Archivi del mese: febbraio 2012

I Consigli del Lunedì #14: Bug Jack Barron

Jack Barron e l'eternitàAutore: Norman Spinrad
Titolo italiano: Jack Barron e l’eternità
Genere: Slipstream / Thriller politico / Literary Fiction
Tipo: Romanzo

Anno: 1969
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 370 ca.

Difficoltà in inglese: ***

Off-camera gruff barroom voice over shouts: ‘Bugged?’ And an answering sound-collage as camera holds on the title: students heckling People’s America agitator, amens to hardrock Baptist preacher, mothers crying soldiers griping sour losers outside the two-dollar window.
Barroom voice in cynically hopeful tone: ‘Then go bug Jack Barron!’

Scocciate Jack Barron è uno dei programmi più seguiti d’America. Per un’ora, ogni mercoledì sera in prima serata, il frizzante Jack Barron prende telefonate dal pubblico e ascolta le lamentele della gente, per poi andarle a cantare in diretta ai potenti d’America. E’ potente, Jack Barron: il pubblico la ama, perché sta dalla loro parte; politici e industriali lo temono, perché nel giro di una puntata è in grado di rovinare la loro reputazione e compromettere la loro carriera. Quello che non sanno, è che Barron è un venduto, un corrotto, che contratta con i pezzi grossi per non sputtanarli, o per danneggiare degli avversari – insomma, il programma è truccato.
Ma la vita di Jack Barron è destinata a cambiare, il giorno in cui si mette sulla strada di Benedict Howards – uno degli uomini più potenti d’America, proprietario di una compagnia di criogenizzazione che studia un sistema per donare agli uomini la vita eterna. Ora Howards vuole far passare al Congresso una legge che gli dia il monopolio sulla criogenia, ma ha parecchi scheletri nell’armadio, e non ha nessuna intenzione di permettere che Barron gli rovini la festa. E Barron sarà costretto a decidere, se dannare definitivamente la sua anima accettando le folli proposte di Howards, o ritrovare l’onore perduto…

Alla sua uscita alla fine degli anni Sessanta, Bug Jack Barron fu etichettato come esempio rappresentativo della fantascienza New Wave. In realtà, gli elementi fantascientifici del romanzo – la criogenizzazione e il trattamento per l’immortalità – sono soltanto un pretesto per mettere in piedi un romanzo che parla d’altro: di politica, di corruzione, del potere della televisione, di intrighi. Un romanzo sociale con quella spruzzata punk da “anni della contestazione”.
Spinrad è già stato ospite di questo blog, quando ho parlato di quel libro singolare che è The Iron Dream – un romanzo interessante, benché pieno di difetti. Come vedremo, questo è anche il caso di Bug Jack Barron.

Putin's kiss

La politica è una cosa sporca.

Uno sguardo approfondito
Per capire il modo in cui è scritto Bug Jack Barron, immaginiamo un triangolo.  A uno dei vertici abbiamo lo stile trasparente; al secondo vertice, uno stream of consciousness logorroico in stile James-Joyce-dei-poveri-ma-quanto-sono-literary; al terzo vertice, una parlata slang che mi ha fatto pensare a GTA. Ecco: per tutto il romanzo, la prosa di Spinrad oscilla ora verso l’uno, ora verso l’altro di questi vertici, secondo l’estro del momento.
Se l’elemento slang è carino e non inappropriato, le derive literary sono semplicemente atroci. Quando un personaggio comincia a monologare, a riflettere su sé stesso e sulla sua vita, potete star certi che Spinrad ci infilerà pagine e pagine di nauseante e spocchioso flusso di coscienza 1. Flussi non soltanto difficili da seguire – perché hanno una punteggiatura e una sintassi ridotta al minimo – ma che dicono poco, perché si riducono a ripetere fino alla nausea (magari con costruzione differente) sempre gli stessi pochi concetti, le stesse poche immagini; come Howard, che è ossessionato dal cerchio della morte che si stringe attorno a lui, e continua a ripetere questa immagine ogni volta che entriamo in uno dei suoi monologhi. E non si può dire nemmeno che questi flussi caratterizzino meglio i personaggi, dato che spesso vediamo espressioni idiomatiche o immagini che credevamo tipiche di un personaggio passare nel monologo di un altro. Con poche differenze, quindi (per esempio, quelli di Howard sono più sconnessi e ossessivi di quelli degli altri), questi monologhi sono pure tutti uguali!

La regola aurea della narrativa di genere è: tutto ciò che non porta avanti la trama è inutile; elimina i dettagli inutili, evita i punti morti, perché altrimenti perderai l’attenzione del lettore. I monologhi di Bug Jack Barron commettono proprio questo errore, perché allungano il brodo, affaticando e annoiando a morte il lettore, senza aggiungere informazioni rilevanti.
Le cose peggiorano ulteriormente quando questa logorrea di Spinrad filtra nelle scene d’azione. A un certo punto della storia, muore un personaggio importante. La cosa, di per sé, colpirebbe il lettore. Senonché, Spinrad dilata la scena a dismisura, concentrandosi su ogni minima variazione nei pensieri del personaggio. Il risultato è che il lettore intuisce che il personaggio morirà pagine e pagine prima che ciò avvenga realmente, sicché alla sorpresa subentra la prevedibilità e quindi la noia (“Sì, ma quand’è che muore?”). La stessa morte del personaggio in questione, praticamente è girata al ralenti2. Risultato? Scena potenzialmente ottima, carica di pathos ed emozioni, completamente annacquata e resa insulsa da una scrittura clueless.

Triangolo stilistico

Ciao, sono lo stile di Spinrad!

Molto meglio le parti in slang, che a volte filtrano nei pensieri dei personaggi ma caratterizzano soprattutto i dialoghi del libro e le parti più concitate. Troviamo parole tagliate o storpiate (“nig” o “nigga” al posto di “nigger”), lingue mescolate (“get him on the line muy pronto“), turpiloquio (da “I don’t give a shit of you” in poi), verbi piegati a nuovi utilizzi (“I can always kamikaze you”), neologismi (“cats” inteso per “pezzi grossi” o “persone dell’ambiente”) e via dicendo. Questo stile non solo dà molto carattere ai dialoghi, ma soprattutto dà ritmo; le battute suonano più veloci, più vivaci, più piacevoli da leggere.
Questa parlata è una delle ragioni per cui vale la pena leggere il romanzo, ed è per questo che sconsiglio di leggere Bug Jack Barron in traduzione. Quella Urania che ho potuto vedere se la cava eliminando una buona metà delle espressioni slang e cercando di riprodurre in italiano (annacquandola) l’altra metà. I risultati sono piuttosto insulsi, ma la colpa non è soltanto dei sottopagati traduttori dell’Urania. L’italiano non ha il ritmo né la struttura compositiva dell’inglese, e non riesco a immaginare una traduzione capace di restituire la stessa “freschezza” dei dialoghi originali.

In realtà, neanche la componente slang è immune dal difetto di pigro appiattimento che abbiamo visto per lo stream of consciousness. In teoria, le parlate slang dovrebbero servire a differenziare una voce dall’altra, a dare un timbro particolare ad ogni personaggio. E fino a un certo punto ci riesce: i negri campagnoli che si collegano telefonicamente alla trasmissione di Barron parlano in modo diverso dal modo in cui parla il protagonista; i primi hanno un modo di parlare semplicemente rozzo, il secondo ha una lingua tagliente, inventa giochi di parole e neologismi. Ma spesso vediamo espressioni e costrutti che passano con nonchalance da un personaggio all’altro.
Un esempio: ad un certo punto, Howard definisce Barron un “baby-bolscevico”. La parola trasmette un’immagine denigratoria di Barron, colpevole non soltanto di essere uno sporco komunista, ma peggio, di essere un bambino, un bambino che gioca a fare il komunista. Fin qui, tutto okay: l’espressione in bocca a Howard ci sta molto bene. Ma poi vediamo che anche Barron pensa a sé stesso come un “baby-bolshevik”; e più avanti persino Sara, la donna che lo ama, userà questa espressione! Ecco quindi che il termine, invece che dare un timbro particolare ad uno dei personaggi, si spalma uniformemente su tutti, diventando inutile.

Obama nigga

Come ci insegna GTA, tutti i neri parlano così.

Nonostante questo, i personaggi principali riescono a ritagliarsi una loro individualità. Abbiamo il protagonista, uno stronzetto arrogante che sa fare il suo lavoro, ha una parolina cinica per tutti ed è disposto ad ammettere a sé stesso quanto ami essere pieno di soldi e donne che gliela danno; e che però, al contempo, è roso dal rimorso per essersi venduto e aver rinunciato agli ardori rivoluzionari giovanili. Benedict Howards è un vecchio cinico e aggressivo oltre ogni immaginazione, efficacemente paragonato a una lucertola, dalla faccia di pietra, gli occhi da matto e un’aura gelida che lo circonda, ossessionato dal desiderio di vivere per sempre; Sara Westerfeld, l’ex fiamma di Barron, che l’ha mollato dopo aver scoperto che si era venduto ma ancora segretamente innamorata di lui, gioca a fare l’attivista ma è una donna debole e un po’ nevrotica, bisognosa di un uomo forte e virilissimo che la protegga dal mondo; Lukas Greene, amico di Barron ai tempi del college, è un negro che vuole farsi largo nel mondo della politica nonostante il suo handicap razziale, ed è arrivato alla poltrona di Governatore ricorrendo ad ogni mezzo più o meno lecito.
Questi sono i quattro personaggi che si spartiscono il pov nel corso del romanzo. Le transizioni dall’uno all’altro non sono mai confusionarie, ma sono sempre segnate da un cambio di capitolo o di paragrafo. E il pov non regredisce mai a un narratore onnisciente, ma sta sempre ancorato ai pensieri del personaggio-pov del momento; di qui la plausibilità delle contaminazioni slang e stream of consciousness. Almeno da questo punto di vista, Spinrad ha fatto un buon lavoro.

Le scene ambientate durante la trasmissione sono le migliori. In video, Barron utilizza una parlantina sciolta che è quasi ipnotica. Fa filtrare le chiamate del pubblico dal suo assistente Vince Gelardi, e accetta solo quelle che gli sembrano particolarmente drammatiche o che sono in linea con il bersaglio che ha deciso di colpire quella sera. E sa gestire i tempi televisivi in modo impeccabile: calcola quanto manca al prossimo spot pubblicitario per assicurarsi di dire la battuta più ad effetto, il momento topico del discorso, subito prima del break; riesce a calcolare in tempo reale la scaletta del programma in modo da non lasciare punti morti nella serata; sa come pilotare un’intervista e come far dire ai politici in collegamento telefonico quello che vuole che loro dicano; e lanciando segnali a Gelardi, è in grado di accentuare l’effetto retorico delle sue parole con alcuni trucchetti di regia.
Barron dà effettivamente l’idea di essere bravo e di conoscere molto bene il mezzo televisivo, non rinunciando a neanche uno dei suoi trucchi. E bisogna plaudere a Spinrad per aver capito nella pratica come funziona una trasmissione televisiva di questo genere, e quale potere può dare al conduttore. Di conseguenza, queste scene sono appassionanti, spesso delle vere battaglie verbali che non hanno nulla da invidiare, per strategia e foga, a battaglie corpo a corpo. La puntata di Bug Jack Barron che chiude il libro (ottenendo così una chiusura ad anello molto elegante, dato che il romanzo comincia con una puntata) è estremamente avvincente; per contro, il finale vero e proprio è scialbo e poco in linea con il cinismo generale del libro.

Harry Potter battaglia rap

Anche le battaglie rap possono essere molto avvincenti.

Gli scontri verbali, le battaglie diplomatiche, la gara a chi fotte prima l’avversario, sono la vera anima del romanzo; i momenti più piacevoli da leggere, e quelli che danno un senso all’intera lettura. E sono gestiti con molta intelligenza – anche se talvolta ho avuto l’impressione che alcuni confronti girassero un po’ a vuoto.
Per contro, come già accennavo in apertura d’articolo, la trovata fantascientifica è puerile. Il segreto dietro il trattamento per l’immortalità, che costituisce una delle chiavi di volta della trama, è privo di qualsiasi base scientifica, e sembra architettato apposta per suscitare sdegno morale e conflitto nel lettore (e nel protagonista). Insomma, è una trovata pretestuosa e un po’ retorica; e del resto, è palese che a Spinrad della scientificità non fotte una sega.
Di conseguenza, chi cerchi un buon libro di fantascienza dovrebbe tenersi alla larga da questo romanzo. Bug Jack Barron è un thriller sulla politica e sui media, che fa un buon lavoro finché rimane in questo campo e diventa più improbabile mano a mano che se ne allontana. Nonostante le diverse falle, dovute in gran parte alla scarsa cura per lo stile tipica di Spinrad, Bug Jack Barron rimane un libro dalla forte personalità, un romanzo che non assomiglia a nessun altro nel panorama della narrativa di genere. Se l’argomento vi stuzzica, vale la pena di leggerlo.

