invece tutti i suoi sforzi nella produzione non di genere. Purtroppo per lui, mentre la sua roba fantascientifica andava a ruba (per quanto gli editori lo pagassero una miseria), i romanzi mainstream venivano puntualmente respinti. Dick continuò a provarci per tutti gli anni ’50, scrivendo anche due o tre libri all’anno; ma, frustrato dai continui insuccessi, abbandonò il mainstream per dedicarsi alla sola fantascienza quando, nel 1961, vinse il premio Hugo con The Man in the High Castle (che in effetti ha molto di mainstream).
Per fortuna, diremo noi, viste le figate che ha scritto dopo. Ma il perché di tanti rifiuti rimane un mistero, dato che diverse delle sue opere mainstream – pubblicate in massa dopo la sua morte – sono belle o quantomeno decenti (di certo, svariate volte meglio la media dei nostri deprimenti premi Strega, Campiello e compagnia cantante). La formula di questi romanzi è quasi sempre la stessa: giovani uomini o giovani coppie degli anni ’50 inseguono la felicità e l’autorealizzazione attraverso il lavoro, le infedeltà o altri hobby, ma raramente hanno successo. Sono romanzi cinici e amari; l’atmosfera mi ha ricordato libri come Revolutionary Road di Yates (da cui qualche anno fa Sam Mendes ha tratto un buon film con Di Capro e Kate Winslet). A leggerne più d’uno si nota anche una certa sensazione di déjà vu, ma il motivo è semplice: dato che continuavano a rimbalzarlo, capitava spesso che Dick recuperasse di peso personaggi o situazioni di un vecchio insuccesso e le riciclasse per un nuovo romanzo.
Dick tornerà al mainstream solo negli ultimi anni della sua vita, dopo un quindicennio di sola fantascienza. Ormai scrittore alla moda, non più costretto a scrivere tre o quattro romanzi all’anno per pagare le bollette e a mangiare cibo per cani, può di nuovo tentare di realizzare il suo sogno. Come già si è visto in fondo al mio articolo su Dick e The Zap Gun, molti dei suoi romanzi di questo periodo – come Flow my Tears o A Scanner Darkly o VALIS – rientrano solo di striscio nella fantascienza. Più ci si avvicina agli ultimi lavori, più la narrativa di genere cede il passo al romanzo psicologico mainstream – fino a un ritorno al mainstream vero e proprio con l’ultimo libro, The Transmigration of Timothy Archer.

Revolutionary Road

Un’immagine dal film di Sam Mendes. Kate Winslet non è bellissima, ma che tettone.

Tre romanzi
Di tutta la produzione mainstream di Dick che ho letto, ho scelto i tre romanzi migliori; due sono tratti dal periodo ’50-’60, il terzo è l’ultimo romanzo pubblicato da Dick in vita.
Da un punto di vista formale, sono libri che reggono bene il confronto con la sua produzione fantascientifica – anzi, in media sono scritti molto meglio dei suoi romanzi di fantascienza, perché Dick ci si è impegnato di più. Tuttavia, pur avendo ciascuno di essi una certa dose di stranezze ai limiti del paranormale, si tratta di opere ben distanti dalla narrativa fantastica.
Spero che i miei aficionados ne rimangano almeno un po’ incuriositi, anche se non è il loro genere.

Confessions of a Crap Artist

Confessions of a Crap ArtistTitolo italiano: Confessioni di un artista di merda
Genere: Mainstream / Slice of Life / Commedia

Anno: 1959 / 1975
Pagine: 170 ca.

Contrariamente a quello che il titolo farebbe pensare, questa non è un’autobiografia dello scrittore, ma la storia di un branco di borghesotti dalle idee confuse nella campagna di San Francisco.
I fratelli Isidore non sono gente sana. Jack, l’artista di merda del titolo, è uno sbandato di trent’anni, totalmente alienato dalla realtà e dai rapporti umani, che abita in una stanza ammobiliata ai limiti del vivibile e lavora in nero in una piccola attività illegale come ricostruttore di pneumatici consumati, per farli sembrare nuovi e rivenderli. Sua sorella Fay invece è una donna energica, capricciosa e nevrotica, che disprezza il fratello per le sue stranezze, gioca a fare l’intellettuale sofisticata ma quando si incazza parla come una scaricatrice di porto. Fay ha fatto il colpaccio sposando Charley Hume, pingue uomo d’affari benestante che non sembra avere altri interessi aldilà dei soldi e di una sana rispettabilità borghese. Ma mentre Charley adora la sua mogliettina sexy e intellettuale, Fay (pur amando i suoi soldi) disprezza la sua mediocrità – e cosa volete che succeda quando la coppia conosce Nathan e Gwen, lui studente universitario dalle grandi ambizioni, lei soltanto la sua timida ombra? Ignorato da tutti, trattato come un bambinetto ritardato, Jack Isidore osserva lo sfaldarsi e il deragliare delle due famiglie, fra tradimenti, manipolazioni, raptus di violenza e altre amenità. Complica la questione una setta di avventisti che preannunciano la discesa degli alieni per purificare l’umanità e la conseguente fine del mondo.
Il romanzo è strutturato come un esperimento sociale: prendiamo un po’ di individui con problemi irrisolti, gettiamoli in uno spazio circoscritto e vediamo cosa succede. Il punto di forza è naturalmente nei personaggi principali. Ce ne sono ben cinque, ma Dick riesce a caratterizzarli tutti benissimo: ognuno ha la propria voce, la propria visione del mondo, le proprie idiosincrasie. Tra tutti, il più interessante è sicuramente Jack Isidore, con la sua passione per le minchiate alla Voyager – la leggenda del Mar dei Sargassi, la teoria della terra cava, Atlantide, gli alieni – e la sua convinzione di guardare il mondo con la precisione di uno scienziato – colleziona fatti e oggetti, li raggruppa in categorie, li sottopone a stimoli e cerca di trarne conclusioni rigorose. Purtroppo, e nonostante il titolo del romanzo, Isidore rimane un po’ ai margini dell’intreccio, e le sue azioni hanno in genere un effetto minimo sulla trama: più che il protagonista della storia, l’artista di merda fa da cornice al romanzo.

Pneumatici consumati

Pneumatici consumati: la nuova frontiera dell’arte?

E questo mi porta a parlare di ciò che più azzoppa il libro, ossia la gestione sconclusionata dei punti di vista. Alcuni capitoli, come il primo, usando il pov in prima persona di Jack Isidore; altri, sempre in prima persona, quello di Fey; altri ancora hanno il pov di Charley e di Nathan, ma sono in terza persona. Il che non ha il minimo senso.
Sembra che da una parte Dick vorrebbe filtrare la vicenda attraverso il punto di vista stralunato di Isidore; ma che spesso sia costretto ad allontanarsene per seguire gli altri personaggi – le cui beghe avvengono spesso lontano dallo sguardo di Isidore. Le parti in prima persona col pov di Fay sono quelle riuscite peggio: Dick ha molto ben chiaro il personaggio quando lo guarda attraverso gli occhi degli altri quattro personaggi, ma quando prova a entrare nella sua testa la sua psicologia diventa fumosa e pasticciata. Meglio sarebbe stato se Dick si fosse accontentato di una terza persona ravvicinata che passasse da un pov all’altro al cambio di capitolo.
Nonostante questi difetti strutturali, Confessions of a Crap Artist è un bel romanzo mainstream. Pur non avendo l’esuberanza un po’ demente di The Zap Gun o di Ubik, è uno dei romanzi più divertenti di Dick, in parte grazie alla voce narrante lievemente autistica di Isidore (nei capitoli col suo pov), in parte perché tutto l’evolversi della vicenda ha un che di assurdo. Piccola nota di colore: l’Artista di merda sarà l’unico romanzo mainstream di Dick ad essere pubblicato durante la sua vita.

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The Man Whose Teeth Were All Exactly Alike

Titolo italiano: L’uomo dai denti tutti ugualiL'uomo dai denti tutti uguali
Genere: Mainstream / Slice of Life

Anno: 1960 / 1984
Pagine: 230 ca.

