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Bonus Track: Broken Piano for President

Broken Piano for PresidentAutore: Patrick Wensink
Titolo italiano: –
Genere: Commedia nera / Bizarro Fiction
Tipo: Romanzo

Anno: 2012
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 372

Difficoltà in inglese: **

Hi, welcome to Broken Piano for President. Turn down the lights and fix yourself a stiff drink. Better yet, pour a couple cocktails and fix yourself a hangover.

Quando Deshler Dean beve, va sempre a finire male. Deshler si definisce un cliff drinker: finita la seconda bottiglia, il suo cervello va in blackout completo e diventa un’altra persona, un genio estroverso capace di fare le cose più incredibili. Almeno a detta dei suoi amici, perché di quello che fa da sbronzo Deshler non ricorda mai nulla – salvo svegliarsi la mattina nei posti più impensati. E se una volta la storia del cliff drinker era figa, Deshler comincia a chiedersi se non sia il caso di smettere: l’ultima volta che si è svegliato, era al volante di un auto costosa e non sua, con in tasca un cacciavite raggrumato di sangue e di fianco una donna (viva) con un cazzo di buco sanguinolento sulla testa.
Del resto, a cos’altro aggrapparsi? La sua vita fa schifo. Di giorno fa il portiere, in compagnia di un nano, in un albergo di lusso che organizza conferenze aziendali; di notte canta in una band underground-avanguardista odiata da tutti, i Lothario Speedwagon, nei pochi locali della città che non li hanno ancora banditi per sempre, vomitando e gettando sacche di urina sul pubblico. Ma la sua vita potrebbe stare per cambiare. La città in cui vive – Burger’s Town – è da decenni l’epicentro di una guerra senza esclusioni di colpi, quella tra le prime due catene di fast food d’America, la Winters’ Olde-Tyme Hamburgers e la Bust-A-Gut; e i top manager di entrambe le aziende sembrano conoscere Deshler, gli lanciano cenni e occhiate quando passano per la porta dell’albergo, come se si aspettassero qualcosa da lui. E non è l’unica cosa strana che è cominciata ad accadere attorno a lui… Nella sua testa, una sola domanda: che diavolo ha combinato mentre era sbronzo?

La storia di come Broken Piano for President, pubblicato solo un anno e mezzo fa, è diventato famoso, la dice lunga sulle dinamiche del mercato editoriale – compreso quello digitale. La copertina, potete vederlo, imita l’etichetta storica delle bottiglie di Jack Daniel’s. L’azienda se ne accorge e manda a Wensink una lettera di diffida; dalla controversia che nasce, il libro riceve talmente tanta pubblicità che – wham! – schizza alla posizione n.6 dei libri più venduti su Amazon.com. Una cosa mai successa per un libro pubblicato sotto la bandiera della Bizarro Fiction; mi immagino le facce di Rose O’Keefe (direttrice di Eraserhead Press) e di Cameron Pierce (direttore di Lazy Fascist Press, la casa editrice che l’ha pubblicato). Tutto questo, ovviamente, prescindendo dalla qualità reale del libro o anche dal suo argomento. Io stesso mi sono imbattuto nel libro in questo modo, e francamente non sapevo cosa aspettarmi quando l’ho comprato.
Broken Piano for President è una strana commedia sulle conseguenze del vivere una vita da debosciati, sulle dinamiche dei mercati del largo consumo e sulla paranoia aziendale, sull’arte e sugli artisti (o sedicenti tali), sul bisogno di ciascuno di noi di essere riconosciuti e amati e alle cose folli e demenziali che questo bisogno ci porta a fare. E si gioca tutto su una domanda centrale: se la nostra vita fosse un pozzo senza fondo, e se improvvisamente ci venisse tesa una mano e data una nuova sfavillante possibilità, saremmo disposti a coglierla? Qualunque sia il prezzo da pagare? La risposta è in queste pagine. Forse.

Jack Daniel's lettera di diffida

La lettera di diffida della Jack Daniel’s (clicca per ingrandire). Che carino il legale!

Uno sguardo approfondito
Se dovessimo giudicarlo dallo stile, Broken Piano sarebbe un romanzo comico. Non solo viola le regole tradizionali dell’immersività – le ribalta e ci caga sopra. Il piccolo brano proposto in testa all’articolo – con l’autore che parla in prima persona al lettore, e lo introduce con voce da cantante confidenziale nel mondo del romanzo – non solo è l’incipit del romanzo; è l’intero primo capitolo. La prosa di Wensink ha molto dello stile estroso alla Vonnegut, e chi ha letto romanzi come The Sirens of Titan (recensito qui, agli albori del blog!) o Cat’s Cradle sa di cosa sto parlando: un narratore onnisciente invadente, che commenta le vicende senza farsi problemi e chiacchiera col lettore; digressioni che spezzano l’azione in un momento di cesura o, viceversa, interrompono la narrazione nel momento di massima tensione con brevi interventi più o meno comici.
Qualche esempio. Siamo all’inizio del romanzo, Deshler si è svegliato nella macchina non sua e ha cominciato a registrare i dettagli assurdi e inquietanti del suo risveglio. Comincia a chiedersi se questo meriterà di entrare nella Hall of Hame dei suoi risvegli più assurdi. Poi vede la tipa sanguinante. Ansia. Tenta di svegliarla; non reagisce. E’ morta? Forse dopotutto questa mattinata non merita di entrare nella Hall of Fame… E bam: digressione di una paginetta sui migliori risvegli della Hall of Fame (dirò solo che uno è intitolato mid-fellatio).

Secondo esempio. Più avanti nel romanzo, in un momento di pausa tra scene importanti, l’autore coglie l’occasione per parlarci della storia delle due catene di fast-food che reggono il destino dei nostri eroi, e della loro eterna guerra. Insomma, un infodump bello e buono. Ma spiattellato in una maniera talmente onesta e diretta che fa sorridere:

So right now, you’re probably saying something to the effect of: “Jeez, there is a lot of burger talk flying around. This book is one coldcut away from being a butcher shop menu.”
This is the point I’d say: “Yeah, maybe you’re right. Is this a little overkill?” You’d shrug and I’d feel kind of guilty.
So maybe it’s time you were brought up to speed about the Burger Wars, the Beef Club, the Winters Family, Globo-Goodness Inc. and Burger Town, USA.
Let’s start at the top…

E così via per alcune pagine. Ma il tono è così affabile, la cesura così manifesta, e il ritmo si mantiene talmente rapido anche nelle pagine infodumpose, che si legge con piacere anche questo. Siamo nel regno dell’umorismo, dove non importa la sensazione di essere dentro la storia, ma la battuta fulminea, l’atmosfera ridanciana, e il ritmo. E Wensink tiene tutti questi elementi alla perfezione.
Ultimo esempio. Siamo nella seconda metà del libro, in pieno build-up del momento clou della storia, e stanno succedendo tutte insieme un sacco di cose che coinvolgono l’intero, vasto cast del romanzo. Come gestire tutti questi fili in un modo non noioso, né da leggere né da scrivere? Be’, Wensink la risolve mettendosi a commentare la sua stessa prosa, e dichiarando come ha intenzione di costruire i prossimi capitoli:

Okay, so everyone’s got problems.
This story is getting crowded with them. But hey, you and I are busy, too. So here’s a public service. Instead of rattling on for pages and pages of plot and feelings and blah blah, we’ll chop out the gristle and bone until all we have left is a meaty fillet. You guessed it: time for a montage.

Seguono (giuro) montaggi accelerati di scene su tutti i personaggi del romanzo, con tanto di colonna sonora di sottofondo. Genio!

McDonald's

La guerra è crudele.

C’è, in realtà, una marcata differenza tra i due tipi di digressione – quelle nel mezzo dell’azione e quelle nei momenti di stanca – a dimostrare che sì, dopotutto Wensink sa cosa sta facendo. Le prime sono sempre brevi e fulminee, e ricordano quelle scene de I Griffin in cui Peter o un altro personaggio dice: “Ah, questo mi ricorda quella volta che…” e segue sketch autoconclusivo di dieci secondi. In breve:
a) Rimangono sempre sull’argomento della scena principale;
b) Essendo compresse e impostate in modo vivace, mantengono il ritmo;
Il risultato è che il lettore, invece che distrarsi o rallentare la lettura, al contrario rimane ancorato in fibrillazione alla pagina e, alla fine della digressione, ritorna alla trama principale nello stesso stato d’animo in cui l’aveva lasciata. Le seconde, invece, hanno un andamento più lento, cambiano argomento, e funzionano da calma transizione tra due scene spazialmente e temporaneamente lontane (e che magari coinvolgono personaggi diversi).

Ma Broken Piano non è soltanto un libro comico. E’ agrodolce. Wensink somiglia a Vonnegut anche in questo, nella sua capacità di allontanare e avvicinare la telecamera ai suoi personaggi a seconda del momento; e quando la ripresa è vicina, è davvero in grado di farci sentire vicino ai suoi eroi. Non si raggiungono le vette di drammaticità dei romanzi di Vonnegut, ma in diversi momenti Broken Piano diventa dannatamente serio. E ci sentiamo empatici con Deshler, sentiamo sulla nostra pelle i suoi stessi dubbi e il suo stesso dolore. Del resto, come dicono gli ammerigani, Deshler Dean è someone you can relate to: chi di noi non si è mai sentito un fallito, o quantomeno non si è sentito infelice di sé e delle proprie scelte?
Soprattutto, il romanzo di Wensink trabocca ambiguità morale. Dean Deshler è un infelice, ma è uno che si è scavato la fossa con le proprie mani, perché per tutta la vita ha compiuto scelte autodistruttive. La sua ‘arte’ non piace a nessuno, ma è davvero arte o solo growl e spruzzi di vomito?, e non è che semplicemente gli piace fare l’hipster, non vuole essere capito e quindi fa apposta musica incomprensibile? Gli altri membri della band vorrebbero fare musica più orecchiabile ed essere amati dal pubblico, ma lui fa loro pressione e cerca di farli sentire in colpa per volerlo ‘tradire’. Gli altri lo prenderanno a calci, ma quando può lo fa anche lui – come con Napoleon, il nano che lavora con lui come portiere, e che lui continua a sfruttare quando gli fa comodo e a ignorare nel momento del bisogno. E poi c’è l’altro Deshler, il Deshler ubriaco e geniale: non lo vediamo in azione, ma da quel che gli altri personaggi raccontano di lui sembra proprio un gran figlio di puttana.

Guida agli hipster

Conoscili per difenderti.

E anche se Deshler è l’indiscusso protagonista, Broken Piano è un romanzo corale: spesso e volentieri il narratore lo abbandona e discende su un altro personaggio. Per esempio Hamler, il batterista della band, un uomo insoddisfatto che in fondo cerca solo l’approvazione degli altri, e che forse ha raggiunto lo scopo della sua vita diventando (di nascosto dai suoi amici) un assassino prezzolato per conto delle multinazionali degli hamburger. O Juan Pandemic, lo scheletrico bassista nonché tossico, che vive chiuso in uno stanzino buio che puzza di crystal meth, ricoperto di croste, ma poi bazzica su un computer da millemila euro e sembra avere uno strano rapporto col padre.
O Thurman Lepsic, spietato vice-presidente della Bust-A-Gut, che apparentemente vive per la sua azienda e per la curva dei profitti, ma al tempo stesso è vegetariano, odia l’odore della carne, e sogna di diventare un buon leader/padre per i suoi dipendenti. O Malinta, la conturbante carrierista dallo sguardo di ghiaccio e la parlata di un carrettiere, che vorrebbe smetterla di dire parolacce e diventare una buona madre (WTF!?). I personaggi di Wensink, come le persone reali, sono tutte fatte di luci ed ombre, a volte li troviamo degli insopportabili pezzi di merda e a volte li guardiamo e pensiamo: “awwwww”.

Sullo sfondo, il cinico mondo delle aziende e del marketing. In genere, quando uno scrittore affronta il mondo aziendale, o lo fa con piglio moralistico (personaggi bidimensionali e condanna morale dell’autore che grava come una cappa sul romanzo) o trasforma tutto in una macchietta divertente, sì, ma senza relazione con la realtà. Anche in Wensink c’è esagerazione grottesca (con multinazionali che pagano sicari per far fuori figure chiave dell’azienda rivale, o campagne pubblicitarie che violano i più basilari diritti umanitari), ma la mentalità aziendale, regolata dai bilanci trimestrali, dallo stress dei dati di vendita, dalla fedeltà eterna di facciata, dal rapporto ambiguo che si crea tra un manager e i prodotti della sua azienda, dalla paranoia e dall’ansia da prestazione continua nascosta dietro un muso duro, è ritratta con insolito realismo. C’è qualcosa di vero, e onesto, nel modo in cui Wensink parla della gente di marketing.
E poi c’è il weird. Un solo esempio: all’inizio del romanzo, la Winters’ Olde Tyme Hamburgers lancia sul mercato lo Space Burger. Ma come pubblicizzarlo? Ecco cosa organizza. Un gruppo di astronauti russi sottopagati viene mandato in orbita con un carico di Space Burger. Gli hamburger vengono infilati in una tuta vuota con legato un jetpack e lanciati nello spazio. Gli astronauti non hanno altro cibo con sé. Ogni incarto di Space Burger distribuito sul mercato ha un codice a barre; di tutto quelli distribuiti, 450mila codici danno al consumatore la possibilità di accedere ai controlli del jetpack e riportare la tuta carica di Space Burger agli astronauti, in modo tale che non muoiano di fame. Ma se un nuovo consumatore riscatta un altro codice valido, il controllo è immediatamente sottratto. Una troupe televisiva riprende il tutto in stile reality. E tu, non ti sei ancora affrettato a comprare il tuo Space Burger? O sei un orribile essere umano che preferisce vedere quei poveri astronauti morire di fame piuttosto che spendere qualche dollaro per provare a salvarli? …sì, è assolutamente fuori di testa come sembra.