The Barry Williams Show
Lo show di Jack Barron mi ha fatto venire in mente un altro show, quello di una canzone di Peter Gabriel. Dovevo avere 12 o 13 anni quando hanno dato la canzone su MTV (che allora guardavo), e ricordo che a quell’epoca il video mi aveva molto impressionato.

Lo show di Barry Williams è diverso da quello di Jack Barron; non è una trasmissione giustizialista, ma attinge al genere della tv del dolore. Questi due tipi di spettacolo hanno però una cosa in comune: fungere da valvola di sfogo per lo spettatore medio-basso. In un caso scaricano le tensioni della giornata guardando un potente che viene preso a calci in faccia e umiliato, nell’altro freaks e casi umani che si accapigliano o sciorinano un melodramma, ma lo scopo finale è lo stesso. Barry Williams e Jack Barron potrebbero anche essere la stessa persona.

Dove si trova?
In lingua originale, Bug Jack Barron si può trovare di sicuro su Bookfinder (solo txt), Library Genesis (txt, pdf, epub) e su mIRC. Fatto curioso, su Internet è quasi più facile trovare il libro in francese che non in inglese (ma si sa: questi francesi ci vanno a nozze con la denunzia sociale!).
Su Emule si può trovare senza problemi l’edizione italiana Urania, anche se, come ho già detto, leggere questo romanzo in traduzione toglie la metà del gusto…

Chi devo ringraziare?
Devo aver letto da qualche parte che Bug Jack Barron è uno dei libri preferiti di Francesco Dimitri (sì, quello del buon Pan e dell’orrido Alice nel paese della fuffosità). Forse l’ho letto proprio sul suo blog, ma non sono riuscito a ritrovare il post o il commento dove l’ha detto, quindi il mistero permane.

Qualche estratto
Per correttezza, ho deciso di inserire un estratto bello e un estratto brutto. Il primo è tratto dalla trasmissione di Jack Barron; il secondo, è il primo degli interminabili, osceni e probabilmente blasfemi monologhi di Howards (dove tra l’altro si esprime come un supercattivo dei cartoni animati):

1.
“Okay, Mr Johnson (you silly fucker you),” Jack Barron said. “We’re back on the air. You’re plugged into me, plugged into the whole United States and all hundred million of us, plugged right into a direct vidphone line to the headquarters of the Foundation for Human Immortality, the Rocky Mountain Freezer Complex outside Boulder, Colorado. We’re gonna find out whether the Foundation’s pushing postmortem segregation, right here right now no time-delay live from the man himself, the President and Chairman of the Board of the Foundation for Human Immortality, the Barnum of the Bodysnatchers, your friend and mine, Mr Benedict Howards.”
Barron made the connection on his number two vidphone, saw the hard-looking (like to get into that) secretary chick’s image appear under him (ideal position) in lower right on the monitor, gave her a dangerous pussycat (claws behind velvet) smile and said, “This is Jack Barron calling Mr Benedict Howards. A hundred million Americans are digging that gorgeous face of yours right now, baby, but what they really want to see is Bennie Howards. So let’s have the bossman.” Barron shrugged, grinned.
“Sorry about that. But don’t worry, baby, you can leave your very own private phone number with my boy Vince Gelardi.” (Who knows?)
The secretary stared through the smile like a lemur, her telephone-operator voice said, “Mr Howards is in his private plane flying to Canada for a hunting and fishing vacation and cannot be reached. May I connect you with our Financial Director, Mr De Silva. Or our — ”
“This is Jack Barron calling Benedict Howards,” Barron interrupted (what goes here?). “Of Bug Jack Barron. You do own a television set, don’t you? I have on the line a Mr Rufus W. Johnson who’s mighty bugged at the Foundation, and I’m bugged, and so are a hundred million Americans, and we all want to talk to Bennie Howards, not some flunky. So I suggest you move that pretty thing of yours and get him on the line muy pronto, or I’ll just have to bat the breeze about Mr Johnson’s public charge that the Foundation refuses to freeze Negroes with some cats who see things a little differently from the way the Foundation sees ‘em, dig?”

«Bene, signor Johnson (pezzo di imbecille)», disse Jack Barron. «Siamo di nuovo in onda. Lei è collegato con me, collegato con tutti gli Stati Uniti e siamo in cento milioni, collegati in linea diretta con il vidifono del quartier generale della Fondazione per l’Immortalità Umana, il Complesso delle Montagne Rocciose alla periferia di Boulder, Colorado. Adesso scopriremo perché la Fondazione spinge la segregazione razziale anche dopo la morte, proprio adesso, in diretta e senza indugio, e lo sapremo personalmente dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione per l’Immortalità Umana, il Grande Barnum degli Ibernatori, il suo e mio amico Benedict Howards».
Barron stabili il contatto sul suo vidifono numero due, vide la segretaria dall’aspetto duro (mi piacerebbe controllare personalmente se poi lo è dovvero) nell’angolo inferiore destro del monitor, le rivolse un pericoloso sorriso felino (con-gli-artigli-nella-zampa-di-velluto) e disse: «Qui è Jack Barron che chiama il signor Benedict Howards. Cento milioni di americani stanno vedendo in questo momento il suo bel faccino, ragazza mia, ma in verità ci tengono di più a vedere Bennie Howards. Perciò ci passi il grande capo». Barron alzò le spalle e sogghignò. «Mi dispiace moltissimo. Ma non si preoccupi, bella pupa, può lasciare il suo numero personale di telefono al mio scagnozzo, Vince Gelardi» (Non si sa mai).
La segretaria guardò il suo sorriso come uno spettro, e la sua voce da centralinista telefonica disse: «Il signor Howards è a bordo del suo aereo privato ed è diretto in Canada per andare a caccia ed è impossibile mettersi in contatto con lui. Posso farla parlare con il nostro Direttore Finanziario, il signor De Silva. Oppure con il nostro…».
«Qui è Jack Barron che chiama Benedict Howards,» interruppe Barron (che cosa succede?) «Di Scocciate Jack Barron. Lei avrà pure un televisore, no? Ho in linea un certo signor Rufus W. Johnson, che è scocciato parecchio con la Fondazione, e sono scocciato anch’io e sono scocciati cento milioni di americani, e tatti quanti vogliamo parlare con Bennie Howards, non con un uomo di paglia. Perciò le consiglio di sbrigarsi e di passarmelo su questa linea muy pronto, o dovrò proprio credere che l’accusa del signor Johnson, secondo la quale la Fondazione si rifiuta di ibernare i negri è fondata, chiaro?».

2.
Forever? Howards thought. Really, this time I could smell it on the doctors’ sweat, see it in their fat little bonus smiles. The bastards think they’ve done it this time. Though they’d done it before. But this time I can taste it, I can feel it; I hurt in the right places.
Forever… Push it back forever, Howards thought. Fading black circle of light, big-eyed night nurses, daytime bitch with her plastic professional cheeriness back in the other sheets in the other hospital in the other year tube, wormlike, up his nose down his throat, in his guts, membranes clinging and sticking to polyethylene like a slug on a rock, with each shallow breath an effort not to choke, not to reach up with whatever left rip-gagging tube from nose-throat rip blood-drip needle from left arm, glucose solution from right; die clean like a man, clean like boyhood Panhandle plains, clear-cut knife-edge between life and death, not this pissing away of life juices in plastic, in glass, in tubes and retches enemas catheters needles nurses faded faggot vases of flowers…
But the circle of black light contracting, son of a bitch, no fading black circle of light snuffs out Benedict Howards! Buy the bastard, bluff him, con him, kill him! No dumb-ass wheel flipping to goddam Limey limousine gives lip to Benedict Howards. Hate the bastard, fight him, burn him out, buy him, bluff him, con him, kill him, open up the circle of black light… wider, wider. Hate tubes hate nurses hate needles sheets flowers. Show ‘em! Show ‘em all they don’t kill Benedict Howards.
“No one kills Benedict Howards!” Howards found himself mouthing the words, the breeze now cold, warm weakness now gone, fight reflexes pounding his arteries, light cold sweat on his cheeks.

Per sempre? pensò Howards. Veramente, questa volta lo posso fiutare nel sudore dei medici, lo posso vedere nei loro sorrisi soddisfatti. Quei bastardi sono convinti di avercela fatta, questa volta. Anche prima credevano di avercela fatta. Ma questa volta posso sentirne il sapore, posso provarne la sensazione fisica: fa male nei punti giusti.
Per sempre… L’hai ricacciato indietro per sempre, pensò Howards. Cerchio di luce nera che sbiadisce, infermierine dai grandi occhi del turno di notte, infermiere del turno di giorno, quelle puttane, con quella fasulla gaiezza professionale, altre lenzuola nell’altro ospedale l’altro anno, e un tubo come un verme su dentro al suo naso giù per la sua gola, dentro alle sue viscere, membrane appiccicose attaccate al polietilene come una lumaca su di un sasso, ed ogni respiro poco profondo uno sforzo per non soffocare, per non muovere quello che è rimasto e strappare via quel tubo soffocante da naso e gola, strappare l’ago della trasfusione di sangue dal braccio sinistro, l’ago della fleboclisi al glucosio dal braccio destro; morire in modo pulito, come un uomo, pulito come nell’infanzia, con un confine netto come un taglio di coltello fra la vita e la morte, non questo pisciar via dei fluidi vitali nella plastica nel vetro nei tubi e vomiti enemi cateteri aghi infermiere maledetti vasi di fiori…
Ma il cerchio della luce nera si contrae, figlio di puttana, nessun cerchio di luce nera spegne Benedict Howards! Compra quel bastardo, imbroglialo, truffalo, distruggilo! Nessun cretino fottuto sceso da una maledetta berlina di gran lusso può dare ordini a Benedict Howards! Odia quel bastardo, combattilo, brucialo, compralo, imbroglialo, truffalo, distruggilo, spezza il cerchio della luce nera… più ampio, più ampio. Odia i tubi odia le infermiere odia gli aghi le lenzuola i fiori. Fallo vedere a tutti! Fallo vedere a tutti quanti che non possono uccidere Benedict Howards.
« Nessuno può uccidere Benedict Howards! » Howards si rese conto che stava aprendo la bocca per foggiare quelle parole, e la brezza adesso era fredda, la tiepida debolezza era scomparsa, i riflessi da combattente battevano nelle sue arterie e sulle sue guance c’era un leggero sudore gelido.

Tabella riassuntiva

Una storia piena di intrighi e battaglie dialettiche. Monologhi da brutta literary fiction.
La trasmissione di Jack Barron è una figata! Gli elementi fantascientifici sono pretestuosi.
Lo slang è divertente e dà carattere alla storia. I personaggi tendono a parlare tutti nello stesso modo.

(1) Peraltro, io sono contrario in generale all’uso dei flussi di coscienza. Per due motivi:
a. Il presupposto dello stream of consciousness è l’idea di riprodurre il flusso disordinato dei pensieri umani, che procede per associazione di idee piuttosto che secondo logica. Ma questo è impossibile. Il pensiero umano si muove su più piani contemporaneamente, percorrendo più di una linea di ragionamento alla volta, e mischiando tra loro parole, immagini, suoni, odori, scene. Uno stream of consciousness non potrà mai riprodurre in modo fedele il modo in cui pensiamo, è solo un altro artificio; allora, artificio per artificio, è molto più gradevole e onesto inserire i pensieri nella forma del normalissimo discorso diretto.
b. I nostri pensieri sono, per la maggior parte del tempo, triviali e insulsi. Frugare nella nostra testa con uno stream of consciousness non è molto diverso dallo scrivere una scena in cui il personaggio si sveglia, va in bagno, si lava, si fa la barba, torna in camera, apre l’armadio, sceglie i vestiti, si veste, va in cucina, prende il latte dal frigo e se lo versa in una tazza… Cioè, chissenefrega, no?
La sola eccezione che ammetto è quando il personaggio è allucinato/folle/in preda al panico, e si vuole trasmettere al lettore quel medesimo senso di smarrimento e di pensieri sconnessi. In questo caso, un uso moderato del flusso di coscienza può avere senso.Torna su

(2) Questo mi ha ricordato una scena dell’atroce jrpg Eternal Sonata. Credo che questa scena sia il capolavoro mondiale del ridicolo involontario: godetevela.

Ecco; Spinrad non raggiunge questi eccessi, ma l’impressione sgradevole rimane.Torna su

E adesso, cosa leggerà il Tapiro?