Siamo nella piccola cittadina di Carquinez, California. Costruita su un antico insediamento indiano, ciascun abitante se ne gloria ospitando nella propria casa quanti più cimeli antichi possiede, dalle punte di freccia ai frammenti d’osso. I Runcible e i Dombrosio sono vicini di casa.
Leo Runcible è un agente immobiliare di origini ebraiche; arrivato in città solo da pochi anni, non si è però mai integrato del tutto nella comunità, anzi – la sua intraprendenza commerciale e la sua prepotenza gli hanno guadagnato l’antipatia di molti. Non meno problematico è il suo rapporto con la moglie Janet, una donna dal temperamento fragile e nevrotico che passa le giornate sigillata in casa ad affogare le proprie angosce in alcol di pessima qualità. Anche Walt Dombrosio però ha i suoi problemi: artista senza ambizioni che lavora per una piccola compagnia pubblicitaria come designer di prodotti commerciali, è
velatamente disprezzato dalla moglie Sherry, donna bellissima e di ricca famiglia, che non esiterà a rendergli la vita un inferno.
Un piccolo screzio tra le due famiglie, un episodio di razzismo ai danni di Leo, una denuncia anonima, uno scherzo organizzato al vicino da parte di Walt, si trasformano in una valanga di ritorsioni e violenza che sconvolgerà per sempre la vita dei quattro personaggi e dell’intera cittadina. E che cos’è quel teschio dai denti tutti uguali sepolto nel sottosuolo del giardino dei Runcible?
Anche L’uomo dai denti tutti uguali è un romanzo psicologico; ma mentre l’Artista di merda mostra un numero chiuso di personaggi che interagiscono in un ambiente isolato, il teatro di questo romanzo è l’intera cittadina di Carquinez e la sua varia umanità. La vera protagonista della storia è quella trama di piccole invidie, opportunismi, tiri mancini, ripicche e pettegolezzi meschini tipica della vita di provincia. Anche l’atmosfera è diversa; il tono è cupo, non c’è umorismo, non ci sono personaggi positivi o simpatici, non c’è niente che stemperi la tensione e l’amarezza. Ciascuno dei protagonisti compirà, nel corso del romanzo, delle azioni spregevoli (tra cui una simpatica scena di stupro).

La prosa è meno curata rispetto a quella dell’Artista di merda, probabilmente perché il romanzo, essendo stato pubblicato postumo, non ha potuto avere un editing finale. Abbiamo così diverse cadute di ritmo – soprattutto nella seconda parte – e uno spazio eccessivo dedicato a eventi marginali e personaggi secondari.
In compenso la costruzione è migliore. Il pov si sposta, di capitolo in capitolo, tra i quattro protagonisti, ma la narrazione è sempre in terza persona. Nel corso della storia, poi, Dick inserisce tutta una serie di piccoli elementi e sottotrame – il piccolo cimitero abbandonato, le infiltrazioni nei tubi dell’acqua, i problemi alle fosse biologiche, la digressione sugli scherzi organizzati da Dombrosio, il racconto sugli uomini di Neanderthal – che paiono messi lì a caso, ma in realtà muovono la storia principale e si incastrano alla perfezione. Il risultato è che la cittadina di Carquinez suona viva e pulsante.
L’uomo dai denti tutti uguali è un romanzo tetro e un tantino angosciante, ma molto bello. Io lo trovo migliore dell’Artista di merda, ma in genere il primo riscuote più successo.

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The Transmigration of Timothy Archer

La trasmigrazione di Timothy ArcherTitolo italiano: La trasmigrazione di Timothy Archer
Genere: Mainstream / Slice of Life

Anno: 1982
Pagine: 250 ca.

Il vescovo Timothy Archer ha passato la vita nella lotta per i diritti civili e nello studio dell’antica filosofia gnostica, filone di pensiero mediorientale alla base di molte delle religioni misteriche di epoca greco-romana. Quando in Israele vengono rinvenuti i Rotoli Zadochiti, carte che dimostrerebbero che il pensiero attribuito a Cristo in realtà lo precederebbe di duecento anni, il vescovo diventa ossessionato dalla ricerca della verità circa le origini della religione cristiana. Le sue posizioni sempre più eretiche, assieme alla sua discutibile vita privata, lo renderanno impopolare e logoreranno tutta la sua famiglia fino a distruggerla.
Timothy Archer è un romanzo psicologico su una famiglia votata all’infelicità, ma anche un romanzo sulla ricerca della Verità attraverso la sapienza degli antichi, i medium, le peregrinazioni nel deserto (e altre amenità misticheggianti), passando per i culti new-age, i poteri psichici e John Lennon.
Ma ciò che lo rende affascinante è la scelta del pov: Timothy Archer è interamente scritto in prima persona attraverso il punto di vista di Isabel Archer, moglie del figlio del vescovo, alcuni anni dopo la quasi totale estinzione della famiglia. Con l’aiuto di Edgar Barefoot, un guru new-age mezzo ciarlatano, Isabel ripercorre la sua vita con gli Archer e le tappe che hanno portato alla loro morte, cercando di capire se Timothy è stato un profeta o solo un coglione; e soprattutto, che cosa deve fare, adesso che è sola, della propria vita.
La voce di Isabel è affascinante, e dà carattere a tutto il romanzo. Persona scettica e pragmatica, combattuta tra il rispetto per il vescovo e il rancore per quello che ha fatto a suo marito e alla sua amica, aspra, scazzata, ma anche fragile. Il suo filtro permette a Dick di parlare di visioni mistiche e misteri religiosi con la giusta dose di distacco critico.

Pedobear vescovo

Il vescovo Archer in una delle sue ultime apparizioni in pubblico.

Timothy Archer viene spesso considerato il terzo capitolo della famosa “trilogia di Valis” – la stessa Fanucci ha di recente pubblicato un volumozzo di 800 pagine circa chiamato così e comprendente il romanzo. In realtà non è così.
Dick aveva in programma un terzo romanzo per la trilogia – The Owl in Daylight – ma l’aveva appena abbozzato quando morì. E’ vero che scrisse Timothy Archer subito dopo VALIS e Divine Invasion, ma lo scrisse come romanzo autonomo: infatti è diverso il genere (non è fantascienza neanche nell’accezione più ampia del termine) ed è diverso anche l’approccio all’argomento mistico-religioso.
Fatta questa precisazione pignola, bisogna ammettere che ci sono molte somiglianze tra questo e gli altri due romanzi, se non altro perché pescano tutti dagli stessi argomenti: Dio, la religione cristiana, l’esistenza di un mondo spirituale e dell’anima, la predestinazione, il senso della vita. Dirò di più: rispetto agli altri due romanzi Timothy Archer ha un netto vantaggio, ossia l’essere scritto in modo più ‘normale’ e meno literary, senza le dissertazioni filosofico-saggistiche del primo e il simbolismo soffocante e quasi incomprensibile del secondo. A parte i salti avanti e indietro nel tempo – il tempo presente, con Isabel nella casa galleggiante del guru Barefoot, e i suoi flashback sulla vita degli Archer – la prosa è pulita e semplice. Per chi fosse incuriosito dall’ultimo Dick e dai suoi viaggi mistico-religiosi, La trasmigrazione di Timothy Archer è il romanzo da provare.

Dove si trovano?
Confessions of a Crap Artist e The Transmigration of Timothy Archer si trovano in lingua originale su library.nu, sia in pdf che in e-pub. Su Amazon.it, si può trovare The Man Whose Teeth Were All Exactly Alike in formato kindle a poco meno di 10 Euro – il che è un furto, ma meglio che niente. In alternativa, potete buttarvi sui torrent: quello comprendente Confessions of a Crap Artist e The Transmigration of Timothy Archer si trova qui, mentre quello con The Man Whose Teeth Were All Exactly Alike qui. Ringrazio Fos per la segnalazione dei torrent.
Tutti e tre i romanzi sono stati pubblicati in italiano dalla Fanucci, e sono tutti e tre disponibili su amazon.it; in particolare, Timothy Archer è compreso, come ho detto sopra, in un librone chiamato Trilogia di Valis, ma si può anche comprare sfuso in un’edizione più vecchia.

I Consigli del Lunedì #09: The Zap Gun

Mr. Lars sognatore d'armiAutore: Philip K. Dick
Titolo italiano: Mr. Lars sognatore d’armi / Il sognatore d’armi
Genere: Science Fiction / Commedia
Tipo: Romanzo

Anno: 1967
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 180 ca.

Difficoltà in inglese: **

The guidance-system of weapons-item 207, which consists of six hundred miniaturized electronic components, can best be plowshared as a lacquered ceramic owl which appears to the unenlightened only as an ornament; the informed knowing, however, that the owl’s head, when removed, reveals a hollow body in which cigars or pencils can be stored.

Official report of the UN-W Natsec Board of Wes-bloc, October 5, 2003, by Concomody A (true identity for security reasons not to be given out; vide Board rulings XV 4-5-6-7-8).