Space Burgers

Salva gli hamburger. Salva gli astronauti.

Non c’è niente di soprannaturale, di davvero impossibile in Broken Piano. E’ solo molto, molto sul filo dell’improbabile e dell’esagerato. Ci sono i terroristi russi che seminano il panico tra la folla. C’è la misteriosa azienda di prodotti ipocalorici che trama nell’ombra. C’è la coppia di produttori discografici giapponesi dai gusti folli. C’è la storia d’amore ghei. C’è l’hamburger a base di crystal meth. C’è la Papamobile. C’è pure una pistola di Cechov, sotto forma di video amatoriale girato da un nano che potrebbe contenere tutte le risposte. E ci sono esplosioni!
Wensink se la gioca tutta sul filo tra la plausibilità e l’implausibilità. E su questo filo, trova il modo di gettare sulla strada dei suoi personaggi dilemmi fin troppo seri e realistici: è meglio una vita vissuta rimanendo fedeli a sé stessi e seguendo le proprie passioni, o un lavoro vero, che non ci soddisfa ma che ci rende rispettabili agli occhi degli altri e di noi stessi? Cos’è l’arte, e come facciamo a sapere se stiamo facendo qualcosa di buono se non piace a nessuno? Cosa rende la vita degna di essere vissuta? Perché ci facciamo del male da soli e sembriamo ripetere sempre gli stessi errori? Ma questo non è un romanzo di Fabio Volo e non c’è una risposta; ci sono solo i destini diversi dei vari personaggi a seconda delle loro scelte. Il finale è strano, ti coglie di sorpresa, e non ho ancora deciso se mi piace. Ma se non altro non è quell’happy ending consolatorio da commedia di Owen Wilson e Vince Vaughn, che non suona mai credibile. Se siete artisti frustrati in attesa di riscatto, non cercate consolazione in Broken Piano for President.

Su tutto, prevale un ritmo forsennato, fatto da capitoli spesso brevi e a volte brevissimi e una sequela di avvenimenti che si accumulano con effetto valanga, lasciando al lettore poco tempo per respirare. C’è a mio avviso qualche errore nella gestione delle fasi della trama e della progressione verso il climax finale, ma son cose che si perdonano facilmente. Posso dire con certezza che era da qualche anno che non leggevo un libro così rapito, senza mai provare stanchezza o voglia di metterlo giù.
Dopo la mezza delusione di A Parliament of Crows e la delusione totale di Night of the Assholes, ho cominciato Broken Piano for President con una punta di scetticismo. Invece, mi sono trovato tra le mani quello che mi sembra essere il più bel libro mai uscito con l’etichetta di Bizarro Fiction – almeno tra quelli che ho letto. Spero che leggendo questa recensione così entusiastica non comincerete a pensare che abbia perso la mia lucidità – è solo un libro che mi ha colpito molto, che mi ha divertito, e che mi ha messo ansia nei punti giusti. Non è perfetto ma è un piacere da leggere – datemi retta! La mia unica, vera lamentela? Il titolo del romanzo è poco attinente col suo contenuto. “Broken Piano for President” è il titolo dell’unico, inascoltabile LP dei Lothario Speedwagon; ma a parte quello, non c’entra niente! Peccato.

E permettetemi di concludere con una domanda: If your life were a tasty Winters Burger, would you be the bun or the beef? Meditate, gente. Meditate.

Owen Wilson & Vince Vaughn

I loro film sai come vanno a finire prima ancora di vederli. Ma questo non ti impedirà di vederli.

Ma insomma: è Bizarro Fiction?
Se eravate dei frequentatori di Gamberi Fantasy, ricorderete lo stralcio di intervista a Rose O’Keefe pubblicato in questo articolo. Alla domanda su cosa caratterizzasse una storia di Bizarro Fiction rispetto ad altri sottogeneri del fantastico, la O’Keefe aveva così risposto:

Many people say that science-fiction is weird fiction. But the thing is, most science-fiction has only a single weird element to the story. With bizarro, there are three or more. So to make a science-fiction story bizarro, two or more weird elements should be added.

Si potrebbe provare ad applicare quest’aritmetica a Broken Piano, controllare se nella storia vengano combinati almeno tre elementi catalogabili come “weird”. Ho provato a fare quest’esercizio (affamare astronauti come strategia di marketing? La guerra degli hamburger? Le performance disgustose di Deshler? E l’idea del cliff drinker, è di suo un elemento “weird”?); ma alla fine mi sono semplicemente sentito stupido.
Una soluzione ci viene invece guardando alla storia editoriale – o forse dovrei dire odissea – di Broken Piano; ce la racconta lo stesso Wensink in questo bell’articolo intitolato Getting Published After Six Years of Failures. Comincia con “I’ve been a failure at every job I’ve ever held”, quindi è un articolo divertente: leggetelo. In sintesi, Broken Piano è nato e cresciuto indipendentemente dal movimento Bizarro. Non solo è probabile che Wensink non conoscesse Eraserhead Press e le altre al momento della stesura, ma ha anche aspettato anni prima di rivolgersi ad esse; pensava che le destinatarie ideali del suo manoscritto fossero ben altre case editrici. Quindi possiamo dire che no, Broken Piano non era un romanzo pensato per essere Bizarro, e che lo è diventato solo per una serie di circostanze.

E’ anche vero, però, che le case editrici “serie” avevano sistematicamente respinto il romanzo, che Cameron Pierce ha invece visto il potenziale di Broken Piano e ha capito che poteva interessare l’audience della Bizarro Fiction, che Wensink e i ragazzi della Bizarro si sono trovati bene insieme. Un’etichetta di sottogenere è utile finché serve a far capire a chi può interessare, e anch’io penso che possa piacere agli amanti della Bizarro soft, non spiccatamente weird.
I suoi cugini più prossimi, è vero, non sono le altre opere di Bizarro; sono i romanzi sarcastici alla The Sirens of Titan di Vonnegut, i fantasy comici alla Christopher Moore e le commedie nere epico-urbane tipo Una banda di idioti di John Kennedy Toole. Decidete voi se è il tipo di storia che vi aggrada.

Jack Daniel's Logo

Trova le differenze.

Dove si trova?
Purtroppo, non ho trovato Broken Piano sui canali pirata. Wensink comunque è un bravo autore all’inizio della sua carriera, e se gli estratti che qui trovate vi sono piaciuti è anche giusto comprarlo; stranamente, su Amazon l’edizione kindle costa molto di più del paperback! Considerate le spese di spedizione, a noi italioti conviene comunque l’edizione digitale.

Qualche estratto
Ci sono così tanti brani del romanzo che meriterebbero di essere postati, anche solo per il fatto di essere pieno di capitoli brevi e sketch gustabili per sé stessi. Ho scelto una manciata di pezzi eterogenei, giusto per dare l’idea: un dialogo tra i membri dei Lothario Speedwagon sulla campagna di marketing dei poveri cosmonauti senza cibo; un capitolo interamente costituito da un esempio di conversazione tra Deshler e un amico che incidentalmente ci dice molto sul nostro protagonista; e infine una raccolta di recensioni dell’LP dei Lothario Speedwagon. Enjoy!

1.
The band works up a thin layer of sweat and finishes more bottles. In the middle of a collective noise-demolition, Pandemic holds a metal sheet over his scuffed head, yelling: “Stop, stop, wait, hold on.” The band spins out of control with feedback and drunk muttering through the PA until the insect buzz of thousands of Christmas lights fills the room. “What time is it?”
Henry looks at his phone. “Only ten forty five, why?”
“Oh, man,” Pandemic pouts like a child with melted ice cream. “Why didn’t any of you tell me?”
They look confused.
“We’re done. Now I’m missing the webcast.”
“Webcast of what?” Deshler asks, again questioning everyone’s commitment. He slumps against a wall, his loose skull bobbing side-to-side.
“Jesus, dude. Come on. The Space Burger webcast.” Pandemic fetches a laptop and starts typing.
[…] “Hey, we’re practicing,” Dean’s voice is like a nasty shove. “Don’t you guys care about this?”
“Man, we can listen to my fine-ass drumming later. This shit’s important.” Juan looks down at his screen, face glowing blue.
Through a haze of turpentine wine, Deshler thinks it is kind of odd that Pandemic has a laptop and even more unthinkable that this dump has Wi-Fi. “What are you guys so worried about?” Deshler says, annoyed.
“I swear, man, you are totally out of it. Do you know what year it is, who the president is?” Pandemic says.
“Cute,” Dean says.
“What did they teach you in orphan school?”
“I went to regular school,” Dean gets red. “Quit being a dick and tell me what’s up.”
“Okay, Oliver Twist. There is a spacesuit floating around in orbit. If you have the right burger wrapper number sequence, you can control the jetpack from Earth.”
“Why would you want to do that?”
“Duh, so you can feed the starving cosmonauts with all the hamburgers in the suit and become famous,” Pandemic says.
“And win four hundred and sixty thousand dollars,” Henry adds.
Pandemic says, “Yeah, I forgot.” He tugs hamburger wrappers from deep inside his sweatpants and smoothes them out. Each has a sticker with a different bar code. “It’s a real life video game. This is pretty much the most important thing in the world. Don’t blow it for me.”
“The further the suit floats away from the space station, the harder it gets to guide it back, obviously,” Hamler says.
“Big deal. What if nobody does?”
“That’s totally unlikely,” Pandemic says. “There are four hundred and sixty thousand winning numbers. You can enter your number at any time to control the suit, but anyone else with numbers can override you and steal the controls. The last person in command when the suit floats home is the winner. The whole country is a team. Get some patriotism, asshole.”
“Isn’t that kind of like Cannonball Run?” Deshler says.
“No,” Pandemic sounds blunt and mean. “Plus, the cosmonauts don’t have any other food. Not even freeze dried ice cream. Their lives are in our hands. So, stop being a total douche, and give a shit about all this.”
“So…what? Practice is over because of a hamburger?”
“Sorry, man. I guess I’ll have to save somebody’s life instead. I feel real bad about it.”

Bear Grylls a McDonald's

Never gets old.

2.
*Excerpt from an eye-rolling conversation between Deshler and a friend.
DEAN: The longest I ever waited? I once had to wait three months for a video to arrive.
FRIEND: That’s ridiculous. Was it something kinky from Thailand? Ping-pong balls or orangutans and stuff?
DEAN: No, better than that. It was this rare Butthole Surfers tape.
FRIEND: Oh, dude, don’t start…
DEAN: Gibby was wild as shit at this concert, Milwaukee or something. There was smoke, a small pile of burning trash on the stage, an old medical school film of a penile transplant playing behind the drummers—
FRIEND: Drummers? As in plural?
DEAN: Yes, they had two. I’ve told you this. Anyway, he was singing real nasty. Gibby just ripped apart this mannequin and there were chunky plastic limbs everywhere. He took out this wiffleball bat…
FRIEND: Dude, come on, this was only interesting the first hundred times you told me.
DEAN: Gibby’d pissed in the bat’s tiny opening earlier, and was swinging it around. Called it his Piss Wand. It splattered the audience. He was singing “The Shah Sleeps in Lee Harvey’s Grave.”
FRIEND: And this guy’s your hero? That’s kind of messed up.
DEAN: No, not at all. Look, I needed that. When I bought that video my brother and I were staying at, at, at this relative’s place. My folks were…you know.
FRIEND: Gone?
DEAN: In several senses. Anyhow, Gibby burned into my skin like a fog lamp. He was up there doing it, bringing people to their knees like a puke-stained preacher.
FRIEND: You’re sick. I need to go home. Can you grab my coat? You should really try watching some of that Thai porno. Sounds like you need a little culture.
DEAN: Gibby broke the rules. He did everything, so now anything is possible. His art was so over the top that he clear-cut a forest for the rest of us to march through. I can do anything I want. My art is free, thanks to him.
FRIEND: I’ll be sure to send him a card.