TapiroulantMi trovo, in questo periodo, ad aver scaricato un bel po’ di roba da leggere, ma di non sapere da cosa cominciare. Per cui ho pensato di coinvolgere i lettori del blog in un simpatico giuoco: cosa volete che legga?
Più volte mi è capitato che mi chiedeste un parere su qualcosa che non avevo letto. Questa è la vostra occasione per convincermi a leggere qualcosa che a voi è piaciuto e sul quale volete conoscere la mia opinione; o qualcosa che non sapete se valga la pena leggere, e volete che sia io a fare la prova; o qualcosa che non avvicinereste mai neanche con un bastone ma che cionondimeno vi tormenta nei vostri sogni; eccetera. Ho aperto un sondaggio (il box è nella colonna destra, sotto il bel faccino del Colonnello Campbell) inserendo cinque categorie o sottogeneri del fantastico che mi stuzzicano al momento – Cyberpunk, New Weird, Sword & Sorcery, New Wave, Sci-fi contemporanea – più un generico “Altro”. Se tra i libri di queste categorie leggerò qualcosa di mio particolare gradimento, potrebbero scapparci articoli e, perché no, Consigli del Lunedì.
Il sondaggio ha valore consultivo, nel senso che sono curioso di sapere la vostra opinione e i vostri gusti, ma poi faccio quello che mi pare. Inoltre, i pareri motivati hanno un potere persuasivo svariate volte maggiori di un semplice numero statistico: perciò, se volete convincermi, accompagnate sempre il vostro voto con un commento! Infine, potete scegliere una sola categoria: non vale dire “ti consiglierei il cyberpunk ma anche il new weird non è male, e non tralasciamo la buona vecchia sword & sorcery”.

Qui di seguito, ecco un breve commento a ciascuna delle cinque categorie. Ogni sezione è accompagnata da un elenco di autori che ho particolarmente voglia di leggere. Ricordatevi, se non conoscete bene i sottogeneri o i suoi autori, di seguire i link e informarvi un attimo prima di votare.

Ragazza con piovra

Tra le cinque, non ho inserito la categoria "Hentai tentacolare". D'altronde non ho bisogno dei vostri voti per andare a guardarmeli.

Cyberpunk.
Mi è stato chiesto spesso se avessi mai letto del cyberpunk e cosa ne pensassi di questo o quell’altro romanzo. Beh, ecco la vostra occasione di convincermi; in questa categoria ho inserito tanto autori del cyberpunk prima maniera (cupo e distopico) tanto quello più light degli ultimi anni (da alcuni chiamato post-cyberpunk).
Tra gli autori che mi incuriosiscono:
William Gibson: la trilogia dello Sprawl (Neuromancer, Count Zero, Mona Lisa Overdrive) e la trilogia del Ponte (Virtual Light, Idoru, All Tomorrow’s Parties).
Bruce Sterling: Schismatrix, Islands in the Net, Heavy Weather.
Neal Stephenson: Snow Crash, The Diamond Age. Di Stephenson a dire il vero mi incuriosiscono anche i lavori non legati al Cyberpunk, come Cryptonomicon e il Baroque Cycle.

New Weird.
A parte la Bizarro Fiction, il New Weird mi sembra oggi il filone più vitale del Fantasy. Se non ho capito male, l’ambizione del New Weird è creare mondi estremamente fantasiosi e curati, ma al contempo estremamente coerenti.
Tra gli autori che mi incuriosiscono:
Jeff VanderMeer: City of Saints & Madmen, Veniss Underground, Finch (quest’ultimo recensito qui da Gamberetta, che ha una moderata adorazione per il panzone olandese).
China Mieville: la trilogia di Bas-Lag (Perdido Street Station, The Scar, The Iron Council), The City & The City, Embassytown.
Mary Gentle: Rats and Gargoyles, Ash: A Secret History. In realtà non ho capito se la Gentle sia New Weird o meno, ma VanderMeer la mette in lista, e nel dubbio mettiamocela anche noi!
Felix Gilman: Thunderer, The Half-Made World (quest’ultimo recensito da Gamberetta in questo articolo).

New Wave.
Con “fantascienza New Wave” si intende una serie di opere sci-fi uscite negli anni ’60 e ’70 che si distinguevano per una maggior cura stilistica (fino a deteriori eccessi da Literary Fiction) e una maggiore attenzione a delineare psicologia dei personaggi e intreccio 1.
La New Wave è probabilmente la categoria in assoluto più rappresentata su questo blog, con scrittori come Dick, la LeGuin, Spinrad, Moorcock, Ballard, di cui ho parlato e tornerò a parlare ancora. Ma questo periodo ha prodotto tonnellate di narrativa di qualità, e ci sono ancora un sacco di autori che non ho esplorato e che mi piacerebbe assaggiare. Tra gli autori che mi incuriosiscono:
Samuel R. DelanyBabel-17, The Einstein Intersection, Nova, Dhalgren.
Thomas M. Disch: The Genocides, Camp Concentration, 334, On Wings of Songs, The Priest: A Gothic Romance.
Robert Silverberg: The World Inside, The Book of Skulls, Dying Inside, The Stochastic Man, Shadrach in the Furnace.
Frederik Pohl: The Space Merchants (con Cyril M. Kornbluth), Man Plus, Jem, Gateway.
Theodore Sturgeon: The Dreaming Jewels, More Than Human, The Cosmic Rape.
Christopher Priest: The Inverted World, The Space Machine (al quale accenna il Duca in questo articolo), The Affirmation, The Prestige.
E ancora, la famosissima antologia Dangerous Visions curata da Harlan Ellison, che un po’ mi vergogno di non avere ancora letto.

Harlan Ellison

Harlan Ellison dopo aver scoperto che non ho letto Dangerous Visions.

Sword & Sorcery.
Con Sword&Sorcery si intende un sottogenere del Fantasy che recupera l’ambientazione magica e pre-tecnologica dell’High Fantasy ma rinuncia ai pipponi epici in favore di trame più avventurose e scanzonate. In genere, ma non sempre, la Sword&Sorcery ha preso la forma di racconti o di storie a puntate autoconclusive. E’ il genere più simile a un moderno serial televisivo che abbia mai avvicinato. Sono ben conscio che il 90% del sottogenere (per fare una stima gentile) sia spazzatura, ma come ci insegna Alberello, anche a frugare in una discarica qualche tesoro lo si trova.
Tra gli autori che mi incuriosiscono:
Fritz Leiber: The Books of Lankhmar, che raccolgono le avventure di Fafhrd e del Gray Mouser.
Jack Vance: la trilogia di Lyonesse. Sempre di Vance, ho già letto la tetralogia Tales of the Dying Earth, di cui parlerò in futuro.
Poul Anderson: The Broken Sword, Three Hearts & Three Lions. In realtà di Anderson mi stuzzica un sacco anche la fantascienza (High Crusade, Tau Zero, Orion Shall Rise), ma quella la leggerò di sicuro qualunque cosa diciate!
Gene Wolfe: la tetralogia The Book of the New Sun, celebrata come capolavoro dagli scrittori più diversi (da Thomas Disch a Michael Swanwick).

Sci-fi contemporanea.
Nell’ultimo decennio e mezzo, sembra che la fantascienza abbia vissuto una nuova rinascita, soprattutto – ma non solo – nel campo dell’Hard SF e della Space Opera. Gli argomenti spaziano tra un rinnovato interesse per la conquista del Sistema Solare e dello spazio profondo, alle intelligenze artificiali, alla Rete e alle sue comunità, alle singolarità tecnologiche, al declino statunitense. Tra gli autori che mi incuriosiscono di più:
Greg Egan: Permutation City e la raccolta Oceanic.
Charles StrossSingularity Sky, Accelerando, Glasshouse, Halting State.
Ted Chiang: la raccolta Stories of Your Life and Others, il romanzo The Lifecycle of Software Objects (sì, sembra il titolo di un saggio ma è un romanzo!).
Paolo BacigalupiThe Windup Girl (di cui ha parlato anche Giobblin, in questo breve articolo), la raccolta Pump Six and Other Stories.
Cory Doctorow: Down and Out in the Magic Kingdom, Someone Comes to Town, Someone Leaves Town, o la raccolta A Place so Foreign and Eight More. Molti di voi forse lo conosceranno per il saggio Content e per il romanzo YA Little Brother, libri di cui Gamberetta ha parlato rispettivamente qui e qui.

E se avete altri sottogeneri che vi stimolano più di questi, votate “Altro” e parlatemene nei commenti^^
Nell’attesa di qualche risultato utile, torno ai miei Swanwick e Vance e ai miei saggi storici.

Discarica

Alberello va in vacanza.

(1) Faccio una precisazione. Generi e sottogeneri della narrativa sono, già di per sé, concetti un po’ fluide; le categorie “cronologiche” (come New Wave o Golden Age), poi, sono particolarmente imprecise, e bisogna prenderle con le pinze. E’ facile trovare opere che, pur essendo state scritte prima, sono pienamente New Wave (es. A Canticle for Leibowitz, del 1959), ed altre che, scritte in pieno periodo New Wave, in realtà sono più vicine allo spirito del periodo precedente (es. Ringworld, del 1970, o Rendezvous with Rama, del 1972).Torna su

I Consigli del Lunedì #13: The Death of Grass

Morte dell'erbaAutore: John Cristopher (pseudonimo di Samuel Youd)
Titolo italiano: Morte dell’erba
Genere: Science Fiction / Apocalyptic SF / Social SF / Horror
Tipo: Romanzo

Anno: 1959
Nazione: UK
Lingua: Inglese
Pagine: 230 ca.
Difficoltà in inglese: **

La Cina è in pericolo. In tutto il subcontinente si sta diffondendo un virus, ribattezzato Chung Li, che infetta e distrugge le piantagioni di riso, lasciando al loro posto la nuda terra. La gente comincia a morire di fame, rivolte scoppiano in tutta la nazione, la Cina sembra condannata a precipitare nella barbarie. Il vecchio Occidente guarda con compassione il tracollo dell’Estremo Oriente, ma anche con una certa tranquillità: da loro, una cosa del genere non potrebbe mai accadere. Ma che succede, quando una mutazione dello stesso virus, capace di distruggere l’erba in ogni sua forma – il mais, l’orzo, la segale, il miglio, il sorgo, il grano – comincia a diffondersi in tutto il mondo?
E’ con questa situazione che si trovano a dover fare i conti i due fratelli Custance: John, colto e brillante ingegnere londinese, e David, che ha ereditato dal nonno la fattoria nella remota vallata di Blind Gill e si è convertito alla vita di campagna. E quando le cose precipitano anche nella civile Inghilterra, quando diventa chiaro che non ci si può più fidare del governo e delle notizie che danno alla radio, ma solo delle proprie risorse, John capisce che l’unica speranza di salvezza sta nel raggiungere il più presto possibile la valle del fratello. Ad accompagnarlo, la sofisticata ma fragile moglie Ann, i due figli, il cinico amico di famiglia Roger (con moglie al seguito) e il gelido cecchino Pirrie. Ma il viaggio attraverso l’Inghilterra apocalittica è destinato a cambiare per sempre lui e tutti quelli che li accompagnano…

Oggi propongo ai miei lettori un romanzo diverso dai soliti che passano su Tapirullanza. Invece dei lampi di creatività delle ultime settimane, il libro di oggi è crudo, conciso, funzionale.
The Death of Grass è speculative fiction nella sua accezione più “pura”: un what if in cui il mondo è esattamente il nostro (o meglio, com’era ai tempi in cui è stato scritto il romanzo, gli anni ’50), ma con una variabile cambiata. Che succederebbe se nascesse un virus che distrugge ogni tipo di erba e si diffonde rapidamente? Come reagirebbero i governi e l’opinione pubblica? Con che tempistica e con quali contromisure? Quali trasformazioni sulla società? Chi si salverebbe, e chi sarebbe lasciato indietro?

Dr. House vairus

Lui l’aveva capito subito.

Uno sguardo approfondito
Il libro non parte nel migliore dei modi, con un prologo che definire orrendo sarebbe un complimento. Ambientato molti anni prima l’inizio della vicenda vera e propria, ci mostra John e David bambini durante una visita a Blind Gill assieme alla madre. C’è di tutto: infodump a manetta, peraltro in gran parte su elementi di nessuna importanza per la trama (la storia del ramo materno della famiglia Custance), pov balengo (con un onnisciente che a seconda del momento si avvicina a uno dei personaggi per poi riallontanarsi), totale mancanza di hook per il lettore (che non soltanto si annoia, ma non capisce quale sia il punto del libro). Nella vicenda principale – ossia il virus Chung Li e le sue conseguenze – verremo introdotti solo a partire dal capitolo uno, e in modo molto graduale.
Ora, posso capire che il prologo inserisca elementi molto importanti nell’economia della trama, ossia Blind Gill, i due protagonisti e il loro rapporto con la summenzionata valle. Ma c’erano un’infinità di modi più eleganti, meno noiosi e meno clueless di farlo, come partire con il primo capitolo (peraltro ancora ambientato a Blind Gill, ma coi protagonisti adulti), e far loro rievocare quel momento della loro infanzia intanto che viene introdotto nella storia l’argomento “Chung Li”.