Lars Powderdry è un disegnatore d’armi alla moda. In un mondo teso e perennemente in guerra, diviso equamente tra il Blocco Ovest (WesBloc) e l’Est Spione (PeepEast), i disegnatori d’armi sono tutto ciò in cui i comuni mortali possono riporre le loro speranze di sopravvivenza: perché essi soli hanno il potere di cadere in uno stato di trance durante il quale accedono al mondo iperuranio, dal quale poi ritornano con in mente i prototipi di nuove, terribili armi da usare nella guerra. Armi sofisticatissime, che in attesa di essere impiegate nel conflitto vengono camuffate da sciccosissimi oggetti d’arredamento come penne a sfera, vasi o gufi di ceramica, e invadono le case di tutti i comuni cittadini. Quanto basta per rassicurare la popolazione e fare di Mr. Lars un eroe nazionale, amato da tutti.
Ma Lars Powderdry è infelice. Non solo perché il suo lavoro gli fa schifo;  o perché teme che i suoi superiori, insofferenti del suo carattere lunatico, lo rimpiazzino con un altro dei sognatori d’armi che stanno segretamente addestrando; o perché è ossessionato dall’unica donna che non può avere, Lilo Topchev, la sognatrice d’armi del blocco sovietico; o perché sta diventando impotente; ma anche perché sa di essere una truffa e che le armi che visita nel mondo delle idee non servono a niente. E come potrà difendersi il pianeta Terra, quando dei veri invasori arriveranno dallo spazio con brutte intenzioni?
E mentre i disegnatori d’armi alla moda vivono le proprie paturnie e il mondo rischia la distruzione, un uomo del tutto insignificante progetta nell’ombra di prendersi la sua rivincita sulla società. Surley G. Febbs, appena nominato Commissario dal governo perché – così dice il depliant – ha dimostrato di essere un cittadino assolutamente medio, ha deciso di piantarla con le umiliazioni e la vita da sfigato che è costretto a condurre per la SRLNER&PFC, e diventare veramente qualcuno…

Philip K. Dick è, ad oggi, il mio scrittore preferito – ho letto più di 30 suoi romanzi. Se fino a questo momento non ne avevo ancora parlato, è perché molti dei suoi romanzi migliori sono assai noti anche in Italia, e parlare, per esempio, di Do Androids Dream of Electric Sheep?, avrebbe poco senso.
Ma The Zap Gun, pur essendo uno dei suoi sei o sette libri migliori, è uno dei meno conosciuti, sia in Italia che in patria. Ed è un romanzo sui generis anche nel canone dickiano. Ai toni cupi e meditativi di molti dei suoi libri, The Zap Gun oppone una storia esuberante e tragicomica, con un protagonista eccessivo e divertimento in dose massicce. Attraverso le due storyline parallele di Lars Powderdry, impegnato a dare un senso alla propria vita e a salvare il mondo dalla minaccia aliena, e quella – subordinata – di un Surley G. Febbs alla ricerca dei suoi 15 minuti di popolarità, si dipana una commedia fantascientifica ricolma di esagerazioni, iperboli e idee dementi. Una commedia che sfiora la parodia ma rimane una storia seria, dalla trama solida e dall’architettura quasi perfetta. E con qualche risvolto tragico.

Gufo di ceramica

Dentro potrebbe esserci un ordigno nucleare.

Uno sguardo approfondito
Tante cose si possono rimproverare alla prosa di Dick, ma non che non sappia gestire il pov. In The Zap Gun il punto di vista si mantiene sempre ancorato alternativamente ad uno dei due protagonisti, ad eccezione di quelle poche scene – come l’ultimo capitolo – in cui nessuno dei due è presente, nelle quali Dick si affida a un pov usa-e-getta. Il raggio d’azione del pov va dalle spalle del personaggio a incursioni dentro la sua testa. Nelle scene con Lars, in particolare, la fusione della telecamera con i pensieri del protagonista si avvicina spesso al filtro totale; tutti gli avvenimenti vengono così accompagnati e filtrati dai commenti salaci di Lars.
Da questo deriva in parte il fascino esuberante del romanzo. Come molti protagonisti dickiani, Lars Powderdry è un uomo instabile, bipolare, una primadonna che alterna fasi di arroganza e di depressione, e guarda agli avvenimenti con un cinismo divertito. Costretto ad assumere droghe per stimolare visioni di superarmi che tardano ad arrivare o non gli appaiono con sufficiente chiarezza (che se quelli del reparto realizzazione della Lanferman Associated non riescono a costruire i prototipi, è con lui che se la prendono!), messo sotto pressione dal Generale Nitz, che minaccia di sostituirlo, e angustiato da disfunzioni erettili che lo mettono in imbarazzo con la sua sofisticata fidanzata parigina, non si può dire che Lars non abbia di che lamentarsi. La sua amoralità, il suo narcisismo, i suoi modi strani e le sue sfighe lo fanno assomigliare a un Jack Sparrow del XXI secolo. E tutti gli avvenimenti – peraltro già farseschi – del libro vengono tinti dei colori del carattere umorale di Lars, dandogli una vivacità particolare che invoglia a continuare la lettura.
Il risultato è una narrazione agrodolce e incalzante, che ricorda un po’ Vonnegut, con la differenza che l’effetto distanziante è attenuato in quanto i commenti divertenti vengono da un personaggio della storia e non dal Narratore Onnisciente. Certo, spesso Dick si lascia prendere la mano, e il suo personaggio si inerpica in locuzioni e metafore esagerate. In alcuni passaggi, Lars diventa stucchevole, e le sue considerazioni finiscono per alzare un muro tra il lettore e la storia. Ma questo fortunatamente non accade spesso, e d’altronde è un difetto perdonabile, visto che il romanzo inclina più verso la commedia che verso la tragedia.

Se Lars è un personaggio indimenticabile, anche i comprimari fanno una bella figura. A cominciare dall’ascetico Dottor Todt e dall’infermiera Elvira Funt, l’equipe medica privata che armata di flebo e carrello lo segue ovunque durante l’orario di lavoro, nell’attesa che gli venga una trance; la sua ragazza, Maren Faine, brillante donna in carriera (nonché divoratrice di uomini), che rimarca costantemente la propria superiorità nei confronti del suo uomo e non ha problemi a farlo sentire una cacca; il rude Generale Nitz e tutto il gotha della NU-Ovest SicNaz di Festung Washington, che in tempo di pace fa la voce grossa, ma al palesarsi della minaccia aliena si sigilla nel bunker sotto Festung Washington; la “collega” sovietica di Lars, Lilo Topchev, ragazzetta che dietro l’apparenza acqua e sapone nasconde una freddezza e una spietatezza inquietanti.
E una menzione speciale va a Febbs. Ometto stupido e meschino, con un’opinione illimitata di sé e l’incapacità di vedere oltre il proprio naso, megalomane, dotato di saccenza estrema e si una verbosità killer (soprattutto quando si parla delle superarmi prodotte dai sognatori, delle quali ha una passione morbosa), costruirà tutta una serie di macchinazioni segrete che costituiscono un vero romanzo nel romanzo. Con Febbs, Dick è riuscito a creare un personaggio al contempo tanto sgradevole (se immagini di averci a che fare), quanto divertente da osservare da lontano.
E nonostante questa galleria di individui presenti un sacco di tratti esagerati e grotteschi, i personaggi non scadono nella macchietta – Dick è in grado di mantenerli credibili, grazie a dialoghi brillanti e a una gestualità appropriata, non stereotipica.

Jack Sparrow sognatore d'armi

“Da grande voglio fare il sognatore d’armi alla moda…”

Ma la vera linfa del romanzo sono le idee folli di cui è infarcito. A partire dal concetto che sta alla base del libro: la produzione di massa di superarmi sofisticatissime e assolutamente inutili nella forma di oggetti d’arredamento, i cui prototipi vengono rinvenuti dal Mondo delle Idee. Si va dalla Pattumiera Esplosiva, una sorta di bomba a grappolo che produce in una vasta area un rutto continuo ad altissima intensità, che si protrae per giorni e impedisce di dormire, al Distorcitore d’Informazione Civica, un missile terra-aria capace di alterare e rendere inintelligibili interi archivi di documenti top-secret. E che dire del Vecchio Orville, un soprammobile a forma di testa umana che fa da consulente sessuale a Lars citando Kafka e Wagner?
Ma c’è anche Vincent Krug, umile inventore di giocattoli geniali che nessuno si fila, la cui ultima creazione, l’Uomo nel Labirinto, sembra avere la capacità di alterare in modo irreversibile la percezione e le emozioni dei giocatori. O il vecchio reduce che passa le sue giornate su una panchina di Festung Washington, raccontando di una guerra che non c’è mai stata. O ancora, il misterioso Uomo Cefalopode Blu di Titano, fumetto fantascientifico pulp realizzato dall’artista pazzo di origini italiane Oral Giacomini, prodotto in Ghana e distribuito con largo successo in tutta l’Africa Occidentale, e che per qualche strana ragione ritrae nelle sue tavole le stesse armi immaginate dai sognatori d’armi…
E l’estro di Dick si estende anche ai nomi di persone e cose. Quasi tutti i personaggi hanno nomi parlanti – onomatopeici o composti – e si sprecano le sigle e gli acronimi improbabili, parodia dell’abitudine della fantascienza, da Orwell in poi, di coniare neologismi e contrazioni. Così, Febbs molla il lavoro alla SRLNER&PFC, mentre Lars, tenuto sotto schiaffo dalla NU-Ovest SicNaz, cerca di procurarsi immagini arrapanti di Lilo Topchev affidandosi all’agenzia investigativa KACH (che suona catch, acchiappare).