3.
In addition to selling their tape online and at gigs, Lothario Speedwagon mailed out free copies of Broken Piano for President to magazines and websites they thought would review it. Though, the band is still not sure how Japanese reporters got a hold of the cassette. Here’s what the press has to say:

“There’s a guy yelling about pianos…maybe…it’s hard to tell because it sounds like he’s underwater. And I think there are a couple other guys destroying a Chevy with hammers. My speakers are bleeding.” –Le Bombsquad.org

“Thirteen minutes of uncomfortable hell.”
–Standard Times Review

“The deepest voice this side of the Grinch.”
–Tucson Weekly

(Translated from Japanese) “Lothario bad bad bad noise feels good good good to young ears!!!!”
–Nagano Weekly Gazette

“Who wasted money on this thing getting printed?”
–Squeege Blog.com

“I don’t get it.” –Broken Mirror

“A tape? Seriously? Who makes tapes anymore? I had to go to my grandma’s house just to listen to this stupid thing.”
–Imperfect Scrawl

“In a world where so many bands try very hard to seem insane, you get the vibe Lothario Speedwagon just rolled out of bed that way.” –Clap Amp Quarterly

“My first thought was, ‘Eewww, are these fingernails and band aids?’” –Static Magic Monthly

“I didn’t hear a guitarist in the mix. However, that doesn’t mean Lothario Speedwagon isn’t torturing one in a dark shed somewhere.” –Weekly Observer

“Until now, no band has properly captured the sound of tossing bags of urine at you. Enter Lothario Speedwagon.”
–Impact Weekly

“I want to think these guys are just that cool for making a tape, but my best guess is that they’re just that dumb.”
–[YELLOW] Journalism

(Translated from Japanese) “Ear holes make yummy buzz, melt bubble gum to trashcans. Babies dance! Babies dance!” –Tokyo City Blues.com

(Translated from Japanese) “Burn Lothario like nuclear missile of love. Hail, hail, hail, The Anti-Beatles.”
–Osaka Daily News

Tabella riassuntiva

Un romanzo assurdo sulla vita, l’arte, la carriera, il marketing. Prosa troppo eclettica per alcuni palati.
Personaggi ambigui e tridimensionali. Forse troppo poco Bizarro per essere Bizarro Fiction.
Ottima alternanza di digressioni divertentissime e momenti drammatici.
Ritmo incalzante per tutto il romanzo.

I Consigli del Lunedì #34: The Egg Man

The Egg ManAutore: Carlton Mellick III
Titolo italiano: –
Genere: Horror / Bizarro Fiction / Distopia
Tipo: Novella

Anno: 2008
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 150 ca.

Difficoltà in inglese: **

Her vagina opened wide and released the babies. Hundreds, maybe thousands, of tiny fetus flies fluttered out of her.

Lincoln è uno Smell (Olfatto); significa che l’olfatto è il suo senso dominante, e può sentire odori che gli altri non sentono. Come tutti i bambini allevati dalla Georges Organization, deve diventare un artista, e ha deciso che diventerà un pittore. Ora che ha finito il periodo di apprendistato, l’organizzazione gli ha assegnato una stanza in un palazzo fatiscente dove dovrà mettere a frutto ciò che ha imparato. Ha quattro anni di tempo per dimostrare il suo talento e la sua unicità, o la GO lo disenfranchiserà e lo butterà in mezzo a una strada. A quel punto sarà una persona senza diritti e senza un soldo.
In un mondo in cui tutti gli esseri umani nascono come mosche-feto indifese; in cui quelle che sopravvivono all’infanzia e acquistano un aspetto umano, vengono spartite tra le compagnie e allevate nelle loro scuole, dove vengono indottrinati con i valori dell’azienda; dove gli unici diritti che possiedi sono quelli dati dalla compagnia a cui appartieni; dove la povertà e la miseria sono ovunque; in un mondo simile, la vita è dura per tutti. Ma è particolarmente dura per uno Smell che vuole fare il pittore ed è circondato da gente ostile. E ora c’è una donna disgustosa e incinta, Luci, una Sight (Vista), che lo perseguita; e il suo ragazzo, che crede che Lincoln se la voglia portare a letto e ha giurato che lo ammazzerà; e una faida che si sta preparando nel suo palazzo tra gli uomini della OSM e quelli della MSM; e il puzzo disgustoso di fico e carne di hamburger macinata che filtra dalla stanza accanto a quella di Lincoln, e che si dice appartenga al misterioso uomo-uovo. E Lincoln sente di essere spacciato: non ha un briciolo di talento.

Si può far puzzare un libro? Scrivere con una prosa talmente vivida da evocare odori, profumi, puzze così come si evocano immagini o suoni? E’ quello che ha provato a fare Mellick in questa novella di poco più che un centinaio di pagine, scegliendo come protagonista un uomo che vive di odori, che filtra la realtà prima di tutto attraverso il suo naso.
E’ quasi un anno che questo blog non ospitava una recensione sul più bravo autore di Bizarro Fiction, per cui mi sembra opportuno rimediare. The Egg Man è una delle sue opere meno conosciute, ma anche una delle più particolari. Se infatti la Bizarro Fiction, e Mellick in particolare, con la sua prosa quasi infantile, ci ha abituato ad atmosfere leggere, e più grottesche che drammatiche, questa novella – che prende a prestito diversi elementi del cyberpunk distopico tradizionale per farne qualcosa di nuovo – è di una cupezza e di un cinismo disperanti. E’ anche una storia particolarmente autobiografica (per stessa ammissione di Mellick), in quanto parla del processo creativo e di come un artista possa smettere di fare schifezze e produrre qualcosa di buono.
Mellick ha dichiarato sul suo blog di trovare The Egg Man una delle cose migliori che abbia mai scritto. Io ho scritto nella mia classifica che a mio avviso è proprio il miglior libro di Mellick. Ora proverò a spiegarvi perché.

Fico e carne di hamburger

E questo accostamento è ancora nulla.

Uno sguardo approfondito
Cosa rende la prosa di Mellick così piacevole da leggere? Tre cose: l’uso del mostrato, la semplicità nella costruzione delle frasi e il timbro caldo della voce narrante. Come molti suoi libri, la storia è raccontata in prima persona. Questo permette all’autore di commentare le cose che accadono e inserire piccoli brani di informazione in modo naturale, senza mai dare l’impressione di fare infodump. Il timbro lineare, molto matter-of-fact di Lincoln, rende per contro le cose che vede e le persone che incontra ancora più inquietanti; e al contempo, il suo tono lamentoso e rassegnato ci dice molto su di lui. E dato che un esempio vale più di mille parole: “The inside of the building smelled like vinegar-ham and a nutty variety of pipe tobacco smoke. It could have been worse. Some of these buildings smell like urine and dead rats. I couldn’t handle a place that smelled like urine or dead rats.”
Ed è molto anche importante l’ordine in cui si inseriscono le scene. Per esempio, l’incipit del romanzo fa così: “The fetus fly wasn’t yet dead when my steel-toed boot squished into it. The thing was lying there, half dead. It was trying to cry but its vocal cords were dried out.” Un’immagine che già di per sé è abbastanza disgustosa. Ma poi, nel capitolo successivo: “I wondered what it was like when I was just a fetus fly. I wondered why I was the one to survive out of all of those that I was born with.” BAM! Salta fuori solo adesso che il protagonista ha spiaccicato un proprio simile. Peggio: un neonato.

Ma questi concetti li abbiamo già detti e stradetti. Ciò che ci interessa adesso è: è riuscito Mellick a dare corpo al mondo di odori del suo protagonista? La risposta: in parte. La soluzione di Mellick è quella degli elenchi – la stanza dell’Henry Building dove vive sa di vaniglia artificiale mescolata a lucido per legno e pelo di cane bagnato; Luci puzza di chiodi di garofano.
Detto così può suonare un po’ asettico, ma inserito nel flusso della storia funziona abbastanza bene e presto mi sono trovato avviluppato nelle variegate puzze del mondo di The Egg Man. Alla definizione degli odori in sé e per sé si sommano le reazioni (più o meno disgustate) di Lincoln e i dati mandati dagli altri sensi (gli aloni di sudore sotto le ascelle di Luci, la nuvola di fumo della sigaretta ai chiodi di garofano che fuma, i piedi lerci…). E se alcuni accostamenti sembrano messi lì a caso, i primi che gli venivano in mente, altri suonano azzeccati. Il risultato è soddisfacente, e del resto non saprei come esprimere gli odori in un modo migliore.

Mosca morta

Un caso di omicidio?

Ma non pensate che scrivere in questo modo sia semplice o banale. Anzi: proprio la sinteticità delle descrizioni richiede una certa abilità nel sapere cosa e quanto tagliare. Del resto è impressionante pensare a quante cose, quante trovate e dettagli del suo mondo Mellick abbia potuto condensare in una novella che si leggere in un pomeriggio. E come cazzo gli sono venute in mente?
Dal fatto che tutti gli esseri umani nascano nella forma di mosche, che poi si ingrossano giorno dopo giorno, sempre più indifese e disgustose, finché perdono le ali e acquistano sembianze umanoidi; all’immagine di corporativi che vanno in giro per le strade armati di retino per acchiappare le mosche-bambino e portarle dietro i recinti degli asili nido della loro compagnia; all’idea che tutti gli esseri umani siano divisi in cinque tipologie, ciascuna con un senso dominante (i Sight, i Sound, i Taste, i Feel e naturalmente gli Smell); a piccoli dettagli come il fatto che ogni azienda abbia proprio la lingua, e che ad esempio agli uomini della Toyota sia insegnato solo il Toyotese e non la lingua comune perché siano leali alla casa madre e non fraternizzino con le altre; al modo in cui Lincoln mescoli pittura e odori per creare le sue tele. E così via, e così via.

Molti lettori, probabilmente la maggior parte, troveranno quest’atmosfera di crudeltà e cose schifose asfissiante e illeggibile. Per quanto mi riguarda, lo trovo affascinante proprio per la capacità di Mellick di rendere onnipresente questa sensazione di sporco. Sporco fisico come sporco morale. Tutti i personaggi di The Egg Man sono figure ambigue, di cui non ci si può fidare fino in fondo neanche quando sono amichevoli (le rare volte in cui questo accade); ma di cui del resto non si può neanche dire che siano cattivi perché sì. Luci è una sanguisuga, una donna che si approfitta degli ingenui per campare sulle loro spalle, ma è anche l’unica a dare del calore e una direzione alla vita di Lincoln – e allora chi sta usando chi? E del resto, Lincoln è buono, o è semplicemente un vigliacco, un debole, che si comporta in modo educato solo per aumentare le proprie possibilità di sopravvivenza? E come si comporterà se dovesse trovarsi con il coltello dalla parte del manico?
Soprattutto, The Egg Man racconta una storia. Va in una direzione. Tutti quegli elementi strani non sono messi lì a caso, ma sviluppano il dramma personale di Lincoln e i suoi tentativi di affermarsi come artista, per salvarsi dal finire in mezzo a una strada con un coltello piantato nella schiena e dare un senso alla propria vita. Il ritmo è rapido, e diventa sempre più rapido mano a mano che si va avanti e gli eventi si accavallano gli uni agli altri. E tra gli esami settimanali di fronte alla severa commissione artistica della GO, il rapporto di attrazione e diffidenza con Luci, gli sprazzi di violenza che si moltiplicano nel palazzo, la follia artistica che cova dentro Lincoln, e l’uomo-uovo, c’è sempre qualcosa a tenere impegnata la curiosità del lettore. E con personaggi così ambigui, davvero non si sa mai dove la storia andrà a finire e cosa ne sarà dei nostri “eroi”. Gli ultimi capitoli sono spiazzanti – o almeno, lo sono stati per me – e il finale è un vero pugno nello stomaco.

Bear Grylls e la piscia

La fuori è una giungla.

Quasi tutti i libri di Mellick che ho letto rientrano in una di due categorie. Ci sono – soprattutto nel Mellick del primo periodo – i tour-de-force di Bizarro, storie con una ricchezza immaginativa e trovate che non avrei avuto nemmeno nei miei incubi migliori, mostrate con un pov saldissimo; e che però mancano di una trama vera e propria, sembrano andare un po’ a casaccio e finiscono spesso senza un finale. E ci sono – soprattutto nel Mellick degli ultimi anni – storie costruite più attorno alla trama, all’interplay tra i personaggi, più coerenti; che tuttavia rinunciano a un po’ di bizzarria per seguire canovacci più tradizionali, e spesso hanno una gestione del pov più approssimativa. Per rimanere su libri di cui ho già parlato sul blog, un esempio del primo tipo è il racconto lungo The Baby Jesus Butt Plug, mentre un esempio del secondo tipo è il romanzo Warrior Wolf Women of the Wasteland. 1
The Egg Man prende il meglio dell’uno e dell’altro tipo, e ci dà una storia breve che è al contempo immaginazione selvaggia, prosa materica, una storia consistente e personaggi interessanti. Il Bizarro non ostacola lo sviluppo della trama, ma anzi la rinforza. L’unico difetto (molto soggettivo) è che The Egg Man è disgustoso, cinico e deprimente quant’altri mai. Ma se vi piace il Bizarro, l’odore di piedi e pus non vi spaventa e magari volete farvi un po’ del male, be’, dovete leggerlo.

Dove si trova?
Purtroppo, a differenza di molti altri libri di Mellick, The Egg Man non è mai stato piratato – o quantomeno, non sono mai riuscito a trovarlo in nessuno dei canali di mia conoscenza – e forse è per questo che è poco noto anche tra molti suoi fan. Comunque, è disponibile su Amazon un’edizione kindle a 5,99 Euro. Trattandosi di una novella il prezzo è un po’ alto, ma io non me ne sono pentito.