Andando avanti, il libro migliora e la storia si fa più interessante, ma ho voluto da subito chiarire un punto: Cristopher non è un virtuoso della penna, anzi. Lo stile è quello grezzo e funzionale, molto raccontato, di molta fantascienza priva di pretese stilistiche degli anni ’40-’50. Con l’eccezione di Blind Gill, il cui carattere di conca chiusa su tre lati da montagne e dal fiume le dà un certo fascino da fortezza inespugnabile, gli ambienti in cui i personaggi si muovono sono scialbi e anonimi.
Anche la descrizione dei personaggi è minimale e statica. Molti di essi risultano per il lettore dei nomi volanti o poco più; solo a poco a poco (e solo per alcuni di loro), gli eventi della storia ne mettono a nudo caratteristiche che li rendono riconoscibili. L’effetto a volte è straniante. Prendiamo Millicent, la giovane mogliettina di Pirrie: quando ci viene presentata, è una tizia del tutto anonima. Per diversi capitoli, il suo ruolo è di fare tappezzeria. All’improvviso, scopriamo che Millicent è una sexy seduttrice con un brutto rapporto col marito; e il lettore deve completamente ridisegnare l’immagine mentale che si era fatto del personaggio. E’ come se solo in questo momento, l’autore l’abbia messa a fuoco – come se fino ad adesso si fosse dimenticata di lei. Spesso Christopher dà l’impressione che, pur avendo un’idea chiara del canovaccio e degli avvenimenti principali della storia, improvvisi molte situazioni minori; e che quindi, per esempio, Millicent non sia sempre stata una gatta morta professionista, ma si “trasformi” in essa secondo l’estro del momento dell’autore. Anche altre scene, molto importanti per l’evoluzione dei personaggi – come il rapimento di Ann e dei figli – sembrano improvvisate, rabberciate. Un bravo scrittore, invece, prepara in anticipo tutti i successivi sviluppi di trama, in modo che anche i colpi di scena, visti col senno di poi, vengano percepiti dal lettore come naturali.

Marijuana addio

Dimenticatevi anche questa.

Non che la scrittura di John Cristopher sia del tutto priva di pregi. A parte il prologo e occasionali sbandamenti, il pov è sempre mantenuto nelle vicinanze di John. Questa scelta, soprattutto nei capitoli post-apocalittici del romanzo, dà alla storia una bella sfumatura da survival horror, perché assistiamo allo sfacelo della civiltà attorno al protagonista ma non sappiamo cosa stia esattamente succedendo aldilà di ciò di cui fa esperienza diretta.
Ancora: mentre il background londinese di John e della sua cerchia di intimi ci è fornita con infodump del narratore abbastanza indigesti, il progresso del virus Chung Li è spesso descritto attraverso i dialoghi dei personaggi. In questo modo le informazioni risultano meno astratte, e colorite del timbro e delle preoccupazioni dei protagonisti. Inoltre Christopher riesce ad aggirare la trappola dell’As you know, Bob, inserendo sempre, in questi dialoghi, almeno un personaggio all’oscuro della vicenda e che verosimilmente ne viene informato.
Alcuni personaggi, poi, sono riusciti ottimamente e rimangono memorabili, come Pirrie 1.

Aldilà dei limiti e delle brutture tecniche, la cosa che salta all’occhio della prosa di The Death of Grass è la sua estrema funzionalità. Prologo svagato a parte, Cristopher rinuncia a tutti i fronzoli e a tutte le divagazioni. Ogni avvenimento muove la trama, ogni dettaglio è utile – non c’è nulla di superfluo, anzi al contrario, talvolta sembra che lo scrittore vada anche troppo di fretta. The Death of Grass è strutturato come un romanzo a tesi; ossia, un romanzo che vuole dimostrare qualcosa, in cui la conclusione rappresenta la tesi dimostrata, e lo svolgimento i passaggi intermedi dell’argomentazione. Tutto ciò che esula da questo “procedimento dimostrativo”, è tagliato fuori dalla storia.
E’ poi curioso notare come questa stessa prosa scialba, che sembra semplicemente trascurata nella prima parte della storia, sia in grado di dare al romanzo un taglio crudo e cinico quanto più si va avanti. Cristopher racconta nello stesso modo di John che va al lavoro, e di John che pochi giorni dopo ammazza degli innocenti per rubargli il cibo, ed è questo ad inquietare il lettore. Alcune scene – come il finale – con la loro secchezza e rapidità, sono indimenticabili.

Terra brulla

Un prato all’inglese dopo il passaggio di Chung Li.

Soprattutto, Cristopher dà prova di grande lucidità e intelligenza nell’affrontare l’argomento del suo libro, ossia fin dove può spingersi – e quanto rapidamente – un uomo precipitato in condizioni di estrema necessità. Si tratta di un argomento che molto facilmente poteva sfociare in retorica moralista, ma Cristopher riesce a mantenere un taglio freddo e distaccato, quasi scientifico. Con grande intelligenza sono trattati anche tutte le questioni correlate, come la lentezza dei governi nel prendere misure impopolari; che tipo di organizzazioni umane possono nascere dalle ceneri di uno Stato moderno, e secondo che criteri si organizzeranno; su quali alimenti potrà fare affidamento l’uomo in mancanza delle graminacee; che rapporto ci sia tra i valori di un gruppo umano e le condizioni ambientali in cui si trova a vivere.
La trasformazione psicologica ed etica dei personaggi nel corso della storia è meno spettacolare ed esagerata rispetto a quanto accade, per esempio, in High Rise di Ballard; le loro azioni sono meno eclatanti e rimangono più razionali, anche nella loro crudezza. Tuttavia, proprio per questo motivo, sono anche più credibili. Ti viene da pensare che davvero, in una situazione del genere, anche tu potresti diventare come uno di loro. E questo, senza il bisogno degli infiniti e ripetitivi pipponi psicologici alla King 2.
Certo: anche in The Death of Grass, non tutti gli sviluppi psicologici sono del tutto convincenti, e alcuni passaggi sono decisamente troppo bruschi, come la trasformazione di John da normale padre di famiglia a “capoclan”. Ma prevale la sensazione di trovarsi in uno scenario verosimile, che non sta a più di un passo di distanza dal mondo reale. Anche nelle premesse apocalittiche: non si tratta di un’apocalisse zombie, né di un olocausto nucleare (anche se le atomiche avranno un ruolo nella storia), né di un cataclisma alla Emmerich, o altre amenità fantascientifiche. La premessa è la “banale” scomparsa di uno degli elementi fondamentali della nostra alimentazione e del nostro sistema produttivo. In The Death of Grass c’è così poco “fantastico”, che sembra quasi un Mainstream.

In conclusione: John Cristopher controbilancia uno stile grezzo e spesso insipido con una storia veloce, raccontata con onestà e che va dritta al punto, e soprattutto, con una capacità di penetrazione della psicologia umana e della società moderna che non si vede tutti i giorni.
The Death of Grass è un romanzo che vale la pena leggere, che piaccia o meno la fantascienza. E poi, è piaciuto pure a quell’incolto di Dago!

Bear Grylls

Lui saprebbe cosa fare.

Dove si trova?
Fino a una settimana fa avrei detto che il romanzo in lingua originale si poteva scaricare da library.nu. Ora posso comunque dire che il libro si trova su Bookfinder, su Library Genesis (torrent) e su mIRC; non c’è, invece, su FreeBookSpot.
Su Emule si trovano versioni italiane in pdf, rtf, doc e epub.

Chi devo ringraziare?
Ho scoperto l’esistenza di John Cristopher e del suo romanzo grazie al Duca, che l’ha nominato accanto a Leibowitz nei commenti a questo post come esempio di “romanzi di idee che sono anche scritti bene” (commento #23). Al #27 fa anche un paragone con Leibowitz, mentre al #26 parla di un altro romanzo di Cristopher, Una ruga sulla terra. Quest’ultimo mi sembra inferiore sotto ogni punto di vista a Morte dell’erba e quindi dubito che lo leggerò.

Qualche estratto
Il primo estratto è preso dal primo capitolo, ed è un brano della conversazione tra John, Ann e David a proposito della crisi in Cina e della natura del virus Chung Li – non solo fornisce molte informazioni importanti in modo piacevole e colorato, ma al contempo ci dà un’istantanea del tono compassionevole ma distaccato del benestante beneducato quando parla delle disgrazie altrui. E’ un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo.
Il secondo estratto, più avanti nel libro, mostra invece la pianificazione dell’uccisione di guardie che bloccano la strada; e si capisce che le cose sono già cambiate…

1.
‘This peaceful land,’ Ann said. ‘You are lucky, David. […] There’s such a richness everywhere. Look at all this, and then think of the poor wretched Chinese.’
‘What’s the latest? Did you hear the news before you came out?’
‘The Americans are sending more grain ships.’
‘Anything from Peking?’
‘Nothing official. It’s supposed to be in flames. And at Hong Kong they’ve had to repel attacks across the frontier.’
‘A genteel way of putting it,’ John said grimly. ‘Did you ever see those old pictures of the rabbit plagues in Australia? Wire-netting fences ten feet high, and rabbits — hundreds, thousands of rabbits — piled up against them, leap-frogging over each other until in the end either they scaled the fences or the fences went down under their weight. That’s Hong Kong right now, except that it’s not rabbits piled against the fence but human beings.’
‘Do you think it’s as bad as that?’ David asked.
‘Worse, if anything. The rabbits only advanced under the blind instinct of hunger. Men are intelligent, and because they’re intelligent you have to take sterner measures to stop them. I suppose they’ve got plenty of ammunition for their guns, but it’s certain they won’t have enough.’
‘You think Hong Kong will fall?’
‘I’m sure it will. The pressure will build up until it has to. They may machine-gun them from the air first, and dive-bomb them and drop napalm on them, but for every one they kill there will be a hundred trekking in from the interior to replace him.’
‘Napalm!’ Ann said. ‘Oh, no.’
‘What else? It’s that or evacuate, and there aren’t the ships to evacuate the whole of Hong Kong in time.’ David said: ‘But if they took Hong Kong — there can’t be enough food there to give them three square meals, and then they’re back where they started.’
‘Three square meals? Not even one, I shouldn’t think. But what difference does that make? Those people are starving. When you’re in that condition, it’s the next mouthful that you’re willing to commit murder for.’
‘And India?’ David asked. ‘And Burma, and all the rest of Asia?’
‘God knows. At least, they’ve got some warning. It was the Chinese government’s unwillingness to admit they were faced with a problem they couldn’t master that’s got them in the worst of this mess.’
Ann said: ‘How did they possibly imagine they could keep it a secret?’
John shrugged. ‘They had abolished famine by statute — remember? And then, things looked easy at the beginning. They isolated the virus within a month of it hitting the rice-fields. They had it neatly labelled — the Chung-Li virus. All they had to do was to find a way of killing it which didn’t kill the plant. Alternatively, they could breed a virus-resistant strain. And finally, they had no reason to expect the virus would spread so fast.’
‘But when the crop had failed so badly?’
‘They’d built up stocks against famine — give them credit for that. They thought they could last out until the spring crops were cut. And they couldn’t believe they wouldn’t have beaten the virus by then.’
‘The American’s think they’ve got an angle on it.’
‘They may save the rest of the Far East. They’re too late to save China — and that means Hong Kong.’ Ann’s eyes were on the hillside, and the two figures clambering up to the summit.
‘Little children starving,’ she said.
‘Surely there’s something we can do about it?’
‘What?’ John asked. ‘We’re sending food, but it’s a drop in the ocean.’
‘And we can talk and laugh and joke,’ she said, ‘in a land as peaceful and rich as this, while that goes on.’
David said: ‘Not much else we can do, is there, my dear? There were enough people dying in agony every minute before; all this does is multiply it. Death’s the same, whether it’s happening to one or a hundred thousand.’
She said: ‘I suppose it is.’