Idee e colpi di scena si succedono nel romanzo a velocità folle. Il ritmo, complice la già citata voce del protagonista, è indiavolato – i personaggi non se ne stanno mai con le mani in mano, non ci sono momenti di stanca. In 200 pagine scarse accadono un sacco di avvenimenti e si intrecciano decine di storie diverse, dalla guerra interplanetaria ai drammi coniugali del protagonista.
Accade pure troppo, per i miei gusti. Il lettore ha bisogno di una certa dose di tempo e pagine per assimilare nuove idee e personaggi, sviluppare un interesse emotivo, fare delle previsioni su quello che succederà. Buttando una dietro l’altra tutte queste trovate, facendo correre la storia così velocemente, il lettore non ha il tempo di godersela come potrebbe. Avrei preferito che Dick si concedesse 30-50 pagine in più 1,
Bisogna comunque plaudere al fatto che, nonostante la mole di idee e sotto-trame, The Zap Gun riesca a far quadrare i conti, a chiudere tutte le storie senza lasciare indietro nulla, e a proporre un finale intelligente.

Keyblades

Nell’iperuranio ci sarà spazio anche per questo tipo di armi?

Una nota finale sullo stile.
In 30 anni di carriera, Dick ha scritto quasi 50 romanzi e più di 100 racconti; negli anni ’60, era anche capace di completare tre o quattro romanzi all’anno, scrivendoli al ritmo indiavolato di dieci e più ore al giorno, imbottito di psicofarmaci per non perdere il ritmo (oltre che per guarire la depressione), e di antidolorifici per i crampi alla mano. Di conseguenza, pur essendo un buono scrittore, lo stile di molti dei suoi romanzi fa non di rado pensare a una prima stesura venuta nemmeno troppo bene.
Rispetto alla media del periodo, The Zap Gun ne esce dignitosamente. Il raccontato e gli infodump abbondano, anche se, essendo inseriti in modo naturale nei pensieri dei due personaggi-pov, la cosa non genera molto fastidio. In molti punti, si sente che sono stati scritti velocemente, in modo grezzo. La mia impressione è che se Dick si fosse concesso un’altra stesura o due, avrebbe prodotto un capolavoro. Ma anche così, il risultato è brillante.
E The Zap Gun è un romanzo che tutti gli amanti della narrativa di genere dovrebbero provare a leggere.

Dove si trova?
Su library.nu si può trovare in pdf tanto la versione in lingua originale, quanto la versione italiana – col titolo Il sognatore d’armi.
Un paio d’anni fa la Fanucci ha ristampato Mr. Lars, e la nuova edizione si trova ancora in libreria, ma sconsiglio fortemente di comprarla: il traduttore, quel disgraziato di Carlo Pagetti, ha avuto la bellissima (?) idea di cambiare i nomi della maggior parte dei personaggi e delle sigle “per renderli più divertenti”. Poiché nell’originale i nomi dei personaggi nell’originale sono onomatopeici o composti da giochi di parole, Pagetti voleva trasporre il gioco in italiano – con risultati pessimi. E così troviamo, per esempio, Surley G. Febbs trasformato in “Sorcey O. Fosse”.
La giustificazione di un tale scempio? Eccola: “Né potevo esimermi dall’intervenire sull’identità dell’ineffabile Surley G. Febbs, […] che viene ‘fecondato’ nell’attuale versione italiana come Sorcey (poiché ha qualcosa di sorcino, subdolo), O. (come Oronzo), Fosse, un banalissimo, ma pregnante, anagramma di Fesso”.
Cristo, che razza di ritardato.

Su Dick
La produzione di Dick è sterminata. Se, stilisticamente parlando, quelli che si salvano sono pochi, idee geniali e ambientazioni originali si trovano quasi in tutti. Tra quelli che ho preferito, per forma e/o contenuto, ne segnalo cinque:
La svastica sul soleThe Man in the High Castle (L’uomo nell’alto castello, più noto in Italia come “La svastica sul sole”), ci trasporta in un’ucronia in cui le forze dell’Asse hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale, e Giappone e Germania nazista si sono spartiti gli Stati Uniti. Romanzo corale dal taglio più mainstream che fantascientifico, segue le vite di una serie di personaggi che si trovano a vivere in questi States alternativi. Libro molto interessante, anche se forse può piacere di più agli amanti del mainstream che non a quelli della letteratura di genere, dato che c’è poca azione.
Le tre stimmate di Palmer EldritchThree Stigmata of Palmer Eldritch (Le tre stimmate di Palmer Eldritch) è un romanzo allucinante ambientato in un futuro prossimo in cui colonie spaziali sono state costruite su tutti i pianeti del sistema solare. Poiché la vita sulle colonie è dura ed eremitica, le Nazioni Unite hanno legalizzato la diffusione di droghe ricreative. Nel romanzo si incontrano i temi delle droghe, delle realtà alternative, del disagio esistenziale, di Dio e della transustanziazione, e della guerra tra multinazionali. Il romanzo è geniale e Palmer Eldritch una figura che rimane impressa; lo stile, purtroppo, è raffazzonato. Consigliatissimo.
Ma gli androidi sognano pecore elettriche?Do Androids Dream of Electric Sheep? (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) è famoso come precursore del cyberpunk e come ispiratore di Blade Runner. Dirò solo che è mille volte meglio del film di Ridley Scott. Su una Terra semiabbandonata, ingombra di rifiuti e polveri e povera di animali, il cacciatore Rick Deckard è incaricato di individuare uno stock di androidi in fuga e terminarli. Se la morale del film di Scott è il solito annacquamento esistenziale di Cartesio che porta a dire “uomini e androidi sono uguali”, il romanzo di Dick vuole spiegarci perché gli androidi sono diversi dagli esseri umani e perché non possono che essere diversi.
Scorrete lacrime, disse il poliziottoFlow My Tears, the Policeman Said (Scorrete lacrime, disse il poliziotto) è uno slipstream ambientato in un futuro prossimo in cui gli States sono diventati uno stato di polizia. In seguito a un incidente, la star televisiva Jason Taverner diventa una non-persona; nel tentativo di recuperare la sua identità, incontrerà una serie di donne e conoscerà molti tipi di amore. Il suo destino è in mano Felix Buckman, cinico commissario di polizia con una sorella psicotica, che gli dà la caccia. Adoro questo romanzo, ma a molti non piace; inoltre sono il primo a dire che è una storia molto strana, e che la componente fantascientifica ha un ruolo marginale, di “innesco” della vicenda.
Un oscuro scrutareA Scanner Darkly (Un oscuro scrutare) è il mio romanzo preferito in assoluto, e tanto per cambiare è uno slipstream. C’è una nuova droga in circolazione, la pericolosa Sostanza M. Per scoprire chi ci sia dietro, l’agente della narcotici Robert Arctor assume i panni di un tossico e va a vivere tra i drogati. Ma col passare del tempo, le droghe lo consumano, e le sue due personalità cominciano a dissociarsi… Bellissimo romanzo esistenziale sulla vita dei tossici (che Dick ha sperimentato dal di dentro per alcuni anni). Date un’occhiata anche all’omonimo film di Richard Linklater (con Keanu Reeves e Robert Downey Jr.), fatto molto bene e fedele al libro.
Altri titoli fantascientifici interessanti sono Solar Lottery (Lotteria dello spazio), The World Jones Made (Il mondo che Jones creò), Time Out of Joint (Tempo fuor di sesto), We Can Build You (L’androide Abramo Lincoln), Dr. Bloodmoney (Cronache del dopobomba), The Simulacra (I simulacri), Clans of the Alphane Moon (Follia per sette clan), Now Wait for Last Year (Illusioni di potere), Ubik, A Maze of Death (Labirinto di morte), Our Friends from Frolix 8 (Nostri amici da Frolix 8).
Se vi sentite coraggiosi, potete anche provare a leggere il famoso VALIS – che però sta tra il mainstream e la literary fiction più che nella sf. Sconsiglio Eye in the Sky (Occhio nel cielo), anche se inspiegabilmente è considerato un classico dickiano.
Soprattutto nei primi dieci anni della sua carriera (ma anche negli ultimi), Dick ha scritto anche molti romanzi mainstream. Alcuni sono molto belli, e ne parlerò in un articolo a parte.