Su Mellick, di nuovo
Sul mio Anobii puntualmente non aggiornato, Mellick figura come l’autore di cui ho letto più libri dopo Dick. Non è strano, considerando quanto scriva e quanto ci si mette in media a leggerne uno. Ecco quindi una seconda cernita di suoi libri che mi hanno in qualche modo colpito (anche se soltanto l’ultimo dei tre merita davvero di essere letto). Se ve lo state chiedendo, i primi due appartengono ai libri mellickiani del ‘primo tipo’, il terzo a quelli del secondo.
Adolf in Wonderland (new cover) Adolf in Wonderland è una novella ambientata in un mondo in cui l’utopia nazista ha conquistato il mondo. Un giovane ufficiale ariano delle SS è mandato in missione in una terra sperduta, a trovare ed eliminare l’ultimo essere imperfetto sulla Terra; ma il mondo nel quale sta entrando è ben lontano dalla perfezione, e lo precipiterà da un’assurdità all’altra. Malgrado il plot promettente e un protagonista interessante, il libro si perde in una successione di avvenimenti abbastanza sconnessi tra loro e non va a parare da nessuna parte; l’argomento della “perfezione” è un po’ il pretesto della storia ma non viene davvero approfondito. Occasione sprecata. Ah, quella è la nuova copertina!
Ugly HeavenUgly Heaven è un’altra novella di esplorazione di un mondo assurdo. Due uomini si risvegliano, dopo la morte, in Paradiso; ma l’aldilà è ormai diventato un luogo spaventoso, colmo di sofferenza e pericoli, e Dio sembra scomparso o morto. Tree e Salmon andranno alla ricerca di un senso e di un luogo che possano chiamare casa. Il Paradiso di Mellick è pieno di idee interessanti – soprattutto quelli inerenti alla trasformazione dei corpi umani e dei nuovi sensi – ma anche questo libro non risponde ai suoi perché e non conclude niente; si vede che la storia manca di un finale. Migliore di Adolf in Wonderland, ma con gli stessi difetti. 2
Zombies and Shit Zombies and Shit è un romanzo lungo che mischia insieme Battle Royale e un post-apocalittico zombesco. I ricchi annoiati organizzano un programma televisivo in cui una serie di vittime vengono rapite dai quartieri poveri e gettati in mezzo agli zombie. L’unica via di salvezza: un elicottero posto all’altro capo del percorso, che può ospitare una sola persona. Chi riuscirà a salvarsi e a tornare alla propria vita, in questo tutti contro tutti letale? Il miglior romanzo lungo di Mellick: personaggi divertenti, un sacco di storyline che si intrecciano, adrenalina e cose schifose. Persino gli zombie sono interessanti (e schifosissimi)!

Qualche estratto
Il primo estratto dovrebbe dare un’idea chiara di come gli odori impregnino ogni scena o quasi di questa novella, e della fantasia di Mellick nell’utilizzarli e descriverli. Il secondo mostra in un colpo solo i personaggi principali della storia (Lincoln e Luci), come sono scritti i dialoghi in The Egg Man e il modo naturale e non-fastidioso in cui l’autore ci dà frammenti del background del suo mondo.

1.
In the dark, I smelled the air and tried to identify my surroundings by their scent. It’s kind of a weird thing to do, but all Smells do it. We can’t help ourselves. I wish I would have been a Sight or maybe a Sound, but my dominant sense had to be Smell.
I sniffed about 17 different scents in the air. The dominant scent was the cigarette smoke that was issuing into my room from under the door. The second most dominant smell was the sink. There were actually four different scents coming from the sink. One was the rust of the faucet metal, one was the light sewage flavor coming out of the drain, one was a rotten odor coming from the scum that lined the drain, and the last was an odd black pepper smell that seemed to come from the water.
I continued smelling the room. There were four varieties of dust aroma. There was a maple syrup odor coming from the closet. There was a greasy smell hidden behind the toilet. There were a few smells coming in from the outside; two forms of pollution from the nearby factories and a burnt spaghetti sauce from the window of an above neighbor’s kitchen. After a couple hours, I had figured out the origins of 16 of the 17 smells. But there was one that I couldn’t figure out. It smelled like fig and raw hamburger meat. It issued from the west wall of my apartment.
After smelling the wall for several minutes, I had to turn on the light to see if there was a stain there. It could have been a strange cocktail that was thrown at the wall, or maybe the grease of a sweet and spicy Asian meal was wiped along the bricks. But, after close examination, I couldn’t find anything unusual about the wall. There wasn’t a sticky film anywhere.
The smell didn’t seem to come from the wall itself, but from something on the other side of the wall. It must have been something extremely pungent for me to be able to smell it through brick. I wondered what the heck that smell could be, racked my brain trying to figure it out, but it remained a mystery.
I fell asleep close to dawn with the room’s smells attacking my nostrils.

Weird smells everywhere

2.
On the way home, I ran into the pregnant woman again. She was sitting on the sidewalk without any pants on. She was crying and breathing hard. Her eyes were covered by a pair of ashy smog goggles and her sweaty white tank top was being held up by her chin.
As I passed her I said are you okay?
No she said.
I said what’s wrong?
She said what the fuck do you think?
I then realized what was happening. She was about to give birth.
I said is there anything I can do?
She said I’ve done this dozens of times before.
I said I’ve never seen a birth before and want to help anyway.
She asked if I had anything to put under her ass.
She said my ass is killing me.
I said I have a package of paper towels.
She said give it a try.
Then she lifted her bare butt off of the pavement and waved me over.
I slid the 4-pack of paper towels under her and she sat down on it.
Not much better she said.
Sorry I said.
I watched her huffing and puffing for a while.
She said are you just going to stand there?
I shrugged at her.
I knelt down and held one of her hands. I didn’t know what else to do.
She gave me an annoyed look, but she didn’t refuse my hand. Her palm was gritty and cold. When her breathing got heavy, she squeezed my hand as tight as she could.
Once it happened, she leaned back into my arm and the sweat from her hip got onto my wrist.
She said here it comes.
Her vagina opened wide and released the babies. Hundreds, maybe thousands, of tiny fetus flies fluttered out of her. They swarmed into the air and created a small cloud. I’d never seen so many fetus flies before. I’d never seen them so tiny. They were only the size of small moths. I watched as the swarm of tiny babies spread apart and went their separate ways. Half of them wouldn’t survive the night. Those that made it would double in size every day. Only a few of them, if any, would live long enough to see adulthood.
After they were all gone, the woman said leave me alone.
I left her alone.
She looked exhausted. Her head slumped to her knees. She pushed the package of paper towels out from under her. They were covered in a black goop. I thought she better keep them. I didn’t want to know what that black afterbirth smelled like.
Upon entering the Henry Building, I looked back at the fetus flies dissipating in the distance. I wondered what it was like when I was just a fetus fly. I wondered why I was the one to survive out of all of those that I was born with. Luck, most likely. Luck had a lot to do with it. Too many fetus flies were unlucky. They died from the cold, they got zapped by bug lights, they got trapped in spider webs, they got eaten by birds, they got splattered across car windshields. And once they grew larger they were hunted by alley cats and shot with pellet guns by the neighborhood children. They got caught in the machines on the industrial side of town and they got poisoned from drinking the water in the river.
You had to be really lucky to survive infancy.

Tabella riassuntiva

Una distopia che trasuda sporcizia e crudeltà da ogni poro! Troppa insistenza sullo schifoso e il deprimente per il lettore medio.
Ottima prosa mostrata, dominata da puzze e profumi. La descrizione degli odori non è sempre convincente al massimo.
La quest artistica del protagonista è affascinante.
Ambiguità morale che rende la storia imprevedibile.


(1) Restando in argomento, The Haunted Vagina è forse l’unico altro romanzo di Mellick che trovi una buona sintesi tra i due tipi di storia. Gli altri due libri mellickiani che adoro, Zombies and Shit e Apeshit, sono entrambi del secondo tipo: alla fine continuo a preferire i libri con una storia.Torna su


(2) Scrive Mellick nell’introduzione alla novella che non gli dispiacerebbe tornare nell’ambientazione di Ugly Heaven con alcuni seguiti, in cui spiegherebbe finalmente perché il Paradiso è diventato quel che è diventato e che ne è stato di Dio. Ma per farlo, vuole aspettare che dei lettori gli chiedano attivamente di farlo (per esempio, sul suo blog), mostrando interesse. Io credo che lo farò, perché bene o male sono curioso, e deluso dal finale tronco di Ugly Heaven.Torna su

Le fregnacce sono tante, milioni di milioni

Fanucci FailOrmai il mercato dell’editoria mi ha abituato a qualsiasi cosa. La Fanucci, in particolare, non ne fa una giusta. Dagli errori marchiani – leggendaria la storia della quarta di copertina della riedizione di Perdido Street Station, su cui è raccontata la trama del libro sbagliato, l’ultimo capitolo della trilogia di Bas-Lag The Iron Council – alle idiozie volute, tipo pagare traduttori e revisori il meno possibile – sicché i libri Fanucci sono noti per la quantità psichedelica di refusi, punteggiatura creativa, traduzioni talmente improvvisate che in un paio di passaggi fanno rimpiangere Google Translate. Ogni volta che sento che un altro autore di fantascienza o fantasy viene pubblicato in esclusiva in italiano con Fanucci mi viene da piangere.
Fanucci, ahimé, al momento detiene anche l’esclusiva sul mio autore preferito, Philip K. Dick. E sembra che su Dick abbia costruito la sua fortuna, dato che metà del catalogo sembra fatto da sue opere e i suoi volumi ricoprono come l’edera gli scaffali delle sezioni di fantascienza nelle librerie. Alla Fanucci potrebbero cominciare a guardarsi intorno e pubblicare qualche autore inedito in Italia o quantomeno uscito da tempo del mercato – chessò, un Vinge piuttosto che un Bacigalupi1 – ma no, molto meglio spremere la vacca grassa PKD finché sarà completamente prosciugata.

E quanta merda hanno pubblicato, dal 2008 a oggi, facendo leva sul suo buon nome? Dopo aver esaurito i romanzi di sci-fi belli sono passati a quelli brutti, quelli che Dick stesso aveva tranquillamente ammesso di aver scritto per pagarsi le scatolette di cibo per cani; roba indegna tipo Vulcan 3 o Doctor Futurity, libri sui quali sarebbe più pietosa una damnatio memoriae. Contemporaneamente si sono messi a setacciare i suoi romanzi postumi – quelle opere non fantastiche, slice-of-life, che Dick non riuscì quasi mai a pubblicare in vita. Ogni tanto è saltata fuori qualche perla, come la traduzione, nel 2009, di Scorrete lacrime, disse il poliziotto, che io adoro; più spesso romanzi inutili sul tramonto del sogno americano che si potevano anche lasciare agli americani.
L’anno scorso hanno riesumato Mary and the Giant (Mary e il gigante) e Humpty Dumpty in Oakland (Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson). Quest’anno è toccato a The Broken Bubble. Ma ai piani alti della Fanucci devono essersi in qualche modo accorti che continuando a pubblicare mainstream mediocre col nome di Dick sopra le vendite non andavano proprio benissimo. Perciò, cambio di marcia!

Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson

I fans di Amelie ringraziano.

Ma facciamo un passo indietro.
Di cosa parla The Broken Bubble? Chiediamolo a Wikipedia:

The lives of two couples intertwine in mid-1950s California, and all learn important lessons about life. Jim Briskin is a classical music DJ. He and his ex-wife Patricia Gray are still very much in love but have divorced because he is sterile. The two divorcees meet a teenaged married couple named Art and Rachael and essentially swap partners.
Pat passionately loves the youthful but dysfunctional Art, almost as though he were her child, and the two of them have an abusive relationship in which he gives her a black eye. Meanwhile, Jim and Rachael hook up and Rachael offers to ditch Art and move to Mexico with Jim where he will adopt her baby and raise it as his own. In the end, however, maturity prevails and they all return to their original partners.

Okay, i temi e la felicità coniugale imperante sono tutta roba chiaramente dickiana, ma di sci-fi ce n’è pochina, sbaglio? Tutti d’accordo su questo? Perfetto. Ecco a voi l’edizione italiana:

Il cerchio del robot

Questa copertina è sbagliata in talmente tanti modi che non so da dove cominciare.

IL CERCHIO DEL ROBOT, signori. Ammirate la finezza del marketing di Fanucci. Ammirate, soprattutto, la nonchalance con cui Fanucci spera di infinocchiare il fanboy dickiano disattento che, vedendo il nuovo titolo sullo scaffale, se lo porta a casa sicuro di trovarci dentro roba fantascientifica senza prima leggersi i risvolti di copertina (in cui gli editor hanno dovuto essere onesti e ammettere che si tratta di un romanzo mainstream). Ammirate il rispetto che trasuda per il lettore.
Mi domando come siano venuti fuori con questo titolo. “Boh, nel titolo originale c’è un riferimento a una bolla, la bolla è rotonda, mettiamo cerchio”. Che poi, anche “La bolla del robot” o “La sfera del robot” non sarebbe stato male. E per quanto riguarda il robot? Non saprei. Magari a pagina 63 passa un automa sullo sfondo. Oppure, ancora meglio: la parola ‘robot’ non appare mai nel romanzo, ma è una metafora, un simbolo della condizione esistenziale apatica, depressa, insoddisfatta dell’America dei rombanti ’50 e un po’ anche dei nostri tempi disgraziati (l’aggancio con la contemporaneità ci vuole sempre). Sto andando a braccio, ma sospetto che l’immancabile Carlo Pagetti nella sua introduzione abbia scritto qualcosa del genere.