– Quanta pace, qui – disse Ann. – Sei proprio fortunato, David. […] Qui c’è abbondanza in ogni angolo. Guardati attorno, e pensa ai poveri sventurati cinesi.
– Quali sono le ultime notizie? Hai sentito la radio prima di uscire?
– Gli americani hanno mandato altre navi di grano.
– E da Pechino?
– Nessuna notizia ufficiale. Si crede che sia in fiamme. A Hong Kong hanno dovuto respingere gli attacchi lungo la frontiera.
– Un modo delicato di metterla – disse John cupo. – Avete mai visto quelle vecchie fotografie sulla calamità dei conigli in Australia? C’erano reticolati alti tre metri, e i conigli… centinaia, migliaia di conigli… ammassati contro la rete, che si arrampicano uno sull’altro a salti, finché non riescono a superare la barriera, o la barriera non cede sotto il loro peso. Questa è la situazione di Hong Kong di oggi, tranne per il fatto che non sono i conigli a premere contro la barriera, ma gli esseri umani.
– Pensi che sia veramente una situazione tanto terribile? – domandò David.
– Forse ancora peggiore. I conigli avanzano spinti dal cieco istinto della fame. Gli uomini sono intelligenti, e proprio perché sono intelligenti è necessario prendere misure drastiche per fermarli. Suppongo che abbiano moltissime munizioni per le loro armi, ma sono certo che non basteranno.
– Pensi che Hong Kong cederà?
– Ne sono certo. La pressione aumenterà fino a farla capitolare. Potranno mitragliare i cinesi dall’alto, bombardarli, colpirli con il napalm, ma per ogni cinese caduto, dall’interno ne verranno altri cento a rimpiazzarlo.
– Il napalm! – disse Ann. – No!
– E cos’altro, allora? O questo, o evacuare la città. E non dispongono di navi sufficienti per evacuare tutta Hong Kong.
– Ma anche se prendono Hong Kong – disse David – non troveranno certamente cibo per fare più di tre pasti. E si ritroverebbero al punto di partenza.
– Tre pasti? Forse neanche uno. Ma che importanza ha per gente affamata? In quelle condizioni si è pronti a uccidere anche per un solo boccone.
– E l’India? – domandò David. – E la Birmania? E tutto il resto dell’Asia?
– Dio solo lo sa. Se non altro, sono a conoscenza di cosa sta per succedere. È stata la riluttanza del governo cinese ad ammettere la sua incapacità a gestire la situazione, a cacciarli in quest’incubo senza uscita.
– Come potevano immaginare di mantenere il segreto? – domandò Ann.
John si strinse nelle spalle. – Avevano abolito le carestie per legge, ricordi? Inoltre, all’inizio le cose sembravano mettersi per il meglio. Erano riusciti a isolare il virus dopo meno di un mese dal giorno in cui aveva colpito le risaie. Lo avevano elegantemente etichettato come “virus di Chung-Li”. Si trattava soltanto di trovare il modo di uccidere il virus senza danneggiare le piante. In alternativa, potevano produrre un tipo di riso più resistente. Non potevano prevedere che il virus si sarebbe diffuso con tanta rapidità.
– Però il raccolto era stato scarso.
– Avevano dei depositi per fronteggiare la carestia, questo non bisogna dimenticarlo, e poi pensavano di poter resistere fino alla primavera e al nuovo raccolto. Non immaginavano di non poter debellare il virus entro quel periodo.
– Gli americani pensano di aver trovato il rimedio coi loro aiuti.
– Possono salvare il resto dell’Estremo Oriente. Ma è troppo tardi per salvare la Cina… e Hong Kong.
Ann fissò la collina e le due piccole figure che si arrampicavano verso la cima.
– Ci sono dei bambini affamati laggiù – disse. – Possibile che non si possa fare niente?
– E cosa? – domandò John. – Mandiamo dei viveri, ma sono una goccia nell’oceano.
– Noi – disse la donna – mentre succede tutto questo, ce ne stiamo ancora a parlare, a ridere e divertirci in questa valle incantevole.
– Cos’altro dovremmo fare? – domandò David. – Gente che muore in modo tragico ce n’è sempre stata. Questa è solo una questione di proporzioni. Ma la morte è sempre la stessa, che tocchi una sola persona o centomila.
– Immagino che sia così – disse lei.

Insurrezione

Quando la gente ha fame comincia a comportarsi in modo strano.

2.
Roger had explained his plan to John, and he had approved it. By eleven o’clock the road they were in was deserted; London’s outer suburbs were at rest. But they did not move until midnight. It was a
moonless night, but there was light from the widely spaced lamp standards. The children slept in the rear seats of the cars. Ann sat beside John in the front.
She shivered. ‘Surely there’s another way of getting out?’
He stared ahead into the dim shadowy road. ‘I can’t think of one.’
She looked at him. ‘You aren’t the same person, are you? The idea of quite calmly planning murder… it’s more grotesque than horrible.’
‘Ann,’ he said. ‘Davey is thirty miles away, but he might as well be thirty million if we let ourselves be persuaded into remaining in this trap.’ He nodded his head towards the rear seat, where Mary lay
bundled up. ‘And it isn’t only ourselves.’
‘But the odds are so terribly against you.’
He laughed. ‘Does that affect the morality of it? As a matter of fact, without Pirrie the odds would have been steep. I think they’re quite reasonable now. A Bisley shot was just what we needed.’
‘Must you shoot to kill?’
He began to say: ‘It’s a matter of safety…’ He felt the car creak over; Roger had come up quietly and was leaning on the open window.
‘O.K.?’ Roger asked. ‘We’ve got Olivia and Steve in with Millicent.’
John got out of the car.

Roger aveva spiegato il suo piano a John, e lui l’aveva approvato. Alle undici, la strada dove si trovavano divenne deserta: l’estrema periferia di Londra si era messa a dormire. Rimasero comunque fermi fino a mezzanotte; non c’era luna, ma i lampioni della strada mandavano un discreto chiarore. I ragazzi si addormentarono sui sedili posteriori. Ann si mise a sedere accanto a John.
– Sei sicuro che non ci sia un altro sistema per uscire da Londra? – domandò, con un brivido.
John rimase con lo sguardo fisso davanti a sé.
– Non riesco a trovarne altri.
Ann si girò verso il marito.
– Non sei già più lo stesso, vero? L’idea di pianificare un omicidio con la massima calma… è più grottesca che orribile.
– Ann, Davey è a cinquanta chilometri da qui, ma è come se fosse a cinquanta milioni di chilometri, se ci convinciamo a dover restare in questa trappola. – Fece un cenno per indicare Mary addormentata. – E non si tratta soltanto di noi.
– Ma tutte le probabilità sono contro di noi.
John rise. – Forse che questo cambia la moralità di tutta la situazione? A proposito, senza Pirrie avremmo avuto molte meno probabilità. Adesso penso che la fuga sia possibile. Ci serviva un buon tiratore.
– Dovete sparare per uccidere?
– Si tratta della salvezza… – cominciò John. Ma s’interruppe. Aveva sentito uno scricchiolio. Roger si era avvicinato in silenzio e si era piegato verso il finestrino.
– Sei pronto, John? Ho fatto salire Olivia e Steve in macchina con Millicent.
John smontò.

Tabella riassuntiva

Premesse affascinanti e realistiche. Stile grezzo e funzionale.
Grande lucidità di analisi dell’uomo e della società. Ambienti e comprimari spesso anonimi.
Bella atmosfera da romanzo di sopravvivenza. Alcune trasformazioni psicologiche troppo sbrigative.
Evoluzione dei personaggi cinica e disincantata.

(1) Soprattutto, per quel che riguarda Pirrie, ancora più che come si comporta lui è interessante vedere come lo trattano gli altri (e soprattutto John), e il ruolo che viene a ricoprire nel gruppo. A dimostrazione che, in un mondo post-apocalittico, il metro di giudizio delle persone cambia.Torna su
(2) Tra l’altro Cristopher è anche più onesto. Con poche eccezioni, King crea dei protagonisti che, nonostante le avversità, le tentazioni e le brutture morali di cui sono circondati, mantengono una loro “purezza” e riescono a sopravvivere anche grazie ad essa. Scelta retorica: King non fa vincere questi personaggi perché il loro comportamento è il più adatto alla loro sopravvivenza, ma perché vuole che vincano i personaggi buoni. Cristopher invece fa “abbruttire” i suoi personaggi proprio perché questo diventa l’unico modo per sopravvivere. Personaggi più realistici, in un quarto delle pagine. Chi è più bravo dei due?Torna su

Alternative a library.nu

library.nuSe si prova a mandare una mail all’amministrazione di library.nu, ecco la risposta automatica che viene generata:

Hello (this is an automated courtesy reply)
You email to library.nu admin has been received

The website is shutting down due to legal bullshit 😦 , no further comments…

Regards
Smiley

Come ormai saprete, per la legal bullshit e conseguente chiusura dobbiamo ringraziare l’azione congiunta di case editrici da tutto il mondo. Ah, le case editrici! Divise dalla concorrenza, unite nella difesa dei loro comuni interessi. E con quella loro beata convinzione che ogni copia scaricata illegalmente le derubi di una vendita!
Per altri rant sull’argomento, rimando al post del Graziosissimo Duca; io qui citerò soltanto un episodio personale. Bizarro Fiction: parliamone un attimo. Ora, secondo voi, mi sarei mai messo ad acquistare alla cieca libri stramboidi di perfetti Signori Nessuno di Portland, nell’Oregon? Giammai: se non avessi potuto scaricarli, semplicemente avrei fatto a meno di leggere Bizarro Fiction. Fine della storia. Al contrario, dopo averli potuti provare attraverso library.nu, e dopo aver scoperto che mi piacevano, ho cominciato ad acquistare legalmente opere di Mellick, Mykle Hansen, Jeff Burk. Addirittura ho comprato sulla fiducia un libro di Donihe poi rivelatosi inferiore alle aspettative!
In questo caso, come in molti altri, la pirateria, lungi dall’essere la macchina per delinquere di cui parlano quei minchioni di editori, è stata il ponte per una serie di acquisti che altrimenti non sarebbero mai avvenuti.

Carlton Mellick III

"Mamma, mamma, chi è quel signore che ci guarda male e ci chiede dei soldi?" "E' solo un barbone, tesoro. Non lo guardare!".

Non so cosa ne sarà degli amministratori di library, se tenteranno di riaprire il sito sotto altre spoglie o se si daranno alla bella vita in qualche atollo del Pacifico. Ma non mi aspetto una riapertura a breve.
Nel frattempo, quindi, bisogna cercare delle alternative. Anche solo per fare una buona azione, e dissuadere le grandi menti dell’editoria dalla loro illusione: che, adesso che library.nu ha chiuso, vagonate di lettori pentiti si riverseranno nelle librerie traboccanti banconote e preghiere di perdono, pronti a una nuova vita di legalità e purezza.
Dopo “Tapirullanza”, “library.nu” è sempre stata la chiave di ricerca più ricorrente tra gli utenti accidentalmente inciampati nel mio blog. Ma da quando library ha chiuso i battenti, le visite ad essa attinenti sono più che triplicate. Mi si chiede: “sostituto di library.nu”, “library.nu similar”, “equivalente di library.nu”, “sito per sostituire library.nu”, “is there a replacemnt of library.nu”. Tra quelli che meglio esprimono come tutti noi ci sentiamo, il genio che ha scritto “library.nu noooooo” e l’autore di “library.nu (brutte merde di editori)“, a cui va tutta la mia simpatia.
Date tutte le richieste in merito, ho pensato: “qui c’è bisogno di me!”, ed ecco la decisione. Dedicherò questo piccolo post all’elencazione di sistemi alternativi a library per procurarsi i preziosi libbri (a parte i più ovvi, come il solito Emule). Le soluzioni non mancano; e se la chiusura di library può rappresentare un grosso problema per chi cerca testi molto specialistici, perlopiù è solo una seccatura se si parla di narrativa.  Ho anche una mezza idea di aggiornare l’articolo via via che dovessi scoprire – o utenti dovessero segnalarmi – nuove soluzioni.
Avrei voluto postare questo articolo un paio di giorni fa, ma vari impegni mi hanno impedito. Be’, meglio tardi che mai.

Altri siti come library
In primo luogo, ci sono molti siti simili a library.nu. Siti più piccoli – il che significa che le probabilità di trovare qualcosa sono minori, ma in compenso è meno probabile che vengano chiusi forzosamente dal lungo braccio del Legislatore. Ronny, per esempio, ha segnalato due siti di cui ho personalmente verificato l’affidabilità: Bookfinder e Library Genesis (che dev’essere un sito russo o limitrofo). Ci ho trovato non soltanto un botto di libri di narrativa di genere, ma anche saggistica come gli Osprey.
Un altro sito ricco di materiale sarebbe FreeBookSpot; peccato che, per il download dei libri, si appoggi a siti di hosting che de facto hanno chiuso. In particolare Filesonic e Fileserve, due dei più grossi, avrebbe optato per una chiusura preventiva dopo le brutte cose accadute agli amministratori di Megaupload, come spiega per esempio questo articolo di un mesetto fa. Questo significa, ovviamente, che tutti i libri caricati su questi siti sono ora irraggiungibili (anche se nominalmente ancora presenti).
Questo non significa che non valga neanche la pena di fare un giro di FreeBookSpot. Potete sempre provare; alcuni loro libri sono hostati su altri siti e quindi sono ancora accessibili.