Chi devo ringraziare?
Cominciai a leggere Dick in occasione della ripubblicazione di una buona metà dei suoi romanzi da parte della Fanucci, in occasione del 25° anniversario dalla morte dello scrittore. Ma The Zap Gun non era tra i fortunati che erano stati ripubblicati.
Probabilmente avrei finito per non leggerlo mai, non fosse stato per un fanatico di Dick di mia conoscenza. Lo chiamavano Boccia; pensavo lo facessero perché era quasi pelato, ma in realtà poi ho scoperto che prima di perdere i capelli andava in giro con una pettinatura afro ed era per quello che gli avevano appioppato il soprannome. Ma sto divagando. Insomma, questo tizio mi dice che tra tutti i romanzi di Dick, il più bello è Mr. Lars.
Inizialmente ero scettico, perché la versione cartacea del libro era introvabile, e a quell’epoca per me i lettori e-book erano più un concetto metafisico che una realtà tangibile. Beh, fatto sta che alla fine mi convinse, e Mr. Lars divenne il primo libro digitale che scaricai e lessi – interamente allo schermo del computer. Con grande gioia della mia cornea. Quindi diciamo che per me questo romanzo ha anche un valore affettivo^^

Parrucca afro

Parrucche afro. Una delle cose che rimpiango degli anni ’70.

Qualche estratto
Il primo estratto è preso dal capitolo iniziale, ci mostra l’istronico pov di Lars e al contempo dice molto sul duro lavoro del sognatore d’armi. Il secondo ha invece per protagonista Surley G. Febbs, e in un colpo solo ci testimonia della sua saccenza e delle superarmi che conosce a menadito.

1.
It was a weakness—or, as he preferred supposing, a strength of weapons fashion designers, in contrast to their miserable counterparts in the world of clothing—that they liked women. His predecessor, Wade, had been heterosexual, too—had in fact killed himself over a little coloratura of the Dresden Festival ensemble.
Mr. Wade had suffered auricular fibrillation at an ignoble time: while in bed at the girl’s Vienna condominium apartment at two in the morning, long after The Marriage of Figaro had dropped curtain, and Rita Grandi had discarded the silk hose, blouse, etc., for—as the alert homeopape pics had disclosed — nothing.
So, at forty-three years of age, Mr. Wade, the previous weapons fashion designer for Wes-bloc, had left the scene—and left vacant his essential post. But there were others ready to emerge and replace him.
Perhaps that had hurried Mr. Wade. The job itself was taxing—medical science did not precisely know to what degree or how. And there was, Lars Powderdry reflected, nothing quite so disorienting as knowing that not only are you indispensable but that simultaneously you can be replaced. It was the sort of paradox that no one enjoyed, except of course UN-W Natsec, the governing Board of Wes-bloc, who had contrived to keep a replacement always visible in the wings.
He thought, And they’ve probably got another one waiting right now. They like me, he thought. They’ve been good to me and I to them: the system functions.
But ultimate authorities, in charge of the lives of billions of pursaps, don’t take risks. They do not cross against the DON’T WALK signs of cog life.
Not that the pursaps would relieve them of their posts… hardly. Removal would descend, from General George McFarlane Nitz, the C. in C. on Natsec’s Board. Nitz could remove anyone. In fact if the necessity (or perhaps merely the opportunity) arose to remove himself— imagine the satisfaction of disarming his own person, stripping himself of the brain-pan i.d. unit that caused him to smell right to the autonomic sentries which guarded Festung Washington!
And frankly, considering the cop-like aura of General Nitz, the Supreme Hatchet-man implications of his—
“Your blood-pressure, Mr. Lars.” Narrow, priest-like, somber Dr. Todt advanced, machinery in tow.
“Please, Lars.”

Era una debolezza che ai disegnatori d’armi alla moda piacessero le donne? O non era invece una forza, in contrasto con i loro miserabili equivalenti nel mondo dell’abbigliamento? Il suo predecessore, Wade, era stato anche lui eterosessuale: era morto a causa d’una ballerina dell’ensemble del Festival di Dresda. Mr. Wade era stato colpito da fibrillazione articolare nel momento più inopportuno e ignobile, mentre era a letto con la ragazza in una casa d’appuntamenti a Vienna, quando il sipario era disceso già da troppe ore sul Matrimonio di Figaro e Rita Grandi si era sfilata calze, camicetta, eccetera, in cambio di, come i poliziotti accorsi avevano accertato, niente.
Così, all’età di quarantatré anni, Mr. Wade, il penultimo disegnatore di armi alla moda del Blocco Ovest, era uscito di scena, lasciando un vuoto improvviso in una posizione-chiave. Ma non erano certo mancati altri, pronti a emergere e a rimpiazzarlo.
Forse era stato questo a far sì che Mr. Wade si affrettasse. Il suo lavoro presentava le caratteristiche d’una assoluta necessità, anche se la scienza medica non poteva ancora precisare fino a che punto e in qual modo. E non c’è nulla di più disorientante, rifletté Lars Powderdry, quanto la certezza che non soltanto si è indispensabili, ma che contemporaneamente si può essere subito rimpiazzati. Era un tipo di paradosso che nessuno amava, eccettuata naturalmente la NU Ovest Sic Naz (Sicurezza Nazionale), il governo supremo del Blocco Ovest, che aveva sempre tenuto pronto un sostituto.
E probabilmente, pensò, ne hanno in caldo uno anche adesso.
Io però gli piaccio, pensò ancora. Sono stati bravi con me, e io sono stato bravo con loro; il sistema funziona.
Ma le autorità supreme, incaricate di proteggere la vita di miliardi di cittadini comuni, non avrebbero certo corso rischi. Guai a ignorare il segnale di STOP nella strada dei padroni!
La rimozione sarebbe “discesa” fulminea dal generale George McFarlane Nitz, comandante-in-capo del Consiglio della Sicurezza Nazionale. Nitz poteva rimuovere chiunque. Perfino se stesso, se ne fosse sorta la necessità, o forse semplicemente l’opportunità: immaginate la soddisfazione di disarmare la propria persona, di staccarsi dal cranio l’unità ID, che trasmetteva la sua puzza fino ai guardiani automatici di Festung, Washington!
E francamente, considerando quanto il generale Nitz fatalmente incarnasse dell’Inquisitore e del Giudice Supremo armato di Scure…
— La sua pressione del sangue, Mr. Lars. — L’ascetico dottor Todt si fece avanti col macchinario a
rimorchio. — Per favore, Lars.

2.
Frankly, I think we ought to drop a Garbage-can Banger on New Moscow.”
“What’s that?”
Condescendingly, because he fully realized that the average man had not done research endlessly at the pub-libe as he had, Febbs said, “It’s a missile that wide-cracks in the atmosphere. ‘Atmosphere,’ from the Sanskrit atmen, ‘breath.’ The word ‘Sanskrit’ from samskrta, meaning ‘cultivated,’ which is from sama, meaning ‘equal,’ plus kr, ‘to do,’ and krp, ‘form.’ In the atmosphere, anyhow, above the popcen— the population center — which it’s aimed at. We place the Judas Iscariot IV above New Moscow, set to wide-crack at half a mile, and it rains down minned—miniaturized—h’d, that means homeostatic —”
It was hard to communicate with the ordinary mass man. Nonetheless Febbs did his best to find terms which this portly nonentity — this nont — would comprehend. “They’re about the size of gum wrappers. They drift throughout the city, especially into the rings of conapts. You do know what a conapt is, don’t you?”
Spluttering, the portly businessman-type said, “I live in one.”
Febbs, unperturbed, continued his useful exposition. “They’re cam – that is, chameleon; they blend, color-wise, with whatever they land on. So you can’t detect them. There they lie, until nightfall, say
around ten o’clock at night.”
“How do they know when it’s ten o’clock? Each has a wristwatch?” The portly businessman’s tone was faintly sneering, as if he imagined that somehow Febbs was putting him on. With massive condescension Febbs said, “By the loss of heat in the atmosphere.”
“Oh.”
“About ten p.m., when everyone’s asleep. […] They start,” Febbs said. “Each pellet; fully cammed, begins to emit a sound.” He watched the portly man’s face. Obviously this citizen did not bother to read Wep Weke, the info mag devoted exclusively to pics and articles, and, where possible, true specs, of all weapons, both Wes-bloc and Peep-East — probably by means of a data-collecting agency he had in a vague way heard of named KICH or KUCH or KECH. Febbs had a ten-year file of Wep Weke, complete, with both front and back covers intact; it was priceless. “What kind of sound?”
“A horrid sneering sound. Buzzing. Like—well, you’d have to hear it yourself. The point is, it keeps you awake. And I don’t mean just a little awake. I mean wide-awake. Once the noise of a Garbage-can
Banger gets to you, for example, if a pellet is on the roof of your conapt building, you never sleep again. And four days without sleeping—” He snapped his fingers. “You can’t perform your job. You’re no good to anyone, yourself included.”