E se il titolo non fosse bastato, abbiamo anche la fascetta. “L’ultimo inedito di Philip K. Dick”; ‘ultimo’ in che senso, scusate? Nel senso che è l’ultimo su cui siete riusciti a mettere le mani finora, l’ultimo prima del prossimo ultimo, magari fra sei mesi? Lo chiedo perché quando l’ho visto in libreria, insieme a quel titolo e tutto il resto, per un attimo ho pensato si trattasse davvero di ‘ultimo’ in senso cronologico – che magari fossero i brani sopravvissuti di quel The Owl in Daylight che Dick aveva cominciato a scrivere prima che gli venisse l’ictus 2. Ma The Broken Bubble ha ben poco di ultimo, essendo uno dei primi romanzi mai scritti da Dick. Sospetto però che scrivere sulla fascetta ‘Uno dei tanti romanzi del giovane Philip K. Dick rifiutato dalle case editrici e mai pubblicato se non dopo la sua morte per capitalizzare sul suo nome’ fosse giudicato poco redditizio.
O forse con ‘ultimo’ intendevano dire ‘è l’ultima volta, poi non lo facciamo più, prometto’. Anche perché, scava e scava, ormai li hanno pubblicati tutti. Ho controllato, e ormai di inedito non è rimasto più molto. Tra poco passeranno a pubblicare a tocchi l’Exegesis, quel malloppone allucinato da due-tremila pagine che Dick si mise a comporre dopo le visioni mistiche degli ultimi anni della sua vita e che passa con nonchalance dagli Atti degli Apostoli alle sue convinzioni che noi fossimo intrappolati senza saperlo nel 70 d.C. E quanto sarà finita anche quella? Magari le lettere private di Dick agli amici; qualcosa da spolpare si trova sempre.

Owl in daylight

Un gufo alla luce del sole.

Erano mesi che non mettevo piede in libreria. Ora mi ricordo perché.

—————–


(1) Per carità, ogni tanto lo fanno. Ho apprezzato il fatto che abbiano ripubblicato in italiano i cicli di Riverworld di Philip José Farmer e del Book of the New Sun di Gene Wolfe. Sulla qualità della traduzione non mi pronuncio, non avendoli letti.Torna su


(2) In realtà questo è impossibile. Un edizione di The Owl in Daylight non esiste neanche in lingua originale, dato che Dick ha scritto troppo poco del romanzo prima di morire, e non ha lasciato una traccia di come il romanzo avrebbe dovuto svilupparsi.Torna su

Bonus Track: Clockwork Girl

Clockwork GirlAutore: Athena Villaverde
Titolo italiano: –
Genere: Fantasy / Fairytale Fantasy / Bizarro Fiction
Tipo: Raccolta di tre novellas

Anno: 2011
Nazione: USA
Lingua: Inglese
Pagine: 143

Difficoltà in inglese: **

Cat è una ragazza bruco. Un giorno diventerà una bellissima farfalla, ma nel frattempo conduce una vita da emarginata nel suo liceo, derisa dalle tiratissime ragazze-coccinella e segretamente innamorata di Lilith, stupenda ragazza-ragno che chiunque vorrebbe nel proprio letto. Finché, un bel giorno, Lilith sembra accorgersi di lei. Peccato che le ragazze-ragno abbiano questa sgradevole tendenza a uccidere e mangiare i loro amanti nel bel mezzo del rapporto.
Pichi invece è una ragazza a molla: hanno preso il cervello di una bambina sfortunata e l’hanno messo in un corpo meccanico. I genitori di Marisol gliel’hanno regalata per Natale, perché imparasse a prendersi delle responsabilità; ogni giorno, infatti, Pichi dev’essere ricaricata, altrimenti i suoi ingranaggi smettono di girare e muore. Per ora, Pichi e Marisol sono grandi amiche e si vogliono bene. Ma cosa succederà se la padroncina dovesse stufarsi di lei?
Maya, infine, è una ragazza alveare. E’ la più bella e la più brava ballerina di tango di Buenos Aires, e danzare con lei è il più grande dei privilegi. Ma anche la più pericolosa delle prove: basta il più piccolo errore, e le api che vivono tra i capelli e nei pori della pelle di Maya cominciano a innervosirsi – e una corsa all’ospedale potrebbe non essere il destino peggiore per il malcapitato.

“Caterpillar Girl”, “Clockwork Girl” e “Beehive Girl” sono i tre racconti lunghi che compongono questa raccolta di Bizarro al femminile. Tre storie che uniscono un’ambientazione abbastanza normale e realistica a una vena fantastica, immerse in un’atmosfera e in un timbro fiabesco. Tre storie d’amore, anche se un po’ insolite (e un filino morbose, come piacciono a me).
Mi vengono in mente un sacco di ragioni per leggere Clockword Girl. Perché la Villaverde è una ragazza carina che scrive Bizarro. Perché è raccomandato da Mellick, suo mentore e content editor. Perché è pieno di lesbicate. Perché Gamberetta ha parlato in modo (abbastanza) positivo del suo romanzo d’esordio. Perché la Villaverde scrive bene, e i tre racconti volano in una giornata. Se queste ottime (?) argomentazioni non vi hanno ancora persuaso, entriamo nel dettaglio.

Athena Villaverde

Awwww! Ma non è carina?

Uno sguardo approfondito
L’influenza di Mellick nello stile della Villaverde si riconosce subito: dalla costruzione dei capitoli, che sono tanti e molto brevi (da una a sei pagine), al timbro narrativo leggero e scanzonato, sia che si parli di cose quotidiane, sia che si parli di gente ammazzata o stupri e via dicendo, al gusto per il sesso strano. Entrambi condividono anche l’approccio ‘libero’ allo “Show, don’t Tell”: a scene descritte in modo concreto e preciso si alternano molti passaggi raccontati, in cui la Villaverde spiega la vita quotidiana delle sue protagoniste e il loro mondo. L’uso della terza persona invece che della prima in due dei tre racconti (contrariamente a quel che fa di solito Mellick) rende questi infodump un po’ meno eleganti, e talvolta il ritmo ne risente; ma devo ammettere che il raccontato non stona troppo con l’approccio fiabesco della raccolta. Quanto alla gestione del pov, a parte qualche sporadico passaggio confuso la Villaverde lo tiene sempre ancorato alla sua protagonista.
Fatto questo preambolo, diamo un’occhiata più da vicino ai tre racconti.

“Caterpillar Girl” è sicuramente il più debole della raccolta, nonché il meno bizzarro. Stringi stringi, è una storia romantica-scolastica adolescenziale, di quelle che rievocano nella nostra mente decine e decine di teen movie o telefilm americani. Il gioco di reimmaginare i ragazzi della scuola come insetti antropomorfi e di associare a ogni tipo di insetto un gruppo sociale è carino – e alcuni sono bellissimi: le mantidi religiose, per esempio, sono il gruppo cristiano militante – ma si tratta solo di fronzoli, perché il canovaccio è quello classico e il 90% della storia avrebbe funzionato identica anche con personaggi completamente umani. Non aiutano nell’immersione i continui riferimenti a marchi e mode del nostro mondo, dalle carte Magic ai gruppi goth-punk, passando per le citazioni “colte” tipo quelle dei libri di Anais Nin (di cui a quanto pare Cat e Lilith sono avide lettrici).
In tutto questo, l’unico elemento davvero alieno è l’istinto assassino di Lilith: una ragazza normale non potrebbe mai estroflettere un arto dall’addome per trafiggere il petto dell’amante e succhiargli via la vita. Le scene di sesso sono anche quelle meglio riuscite – materiche, appiccicose, con la giusta miscela di eccitazione e orrore – e in particolare quella finale vale da sola la lettura del racconto, benché un po’ melodrammatica. In generale, purtroppo, “Caterpillar Girl” mi è parso un racconto adolescenziale, non solo nell’ambientazione ma anche nella sostanza.

Caterpillar

Un giorno diventerà una bellissima farfalla.

La qualità della raccolta si impenna però col secondo racconto, il “Clockwork Girl” che dà il nome al libro. E’ il più lungo – 55 pagine – e anche quello più bello. Il racconto gioca tutto sul contrasto tra il mondo di fiaba della ragazza a molla e la dura realtà: da una parte Pichi, il cui amore assoluto per la padroncina Marisol e la volontà di essere come lei ricorda l’imprinting delle papere di Lorenz, “programmata” per voler sempre giocare e divertirsi e non crescere mai, e dall’altra la triste verità che nessun giocattolo dura per sempre.
Ho molto apprezzato che Marisol venisse presentata come una brava bambina – sinceramente indignata dallo scoprire che trasformino le ragazzine in giocattoli e che i suoi genitori le abbiano appioppato una tale responsabilità senza interpellarla – invece che come il solito cliché della ragazzina viziata. Se fossimo in un racconto di Gamberetta, forse il loro rapporto avrebbe subito preso una piega sadica e grottesca. Invece, seppure meno violento, è molto più triste vedere come si sfaldi il rapporto, cominciato nel migliore dei modi, tra giocattolo e padroncina.
Smettere di leggere questo racconto è praticamente impossibile, dato il continuo crescendo di tensione e di pericolo per la protagonista. Peccato che le ultime dieci-quindici pagine siano invece sottotono, e del tutto anticlimatiche.
Il finale vero e proprio, in particolare, stona col resto del racconto e sa un po’ di fregatura: se tutta la storia verteva sulla progressiva presa di coscienza che la realtà non è come le fiabe, allora la conclusione puzza un po’ troppo di bella fiaba.

“Beehive Girl”, l’ultimo racconto, è di sicuro quello scritto meglio, benché l’abbia trovato meno affascinante di “Clockwork Girl”. La storia è raccontata in prima persona da un ballerino di tango senza nome, e tutta l’azione della novella si svolge nel breve spazio di una serata al club di tango. Gli infodump ci sono ancora, ma sono filtrati dalla voce narrante del protagonista, e sono ben inframezzati con le scene d’azione nel presente. La tensione interiore del protagonista è palpabile: da una parte il desiderio di chiedere a Maya di ballare, di dimostrare di essere un bravo tanguero e di far colpo su di lei prima che qualcuno gliela soffi; dall’altro, il terrore di commettere un errore nella danza, di essere sfigurato dalle api e perdere per sempre il rispetto di Maya.
La sfida di tango (se così possiamo chiamarla) è scritta molto bene: le figure sono semplici da seguire anche per chi, come me, non le conosce; ogni momento la tensione sale; e la Villaverde riesce a trasmetterci alla perfezione l’odio feroce che il protagonista prova per Rachel. Pensate che a me del tango non me n’è mai fregato di meno – ciononostante, “Beehive Girl” è riuscito ad appassionarmi!
Unica nota dubbia: il finale. Non posso dire che sia brutto, però diciamo che è un po’ sfasato rispetto al resto del racconto; sembra che la Villaverde non sapesse come concludere.

Tango

In conclusione, Clockwork Girl è una bella raccolta di Bizarro soft, benché afflitta da una certa ingenuità e da una certa indulgenza verso i sogni adolescenziali. Lo stile non è perfetto, ma per essere una quasi-esordiente si tratta di un ottimo risultato; soprattutto se lo paragoniamo agli esordienti nostrani. In ogni caso, funziona nei punti importanti: ci si immerge subito nella vicenda e ci si fa trascinare dagli eventi. C’è sempre qualcosa a impegnare la mente del lettore, e difficilmente viene voglia di chiudere il libro. Le tre storie della Villaverde emozionano e qualche volta eccitano. Non so se me le ricorderò ancora tra cinque anni, ma penso di sì.
Sono anche facili da leggere: l’inglese è abbastanza semplice (forse un attimo più complesso dello Young Adult medio), l’ambientazione è più realistica che fantastica, e attinge molto al quotidiano, perciò chiunque dovrebbe immedesimarsi e orientarsi con facilità. Di certo io continuerò a tenere d’occhio la Villaverde, di cui la Eraserhead dovrebbe pubblicare presto un nuovo romanzo.

Dove si trova?
Ahimé, bisogna penare per leggere Clockwork Girl: non solo non si trova sui circuiti pirata, ma la Eraserhead non ha neppure pensato di rilasciarne una versione digitale. Tocca comprare quella di carta – che se, per essere cartacea, costa pure poco (solo 8,40 Euro), è comunque una bella spesa per chi come me si è ormai abituato ai prezzi bassi dell-ebook.
Quelli della Eraserhead dovrebbero seriamente rivedere le loro strategie di vendita.

Chi devo ringraziare?
Ho scoperto dell’esistenza della Villaverde leggendo l’articolo di Gamberetta dedicato al Bizarro, in cui recensisce il suo romanzo d’esordio Starfish Girl – sì, questo articolo devo averlo linkato fino alla nausea, ma mettete caso che uno si “colleghi” solo adesso…
Continuo a rimanere scettico su Starfish Girl e non l’ho ancora letto, ma potrei farlo in futuro. Magari dipenderà da come troverò il prossimo romanzo della Villaverde.