Pirati contro il copyright

For great justice!

Il canale #ebooks su IRCHighway
Se la ricerca su questi siti dovesse fallire, rimane sempre una risorsa: mIRC e il canale #ebooks di IRCHighway. Se non avete mai usato mIRC, all’inizio potrebbe sembrarvi un po’ macchinoso, e potrebbe volerci qualche ora prima che impariate a usarlo; ma prendeteci la mano e avrete in pugno uno strumento comodissimo.
Prima di tutto, se non ce l’avete scaricatevi il programma, per esempio qui. Quando siete su mIRC, connettetevi al server IRCHighway dalla lista dei server e selezionate come canale #ebooks.
Una volta dentro, per poter ricevere un libro dovrete accedere ad una lista di libri. Non temete: basterà aspettare pochi momenti, e i bot del canale cominceranno a spammarvi nomi di liste, come Allbooks o Bookaloo. Per chiedere di scaricare una lista, dovrete inserire @ seguito dal nome della lista, per esempio @Allbooks o @Bookaloo. Tenete conto che le liste vengono periodicamente aggiornate, per cui dopo alcuni mesi la lista che usavate di solito potrebbe essere non più utilizzabile.
La lista è un file di testo apribile con il Blocco note. Aprite la lista e usate la normale funzione Trova del Blocco note per cercare il libro che vi interessa e vedere se c’è. Spesso ce n’è più di uno, e in più formati, quindi navigatevi un po’ la lista e trovate quello che preferito. A questo punto copiate il nome del file (ad esclusione del peso del file) e incollatelo su #books, quindi inviate la richiesta. La stringa dovrebbe essere qualcosa del tipo: !Bookaloo Ender’s Game Orson Scott Card.rar [html].
Se avete fatto tutto giusto, in poco tempo un altro bot dovrebbe inviarvi il file. Tenete conto che a volte, se c’è tanta gente nel canale e stanno tutti scaricando, ci vorranno diversi secondi prima che il bot possa evadere la vostra richiesta.
Una volta padroneggiato, mIRC è un ottimo strumento. Ci ho trovato persino libri mancanti su library.nu, come City of Illusions della LeGuin o Veniss Underground di VanderMeer!
Se avete problemi, potete consultare questa guida o questa FAQ.

Copyright nazista

E la morale della favola è: abbiamo ancora la libertà di leggere (quasi) tutto quello che ci pare senza dover chiedere il permesso all’AIE ^_^

Un tour-de-force di Bizarro Fiction

BizarroIncuriosito dalla lettura di Carlton Mellick III, negli ultimi tre quattro-mesi ho deciso di sperimentare altri autori di Bizarro Fiction per farmi un’idea del mare magnum che è questo nuovo sottogenere del Fantasy. Volevo capire se è solo Mellick ad essere bravo, o se i ragazzi di Eraserhead Press, Raw Dog Screaming Press, Afterbirth Books e compagnia hanno davvero operato una selezione spietata delle loro opere.
Il risultato è il post di oggi, che per questa settimana sostituisce il consueto Consiglio del Lunedì. Ho selezionato cinque delle opere più popolari di Bizarro Fiction, scritte da cinque degli autori più celebri – Mellick escluso, ovviamente. Di queste cinque, due sono romanzi, una è una novella, una una raccolta di tre novellas e una una raccolta di racconti brevi. Ho ordinato le opere non per anno di uscita né per tipologia, ma in ordine crescente di bellezza – perché, come i nostri antichi progenitori, sono convinto che il meglio debba arrivare alla fine.
Come vedrete non ho tessuto lodi sperticate del genere, cercando di mantenere la stessa freddezza con cui parlo dei nostri autopubblicati. Il mio punto di riferimento per questa ricerca è stato il sito di Bizarro Central, che consiglio di visitare a chiunque voglia saperne di più sul genere e sul catalogo.

Ass Goblins of Auschwitz Ass Goblins of Auschwitz

Autore: Cameron Pierce
Genere: Bizarro Fiction / Horror
Tipo: Novella
Anno: 2008

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 104

Una volta la vita era perfetta per i bambini-folletto di Kidland, il paese dove non si diventa mai grandi e si passa il tempo a giocare a cantare. Finché un giorno non sono arrivati i crudeli culo-goblin, orrende creature con una faccia a forma di culo, due occhi in cima ad antenne che escono dalle chiappe, la tendenza a scoreggiare continuamente e una passione per il nazismo. I culo-goblin hanno rapito tutti i bambini di Kidland e li hanno portati ad Auschwitz, a lavorare in campi di concentramento, ad essere violentati in vario modo e a diventare cibo per i prigionieri.
I protagonisti, numero 999 e numero 1001, sono due gemelli siamesi, attaccati tra loro all’altezza della cassa toracica. Nonostante questo handicap, i culo-goblin non li hanno ancora eliminati; ma la sopravvivenza è qualcosa che devono faticosamente guadagnarsi giorno dopo giorno. Riuscirà numero 999 a fuggire, o quantomeno a sopravvivere alla crudeltà dei culo-goblin?

Ass-Goblin of Auschwitz è un campionario di pratiche disgustose e trovate sadiche; dai rospi che ogni sera violentano nel culo i bambini e li costringono a mangiare le loro stesse interiora (ehm^^’), allo Shit Slaughter (S.S. per gli amici), la pratica dei culo-goblin di infilarsi nel proprio culo i bambini troppo lenti ad eseguire gli ordini per poi… ehm, scopritelo da soli.
Cameron scrive in uno stile semplice e lineare che si sposa bene con la descrizione di queste nefandezze. La storia è narrata in prima persona dal prigioniero 999, ma il tono è impersonale, quasi da telecronaca, e i commenti sono ridotti al minimo. Essendo il protagonista un bambino brutalizzato e assuefatto alla violenza, il timbro è credibile e aiuta a immergersi nella vicenda. In generale Cameron è un bravo mostratore, anche se la qualità della scrittura cala negli ultimi capitoli: la battaglia finale è confusionaria, con molti passaggi difficili da visualizzare.
Quello che vi ho detto finora potrebbe già avervi fatto vomitare, ma il vero problema di Ass Goblins è un altro. Ossia che non va a parare da nessuna parte. Il libro tiene bene nei primi capitoli, che descrivono l’ambientazione – ma Pierce non riesce a innestarci una trama credibile o interessante. La storia diventa una sequela di episodi inconsistenti e piuttosto slegati, in un escalation di trovate schifose che stanca in fretta, fino a un finale insulso che ci regala anche un messaggio etico-psicologico. Messaggio che ci sta come i cavoli a merenda, dato il carattere eccessivo e improbabile di tutta la storia.
Insomma: Pierce non scrive male, e l’ambientazione – benché disgustosa – avrebbe anche del potenziale, ma la storia manca di struttura e di uno scopo. Così com’è, Ass Goblin è una raccolta pasticciata di bizzarrie. In futuro potrei decidere di dare un’altra chance a Pierce, ma preferirei aspettare il parere di un altro sulle sue opere successive.

Grammar nazi

I nazisti sono una fonte inesauribile di idee.

Dove si trova?
Come molti altri romanzi di Cameron Pierce, Ass Goblins of Auschwitz è disponibile su library.nu.

Un estratto
Come estratto, potevo forse esimermi dal proporvi in cosa consiste esattamente lo Shit Slaughter?

The ass goblin reaches the girl and hoots loud enough for everyone—ass goblins and children alike—to fall silent and watch. The hoot of an ass goblin sounds very similar to a trumpet, an instrument I used to play. When an ass goblin hoots, you know Shit Slaughter is coming. […]
“Shit! Slaughter! Shit! Slaughter! Shit! Slaughter!” the ass goblins chant.
The goblin picks the girl up by the throat. Her face turns blue. Vomit dribbles down her chin as the goblin takes her in both hands, turns her upside down, and shoves her up his own ass.
He jiggles from side to side and waves both sets of claws in the air. Egg-smelling steam burbles from his mouth. The ass goblins stop chanting. The big moment is almost here.
A swastika made from the little girl blasts out of the goblin’s head, flinging shit as it spins around the bathroom and bounces off the walls. The goblin in Shit Slaughter mode bumbles after the swastika. After a pursuit that makes my head spin, its head of teeth snaps shut around the former girl, grinding her up. The ass goblin’s head returns to normal. Dinnertime is over.

In conclusione: BOCCIATONo

House of Houses

House of Houses

Autore: Kevin L. Donihe
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Romanzo

Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 172

Una mattina, Carlos si sveglia e scopre una cosa orribile: la sua casa gli è precipitata addosso. Non solo: la casa si sta decomponendo attorno a lui, trasformandosi in muffa e fango e schifezze. Non solo: il mondo è diventata una strana dimensione coi colori tutti sbagliati, e anche le case di tutti i suoi vicini sono crollate. Si è verificato il grande olocausto delle case, e adesso la fine del mondo è vicina.
Ma Carlos amava la sua casa; ne era talmente innamorato che le aveva dato un nome – Helen – non la abbandonava mai, e stava per sposarla. Ora vuole scoprire cosa le sia successo, e se può riaverla indietro. Accompagnato da Tony, un supereroe dal pisello lunghissimo e perennemente ottimista, si imbarcherà alla scoperta di questo nuovo mondo; e mentre le case preparano la loro rivincita sugli esseri umani, il futuro riserva a Carlos delle brutte sorprese…

Donihe scrive abbastanza bene, con narrazione in prima persona e frasi brevi e piene di dettagli concreti, sensoriali. La scena dell’incipit, col protagonista che si sveglia in mezzo alle macerie e cerca di capire cos’è successo, è un eccellente esempio di “mostrato” utilizzato nel modo giusto. Rispetto a Mellick, Donihe usa un vocabolario più ricco e ha una voce meno personalizzata, ma per il resto la loro scrittura è abbastanza simile.
Insomma, con queste premesse, House of Houses avrebbe potuto essere un ottimo romanzo. Ricorderete il post entusiasta di una settimana fa, quando l’avevo appena preso in mano. E invece? Invece no, perché la storia di House of Houses non va da nessuna parte. La trama sembra procedere a tentoni.
Nella prima parte, gli avvenimenti bizzarri sembrano succedersi in modo più o meno casuale, secondo il capriccio dell’autore. Bizzarria su bizzarria (dall’autobus coi passeggeri di cartoncino alla città che si trasforma in una strada lunghissima ai culti della morte organizzati dai cittadini) si accumulano in modo incoerente, affaticando il lettore più che divertirlo. La seconda parte cambia completamente registro, tentando di diventare cupa e drammatica con scarsi risultati, visto il carattere demenziale dell’ambientazione e le premesse poco coerenti della prima parte.
Il romanzo va anche fuori tema rispetto alle sue premesse. L’argomento del libro dovrebbe essere il fatto che le case diventino animate, e come potrebbe mai essere un mondo fatto per le case; tuttavia, il loro mondo e il loro comportamento non è molto caratterizzante del loro essere “case”. Potrebbero anche essere cetrioli volanti animati, o scoregge spaziali animate, e non farebbe molta differenza in termini di trama e ambientazione.
Certo, alcune idee – come il tak show delle case – sono divertenti; Tony è un personaggio ben riuscito, con un’interessante evoluzione nel corso della storia; e il finale del romanzo, che si chiude ad anello con l’inizio, è carino; ma sono solo sprazzi di luce in un romanzo fallato. Sembra che Donihe sia partito con una buona idea ma non sapesse bene che farci. Un’ottima occasione sprecata.
Comunque, Donihe è uno scrittore con del potenziale, e in futuro potrei decidere di dargli una seconda chance con Washer Mouth.