– Francamente, credo che dovremmo lanciare una Pattumiera Esplosiva sopra Nuova Mosca.
— Che cosa?
Condiscendente, perché si rendeva conto che nessun uomo medio si era dato la pena di compiere le sue stesse interminabili ricerche alla biblioteca pubblica, Febbs spiegò: — È un missile che si sbriciola nell’atmosfera. “Atmosfera”, dal sanscrito atmen, “respiro”. La parola “sanscrito”, da samskrta, significa “colto”, e proviene da sama, che significa, “uguale”, più kr, “fare”, e krp, “forma”. Nell’atmosfera, insomma, sopra il cenab, il centro abitato, al quale è indirizzato. Noi piazziamo il Giuda Iscariota IV sopra Nuova Mosca, regolato per sbriciolarsi a mezzo miglio da terra, e lui piove giù tutto min-zato, miniaturizzato, in tanti pezzettini, e omeo, cioè omeostatico…
Era davvero difficile riuscire a comunicare con l’uomo medio. Tuttavia Febbs fece del suo meglio per scegliere termini che quella corpulenta nullità potesse capire.
— Ogni pezzettino è circa della misura di una pallina di chewing-gum. Tutte discendono lentamente sulla città, specialmente nei quartieri dei conapp. Saprà senz’altro cos’è un conapp, vero?
Balbettando, l’uomo d’affari disse: — Anch’io vivo in un condominio d’appartamenti.
Febbs, imperturbato, continuò la sua fruttuosa lezione. — Sono cam-camaleontiche. Assumono l’identico colore del punto dove toccano terra, per cui è impossibile scoprirle. Stanno lì, tranquille, fino al cadere della notte, diciamo le dieci di sera.
— Come fanno a sapere che sono le dieci? Hanno l’orologio? — Il tono del corpulento uomo d’affari era chiaramente di scherno, quasi s’immaginasse che in qualche modo Febbs volesse prenderlo in giro.
Con estrema accondiscendenza, Febbs spiegò: — Lo capiscono dalla perdita di calore dell’atmosfera.
— Oh.
— Le dieci della sera, quando tutti dormono. […] Tutte le palline, perfettamente mimetizzate — continuò Febbs — cominciano a emettere un suono. —
Studiò la faccia dell’uomo corpulento. Ovviamente, quel cittadino non si curava minimamente di leggere “Setarm”, il Settimanale delle Armi, la ri inf, dedicata esclusivamente ad articoli e disegni (e, quando
possibile, anche alle fotografie autentiche) di tutte le nuove armi, tanto del Blocco Ovest quanto dell’Est Spione… Probabilmente attraverso un’agenzia investigativa di cui aveva vagamente sentito parlare, e che si chiamava KUCH o KICH o KECH. Febbs possedeva dieci annate complete di “Setarm”, con tutte le copertine intatte: una collezione senza prezzo.
— Che genere di suono?
— Un orribile suono sarcastico. Qualcosa come un rutto continuo. Come… Be’, dovrebbe sentirlo lei stesso. E ti tiene sveglio, e non intendo dire un po’ sveglio. Voglio dire sveglio “del tutto”. Una volta che la Pattumiera Esplosiva ha cominciato, per esempio una pallottolina appiccicata sul tetto del vostro conapp, non le riuscirà più di dormire. In nessun modo. Uno, due, tre, quattro giorni senza dormire… — Fece schioccare le dita. — In nessun modo riuscirà più a lavorare. Non servirà più a niente e a nessuno, neppure a se stesso.

Tabella riassuntiva

Una tragicommedia fantascientifica assolutamente folle! Scritto di fretta.
Lars è un pov delizioso, e anche Febbs non è male. Voce narrante a volte troppo sopra le righe.
Ritmo frenetico, privo di momenti di stanca. Alcuni passaggi della storia troppo veloci.
Dal Distorcitore d’Informazione Civica alla Bomba Superpuzza di Pecora!

——

(1) Questa sensazione di velocità eccessiva me l’hanno data anche alcuni romanzi di Swanwick e di altri autori che piacciono a Gamberetta; a dire il vero, gli stessi libri di Gamberetta a volte me l’hanno trasmessa. Lettori come lei potrebbero quindi trovarsi perfettamente a loro agio con questo ritmo.Torna su

I Consigli del Lunedì #08: Changing Planes

Changing PlanesAutore: Ursula K. LeGuin
Titolo italiano: Su altri piani
Genere: Fantasy / Pseudo-trattato
Tipo: Raccolta di racconti

Anno: 2003
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 250 ca.
Difficoltà in inglese: **

Si sa, stare nelle sale d’attesa degli aeroporti una, due, o anche più ore aspettando di poter salire sul proprio aereo è noioso e snervante. O almeno, lo era, finché Sita Dulip ha scoperto che, con una semplice torsione e uno scivolamento, si poteva viaggiare tra i piani.
Funziona solo nelle sale d’attesa degli aeroporti, ma si può andare ovunque: per esempio nel piano degli Asonu, un popolo dove a parlare sono solo i bambini, che durante l’adolescenza lentamente imparano l’arte del silenzio; o il piano dei Veksi, creature munite di zoccoli, e con mani dentro agli zoccoli, talmente facili all’ira e alla vendetta da vivere in uno stato di guerra pressoché permanente di tutti contro tutti; oppure il piano degli Ansarac, che vivono su un pianeta dall’orbita talmente ampia che una stagione dura 6-7 anni, e che conducono un’esistenza migratoria tra i deserti del sud e le fresche praterie montane del nord. Nel piano di Hegn l’intera popolazione è aristocratica, tutti sono imparentati gli uni con gli altri; e perciò le pochissime famiglie plebee sono trattate alla stregua di creature sacre; e nel piano degli Nna Mmoy, ridotto artificialmente ad una estrema semplicità biologica – pochissime varietà di piante e animali, e nessuna pericolosa – i suoi abitanti hanno compensato sviluppando un linguaggio talmente complicato e ambiguo da sfuggire alla comprensione dei linguisti più esperti. E c’è pure un piano che una multinazionale americana ha trasformato in un parco divertimenti per famiglie…
Inoltre, a viaggiare tra i piani il tempo scorre molto più lentamente che sulla Terra: così uno può anche trascorrere un week-end in giro tra le dimensioni e tornare in tempo per prendere l’aereo!

Avevo detto che non mi sarei occupato di racconti, ma qui voglio fare un’eccezione. Changing Planes, proprio come Cronache marziane di Bradbury, è una raccolta unita da un filo comune: la possibilità di viaggiare su piani diversi dal nostro. Dopo la breve cornice sulla scoperta del “metodo Sita Dulip”, ogni racconto della raccolta è dedicato a un piano diverso. Gli stili variano: si va dalla cronaca di viaggio in prima persona, allo pseudo-trattato etnografico, passando per le interviste informali con uno o più nativi del piano. In ogni caso, nei racconti non predomina mai o quasi l’azione. Come in Flatland, si tratta più che altro di un “ideario”: una raccolta di descrizioni di possibili mondi immaginari, che seguono regole o costumi diversi dal nostro.

Airport waiting room

Una sala d’attesa di aeroporto prima che Sita Dulip scoprisse il modo di viaggiare tra i piani. Notate la noia e il desiderio latente di spakkare tutto.

Uno sguardo approfondito
La qualità dei racconti è altalenante. Seasons of the Ansarac, Social Dreaming of the Frin – su una civiltà di creature che durante il sonno condividono i sogni gli uni degli altri, con le sue conseguenze – e The Royals of Hegn sono probabilmente i migliori; altri interessanti sono The Silence of the Asonu, The Ire of the Veksi, Great Joy, The Nna Mmoy Language, di cui ho già parlato prima, oppure Porridge on Islac – su una società che ha cominciato a produrre artificialmente ibridi biologici di ogni tipo, da donne-pannocchia a cani parlanti che dicono solo volgarità, con conseguenze disastrose – The Building – su una società i cui membri, per ragioni misteriose e forse dettate dai loro geni, spendono una parte della loro vita, e tutte le loro energie, nella costruzione apparentemente insensata di un edificio gigantesco e infinito – e The Fliers of Gi – su una società in cui alcuni individui sviluppano la capacità di volare, ma pagando un prezzo molto alto.
Altri racconti sembrano fuori posto rispetto allo spirito della raccolta. Wake Island, per esempio, potrebbe essere benissimo ambientato nel nostro mondo, dato che parla di un progetto scientifico che va a remengo in una civiltà del tutto simile alla nostra; The Island of Immortals non avrebbe bisogno di essere collocato su un piano diverso dal nostro, dato il setting limitato e remoto; idem per Confusions of Uni, che è un racconto sulle realtà virtuali. Ho letto da qualche parte che molti racconti della raccolta erano già stati scritti e pubblicati in modo indipendente; inserirli in questa raccolta mi sembra solo un bieco modo per fare numero. Altri racconti ancora sono semplicemente noiosi o insulsi, come Feeling at Home with Hennebet o Woeful Tales from Mahigul: succede poco, e quel che succede (in particolare nel secondo) è banale e molto poco fantasioso.
Nel complesso, comunque, i bei racconti superano di 3 a 1 quelli brutti o fuori posto.