Imprinting

Non va mai a finire bene.

Qualche estratto
Con il primo estratto, preso da “Caterpillar Girl”, ho cercato di ingraziarmi il pubblico: una bella scena di sesso morbosa + voyeurismo bonus! Il secondo estratto, tratto da “Clockwork Girl”, mostra lo stile fiabesco, volutamente infantile del secondo racconto (d’altronde il punto di vista è di una bambina-giocattolo…).

1.
Lilith wrapped her hands around his shoulders and jumped up onto him, her strong thighs gripping his torso. He stumbled back a little, before regaining his balance as Lilith crushed her berry-colored lips against his black lipstick mouth.
She thrust her hips against his while he gripped her ass. Then she forced him down to thew ground, his blue wings spreading wide beneath them like a blanket.
She fumbled with the zipper to his jeans before yanking his pants down around his ankles.
Lifting her skirt, her legs intertwined with his as she straddled him. Her long black hair veiled his face like a spider web. She gripped the back of his throat and tugged on the clasp of the dog collar, tightening it.
His indigo eyelids fluttered, his long eyelashes tickling her cheek. She kissed him on his lipstick-smeared mouth and he let out a deep moan and slid his hands up her firm belly to stroke her breasts underneath her shirt.
Cat had never seen two people have sex before. It made her feel weird, but while watching the two of them she found herself wondering what it would feel like to kiss Lilith.
She inhaled smoke slowly from her cigarette and let it roll around on her tongue imagining it a kiss.
The boy closed his eyes. Lilith pushed hwer stomach harder against him and extended a long pointed appendage from her abdomen. Without the boy being aware, she gently pierced him in the chest. A thick red liquid pumped through the sharp tip and under the boy’s skin.
Cat stood there motionless. The ash on the end of her cigarette grew longer and then dropped off and landed on the top of her boot. She couldn’t tear her eyes away from Lilith. It was the most intimate thing she’d ever witnessed. She wasn’t grossed out or afraid, even though Lilith’s body was covered in blood. Lilith wore a smile unlike any Cat had ever seen her make before. There was an ecstatic look in her eyes, her skin glistened.
The blue boy’s chest heaved as he struggled to breathe. His chest pulsed from navel to neck. His massive wings withered.
His body started to shrivel, drying up as all of the liquids were sucked out of him. His life drained away, into Lilith’s abdomen. His eyes bulged out of his head. A thin line of dust outlined where his wings had been, a small husk like an empty chrysalis where his body was, his clothes in a heap.

2.
“Keep your eyes closed,” Marisol said. The clockwork girl sat still while Marisol wound her up. “I’m almost done.”
Pichi could feel the springs inside herself tightening like a corset as Marisol turned her key. The turning slowed and the clockwork girl felt Marisol brace her feet against something on the floor in order to gain the leverage necessary to complete the final few turns.
This was the game that they played each morning. Marisol would come to the toy room after breakfast to wind Pichi up. She had to keep her eyes closed until she felt the final click of her key. Then Marisol would spin her around and scramble out through the labyrinth of the play rooms, playing hide and seek. Pichi was always fastest when first wound up so it was fun for Marisol to see if she could outrun her and hide before she got caught.
Pichi sped through the rooms, on little wheels that she could pop out of the bottom of her feet like roller skates. It was easy for Marisol to tell where Pichi was because of the whirring of her skates and the clatter of things she carelessly knocked over in her wake. Marisol held back her giggles and crept on tip toes through the rooms managing to avoid Pichi at every turn. Sometimes when they played this game, Marisol would climb to the glass level and watch Pichi spin through the labyrinth for a long time, unable to find her. Pichi never liked it when Marisol played that way.

Tabella riassuntiva

Tre storie d’amore in equilibrio tra normale e bizzarro. C’è una certa ingenuità adolescenziale di fondo.
Stile scorrevole, accattivante, immersivo. Tanti piccoli infodump che interrompono la narrazione.
Ci sono le lesbicate! La prima storia è un po’ troppo cliché.

Un tour-de-force di Bizarro Fiction

BizarroIncuriosito dalla lettura di Carlton Mellick III, negli ultimi tre quattro-mesi ho deciso di sperimentare altri autori di Bizarro Fiction per farmi un’idea del mare magnum che è questo nuovo sottogenere del Fantasy. Volevo capire se è solo Mellick ad essere bravo, o se i ragazzi di Eraserhead Press, Raw Dog Screaming Press, Afterbirth Books e compagnia hanno davvero operato una selezione spietata delle loro opere.
Il risultato è il post di oggi, che per questa settimana sostituisce il consueto Consiglio del Lunedì. Ho selezionato cinque delle opere più popolari di Bizarro Fiction, scritte da cinque degli autori più celebri – Mellick escluso, ovviamente. Di queste cinque, due sono romanzi, una è una novella, una una raccolta di tre novellas e una una raccolta di racconti brevi. Ho ordinato le opere non per anno di uscita né per tipologia, ma in ordine crescente di bellezza – perché, come i nostri antichi progenitori, sono convinto che il meglio debba arrivare alla fine.
Come vedrete non ho tessuto lodi sperticate del genere, cercando di mantenere la stessa freddezza con cui parlo dei nostri autopubblicati. Il mio punto di riferimento per questa ricerca è stato il sito di Bizarro Central, che consiglio di visitare a chiunque voglia saperne di più sul genere e sul catalogo.

Ass Goblins of Auschwitz Ass Goblins of Auschwitz

Autore: Cameron Pierce
Genere: Bizarro Fiction / Horror
Tipo: Novella
Anno: 2008

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 104

Una volta la vita era perfetta per i bambini-folletto di Kidland, il paese dove non si diventa mai grandi e si passa il tempo a giocare a cantare. Finché un giorno non sono arrivati i crudeli culo-goblin, orrende creature con una faccia a forma di culo, due occhi in cima ad antenne che escono dalle chiappe, la tendenza a scoreggiare continuamente e una passione per il nazismo. I culo-goblin hanno rapito tutti i bambini di Kidland e li hanno portati ad Auschwitz, a lavorare in campi di concentramento, ad essere violentati in vario modo e a diventare cibo per i prigionieri.
I protagonisti, numero 999 e numero 1001, sono due gemelli siamesi, attaccati tra loro all’altezza della cassa toracica. Nonostante questo handicap, i culo-goblin non li hanno ancora eliminati; ma la sopravvivenza è qualcosa che devono faticosamente guadagnarsi giorno dopo giorno. Riuscirà numero 999 a fuggire, o quantomeno a sopravvivere alla crudeltà dei culo-goblin?

Ass-Goblin of Auschwitz è un campionario di pratiche disgustose e trovate sadiche; dai rospi che ogni sera violentano nel culo i bambini e li costringono a mangiare le loro stesse interiora (ehm^^’), allo Shit Slaughter (S.S. per gli amici), la pratica dei culo-goblin di infilarsi nel proprio culo i bambini troppo lenti ad eseguire gli ordini per poi… ehm, scopritelo da soli.
Cameron scrive in uno stile semplice e lineare che si sposa bene con la descrizione di queste nefandezze. La storia è narrata in prima persona dal prigioniero 999, ma il tono è impersonale, quasi da telecronaca, e i commenti sono ridotti al minimo. Essendo il protagonista un bambino brutalizzato e assuefatto alla violenza, il timbro è credibile e aiuta a immergersi nella vicenda. In generale Cameron è un bravo mostratore, anche se la qualità della scrittura cala negli ultimi capitoli: la battaglia finale è confusionaria, con molti passaggi difficili da visualizzare.
Quello che vi ho detto finora potrebbe già avervi fatto vomitare, ma il vero problema di Ass Goblins è un altro. Ossia che non va a parare da nessuna parte. Il libro tiene bene nei primi capitoli, che descrivono l’ambientazione – ma Pierce non riesce a innestarci una trama credibile o interessante. La storia diventa una sequela di episodi inconsistenti e piuttosto slegati, in un escalation di trovate schifose che stanca in fretta, fino a un finale insulso che ci regala anche un messaggio etico-psicologico. Messaggio che ci sta come i cavoli a merenda, dato il carattere eccessivo e improbabile di tutta la storia.
Insomma: Pierce non scrive male, e l’ambientazione – benché disgustosa – avrebbe anche del potenziale, ma la storia manca di struttura e di uno scopo. Così com’è, Ass Goblin è una raccolta pasticciata di bizzarrie. In futuro potrei decidere di dare un’altra chance a Pierce, ma preferirei aspettare il parere di un altro sulle sue opere successive.

Grammar nazi

I nazisti sono una fonte inesauribile di idee.

Dove si trova?
Come molti altri romanzi di Cameron Pierce, Ass Goblins of Auschwitz è disponibile su library.nu.

Un estratto
Come estratto, potevo forse esimermi dal proporvi in cosa consiste esattamente lo Shit Slaughter?

The ass goblin reaches the girl and hoots loud enough for everyone—ass goblins and children alike—to fall silent and watch. The hoot of an ass goblin sounds very similar to a trumpet, an instrument I used to play. When an ass goblin hoots, you know Shit Slaughter is coming. […]
“Shit! Slaughter! Shit! Slaughter! Shit! Slaughter!” the ass goblins chant.
The goblin picks the girl up by the throat. Her face turns blue. Vomit dribbles down her chin as the goblin takes her in both hands, turns her upside down, and shoves her up his own ass.
He jiggles from side to side and waves both sets of claws in the air. Egg-smelling steam burbles from his mouth. The ass goblins stop chanting. The big moment is almost here.
A swastika made from the little girl blasts out of the goblin’s head, flinging shit as it spins around the bathroom and bounces off the walls. The goblin in Shit Slaughter mode bumbles after the swastika. After a pursuit that makes my head spin, its head of teeth snaps shut around the former girl, grinding her up. The ass goblin’s head returns to normal. Dinnertime is over.

In conclusione: BOCCIATONo

House of Houses

House of Houses

Autore: Kevin L. Donihe
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Romanzo

Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 172

Una mattina, Carlos si sveglia e scopre una cosa orribile: la sua casa gli è precipitata addosso. Non solo: la casa si sta decomponendo attorno a lui, trasformandosi in muffa e fango e schifezze. Non solo: il mondo è diventata una strana dimensione coi colori tutti sbagliati, e anche le case di tutti i suoi vicini sono crollate. Si è verificato il grande olocausto delle case, e adesso la fine del mondo è vicina.
Ma Carlos amava la sua casa; ne era talmente innamorato che le aveva dato un nome – Helen – non la abbandonava mai, e stava per sposarla. Ora vuole scoprire cosa le sia successo, e se può riaverla indietro. Accompagnato da Tony, un supereroe dal pisello lunghissimo e perennemente ottimista, si imbarcherà alla scoperta di questo nuovo mondo; e mentre le case preparano la loro rivincita sugli esseri umani, il futuro riserva a Carlos delle brutte sorprese…

Donihe scrive abbastanza bene, con narrazione in prima persona e frasi brevi e piene di dettagli concreti, sensoriali. La scena dell’incipit, col protagonista che si sveglia in mezzo alle macerie e cerca di capire cos’è successo, è un eccellente esempio di “mostrato” utilizzato nel modo giusto. Rispetto a Mellick, Donihe usa un vocabolario più ricco e ha una voce meno personalizzata, ma per il resto la loro scrittura è abbastanza simile.
Insomma, con queste premesse, House of Houses avrebbe potuto essere un ottimo romanzo. Ricorderete il post entusiasta di una settimana fa, quando l’avevo appena preso in mano. E invece? Invece no, perché la storia di House of Houses non va da nessuna parte. La trama sembra procedere a tentoni.
Nella prima parte, gli avvenimenti bizzarri sembrano succedersi in modo più o meno casuale, secondo il capriccio dell’autore. Bizzarria su bizzarria (dall’autobus coi passeggeri di cartoncino alla città che si trasforma in una strada lunghissima ai culti della morte organizzati dai cittadini) si accumulano in modo incoerente, affaticando il lettore più che divertirlo. La seconda parte cambia completamente registro, tentando di diventare cupa e drammatica con scarsi risultati, visto il carattere demenziale dell’ambientazione e le premesse poco coerenti della prima parte.
Il romanzo va anche fuori tema rispetto alle sue premesse. L’argomento del libro dovrebbe essere il fatto che le case diventino animate, e come potrebbe mai essere un mondo fatto per le case; tuttavia, il loro mondo e il loro comportamento non è molto caratterizzante del loro essere “case”. Potrebbero anche essere cetrioli volanti animati, o scoregge spaziali animate, e non farebbe molta differenza in termini di trama e ambientazione.
Certo, alcune idee – come il tak show delle case – sono divertenti; Tony è un personaggio ben riuscito, con un’interessante evoluzione nel corso della storia; e il finale del romanzo, che si chiude ad anello con l’inizio, è carino; ma sono solo sprazzi di luce in un romanzo fallato. Sembra che Donihe sia partito con una buona idea ma non sapesse bene che farci. Un’ottima occasione sprecata.
Comunque, Donihe è uno scrittore con del potenziale, e in futuro potrei decidere di dargli una seconda chance con Washer Mouth.