Casa inquietante

Dove si trova?
Dei cinque libri di cui vi parlo oggi, House of Houses è l’unico a non essere disponibile in formato digitale. Su Amazon potrete comprare il paperback a 8 Euro circa.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo capitolo, forse il meglio riuscito del romanzo. Carlos, sepolto sotto la sua casa, rievoca alcuni bei momenti passati con lei:

I have not and will never fart inside my house. Though I imagine that I fart less than most people, I must nevertheless fart every so often. So, when I feel wind gather inside me, I ran onto the lawn and expel gas where Helen doesn’t have to smell it, or be haunted by its undying ghost.
I hate that I must defecate in her, but the neighbors started posting letters of complaint on the door whenever I shat in the yard. I always did it under the cover of the night, holding matter in my bowels until it got tight and impacted, so I have no idea how they saw me, unless they were waiting for me to come out, or had cameras trained on my yard at ungodly hours.
Ultimately, I ascertained the one wat to assuage both parental and neighboral giult: make it legal and marry the old gal (my house is 81 years young). I felt reactionary thinking this way, but if that’s what it took to make me feel comfortable in Helen’s love, then so be it.
Two nights ago, I drilled a hole in the wall by the bed in preparation for the honeymoon scheduled to commence the moment after everything had been sanctioned by – or at least brought to the attention of – a higher auctority. No priests or preachers or teachers or rabbis were to perform the ceremony, though. It’d be between Helen, that-thing-which-may-or-may-not-be-God, and me.
It was going to happen at 6:30 this evening. I even called my parents to tell them my plans, though I had no intention of offering invites. I just let them know that my life of sin would soon be over because Helen and I were to be married, and, after that, they could enter my house without fear of heavenly reprisals. They didn’t say anything substantial. Mom just sobbed on the phone, while dad farted in the background.

In conclusione: BOCCIATONo

Dr. Identity

Dr. Identity

Autore: D. Harlan Wilson
Genere: Bizarro Fiction / Science Fiction
Tipo: Romanzo
Anno: 2008

Editore: Two Backed Books
Pagine: 212

Nell’iperviolento ventiduesimo secolo, si è diffusa l’usanza di farsi sostituire, nelle incombenze più sgradevoli, da degli androidi identici a sé chiamati doppelganger. Il Dr. Blah Blah Blah è un giovane e insulso professore di letteratura fantascientifica alla Corndog University di Bliptown. Odia la sua vita e soprattutto odia tenere lezioni agli svogliati studenti dell’università, e ogni volta che può si fa sostituire dal suo doppelganger, il Dr. Identity.
Ma un brutto giorno, il Dr. Identity dà di matto e stermina l’intera Facoltà di Letteratura Inglese dell’università. I due sono costretti alla fuga, mentre l’intera città si scatena in una spietata caccia all’uomo. Tra i loro inseguitori, i terribili Papanazi, legioni senza nomi di sicari alla ricerca dello scoop perfetto. Riusciranno i due a scampare al linciaggio sommario e a dare un senso alla propria esistenza?

Harlan Wilson dev’essere l’intellettuale del gruppo. Infatti, a differenza degli altri autori di Bizarro, che fanno i cazzoni punk, Wilson se la tira un casino. Dr. Identity non solo è infarcito di citazioni e riferimenti che vanno dai classici della fantascienza e della Letteratura novecentesca con la L maiuscola a insulsi fenomenologi francesi (tipo Baudrillard), ma è imbottito anche di tutte le fisse da intellettualoide radical-chic: dalla critica mordace al consumismo americano, qui portata all’estremo, ai vari discorsi sul potere spersonalizzante del mondo moderno, fino ai pipponi filosofici sparsi qua e là.
Di conseguenza Dr. Identity è l’unico libro di Bizarro Fiction che potrebbe ricevere i complimenti di gente come la Lipperini o i Wu Ming: mirabile esempio di specchio distorcente! La realtà contemporanea vista attraverso gli occhiali iperbolici della fantascienza! La cosa brutta è che per una volta potrebbero anche avere ragione, perché Harlan Wilson sembra esattamente il tipo da fare certi discorsi.

Gatto ultraviolento

Ultimamente l'ultraviolenza è stata un po' sdoganata.

Il vero problema di Dr. Identity non è tanto il tirarsela, però, quanto una serie di scelte stilistiche dementi. A partire dalla gestione del pov: alcuni capitoli sono scritti in prima persona col pov del Dr. Blah; altri hanno il punto di vista del Dr. Identity, ma sono in terza persona; altri ancora sono in terza persona, con pov del papanazi Achtung 66.799. Infine, Wilson continua a inframezzare le vicende di questi tre personali con capitoli in cui appaiono solo personaggi secondari, scritti in terza persona e col pov di una telecamera impersonale che riprende la scena. Harlan Wilson ci fa la gentilezza di mettere, in calce all’inizio di ogni capitolo, il pov e la persona in cui sono scritti, ma comunque non si tratta di una buona idea se lo scopo è quello di immergere il lettore. Meglio sarebbe stato scegliere un unico pov in prima persona (quello del Dr. Blah, o quello del Dr. Identity), o scrivere in terza persona usando fino a tre pov (per esempio Blah, Identity e Achtung).
D’altronde, sembra che Wilson sia troppo preso dalle sue manie intellettuali per curarsi troppo di appassionare il lettore. La vicenda principale è continuamente annacquata da capitoli dedicati a personaggi usa-e-getta, che spesso hanno il solo scopo di espandere l’ambientazione. I combattimenti ultraviolenti, potenzialmente interessanti, si riducono spesso a un elenco di mosse, membra che esplodono e affettamenti vari, più simile a una lista della spesa che a un buon mostrato, e decisamente poco coinvolgenti sul piano emotivo. A ostacolare ulteriormente il coinvolgimento, la scelta idiota di confondere l’ordine cronologico dei capitoli che riguardano Achtung.
E’ un peccato che abbia tutti questi difetti, perché per altri versi Dr. Identity è un libro godibile. I due protagonisti hanno un’evoluzione coerente e interessante, e i loro dialoghi sono spassosi. Alcune scene sono geniali, come quelle ambientate nel Congresso di Bliptown, con i parlamentari che si fanno i dispetti a vicenda e si comportano come bambini; e anche alcune trovate, come la cruenta legislazione interna dei centri commerciali della catena Littleodladyville. E in generale, Wilson è in grado di costruire delle scene molto divertenti quando si impegna.
Inoltre, a differenza dei due libri precedenti, Dr. Identity dà l’idea di essere un *vero* romanzo, pensato per sviluppare degli argomenti, muovendo in modo coerente da una premessa fino alla sua conclusione. Una storia con un che, quando arrivi alla fine, dà l’idea di averti comunicato qualcosa. E il finale è intelligente, probabilmente il migliore possibile per una storia di questo tipo. Una pesante revisione stilistica e un po’ meno di spocchia intellettuale, quindi, potrebbero renderlo un ottimo romanzo di fantascienza bizzarra. Così com’è, con i suoi alti e bassi, Dr. Identity rimane soprattutto un’occasione sprecata.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Consumismo

Il consumismo: altro argomento abusato, ma gli intellettuali ne sono attratti come le mosche dalla cacca.

Un estratto
Ero incerto su quale estratto proporre, perché molte delle scene divertenti di Dr. Identity si sviluppano lentamente o hanno bisogno di un po’ di sottotesto. Alla fine ho optato per la scena in cui il povero Dr. Blah scopre il massacro indiscriminato compiuto dal suo ‘ganger:

Dr. Identity was waiting for me, arms folded behind its back. Its hair and suit were disheveled. It looked guilty.
“Now what?”
Dr. Identity giggled uncomfortably…
Bathing in the blue light of his computer screen, Dostoevsky sat stiff-backed in his chair with forearms resting on thighs. His head had been twisted 180 degrees so that his chin rested between his shoulder blades. One of his eyes had popped out of its socket; it hung down his cheek like a Christmas tree ornament. A vertebra appeared to be jutting out of his neck.
Next to the computer on Dostoevsky’s desk were the remains of Petunia Littlespank. The android’s extremities had been ripped apart and neatly stacked atop its torso.
Fighting vertigo, I slowly turned my attention back to Dr. Identity. […]
I said, “Fuck.”
Dr. Identity smiled a small, crooked smile. “There’s more where that came from, I’m afraid.” It gestured at the office door.
…Reality slipped into dreamtime. My insides seemed to leak out of my toes and I felt slightly euphoric. I floated towards the door in flashes, still shots, creeping into the future one static beat at a time. Grey roses bloomed onto my screen of vision and my diegetic universe became a silent film. The office door opened and I jaunted into a soundless, black-and-white wax museum…
Bodies and limbs and innards littered the hallway and dangled from the ceiling. I moved through the jungle slowly at first, calculating the holocaust with the exactitude of a forensics expert. I became less attentive and more anxious the further I proceeded down the hallway. Eventually I was darting here and there at the speed of so many popping flashbulbs.
The English department bore the likeness of an exhumed graveyard. The mangled corpses of professors, student-things and their ’gängers had been strewn everywhere. The title of one of Phillip José Farmer’s preneurorealist novels rattled in my head: To Your Scattered Bodies Go… […]
Dr. Identity made a frog face. “I guess I malfunctioned. But the one insurrection I committed is enough to merit the death penalty, despite its accidental nature. I figured a few more wouldn’t hurt.”
“You murdered the entire English department. You murdered my boss.” I
hesitated, overwhelmed by desperation. “How am I supposed to get tenure now?”
Dr. Identity blinked. “I don’t understand the question.”

In conclusione: MEHMeh

Cripple Wolf

Cripple Wolf

Autore: Jeff Burk
Genere: Bizarro Fiction / Horror / Slice of Life
Tipo: Raccolta di racconti
Anno: 2011

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 100 ca.

Il reduce Benjamin Kurtz ha un grosso problema: durante la guerra in Vietnam ha contratto il morbo la licantropia. Purtroppo, soffre anche di amnesia, e tende a dimenticarsi che nelle lotti di luna piena si trasforma in una macchina per uccidere. Così, è con animo sereno che, a bordo della sua fida sedia a rotelle, si imbarca su un aereo della Fetish Flights. E quando nel bel mezzo del viaggio si trasforma in un lupo mannaro assetato di sangue, per i passeggeri saranno cazzi. A combattere il licantropo in carrozzina saranno tre musicisti punk giapponesi, un supereroe venuto da un altro pianeta, due terroristi islamici imbottiti di tritolo e due piloti imbottiti di coca e marijuana.
Ma questo è solo il primo e più lungo di una serie di racconti. Alcuni prendono spunto dal mondo della tv e della fiction per dargli una virata verso il Bizarro: Frosty and the Full Monty racconta la triste storia di un pupazzo di neve che prende vita solo per precipitare in una spirale di vizi e degradazione; Cook for Your Life attinge al mondo dei talent e ci mostra un programma in cui una serie di cuochi competono per non perdere la vita. Altri partono da storie quotidiane, mainstream, come il mio preferito, House of Cats: la storia di un barbone che trova la felicità quando decide di costruirsi una casetta fatta di gatti vivi perfettamente incastrati tra loro. Un altro, Punk Rock Nursing Home, è soltanto uno slice of life molto buffo: racconta la storia di un gruppo di musicisti punk ottantenni che vivono all’ospizio, e che decidono di rivivere i fasti della loro giovinezza organizzando un ultimo concerto.

Tra gli autori di Bizarro che mi è capitato di leggere, Jeff Burk è quello che scrive le storie più semplici e oneste. Le storie partono sempre da dei what if: cosa succederebbe se un licantropo paralitico si trasformasse durante un volo aereo, e come farebbero i passeggeri a sopravvivere? Cosa succederebbe se un barbone decidesse di costruirsi una casa fatta di gatti? E se una creatura magica come Frosty esistesse realmente? Queste premesse, poi, sono sviluppate con coerenza fino alla conclusione. Il lettore non si sente mai truffato – non ho provato il disappunto che mi hanno dato Ass Goblins e House of Houses.
Purtroppo, rispetto agli altri autori Jeff Burk è più debole sul lato strettamente tecnico. Le sue storie hanno quasi sempre un pov in terza persona neutra e decisamente ballerino, di stampo cinematografico, che in una singola scena può spostarsi anche due o tre volte su personaggi sempre diversi. A volte, poi, il pov diventa quello onnisciente del Narratore, che fa commenti sulla storia del tipo: “Ma non era questa la cosa importante. La cosa importante era…”. Queste intrusioni erano francamente evitabili, ma bisogna dire che non infastidiscono più di tanto: dato il carattere comico dei racconti, l’effetto distanziante del pov onnisciente e della telecamera ballerina sono di poco disturbo.
Comunque, aldilà delle sue beghe stilistiche, Jeff Burk dovrebbe essere preso a modello dai nostri aspiranti scrittori italiani per quanto concerne la struttura di una storia. I suoi racconti sono un ottimo esempio di come istituire fin dall’inizio un patto con il lettore (ossia: io lettore capisco subito di cosa parla il racconto) e come mantenerlo fino alla fine. Inoltre sono quasi tutti divertenti. Prendetevelo e studiate!