Divertimento

Aeroporto dopo la scoperta del metodo Sita Dulip. Ora è molto più divertente.

La preparazione antropologica della LeGuin viene in aiuto della fantasia. Le specie senzienti che si incontrano nei racconti sono sempre credibili, perché l’autrice si preoccupa di darne una giustificazione ecologica e sociale (a volte scrivendola, a volte lasciandola intuire). Un mondo fatto di (quasi) soli pigri aristocratici sembrerebbe impossibile, autocontraddittorio; ma la LeGuin dà sufficienti spiegazioni da renderlo quantomeno plausibile. Alcuni racconti e alcune osservazioni – sulla ritualità tribale, sui rapporti tra il linguaggio e le pressioni ambientali – avrebbero potuto essere pensati soltanto da una persona preparata sull’argomento. Ergo: le idee della LeGuin non sono mai stupide.

Specularmente, la raccolta ha però anche due limiti: di fantasia e di stile.
Riguardo al primo, ho avuto l’impressione che la LeGuin abbia sottosfruttato l’idea originale. La possibilità di inventare da zero dimensioni alternative, con le loro regole, le avrebbe permesso di violare le leggi della fisica esistenti e inventare mondi completamente alieni dai nostri. Avrebbe potuto scrivere di creature senzienti o composizioni planetarie molto differenti dalle nostre. Invece la maggior parte dei suoi piani non fa che presentare civiltà con “costumi” diversi, o magari con qualche abilità o potere non-umano, ma che non le differenziano poi così tanto dal genere umano. Le specie presentate dalla LeGuin sembrano quasi tutte esseri umani con qualche differenza. Alcune – come ho già detto – potrebbero benissimo vivere nel nostro mondo.
Allo stesso modo, gli ambienti sono tutti o quasi delle “altre-Terre”. Pochi hanno delle differenze rilevanti, come il mondo degli Ansarac dalla lunghissima rivoluzione (idea peraltro già sfruttata dalla LeGuin nel mediocre romanzo hainita Planet of Exile). Questo è in parte giustificato dal fatto che gli esseri umani non potrebbero viaggiare su mondi troppo alieni rispetto al proprio (se non al rischio di una rapida dipartita), ma è comunque un peccato. Evidentemente la LeGuin non ha una sufficiente preparazione in fisica o biologia per immaginare mondi più bizzarri, o forse semplicemente non le interessa.

Specie aliene incredibbili!

Un alieno della LeGuin? Nella narrativa non si pagano trucco ed effetti speciali, non c’è ragione di limitare la fantasia!

L’altro problema è quello tipico dell’adottare uno stile “statico”, descrittivo e distante, a uno stile “dinamico”, in cui le cose succedono qui e ora. Vale l’osservazione che ho già fatto altrove: dove le idee sono abbastanza affascinanti, il lettore sopporta di buon grado l’assenza di azione e la lontananza del punto di vista – lo stile da pseudo-trattato può anche essere piacevole; dove le idee sono deboli o noiose, il disagio è raddoppiato. E purtroppo la LeGuin non ha né la creatività né il tono di un Abbott.
A volte poi si avverte un po’ troppo il giudizio personale della LeGuin – in sostanza, il suo odio verso il capitalismo selvaggio degli ameriCani, la sua diffidenza verso la ricerca scientifica incontrollata, e la sua simpatia verso le civiltà rurali, tribali, pre-industriali. Non lo fa in modo vistoso, né in modo ingenuo: non crede al mito del buon selvaggio, e di ogni specie ci fa vedere i lati belli e i lati sgradevoli. Ma una certa preferenza si fa sentire lo stesso, e un paio di volte mi sono trovato a pensare: “Mmh, qui c’è odore di Lipperini…”. Sensazioni fuggevoli, per fortuna ^-^

Su Ursula K. LeGuin
In Italia la LeGuin è conosciuta sostanzialmente per la saga di Earthsea, ma all’estero è almeno altrettanto famosa per la sua produzione fantascientifica. A me la LeGuin non fa impazzire: il suo stile si colloca tra il mediocre e l’orrido, e storie potenzialmente interessantissime sotto la sua penna diventano spesso noiose o piattine. In media, comunque, le sue opere fantascientifiche sono migliori; voglio segnalarne quattro, tre libri del Ciclo Hainita e una stand-alone novel.
Il Ciclo Hainita o Ciclo dell’Ecumene (Hainish cycle nell’originale) è, più che una saga, un’ambientazione condivisa: tutti i libri sono autoconclusivi e si svolgono su mondi differenti, per cui possono essere letti in qualsiasi ordine 1. Nel mondo del Ciclo Hainita, le più avanzate civiltà della Galassia si sono unite in una Lega dei Mondi interplanetaria, il cui scopo primario è di continuare a espandersi integrando sempre nuovi pianeti e popoli. Le varie civiltà membre rimangono però largamente indipendenti, perché nel mondo della LeGuin non si può valicare la velocità della luce, e i viaggi da un pianeta all’altro possono richiedere anche parecchi decenni o secoli. Solo le informazioni (in un primo tempo) e gli oggetti inanimati (successivamente) possono essere teletrasportati istantaneamente da un punto all’altro della Galassia, e questo grazie al dispositivo dell’ansible. Le storie del Ciclo Hainita sono quindi principalmente storie di esplorazione di altre civiltà e culture.
La mano sinistra delle tenebreThe Left Hand of Darkness (La mano sinistra delle tenebre), quarto libro del Ciclo Hainita, è ambientato su un pianeta glaciale i cui abitanti sono tutti degli ermafroditi. O meglio: per la maggior parte del tempo sono degli asessuati ibridi uomo/donna, e una volta al mese, quando entrano in calore, possono assumere per il breve tempo del corteggiamento e del rapporto sessuale i tratti dell’uno o dell’altro sesso, a seconda di chi hanno intorno. Un inviato della lega interplanetaria Ecumene, Genly Ai, si troverà a scendere sul pianeta nel momento in cui le due maggiori potenze si preparano alla guerra… L’argomento è molto affascinante, ma il romanzo è rovinato da uno stile piatto, un ritmo inesistente, e il fatto che per la maggior parte del tempo non succede mai niente. Non a caso le parti più interessanti sono quelle pseudo-saggistiche sullo stile di vita e il ritmo biologico degli ermafroditi. Rimane un libro curioso, che vale la pena provare a leggere.
I reietti dell'altro pianeta The Dispossessed (I reietti dell’altro pianeta), quinto libro del Ciclo Hainita, è un romanzo politico. Mentre sul pianeta Urras trionfa il capitalismo, sull’inospitale luna Anarres un gruppo di separatisti ha fondato una società anarchica, basata sulla mutua collaborazione e sull’assenza del denaro. Seguendo le vicende di Shevek, brillante fisico di Anarres, la LeGuin si interrogherà su pregi e difetti di ciascun sistema politico, e ci svelerà le origini dell’Ansible. E’ il più interessante tra i romanzi del Ciclo, ma anche questo è purtroppo ammazzato da uno stile piatto (con narratore rigorosamente onnisciente) e da una cattiva gestione dei tempi narrativi. Cronologicamente si situa prima di tutti gli altri romanzi del Ciclo.
Il mondo della forestaThe Word for World is Forest (Il mondo della foresta), sesto libro del Ciclo Hainita. Ambientato in un pianeta primitivo le cui terre emerse sono interamente ricoperte di una fitta foresta, racconta dello scontro – culturale e tecnologico – tra i Terrestri invasori e i nativi, umanoidi pelosi e alti un metro, organizzati in tribù e dotati di uno strano ciclo sonno-veglia. Il romanzo sarebbe anche interessante, non fosse per due difetti della LeGuin: la sua tendenza a trasformare le sue storie in pilloloni etici, e la sua fretta a etichettare i Buoni e i Cattivi, lasciando poco spazio a quella sana ambiguità morale che caratterizza i buoni libri. Cronologicamente si situa dopo The Dispossessed, ma prima di Rocannon’s World.
La falce dei cieliThe Lathe of Heaven (La falce dei cieli) è invece un romanzo autoconclusivo. In un mondo sovrappopolato e impoverito, il povero George Orr scopre di avere un potere terribile e che non riesce a controllare: i suoi sogni più vividi possono riplasmare retroattivamente la realtà. Per guarire sarà costretto a rivolgersi a uno psichiatra, il dottor Haber; ma cosa succederà quando il dottore si renderà conto della portata dei poteri di Orr? Di tutti i romanzi della LeGuin, questo è il più interessante, e anche quello scritto meglio; è probabile che in futuro gli dedichi un Consiglio.