Casa inquietante

Dove si trova?
Dei cinque libri di cui vi parlo oggi, House of Houses è l’unico a non essere disponibile in formato digitale. Su Amazon potrete comprare il paperback a 8 Euro circa.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo capitolo, forse il meglio riuscito del romanzo. Carlos, sepolto sotto la sua casa, rievoca alcuni bei momenti passati con lei:

I have not and will never fart inside my house. Though I imagine that I fart less than most people, I must nevertheless fart every so often. So, when I feel wind gather inside me, I ran onto the lawn and expel gas where Helen doesn’t have to smell it, or be haunted by its undying ghost.
I hate that I must defecate in her, but the neighbors started posting letters of complaint on the door whenever I shat in the yard. I always did it under the cover of the night, holding matter in my bowels until it got tight and impacted, so I have no idea how they saw me, unless they were waiting for me to come out, or had cameras trained on my yard at ungodly hours.
Ultimately, I ascertained the one wat to assuage both parental and neighboral giult: make it legal and marry the old gal (my house is 81 years young). I felt reactionary thinking this way, but if that’s what it took to make me feel comfortable in Helen’s love, then so be it.
Two nights ago, I drilled a hole in the wall by the bed in preparation for the honeymoon scheduled to commence the moment after everything had been sanctioned by – or at least brought to the attention of – a higher auctority. No priests or preachers or teachers or rabbis were to perform the ceremony, though. It’d be between Helen, that-thing-which-may-or-may-not-be-God, and me.
It was going to happen at 6:30 this evening. I even called my parents to tell them my plans, though I had no intention of offering invites. I just let them know that my life of sin would soon be over because Helen and I were to be married, and, after that, they could enter my house without fear of heavenly reprisals. They didn’t say anything substantial. Mom just sobbed on the phone, while dad farted in the background.

In conclusione: BOCCIATONo

Dr. Identity

Dr. Identity

Autore: D. Harlan Wilson
Genere: Bizarro Fiction / Science Fiction
Tipo: Romanzo
Anno: 2008

Editore: Two Backed Books
Pagine: 212

Nell’iperviolento ventiduesimo secolo, si è diffusa l’usanza di farsi sostituire, nelle incombenze più sgradevoli, da degli androidi identici a sé chiamati doppelganger. Il Dr. Blah Blah Blah è un giovane e insulso professore di letteratura fantascientifica alla Corndog University di Bliptown. Odia la sua vita e soprattutto odia tenere lezioni agli svogliati studenti dell’università, e ogni volta che può si fa sostituire dal suo doppelganger, il Dr. Identity.
Ma un brutto giorno, il Dr. Identity dà di matto e stermina l’intera Facoltà di Letteratura Inglese dell’università. I due sono costretti alla fuga, mentre l’intera città si scatena in una spietata caccia all’uomo. Tra i loro inseguitori, i terribili Papanazi, legioni senza nomi di sicari alla ricerca dello scoop perfetto. Riusciranno i due a scampare al linciaggio sommario e a dare un senso alla propria esistenza?

Harlan Wilson dev’essere l’intellettuale del gruppo. Infatti, a differenza degli altri autori di Bizarro, che fanno i cazzoni punk, Wilson se la tira un casino. Dr. Identity non solo è infarcito di citazioni e riferimenti che vanno dai classici della fantascienza e della Letteratura novecentesca con la L maiuscola a insulsi fenomenologi francesi (tipo Baudrillard), ma è imbottito anche di tutte le fisse da intellettualoide radical-chic: dalla critica mordace al consumismo americano, qui portata all’estremo, ai vari discorsi sul potere spersonalizzante del mondo moderno, fino ai pipponi filosofici sparsi qua e là.
Di conseguenza Dr. Identity è l’unico libro di Bizarro Fiction che potrebbe ricevere i complimenti di gente come la Lipperini o i Wu Ming: mirabile esempio di specchio distorcente! La realtà contemporanea vista attraverso gli occhiali iperbolici della fantascienza! La cosa brutta è che per una volta potrebbero anche avere ragione, perché Harlan Wilson sembra esattamente il tipo da fare certi discorsi.

Gatto ultraviolento

Ultimamente l'ultraviolenza è stata un po' sdoganata.

Il vero problema di Dr. Identity non è tanto il tirarsela, però, quanto una serie di scelte stilistiche dementi. A partire dalla gestione del pov: alcuni capitoli sono scritti in prima persona col pov del Dr. Blah; altri hanno il punto di vista del Dr. Identity, ma sono in terza persona; altri ancora sono in terza persona, con pov del papanazi Achtung 66.799. Infine, Wilson continua a inframezzare le vicende di questi tre personali con capitoli in cui appaiono solo personaggi secondari, scritti in terza persona e col pov di una telecamera impersonale che riprende la scena. Harlan Wilson ci fa la gentilezza di mettere, in calce all’inizio di ogni capitolo, il pov e la persona in cui sono scritti, ma comunque non si tratta di una buona idea se lo scopo è quello di immergere il lettore. Meglio sarebbe stato scegliere un unico pov in prima persona (quello del Dr. Blah, o quello del Dr. Identity), o scrivere in terza persona usando fino a tre pov (per esempio Blah, Identity e Achtung).
D’altronde, sembra che Wilson sia troppo preso dalle sue manie intellettuali per curarsi troppo di appassionare il lettore. La vicenda principale è continuamente annacquata da capitoli dedicati a personaggi usa-e-getta, che spesso hanno il solo scopo di espandere l’ambientazione. I combattimenti ultraviolenti, potenzialmente interessanti, si riducono spesso a un elenco di mosse, membra che esplodono e affettamenti vari, più simile a una lista della spesa che a un buon mostrato, e decisamente poco coinvolgenti sul piano emotivo. A ostacolare ulteriormente il coinvolgimento, la scelta idiota di confondere l’ordine cronologico dei capitoli che riguardano Achtung.
E’ un peccato che abbia tutti questi difetti, perché per altri versi Dr. Identity è un libro godibile. I due protagonisti hanno un’evoluzione coerente e interessante, e i loro dialoghi sono spassosi. Alcune scene sono geniali, come quelle ambientate nel Congresso di Bliptown, con i parlamentari che si fanno i dispetti a vicenda e si comportano come bambini; e anche alcune trovate, come la cruenta legislazione interna dei centri commerciali della catena Littleodladyville. E in generale, Wilson è in grado di costruire delle scene molto divertenti quando si impegna.
Inoltre, a differenza dei due libri precedenti, Dr. Identity dà l’idea di essere un *vero* romanzo, pensato per sviluppare degli argomenti, muovendo in modo coerente da una premessa fino alla sua conclusione. Una storia con un che, quando arrivi alla fine, dà l’idea di averti comunicato qualcosa. E il finale è intelligente, probabilmente il migliore possibile per una storia di questo tipo. Una pesante revisione stilistica e un po’ meno di spocchia intellettuale, quindi, potrebbero renderlo un ottimo romanzo di fantascienza bizzarra. Così com’è, con i suoi alti e bassi, Dr. Identity rimane soprattutto un’occasione sprecata.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Consumismo

Il consumismo: altro argomento abusato, ma gli intellettuali ne sono attratti come le mosche dalla cacca.

Un estratto
Ero incerto su quale estratto proporre, perché molte delle scene divertenti di Dr. Identity si sviluppano lentamente o hanno bisogno di un po’ di sottotesto. Alla fine ho optato per la scena in cui il povero Dr. Blah scopre il massacro indiscriminato compiuto dal suo ‘ganger:

Dr. Identity was waiting for me, arms folded behind its back. Its hair and suit were disheveled. It looked guilty.
“Now what?”
Dr. Identity giggled uncomfortably…
Bathing in the blue light of his computer screen, Dostoevsky sat stiff-backed in his chair with forearms resting on thighs. His head had been twisted 180 degrees so that his chin rested between his shoulder blades. One of his eyes had popped out of its socket; it hung down his cheek like a Christmas tree ornament. A vertebra appeared to be jutting out of his neck.
Next to the computer on Dostoevsky’s desk were the remains of Petunia Littlespank. The android’s extremities had been ripped apart and neatly stacked atop its torso.
Fighting vertigo, I slowly turned my attention back to Dr. Identity. […]
I said, “Fuck.”
Dr. Identity smiled a small, crooked smile. “There’s more where that came from, I’m afraid.” It gestured at the office door.
…Reality slipped into dreamtime. My insides seemed to leak out of my toes and I felt slightly euphoric. I floated towards the door in flashes, still shots, creeping into the future one static beat at a time. Grey roses bloomed onto my screen of vision and my diegetic universe became a silent film. The office door opened and I jaunted into a soundless, black-and-white wax museum…
Bodies and limbs and innards littered the hallway and dangled from the ceiling. I moved through the jungle slowly at first, calculating the holocaust with the exactitude of a forensics expert. I became less attentive and more anxious the further I proceeded down the hallway. Eventually I was darting here and there at the speed of so many popping flashbulbs.
The English department bore the likeness of an exhumed graveyard. The mangled corpses of professors, student-things and their ’gängers had been strewn everywhere. The title of one of Phillip José Farmer’s preneurorealist novels rattled in my head: To Your Scattered Bodies Go… […]
Dr. Identity made a frog face. “I guess I malfunctioned. But the one insurrection I committed is enough to merit the death penalty, despite its accidental nature. I figured a few more wouldn’t hurt.”
“You murdered the entire English department. You murdered my boss.” I
hesitated, overwhelmed by desperation. “How am I supposed to get tenure now?”
Dr. Identity blinked. “I don’t understand the question.”

In conclusione: MEHMeh

Cripple Wolf

Cripple Wolf

Autore: Jeff Burk
Genere: Bizarro Fiction / Horror / Slice of Life
Tipo: Raccolta di racconti
Anno: 2011

Editore: Eraserhead Press
Pagine: 100 ca.

Il reduce Benjamin Kurtz ha un grosso problema: durante la guerra in Vietnam ha contratto il morbo la licantropia. Purtroppo, soffre anche di amnesia, e tende a dimenticarsi che nelle lotti di luna piena si trasforma in una macchina per uccidere. Così, è con animo sereno che, a bordo della sua fida sedia a rotelle, si imbarca su un aereo della Fetish Flights. E quando nel bel mezzo del viaggio si trasforma in un lupo mannaro assetato di sangue, per i passeggeri saranno cazzi. A combattere il licantropo in carrozzina saranno tre musicisti punk giapponesi, un supereroe venuto da un altro pianeta, due terroristi islamici imbottiti di tritolo e due piloti imbottiti di coca e marijuana.
Ma questo è solo il primo e più lungo di una serie di racconti. Alcuni prendono spunto dal mondo della tv e della fiction per dargli una virata verso il Bizarro: Frosty and the Full Monty racconta la triste storia di un pupazzo di neve che prende vita solo per precipitare in una spirale di vizi e degradazione; Cook for Your Life attinge al mondo dei talent e ci mostra un programma in cui una serie di cuochi competono per non perdere la vita. Altri partono da storie quotidiane, mainstream, come il mio preferito, House of Cats: la storia di un barbone che trova la felicità quando decide di costruirsi una casetta fatta di gatti vivi perfettamente incastrati tra loro. Un altro, Punk Rock Nursing Home, è soltanto uno slice of life molto buffo: racconta la storia di un gruppo di musicisti punk ottantenni che vivono all’ospizio, e che decidono di rivivere i fasti della loro giovinezza organizzando un ultimo concerto.

Tra gli autori di Bizarro che mi è capitato di leggere, Jeff Burk è quello che scrive le storie più semplici e oneste. Le storie partono sempre da dei what if: cosa succederebbe se un licantropo paralitico si trasformasse durante un volo aereo, e come farebbero i passeggeri a sopravvivere? Cosa succederebbe se un barbone decidesse di costruirsi una casa fatta di gatti? E se una creatura magica come Frosty esistesse realmente? Queste premesse, poi, sono sviluppate con coerenza fino alla conclusione. Il lettore non si sente mai truffato – non ho provato il disappunto che mi hanno dato Ass Goblins e House of Houses.
Purtroppo, rispetto agli altri autori Jeff Burk è più debole sul lato strettamente tecnico. Le sue storie hanno quasi sempre un pov in terza persona neutra e decisamente ballerino, di stampo cinematografico, che in una singola scena può spostarsi anche due o tre volte su personaggi sempre diversi. A volte, poi, il pov diventa quello onnisciente del Narratore, che fa commenti sulla storia del tipo: “Ma non era questa la cosa importante. La cosa importante era…”. Queste intrusioni erano francamente evitabili, ma bisogna dire che non infastidiscono più di tanto: dato il carattere comico dei racconti, l’effetto distanziante del pov onnisciente e della telecamera ballerina sono di poco disturbo.
Comunque, aldilà delle sue beghe stilistiche, Jeff Burk dovrebbe essere preso a modello dai nostri aspiranti scrittori italiani per quanto concerne la struttura di una storia. I suoi racconti sono un ottimo esempio di come istituire fin dall’inizio un patto con il lettore (ossia: io lettore capisco subito di cosa parla il racconto) e come mantenerlo fino alla fine. Inoltre sono quasi tutti divertenti. Prendetevelo e studiate!