Philosoraptor hijacking

Dove si trova?
Cripple Wolf non c’è su library.nu, ma in compenso si può comprare a 6 Euro su Amazon in formato kindle. Vale la spesa, quindi non abbiate esitazioni. E se non avete un dispositivo kindle, spendendo cinque minuti su Calibre potrete convertirlo in un dignitoso epub.
Su library.nu si trova anche un altro libro di Burk, Shatnerquake. Trattasi di novella con protagonista William Shatner, l’attore che ha impersonato il Capitano Kirk. Ho evitato di leggere la novella perché, a causa della mia scarsa conoscenza di Shatner (e di Star Trek in generale), mi sarei probabilmente perso il grosso del divertimento. Ma se siete più “ferrati” in materia, perché non provate a leggerlo? Così poi mi dite.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo racconto, quello sul licantropo paralitico. Protagonista del brano è il terrorista Mohammed, che sono sicuro il nostro Zwei troverà delizioso:

Mohammad sat in an overstuffed chair in the upper cabin. There was no enjoying the niceties of first class, not with Satan having sent a minor to thwart his mission. For what other reason could that beast be here? He saw it kill Abdul, but it would not kill him. No beast would stop him. […]
The cabin the monster had attacked was the most populated of them all and, while the upper cabin was packed tight, it seemed like there should have been more people. He walked past two young women, their skin covered in tattoos and piercings. What little clothing they were wearing clung skin-tight to their bodies, soaked with blood.
They held each other, softly crying, and then one gently kissed the other. The kiss deepened and they began groping each other, blood soaked breasts sticking together, lip piercings tangling in their passionate embrace.
Mohammad scoffed and hurried past.
The devil really was going to great lengths to stop him but he was ordained by Allah. Nothing could get in his way.
He took his seat and leaned his head against cushioned neck rest. He closed his eyes and concentrated on the weight in his chest. Not only would he be striking a blow against a symbolic Satan, he would even be taking out one of his personal servants.
Mohammad closed his eyes and imagined the rewards awaiting him in heaven. There was no way he was letting the plane land in Portland.

In conclusione: PROMOSSO

Rampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit AtmosphereRampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit Atmosphere

Autore: Mykle Hansen
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Raccolta di tre novellas
Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 232

Abbiamo già incontrato Mykle Hansen parlando del divertente HELP! A Bear is Eating Me!. Questo libro, che conferma il genio comico di Hansen, raccoglie tre racconti lunghi: Monster Cocks, Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom e Crazy Shitting Planet.
Il primo racconta la vicenda di un povero informatico sfigato, che lavora nel reparto assistenza tecnica di una multinazionale di articoli sportivi. Jack ha un grave problema: un pisello microscopico. Vorrebbe tanto un cazzone enorme come quelli dei porno che gli piacciono tanto! Il sogno sembra diventare realtà quando compra su Internet un proiettile magico da iniettarsi nel pene con un’apposito marchingegno. Ma all’improvviso, il mondo intero sembra andare a rotoli: Internet è bombardato di attacchi ad opera di misteriosi hacker, strani omicidi si diffondono per gli Stati Uniti, e il pene di Jack comincia a crescere a dismisura e a non rispondere più ai comandi!
Il racconto non è semplice da seguire, per l’abbondanza di termini tecnici e gergo informatico – io stesso non credo di aver capito più della metà degli inside jokes e dei riferimenti. Il fatto di essere in inglese non aiuta. Ma lo sforzo viene ripagato dalla genialità e dalla mole di trovate divertenti. Questo è anche il racconto più simile per stile a HELP!, con una voce narrante esagitata che abusa di esclamativi e commenti scemi.
Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom racconta invece la cronaca di un prodigioso intervento per salvare la vita di una vecchietta ottantenne tossicomane. La poveretta è andata in coma, e i medici non riescono a capire cos’abbia! Finché un fisico, il Dr. Spinejack, non ha l’idea di trasformare l’ano della vecchia in un tunnel n-dimensionale capace di miniaturizzare le persone. Il medico della vecchia, il Dr. Fokker, potrà così entrare personalmente nel colon della signora e scoprire l’origine del problema. Ma la situazione precipita quando, sparsasi la voce dell’intervento, l’ano della signora Cuddlebottom si affolla di giornalisti, troupe televisive, chioschi di Starbucks, agenti immobiliari, rock band, poliziotti in formazione antisommossa… E se all’improvviso la vecchia si svegliasse, che cosa accadrebbe?
Il racconto è scritto in forma di inchiesta. Un intervistatore anonimo interroga una serie di personaggi coinvolti nella vicenda, svelando a poco a poco gli orribili sviluppi dell’intervento. Il racconto ha così la forma di un lungo copione di domande e risposte. In assoluto, il migliore dei tre.
Crazy Shitting Planet, che chiude la raccolta, è il meno ispirato dei tre, ma è comunque un ottimo racconto. La Terra del futuro è un’unica, enorme distesa di cacca. La cacca piove dal cielo, espulsa dalle persone grasse; orribili ricconi che si sono costruiti delle bellissime città in cielo e hanno lasciato i poveracci giù a marcire. Sulla Terra non c’è più cibo, ma grazie a un fungo insediatosi nei nostri organismi, ora gli esseri umani sono in grado di mangiare anche sassi, plastica, cartone. Il protagonista trascorre le sue giornate cercando cose da mangiare e odiando i ricchi grassoni che gli hanno mangiato i genitori. Ma la sua vita è destinata a cambiare, quando incontrerà la grassona Martha Hilton-Trump e la ciurma pirata del Bloody Hatchet…
Dei tre racconti, questo è quello il cui stile ricorda di più quello di Mellick. Il protagonista è un ragazzino malinconico e amorale, stanco della vita, che si trova ad essere spettatore, più che attore, di una serie di eventi incredibili. L’ambientazione, benché disgustosa, e benché sintetizzata in poche pagine, è geniale; la trovata fantascientifica dei funghi che vivono nello stomaco delle persone e, sintetizzando la materia inorganica, permettono agli ospiti di mangiare cose normalmente non commestibili, è sorprendentemente credibile. E a differenza di Pierce e Donihe, Hansen non si limita a baloccarsi con la sua ambientazione; riesce anche a costruirci una storia, una vera storia.

Ano

Dalla vagina all'ano, nella Bizarro Fiction si tratta sempre di entrare da qualche parte.

Insomma: Mykle Hansen è un genio. I suoi racconti non si limitano a sviluppare un’idea, ma prendono più idee (es. sfigato col pene piccolo + peni giganti assassini + Internet che impazzisce) e le combinano in modo perfetto. Di conseguenza, le storie di Hansen sono sempre imprevedibili, senza per questo disattendere le aspettative iniziali del lettore.
Se masticate a sufficienza l’inglese, dovete provare a leggerlo! Anche se non vi piace la Bizarro Fiction.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Un estratto
Ci sono un sacco di passaggi divertenti nella raccolta di Mykle Hansen. Il pezzo che ho scelto, è tratto dal secondo racconto e spiega il funzionamento del meccanismo miniaturizzante che permetterà agli esseri umani di entrare nell’ano di Agnes Cuddlebottom. E’ un po’ lungo ma ne vale la pena.

Q: Doctor Spinejack, how does your Spinejack Transform actually work?
DR. OTTO SPINEJACK, PH.D., PHYSICIST: Well. Our device harnesses newly discovered principles from the field of string theory and hyper-spatial symmetric analysis, in order to create an N-dimensional Impedance Transform Intersection. The theory of this we first published, myself and my colleagues Ed Ruff and Louise Vanhoff, in our paper in the Journal of Relativistic Physics three years ago entitled: “Implanting People In The Rectums Of Other People: Finally We Can!”
Q: Can you explain it in layman’s terms?
A: I will try. To understand the principles, it will help you to picture how a brass musical instrument, such as the tuba, takes a very tiny sound and amplifies it. It does this by allowing a pressure wave to expand very slowly within a long tubular chamber of increasing diameter, following precise exponential rules in a controlled fashion, until it emerges with a powerful “Ooom-pah” sound that you may know from the classics. Or, if you prefer, Polka.
Q: Okay, I’m picturing that …
A: Our machine, of course, creates a tube of folded N-space instead of brass, by using quantum computation to remove the entropy from a powerful field of strong nuclear forces. And our machine blows this tuba in reverse, injecting large spacetimewaves
in the large end, then folding them inward through higher dimensions, as they travel up through this tubing, growing smaller and smaller. Otherwise, it is exactly the same.
Q: So it’s a sort of a reverse-polkafying device?
A: You could give it that name, yes. However, the process, while theoretically promising, is unstable in real-world situations, as the space-fabric, exiting the small end of this tube, would mismatch the surrounding space-time impedance so dramatically that explosive re-expansion would occur, and boom! You die.
Q: Then how are you able to—
A: The breakthrough, yes: we realized, mathematically, that if the transform intersection could be mated with a very specific shape and length and form of tubular chamber, the space-time impedance could in fact be matched, so the re-expansion effect is countered, and in fact the N-space folding continues as long as forward momentum is maintained. So easy, yes?
Q: If you say so, yes.
A: But no! The tubular chamber for this is so very specific. It must match the material being folded in various ways, it needs a certain length and shape, also temperature, and many other mathematical properties. It would be impossible to manufacture such a chamber … yet, amazingly, it occurs in nature! It is as if a Creator invented this chamber for this very purpose! Because the human gastro-intestinal tract, you see, is actually a perfect match for the Spinejack transform! Human beings are the missing piece!
Q: So, your invention is not the general-purpose matter reducer that some have called it.
A: Yes and no. Yes, we can shrink anything you want. But no, it has to go in the anus.

In conclusione: DECISAMENTE PROMOSSO!

Autori di Bizarro Fiction

Le belle facce degli scrittori di Bizarro. Collezionali tutti!

Conclusioni generali
Dopo tutte queste letture, cosa posso dire sulla Bizarro Fiction?
Ciò che caratterizza il genere è l’esagerazione grottesca. Mentre le invenzioni del New Weird e di altri sottogeneri del Fantasy sono sì fantasiose e strabilianti, ma devono essere calate in un contesto verosimile e preciso come un orologio svizzero, la Bizarro Fiction è fondata sull’eccesso. E’ più difficile mantenere la suspension of disbelief nella Bizarro, tuttavia l’inverosimiglianza delle storie è compensata dall’intento umoristico e grottesco. E’ per questo che – con poche eccezioni, come Egg Man di Mellick – quando la Bizarro tenta di essere seria ottiene scarsi risultati.
Questa escalation di bizzarrie è spesso ottenuta attingendo al sesso e ai fetish sessuali, alle secrezioni corporee (sangue, cacca, vomito, muco, scoregge, sperma, etc.) e alle cose schifose in generale (mangiare facce di bambini), all’iperviolenza (massacri su larga scala, torture, crudeltà ingiustificate). Ma racconti come House of Cats di Burk dimostrano che in realtà si possono raccontare storie bizzarre anche senza quegli elementi. Del resto, se Kafka pubblicasse oggi La metamorfosi, sarebbe tranquillamente etichettabile come Bizarro.
Molti miei lettori hanno mostrato seri dubbi sul genere, dicendo che si tratta soltanto di una sterile esibizione di stranezze. Credo di aver dimostrato, col post di oggi, che questo rischio è reale, e che un numero discreto di romanzi e racconti di Bizarro Fiction prende questa cattiva strada. Ma non si tratta di un problema intrinseco al genere. E’ solo il modo più pigro e infantile di scrivere Bizarro Fiction, che bravi autori (come Mellick e Hansen, ma non solo) riescono quasi sempre a evitare.
La colpa in parte è delle stesse case editrici di Bizarro, troppo morbide nella selezione delle opere da inserire nel loro catalogo. Ammettendo opere come House of Houses non fanno che dare un’immagine sbagliata del genere e scoraggiare molti acquirenti; inoltre, basterebbe un editing più severo per trasformare quei romanzi in libri almeno decenti.

Panda arcobaleno

La Bizarro Fiction è come un panda che vomita arcobaleni! Circa.

La Bizarro Fiction è un genere che merita di essere esplorato, soprattutto da parte degli aspiranti scrittori di fantastico. Bisogna solo fare attenzione a scegliere i libri giusti. E se un libro vi piace, ricordate di premiare lo scrittore comprandolo!
In futuro credo che leggerò altre opere di Bizarro, anche se a un ritmo più basso rispetto a questi mesi. Oltre a quelle già citate, per esempio, mi intriga la raccolta  Clockwork Girl di Athena Villaverde. Di certo, tornerò in futuro a parlare di Mellick, e se dovessero capitare altre opere meritevoli di Bizarro Fiction, state sicuri che le segnalerò qui.