Dove si trova?
In italiano, Su altri piani è stato edito dalla Nord nel 2005, assieme a diversi altri libri della LeGuin. Stanno tutti rapidamente sparendo dalla circolazione nelle librerie, ma in compenso si trovano ancora (per la maggior parte) su Amazon e IBS. In ogni caso, sul Mulo si trovano praticamente tutte le opere della LeGuin, anche in italiano.
Su library.nu si può trovare l’edizione originale di Changing Planes, che però ha un piccolo problema: per qualche ragione mancano una-due pagine del racconto Feeling at Home with the Hennebet. Non una grossa perdita (dato che non m’è piaciuto), ma il racconto non è semplicissimo da seguire e il taglio colpisce proprio un “momento cruciale” della storia.

Su altri piani

Copertina italiana. Per una volta bella quasi quanto quella originale (ma, tanto per cambiare, quei piedi angelici non c’entrano una sega col libro. Vabbé, è fantasy, deve andar bene per forza!)

Chi devo ringraziare?
In questo caso ringrazio la dolce Siobhàn, che l’ha letto prima di me e poi ha continuato a ripetermi per una settimana: “Leggilo! Leggilo! E’ fiQissimo!”. In realtà lei dice che sono stato io stesso a proporlo a lei (quando ancora non l’avevo letto), e potrebbe anche darsi, ma proprio non ricordo. E in quel caso, a me chi è che l’ha consigliato? Forse mi visita di notte lo Spirito Santo.

Qualche estratto
Il primo estratto è preso dal primo racconto, Porridge on Islac: Ai Li A Le racconta alla protagonista-narratrice degli esperimenti genetici che hanno gettato il suo piano nel caos. Il secondo estratto è invece un esempio dello stile ‘saggistico’ della raccolta. E’ tratto da Seasons of the Ansarac, e fa una breve panoramica della conformazione del piano e delle conseguenze che tale conformazione ha sui suoi abitanti.
Notate come ancora una volta la traduzione italiana sia approssimativa.

1.
“I’m corn, myself,” she said at last, shyly.
I checked the translatomat. Uslu: corn, maize. I checked the dictionary, and it said that uslu on Islac and maize on my plane were the same plant.
I knew that the odd thing about corn is that it has no wild form, only a distant wild ancestor that you’d never recognise as corn. It’s entirely a construct of long-term breeding by ancient gatherers and farmers. An early genetic miracle. But what did it have to do with Ai Li A Le?
Ai Li A Le with her wonderful, thick, gold-colored, corn-colored hair cascading in braids from a topknot…
“Only four percent of my genome,” she said. “There’s about half a percent of parrot, too, but it’s recessive. Thank God.” I was still trying to absorb what she had told me. I think she felt her question had been answered by my astonished silence.
“They were utterly irresponsible,” she said severely. […]
“I never saw a butterfly or a deletu. Only pictures… The insecticidal clones got them…
But the scientists learned nothing—nothing! They set about improving the animals.
Improving us! Dogs that could talk, cats that could play chess! Human beings who were going to be all geniuses and never get sick and live five hundred years! They did all that, oh yes, they did all that. There are talking dogs all over the place, unbelievably boring they are, on and on and on about sex and shit and smells, and smells and shit and sex, and do you love me, do you love me, do you love me. I can’t stand talking dogs”.

«Da parte mia», confessò infine, timidamente, «sono mais.»
Controllai il display del translatomat. Uslu: mais, granturco. Anche la funzione dizionario mi confermò che l’uslu di Islac e il mais del mio piano erano la stessa pianta. Conoscevo la strana caratteristica del granturco: non ha una forma selvatica, solo un lontano antenato che non gli somiglia af-
fatto. È in tutto e per tutto il risultato di una lunga selezione operata dagli antichi agricoltori e raccoglitori. Un vecchio miracolo genetico… ma cosa aveva a che fare con Ai Li A Le?
Ai Li A Le con i suoi meravigliosi, folti capelli color dell’oro, color del grano, che scendevano a trecce dall’alto della nuca…
«Solo il quattro per cento del mio genoma», precisò lei. «Ho anche lo zero virgola cinque di pappagallino, ma è recessivo. Grazie a Dio.»
Io stentavo ancora ad assorbire quanto mi aveva detto. Penso che abbia avuto la risposta dal mio silenzio carico di stupore.
«Erano assolutamente irresponsabili», disse con severità.[…] «Io non ho mai visto una farfalla o un deletu. Solo fotografie. I cloni insetticidi li hanno uccisi. Ma gli scienziati non hanno imparato la lezione… affatto! Si sono messi a migliorare gli animali. A migliorare gli uomini! Cani che parlano, gatti che giocano a scacchi! Esseri umani che erano invariabilmente geniali, non si ammalavano mai e vivevano cinquecento anni! E hanno fatto tutto questo, oh, certo, come l’hanno fatto! Ci sono cani parlanti dappertutto, e sono scocciatori insopportabili, parlerebbero per ore di sesso, di cacca e degli odori! che hanno annusato negli angoli. ‘Odore’, ‘Cacca’, ‘Sesso’, e: ‘Mi vuoi bene?’, ‘Dimmi che mi vuoi bene’, e: ‘Quanto bene mi vuoi?’. Non sopporto i cani parlanti».

Philosoraptor

Anche il Philosoraptor si interroga sui pericoli della manipolazione genetica.

2.
Their world has a larger sun than ours and is farther from it, so, though its spin and tilt are much the same as Earth’s, its year lasts about twenty-four of ours. And the seasons are correspondingly large and leisurely, each of them six of our years long.
[…] They inhabit two continents, one on the equator and a little north of it, one that stretches up towards the north pole; the two are joined by a long, mountainous bridge of land, as the Americas are, though it is all on a smaller scale. The rest of the world is ocean, with a few archipelagoes and scattered large islands, none with any human population except the one used by the Interplanary Agency.
The year begins, Kergemmeg said, when in the cities of the plains and deserts of the south, the Year Priests give the word and great crowds gather to see the sun pause at the peak of a certain tower or stab through a certain target with an arrow of light at dawn: the moment of solstice. Now increasing heat will parch the southern grasslands and prairies of wild grain, and in the long dry season the rivers will run low and the wells of the city will go dry. Spring follows the sun northward, melting snow from those far hills, brightening valleys with green… And the Ansarac will follow the sun.
“Well, I’m off,” old friend says to old friend in the city street. “See you around!”.

Il loro mondo ha un sole più grande del nostro, ma è più lontano dall’astro, cosicché, anche se la sua inclinazione e il suo periodo di rotazione sono pressappoco quelli della Terra, il suo anno dura circa 24 dei nostri. E le stagioni sono analogamente lunghe e senza fretta, ciascuna dura sei dei nostri anni.
[…] Abitano su due continenti, uno situato sull’Equatore e un po’ più a nord del Tropico, e il secondo che si stende in direzione del Polo Nord. I due continenti sono uniti da un tratto di terreno stretto, lungo e montuoso, un po’ alla maniera delle due Americhe, anche se il tutto su una scala più pic-cola. Il resto del mondo è oceano, con alcuni arcipelaghi e qualche grande isola, nessuna abitata tranne quella occupata dall’Agenzia Interplanaria.
L’anno inizia, mi raccontò Kergemmeg, quando nelle città del sud, in mezzo a quelle pianure desertiche, i Sacerdoti dell’Anno danno l’annuncio e grandi folle si radunano per vedere il sole fermarsi sulla cima di una certa torre o colpire con un dardo di luce, all’alba, un certo punto-bersaglio: il momento del solstizio. Da quell’istante in poi l’aumento della temperatura inaridirà i pascoli del sud, le praterie di cereali selvatici; nella lunga stagione asciutta i fiumi si abbasseranno e i pozzi delle città si prosciugheranno. La primavera segue il sole verso il nord, sciogliendo la neve di quei lontani monti, rallegrando di verde le valli. E gli ansar seguono il sole.
«Bene, io me ne vado», si annunciano l’un l’altro i vecchi amici, nelle strade delle città. «Ci si vede!»
.

Tabella riassuntiva

Alcuni racconti hanno un setting molto fantasioso. Alcuni racconti sono noiosi e/o poco fantasiosi.
Le razze della LeGuin sono coerenti e ben pensate. Setting e specie spesso sono troppo poco “alieni”.
I racconti sono intrecciati tra loro in modo intelligente. Stile cronachistico o trattatistico che può venire a noia.

(1) Gli unici che leggerei nell’ordine in cui sono stati scritti sono il secondo e il terzo libro del ciclo – Planet of Exile e City of Illusions – perché i legami tra le due ambientazioni sono molto più stretti di quanto accada in genere. Anche se non ci sono molte ragioni per leggerli, a meno che non siate dei fanatici della LeGuin: Planet of Exile è mediocre, e City of Illusions è proprio bruttino.Torna su