Philosoraptor hijacking

Dove si trova?
Cripple Wolf non c’è su library.nu, ma in compenso si può comprare a 6 Euro su Amazon in formato kindle. Vale la spesa, quindi non abbiate esitazioni. E se non avete un dispositivo kindle, spendendo cinque minuti su Calibre potrete convertirlo in un dignitoso epub.
Su library.nu si trova anche un altro libro di Burk, Shatnerquake. Trattasi di novella con protagonista William Shatner, l’attore che ha impersonato il Capitano Kirk. Ho evitato di leggere la novella perché, a causa della mia scarsa conoscenza di Shatner (e di Star Trek in generale), mi sarei probabilmente perso il grosso del divertimento. Ma se siete più “ferrati” in materia, perché non provate a leggerlo? Così poi mi dite.

Un estratto
L’estratto che ho scelto viene dal primo racconto, quello sul licantropo paralitico. Protagonista del brano è il terrorista Mohammed, che sono sicuro il nostro Zwei troverà delizioso:

Mohammad sat in an overstuffed chair in the upper cabin. There was no enjoying the niceties of first class, not with Satan having sent a minor to thwart his mission. For what other reason could that beast be here? He saw it kill Abdul, but it would not kill him. No beast would stop him. […]
The cabin the monster had attacked was the most populated of them all and, while the upper cabin was packed tight, it seemed like there should have been more people. He walked past two young women, their skin covered in tattoos and piercings. What little clothing they were wearing clung skin-tight to their bodies, soaked with blood.
They held each other, softly crying, and then one gently kissed the other. The kiss deepened and they began groping each other, blood soaked breasts sticking together, lip piercings tangling in their passionate embrace.
Mohammad scoffed and hurried past.
The devil really was going to great lengths to stop him but he was ordained by Allah. Nothing could get in his way.
He took his seat and leaned his head against cushioned neck rest. He closed his eyes and concentrated on the weight in his chest. Not only would he be striking a blow against a symbolic Satan, he would even be taking out one of his personal servants.
Mohammad closed his eyes and imagined the rewards awaiting him in heaven. There was no way he was letting the plane land in Portland.

In conclusione: PROMOSSO

Rampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit AtmosphereRampaging Fuckers of Everything on the Crazy Shitting Planet of the Vomit Atmosphere

Autore: Mykle Hansen
Genere: Bizarro Fiction / Fantasy
Tipo: Raccolta di tre novellas
Anno: 2008
Editore: Eraserhead Press
Pagine: 232

Abbiamo già incontrato Mykle Hansen parlando del divertente HELP! A Bear is Eating Me!. Questo libro, che conferma il genio comico di Hansen, raccoglie tre racconti lunghi: Monster Cocks, Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom e Crazy Shitting Planet.
Il primo racconta la vicenda di un povero informatico sfigato, che lavora nel reparto assistenza tecnica di una multinazionale di articoli sportivi. Jack ha un grave problema: un pisello microscopico. Vorrebbe tanto un cazzone enorme come quelli dei porno che gli piacciono tanto! Il sogno sembra diventare realtà quando compra su Internet un proiettile magico da iniettarsi nel pene con un’apposito marchingegno. Ma all’improvviso, il mondo intero sembra andare a rotoli: Internet è bombardato di attacchi ad opera di misteriosi hacker, strani omicidi si diffondono per gli Stati Uniti, e il pene di Jack comincia a crescere a dismisura e a non rispondere più ai comandi!
Il racconto non è semplice da seguire, per l’abbondanza di termini tecnici e gergo informatico – io stesso non credo di aver capito più della metà degli inside jokes e dei riferimenti. Il fatto di essere in inglese non aiuta. Ma lo sforzo viene ripagato dalla genialità e dalla mole di trovate divertenti. Questo è anche il racconto più simile per stile a HELP!, con una voce narrante esagitata che abusa di esclamativi e commenti scemi.
Journey to the Center of Agnes Cuddlebottom racconta invece la cronaca di un prodigioso intervento per salvare la vita di una vecchietta ottantenne tossicomane. La poveretta è andata in coma, e i medici non riescono a capire cos’abbia! Finché un fisico, il Dr. Spinejack, non ha l’idea di trasformare l’ano della vecchia in un tunnel n-dimensionale capace di miniaturizzare le persone. Il medico della vecchia, il Dr. Fokker, potrà così entrare personalmente nel colon della signora e scoprire l’origine del problema. Ma la situazione precipita quando, sparsasi la voce dell’intervento, l’ano della signora Cuddlebottom si affolla di giornalisti, troupe televisive, chioschi di Starbucks, agenti immobiliari, rock band, poliziotti in formazione antisommossa… E se all’improvviso la vecchia si svegliasse, che cosa accadrebbe?
Il racconto è scritto in forma di inchiesta. Un intervistatore anonimo interroga una serie di personaggi coinvolti nella vicenda, svelando a poco a poco gli orribili sviluppi dell’intervento. Il racconto ha così la forma di un lungo copione di domande e risposte. In assoluto, il migliore dei tre.
Crazy Shitting Planet, che chiude la raccolta, è il meno ispirato dei tre, ma è comunque un ottimo racconto. La Terra del futuro è un’unica, enorme distesa di cacca. La cacca piove dal cielo, espulsa dalle persone grasse; orribili ricconi che si sono costruiti delle bellissime città in cielo e hanno lasciato i poveracci giù a marcire. Sulla Terra non c’è più cibo, ma grazie a un fungo insediatosi nei nostri organismi, ora gli esseri umani sono in grado di mangiare anche sassi, plastica, cartone. Il protagonista trascorre le sue giornate cercando cose da mangiare e odiando i ricchi grassoni che gli hanno mangiato i genitori. Ma la sua vita è destinata a cambiare, quando incontrerà la grassona Martha Hilton-Trump e la ciurma pirata del Bloody Hatchet…
Dei tre racconti, questo è quello il cui stile ricorda di più quello di Mellick. Il protagonista è un ragazzino malinconico e amorale, stanco della vita, che si trova ad essere spettatore, più che attore, di una serie di eventi incredibili. L’ambientazione, benché disgustosa, e benché sintetizzata in poche pagine, è geniale; la trovata fantascientifica dei funghi che vivono nello stomaco delle persone e, sintetizzando la materia inorganica, permettono agli ospiti di mangiare cose normalmente non commestibili, è sorprendentemente credibile. E a differenza di Pierce e Donihe, Hansen non si limita a baloccarsi con la sua ambientazione; riesce anche a costruirci una storia, una vera storia.

Ano

Dalla vagina all'ano, nella Bizarro Fiction si tratta sempre di entrare da qualche parte.

Insomma: Mykle Hansen è un genio. I suoi racconti non si limitano a sviluppare un’idea, ma prendono più idee (es. sfigato col pene piccolo + peni giganti assassini + Internet che impazzisce) e le combinano in modo perfetto. Di conseguenza, le storie di Hansen sono sempre imprevedibili, senza per questo disattendere le aspettative iniziali del lettore.
Se masticate a sufficienza l’inglese, dovete provare a leggerlo! Anche se non vi piace la Bizarro Fiction.

Dove si trova?
Su libray.nu si può trovare in formato pdf.

Un estratto
Ci sono un sacco di passaggi divertenti nella raccolta di Mykle Hansen. Il pezzo che ho scelto, è tratto dal secondo racconto e spiega il funzionamento del meccanismo miniaturizzante che permetterà agli esseri umani di entrare nell’ano di Agnes Cuddlebottom. E’ un po’ lungo ma ne vale la pena.

Q: Doctor Spinejack, how does your Spinejack Transform actually work?
DR. OTTO SPINEJACK, PH.D., PHYSICIST: Well. Our device harnesses newly discovered principles from the field of string theory and hyper-spatial symmetric analysis, in order to create an N-dimensional Impedance Transform Intersection. The theory of this we first published, myself and my colleagues Ed Ruff and Louise Vanhoff, in our paper in the Journal of Relativistic Physics three years ago entitled: “Implanting People In The Rectums Of Other People: Finally We Can!”
Q: Can you explain it in layman’s terms?
A: I will try. To understand the principles, it will help you to picture how a brass musical instrument, such as the tuba, takes a very tiny sound and amplifies it. It does this by allowing a pressure wave to expand very slowly within a long tubular chamber of increasing diameter, following precise exponential rules in a controlled fashion, until it emerges with a powerful “Ooom-pah” sound that you may know from the classics. Or, if you prefer, Polka.
Q: Okay, I’m picturing that …
A: Our machine, of course, creates a tube of folded N-space instead of brass, by using quantum computation to remove the entropy from a powerful field of strong nuclear forces. And our machine blows this tuba in reverse, injecting large spacetimewaves
in the large end, then folding them inward through higher dimensions, as they travel up through this tubing, growing smaller and smaller. Otherwise, it is exactly the same.
Q: So it’s a sort of a reverse-polkafying device?
A: You could give it that name, yes. However, the process, while theoretically promising, is unstable in real-world situations, as the space-fabric, exiting the small end of this tube, would mismatch the surrounding space-time impedance so dramatically that explosive re-expansion would occur, and boom! You die.
Q: Then how are you able to—
A: The breakthrough, yes: we realized, mathematically, that if the transform intersection could be mated with a very specific shape and length and form of tubular chamber, the space-time impedance could in fact be matched, so the re-expansion effect is countered, and in fact the N-space folding continues as long as forward momentum is maintained. So easy, yes?
Q: If you say so, yes.
A: But no! The tubular chamber for this is so very specific. It must match the material being folded in various ways, it needs a certain length and shape, also temperature, and many other mathematical properties. It would be impossible to manufacture such a chamber … yet, amazingly, it occurs in nature! It is as if a Creator invented this chamber for this very purpose! Because the human gastro-intestinal tract, you see, is actually a perfect match for the Spinejack transform! Human beings are the missing piece!
Q: So, your invention is not the general-purpose matter reducer that some have called it.
A: Yes and no. Yes, we can shrink anything you want. But no, it has to go in the anus.

In conclusione: DECISAMENTE PROMOSSO!

Autori di Bizarro Fiction

Le belle facce degli scrittori di Bizarro. Collezionali tutti!

Conclusioni generali
Dopo tutte queste letture, cosa posso dire sulla Bizarro Fiction?
Ciò che caratterizza il genere è l’esagerazione grottesca. Mentre le invenzioni del New Weird e di altri sottogeneri del Fantasy sono sì fantasiose e strabilianti, ma devono essere calate in un contesto verosimile e preciso come un orologio svizzero, la Bizarro Fiction è fondata sull’eccesso. E’ più difficile mantenere la suspension of disbelief nella Bizarro, tuttavia l’inverosimiglianza delle storie è compensata dall’intento umoristico e grottesco. E’ per questo che – con poche eccezioni, come Egg Man di Mellick – quando la Bizarro tenta di essere seria ottiene scarsi risultati.
Questa escalation di bizzarrie è spesso ottenuta attingendo al sesso e ai fetish sessuali, alle secrezioni corporee (sangue, cacca, vomito, muco, scoregge, sperma, etc.) e alle cose schifose in generale (mangiare facce di bambini), all’iperviolenza (massacri su larga scala, torture, crudeltà ingiustificate). Ma racconti come House of Cats di Burk dimostrano che in realtà si possono raccontare storie bizzarre anche senza quegli elementi. Del resto, se Kafka pubblicasse oggi La metamorfosi, sarebbe tranquillamente etichettabile come Bizarro.
Molti miei lettori hanno mostrato seri dubbi sul genere, dicendo che si tratta soltanto di una sterile esibizione di stranezze. Credo di aver dimostrato, col post di oggi, che questo rischio è reale, e che un numero discreto di romanzi e racconti di Bizarro Fiction prende questa cattiva strada. Ma non si tratta di un problema intrinseco al genere. E’ solo il modo più pigro e infantile di scrivere Bizarro Fiction, che bravi autori (come Mellick e Hansen, ma non solo) riescono quasi sempre a evitare.
La colpa in parte è delle stesse case editrici di Bizarro, troppo morbide nella selezione delle opere da inserire nel loro catalogo. Ammettendo opere come House of Houses non fanno che dare un’immagine sbagliata del genere e scoraggiare molti acquirenti; inoltre, basterebbe un editing più severo per trasformare quei romanzi in libri almeno decenti.

Panda arcobaleno

La Bizarro Fiction è come un panda che vomita arcobaleni! Circa.

La Bizarro Fiction è un genere che merita di essere esplorato, soprattutto da parte degli aspiranti scrittori di fantastico. Bisogna solo fare attenzione a scegliere i libri giusti. E se un libro vi piace, ricordate di premiare lo scrittore comprandolo!
In futuro credo che leggerò altre opere di Bizarro, anche se a un ritmo più basso rispetto a questi mesi. Oltre a quelle già citate, per esempio, mi intriga la raccolta  Clockwork Girl di Athena Villaverde. Di certo, tornerò in futuro a parlare di Mellick, e se dovessero capitare altre opere meritevoli di Bizarro Fiction, state sicuri che le segnalerò qui.